Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO

Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
La storia dei generi enciclopedica

lunedì 30 ottobre 2017

Minco Eggersman

MINCO EGGERSMAN – Kavkasia
Volkoren
Distribuzione Italiana: G.T. Music Distribution
Genere: Ambient/Avanguardia
Supporto: cd/lp – 2017


Minco Eggersman è un prolifico polistrumentista olandese nato nel 1977, autore di numerosi dischi realizzati con differenti progetti. Ed è proprio dopo questi ultimi tre anni dedicati alla creazione di colonne sonore per film e documentari per la televisione nazionale olandese, che ritorna alla musica solista con questo nuovo prodotto dal titolo “Kavkasia”.
Esso nasce ispirato da un viaggio effettuato con sua moglie in Georgia, e riflette la ricerca di bellezza, di forza e di riposo, sulle montagne caucasiche.
L’intento dell’artista è quello di immergere l’ascoltatore in questa tela di natura, dove i colori sono le note, tenui ma allo stesso tempo capaci di apporre profondità all’opera. Nella musica Ambient che scaturisce dalle dodici canzoni si evince ariosità, pacatezza, e si ha la sensazione di vivere di persona i posti visitati dal musicista. Non a caso gran parte del materiale è basato su registrazioni eseguite “sul campo” da parte di Minco e dal regista Yaron Cohen in Georgia, registrazioni che effettivamente portano direttamente la Georgia nel salotto dell'ascoltatore. Per raggiungere questo scopo Eggersman si è coadiuvato di artisti della ECM come Audun Erlien (Mathias Eick e Silje Nergaard), Svante Henryson (che ha collaborato con Steve Gadd, Ryan Adams e Elvis Costello), Oene Van Geel(Jan Bang) e Paul Van Der Feen della Metropole Orchestra. Lui pur essendo un batterista in primis, in “Kavkasia” non suona la batteria, la musica composta non ne necessita.
Come hanno già detto in Italia gli Arti & Metieri in “Tilt”, qui si hanno “Immagini per un orecchio”, fotografie e voli pindarici anche ad alta quota. Musica da ascoltare prevalentemente ad occhi chiusi per non lasciarsi influenzare da distrazioni esterne.
Le tracce sonore sono alquanto brevi, escluse due, “Holy Ground” e “Tiblisi Calls”, quest’ultima aperta con vero suono di campane. Il paesaggio è avanti a noi. “Dance” è cantata ed il canto è serioso in stile primi Pink Floyd, pacato e profondo.
Ottoni in “The Black Sea” mentre la malinconica “The Other Side Of Down” si avvicina alla Psichedelia. I territori musicali esplorati sono molteplici, anche ambienti Etno/Folk si affacciano di tanto in tanto, come nell’inizio di “Stepantsminda”. “Deda Ena” è fra le mie preferite, acustica e vicina al cantautorato americano anni ‘60/70, reminiscenze Tim Buckley. Ma non è un disco da centellinare in descrizioni singole, è semplicemente un puzzle dove la visione sta nell’orecchio di chi ascolta. La mia non sarà la stessa della vostra, per cui mi limito solo a consigliarvelo.

In un mondo dove si corre senza meta, dove la frenesia ci travolge, un bel viaggio rilassante nel Caucaso ci sta proprio bene, almeno facciamolo con la fantasia, non ci costa nulla. MS 

giovedì 26 ottobre 2017

Airbound

AIRBOUND – Airbound
Art of Melody Music
Distribuzione: Burning Minds/Atomic Stuff
Genere: Melodic Rock/AOR
Supporto: cd – 2017


