MICHAL
GUTMAN - Never Coming Home
Seahorse
Recording, Cruel Nature Records / SAC Recordings
Genere: Post Punk
Supporto: digital / cd – 2024
La
sintesi è un dono prezioso, anche nella musica, seppure non indispensabile. Badare
al sodo ha una specifica resa, altresì una scorrevolezza meno pesante, non a
caso il Post Punk è un genere musicale distante per esempio dalle elucubrazioni
del Progressive Rock, che si diverte nel tempo ad autocompiacersi. In realtà
servono entrambi gli stili, perché la musica è ascoltata in differenti stati
d’animo, a volte si ha la voglia di lasciarsi coccolare piuttosto che ascoltare
forti e impegnative sonorità.
“Never
Coming Home” fa parte della suddetta sintesi, ed è il primo album da solista
dell’israeliana Michal Gutman, dopo un decennio di tournée e registrazioni con
la sua band Whaling Snails. Fondamentalmente trattasi di one woman band, con
l’ausilio del basso, una loop station, due microfoni, un sintetizzatore
touch-pad e poesie. L’artista si che sa badare alla sostanza, e lo dimostra
negli otto brani contenuti in questo disco narrante il tema della nostalgia di
casa da parte di un sopravvissuto a un naufragio. Un tipo specifico di
solitudine che porta con sé i propri fantasmi.
Gli
otto brani contenuti nell’album iniziano con “Architecture” dal retrogusto The
Cranberries. Con Michal suonano Yiftah Yeshurun alle programmazioni e Tuval
Brown alla batteria e percussioni. Il brano è un puzzle di differenti strofe
che s’intersecano fra di loro, comandate dalla voce soave ma decisa della
cantante. La struttura armonica non è scontata, non rispecchia a pieno la
formula canzone, tuttavia è legata al refrain dal facile impatto. Differente “Behki”
in cui si denota una ricerca vocale arguta, fra sovra incisioni, narrato e
distorsioni con alla base delle tastiere malinconiche. Echi sonori rimbalzano
in un effetto stereo ipnotico a caccia di uno stato d’animo allucinato.
L’ascolto
prosegue con “Pigeon Hunt”, così ritorna la ritmica a narrare un Post Punk
diretto inframezzato dagli interventi della chitarra di Tziki Kestenboim. Non
manca lo stop & go, dove il brano si appoggia a una breve pausa umorale per
poi ripartire. Qui si possono scorgere schegge di anni ’80.
Ritorna
la ricerca strutturale grazie a “Doing It Again”, un giro semplice di basso
inizia assieme alla voce un cammino infarcito da brevi arrangiamenti di
tastiera. Qui Gutman canta e parla, su una melodia semplice e diretta.
“I’m
The Walker” si lancia in un percorso elettronico dalle atmosfere gotiche.
Cadenzato l’incedere, un passaggio nuovamente negli anni ’80, quasi vicino alla
New Wave. Di base la ricerca è sempre dietro l’angolo, senza mai spingere
sull’acceleratore, con consapevolezza e idee chiare, un esempio proviene
dall’altrettanto elettronica “This Is Easy”, nomen omen. Qui la fase armonica è
tendenzialmente derivante dalle corde vocali di Michal.
Altrettanto
sorprendente è “A Second Plan” grazie ai giochi sonori realizzati sulle voci,
dove ancora una volta le note sono poche e ripetitive. Il disco si chiude con “Running
Out Of Luck” dove l’impostazione vocale ricorda certi passaggi jazzistici dei
tempi passati.
In
definitiva “Never Coming Home” è un album introspettivo, dove sgocciolano note
pensate e vissute con un criterio che si amalgama fra passato e presente, un
modo per spezzare la quotidianità musicale dei nostri tempi. MS
Versione Inglese:
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