Airbound provengono da Milano e sono un gruppo composto da musicisti che hanno collaborato con band Metal italiane importanti come Labyrinth, Vision Divine, Grace Charming e Pop come 883. Sono formati da Tomás Borgogna Ugarteburu (voce), Lorenzo "Fudo" Foddai (chitarra, cori), Angelo "NgL" Sasso (basso, cori), Alessandro Broggi (tastiere, cori) e Riccardo "DrumBeater" Zappa (batteria). Si ritrovano nel 2000 con la passione per l’AOR e cominciano a scrivere materiale proprio dal 2006, assieme all’amore per gruppi come Journey e Survivor.
Il disco di esordio si intitola proprio “Airbound” e si avvale di una nutrita squadra di special guest, come Sven Larsson (Street Talk, Raintimes, Room Experience), Davide “Dave Rox” Barbieri (Wheels Of Fire, Raintimes, Charming Grace, Room Experience), Mario Percudani (Hungryheart, Shining Line, Ted Poley, Axe) e Josh Zighetti (Hungryheart, Charming Grace). Il disco è supportato da un nutrito libretto contenente foto, testi e le considerazioni di Denis Abello editor in chief in Melodicrock.it. Il gradevole artwork è ad opera di Antonella “Aeglos Art” Astori, mentre le foto sono di Patrizia Cogliati. Dieci sono le canzoni che compongono l’opera.
Ora si sa che l’AOR basa tutto sulla qualità pomposa dei suoni e sui ritornelli e le melodie di facile memorizzazione, una regola che ha contraddistinto da sempre il genere, e gli Airbound la rispettano. Così l’iniziale “Have A Good Time” si presenta, con tutte queste carte in regola. La produzione sonora spicca per pulizia e potenza, suono ampio ed incisivo. Voce in evidenza, chitarre di supporto e tastiere da tappeto melodico, il piatto forte è ovviamente il ritornello. Non esula l’immancabile breve e godibile assolo di chitarra. Ho scorci di Bon Jovi anche nella successiva “The Sun Tomorrow”, più pacata ed ariosa. A gusto di chi scrive i momenti migliori giungono proprio dai solo di chitarra, perché sempre garbati, armoniosi e mai invasivi. In verità sono tutti potenziali hit, difficile estrapolarne uno su tutti, i brani scorrono per magniloquenza e freschezza, anche quelli più cadenzati e ragionati come “Till The End”. Bella botta con “You Live And You Learn”, musica da deja vu, questo è vero, ma sempre d’effetto e accalappiatrice.
Il ritmo sale con “Don’t Fade Away”, canzone che calza a pennello alla voce di Tomás, fra dolcezza e grandezza.”Zhaneta” è fra i momenti più alti dell’intero disco, movimentata in tutti i suoi cambi di tempo e di umore, per un totale di sei minuti di musica ben confezionata e ancora una volta con le melodie vincenti. Il brano più ruggente e grezzo rispetto l’andamento è “Runaway”, un grezzo comunque non polveroso, pulito e ruggente. Qualche volta le tastiere subentrano di elettronica come nell’inizio di “Wasted World” e successivamente via con il classico AOR. Fra Toto, Survivor ed altro ancora nella successiva “She’s A Girl”, allegra e spensierata, mentre a chiudere c’è “Seven Seas”, delicata e di classe.

Dopo i grandi nomi vogliamo dimostrare con fierezza che anche noi in Italia sappiamo fare dell’AOR di classe e gli Airbound sono qui a dimostrarcelo con questo esordio davvero interessante. Da ascoltare anche in occasione di lunghi viaggi in auto come ottima compagnia. MS

Poisonheart

POISONHEART – Till The Morning Light
Sneakout Records
Distribuzione: Burning Minds Music Group/Atomic Stuff
Genere: Glam/Metal Rock
Supporto: cd – 2017


Dice un noto proverbio “Chi la dura, la vince”, questo spesso è il risultato di chi nel tempo mette passione e voglia nel fare ciò in cui si crede. E’ anche il caso dei bresciani Poisonheart, originariamente band Glam/Punk-Rock chiamata Poison Heart . Si formano nella metà degli anni 2.000 con l’intento di riproporre brani di gruppi come Ramones ed altri ancora. Di quella formazione oggi resta Fabio Perini (chitarra) che dopo aver incontrato il bassista Giuseppe Bertoli decide di modificare il nome in Poisonheart e ricoprire anche il ruolo di cantante. Con il tempo non muta soltanto la line up, bensì anche l’orientamento musicale, puntando al Glam Metal e accantonando quindi la parte Punk della musica.
L’attività live è intensa e così le partecipazioni ad alcuni contest che portano a questi risultati: 2007-  4° posto al concorso "Bakkano Vitale 2" a Castegnato (BS). 2009- vincitori del concorso "Baraonda Rock" a Nave (BS). 2009- 3° posto al concorso "CG Rock" a Chiari (BS). Ed è nel 2010 che registrano il primo EP dal titolo “Welcome To The Party”, bene accolto dalla critica di settore. Ma la line up si scioglie per metà, e quindi Perini e Bertoli si ritrovano a ricostruire il gruppo che si riforma nel 2014 con l’innesto di Francesco Verrone (dai Needlework) alla batteria e Andrea Gusmeri (ex Dreamhunter) alla chitarra solista. Ogni colpo una cicatrice che comunque rafforza il carattere della band , la quale si diletta anche a cambiare nuovamente stile, miscelando nel loro sound anche fosche tinte Dark. I tempi sono maturi per “Till The Morning Light”, a tutti gli effetti il loro debutto discografico. Esso è composto da dieci brani ed accompagnato da un libretto con testi e foto annessi. Le voci femminili che si ascoltano durante il percorso sono di Francesca Cavalleri e Raffaella Rossi.
L’album si apre con “(You Make Me) Rock Hard”, graffiante, come la voce di Perini ed un riff dal sapore passato, quasi AC/DC o Accept e comunque sempre efficace. Sicuramente un brano da cantare live assieme a loro. Il lato Dark a cui mi riferivo in precedenza fa capolino in “Flames & Fire”, anche nel cantato. Le chitarre sostengono il tutto con riff di chitarra di memoria Judas Priest primi anni di carriera. Il suono si quieta con “Anymore”, più cadenzata e reminiscenze Paradise Lost, tuttavia i nomi che sto facendo non sono per dire che la band sta copiando, ma solamente per dare a voi che leggete e non ascoltate un punto di riferimento, perché i Poisonheart hanno comunque una buona personalità, decisamente sopra la media dei prodotti del genere. Si torna a spingere con “Lovehouse”, Rock allo stato fondente, diretto come un pugno allo stomaco e qui una puntina di vecchio Punk  si ritorna a sentire.
Ritornelli da cantare live dicevo, e anche “Shadows Fall” non esula da questo concetto. Il disco procede equilibrato con saggezza, brani più duri si alternano a momenti più pacati e la fluidità ci guadagna, ecco quindi “Baby Strange” fare da simil-ballata. “Under My Wings” ha un inizio in stile Scorpions, quelli più Metal, così un ritornello sporco appena di Punk e ruffiano.
Tutti i componenti approcciano allo strumento con buona tecnica e navigata esperienza, il muro sonoro è quindi compatto. “Out For Blood” e “Hellectric Loveshock” mostrano i muscoli della band mentre la conclusiva “Pretty In Black” è il sunto dello stile Poisonheart, ma con spiragli di luce.

Un disco scorrevole, caldo, ricco di esperienza e buone canzoni che faranno piacere sicuramente agli amanti del genere, gli altri? Si possono approcciare con tranquillità, è musica per tutti. MS

sabato 21 ottobre 2017

TNNE

TNNE – Wonderland
Progressive Promotion Records
Distribuzione: G.T.Music
Genere: Neo Prog
Supporto: cd – 2017


Chi ha vissuto negli anni ’80 il Neo Prog come me, sa cosa vuol dire emozionarsi con il suono IQ, Marillion, Pendragon e compagnia bella. I loro punti di riferimento sono stati soprattutto i Genesis ed i Pink Floyd, questo ovviamente in senso generale. L’ondata negli anni a venire sembra non essersi fermata, lasciando strada facendo altri segni importanti, con gruppi come Arena ed i più recenti Transatlantic. Chi è ferrato nella materia sa bene che sto parlando di due supergruppi composti da musicisti derivanti da altrettante band importanti del settore, tutto questo per dire che il Neo Prog è sempre stato attivo sino ai nostri giorni.
I TNNE sono il progetto dell’ex tastierista lussemburghese dei No Name, Alex Rukavina e del cantante Patrick Kiefer. TNNE sta per The No Name Experience e se andiamo a mettere nella loro discografia anche i lavori a sigla No Name, allora con questo “Wonderland” si giunge al sesto lavoro in studio.
Il gruppo oltre ai citati artisti è completato da Gilles Wagner alla batteria, Michel Casadei Della Chiesa al basso e a grande sorpresa si aggiunge il chitarrista Claudio Cordero dei cileni Cast, altra importante band del settore, in attività dal lontano 1978. Non da meno l’importanza del sax suonato da Fred Hormain, altro ospite nel disco.
Nell’ormai classica edizione cartonata della Progressive Promotion Records, si può godere di un artwork davvero intrigante ad opera di Noria & Flowerville, accompagnato da un libretto nel quale risiedono tutti i testi delle canzoni. Le tracce contenute sono nove, compresa la bonus track finale scritta da Florian Di Marco e cantata in lingua francese (l’unica, tutto il resto è in inglese) dal titolo “Le Fil Du Temp”.
Il disco si apre con gli otto minuti di “My Childish Mind”, suddiviso a sua volta in due trance, l’”Opening” e “The Thrill”. Tastiere e sax ci accolgono su una ritmica spezzata di chiara matrice Neo Prog. Il suono è pulito, mettendo in evidenza le caratteristiche sonore degli strumenti, il tutto è ben calibrato e dal suono ampio. La voce di Kiefer si paragona al buon vino, che con il tempo diventa più corposa e consapevole delle proprie capacità. Molta enfasi e si bada più all’emozione che alla grande tecnica, la quale fa capolino quando serve per alzare il tiro dell’emotività. Importante per tutto ciò il lavoro delle tastiere.
Una fase iniziale elettronica accompagna sopra una ritmica serrata l’introduzione della più Hard “Eye Of A Storm”, grazie ad un riff di chitarra distorto e fendente. Ma come si sa, i cambi di tempo e di umore sono all’ordine del pentagramma nel genere in analisi, e questo i TNNE lo sanno e ne fanno tesoro. Nel frattempo molto piacevole il solo di chitarra.
Bel momento di voce e piano in “Katrina Killed The Clown” e qui le atmosfere che seguono sono bene rappresentate dall’artwork di copertina. Il brano non sfigurerebbe di certo nella discografia di Clive Nolan (Pendragon, Arena, etc.).
La melodia è curata anche negli arrangiamenti, tutto molto semplice e delicato, “Wonderland” sta a testimoniarlo. Altra prerogativa del Neo Prog è il cantato spesso logorroico, il maestro Fish (Marillion) ce lo ha dimostrato, cosi’ Nicholls degli IQ e guarda caso qui ci sono tutti gli ingredienti giusti. Segue “Final Fantasy”, a mio gusto personale vero e proprio singolo dell’album. Il ritmo sale con “Frozen In Time” così l’epicità dell’ascolto, e qui  si colgono reminiscenze RPWL per chi li conoscesse. Più generica “Glittering Lights” mentre il disco si chiude con l’ottima “Eight Week”, vero calderone di materia descritta in questa recensione. La bonus track “Le Fil Du Temp” è intrigante ed il sax la impreziosisce oltremodo.
“Wonderland” è quindi composto da musica variegata, senza troppi fronzoli e ben confezionata, un genere che dimostra ancora una volta il suo buon stato di salute e a seguire i TNNE, in ottima forma, sanno oramai dove andare a parare. L’esperienza in fin dei conti insegna, e noi nel frattempo ne godiamo. MS


domenica 15 ottobre 2017

Glad Tree



GLAD TREE "Ostinatoblu"


Nell'ultimo album dei GLAD TREE le note di copertina sono del sottoscritto, ma il vero valore è la musica che contiene. Da avere.



GLAD TREE: “OSTINATOBLU”” – UNA NUOVA USCITA M.P. & RECORDS DISTRIBUITA DA G.T. MUSIC DISTRIBUTION

CD – Prezzo: euro 12,90
Label: M.P. & Records – In uscita il 22 Settembre 2017
Sample: “Ostinatohttps://youtu.be/bWVowe6OXNs
Gli strumenti acustici vibrano, hanno una frequenza, come le nostre anime. Quando questi elementi si sovrappongono perfettamente, si viaggia alla scoperta di nuovi mondi-. La ricerca sonora puo’ entrare in simbiosi con la melodia semplice e la serenita’, ed e’ un nido sull’albero della felicita’. Il ritorno al Blues, dove tutto e’ puro e sincero… La fonte. Fermarsi ad ascoltare, non a sentire. Il caos e’ fuori.” Dalle note di copertina di MASSIMO MAX SALARI.
Ostinatoblu” e’ il secondo lavoro dei GLAD TREE gruppo che mette insieme il talento di MARCELLO CAPRA e MARIO BRUNO, entrambi membri dei PROCESSION negli anni ’70 e di LANFRANCO COSTANZA, che con grande inventiva e maestria percorrono le vie del Blues acustico ma anche strizzando l’occhio al jazz e rendendo omaggio ad un grande compositore classico come Johann Sebastian Bach proponendo la famosissima “Bourrée” dalla Suite in Mi Minore per liuto in una propria visione a meta’ strada tra l’originale classico e la celeberrima versione dei Jethro Tull. Inoltre altre due cover impreziosiscono il contenuto sonoro di questo disco: “Mystery Train” di J.Parker/S.Phillips e “Waiting for the right time” di J. Mayall.
L’album viene pubblicato da M.P. & Records (www.mprecords.it) e distribuito da G.T. Music Distribution (www.gtmusic.it); la data di uscita e’ il 22 settembre.
Prodotto da GLAD TREE e VANNUCCIO ZANELLA.
Il sito ufficiale della band e’: www.marcellocapra.com
Pagina Facebook dei GLAD TREEhttps://www.facebook.com/aliantemusica/
GLAD TREE :
MARIO BRUNO: corno, tastiere
LANFRANCO COSTANZA: flauti, armonica, voce
MARCELLO CAPRA: chitarre elettriche ed acustiche
Tracklist:
1  – Ostinato (4:00)2  – Hardog (4:29)3  – Dog Blues (4:12)4  – Mystery Train (4:09)5  – Flower Blues (3:27)6  – Waiting for the right time (4:57)
7  – Sarnano Blues (4:30)8  – Giamaica Blues (4:43)9  – Canone (6:47)10 – Bourée (3:31)

sabato 14 ottobre 2017

Aiperion

AIPERION – Il Tempo Utile All’Addio
Autoproduzione
Genere: Psychedelic / Progressive Rock
Supporto: cd – 2017


La band friulana (Udine) Aiperion ha una lunga attività alle spalle, si forma nel 2001 e si esprime con  un cantato inizialmente in lingua inglese. Il trio composto da Daniele Treu (chitarra e voce), Fabio Sant (basso) e Leonardo Modonutto (batteria) si esibisce in diverse date live e raggiunge anche un terzo posto al concorso nazionale Pagella Rock nel 2005. Quello che propongono è ciò che in definitiva noi scribacchini andiamo a collocare nel calderone Progressive Rock, in quanto le influenze di stili racchiusi nella loro musica sono differenti, comprese le sperimentazioni. Si denotano la Psichedelia, del Post Rock, Stoner e tutto quello che il Prog Rock degli anni ’70 ci ha dato come eredità, King Crimson in primis.
Sono sempre in fermento e in continua ricerca di nuove forme d’arte, comprese colonne sonore per cortometraggi e documentari, una vivacità che porta gli stessi strumentisti ad avere sempre uno spirito alto ed una creatività accelerata. Il primo lavoro ufficiale risale al 2007 con il titolo “Through The Total Glare”, composto da otto tracce. Esso riceve buoni consensi sia in ambito live che nel web.
Oggi ritornano all’attenzione del pubblico con “Il Tempo Utile All’Addio”, presentato in ben cinque copertine differenti, per la gioia dei collezionisti, tutte realizzate da Bernardetta Giordano rappresentanti  l’attimo struggente dell’addio.
Undici le canzoni, a cominciare da “Nota Dolente” con i testi penetranti di Daniele Treu. Suono sferzante su una ritmica precisa e potente coglie subito l’attenzione dell’ascoltatore, compreso il gustoso ritornello. Più spensierata “Borderline”, e le chitarre giocano un ruolo importante, sia per il riff che per l’andamento a tratti nervoso stile Fripp. Con “Il Diavolo Probabilmente” si scorge il lato più ricercato e duro degli Aiperion, nella ritmica e nella struttura del brano dedita ad una sorta di schiaffo e bacio, fra durezza e quiete. Le chitarre distorte proseguono anche nell’intro di “Riflessi”, canzone dalla buona armonia ed una attenzione particolare alla formula canzone.
Nella musica non si manifestano molti assolo, la band bada al sodo e la tecnica che dimostrano di avere i tre componenti non sfocia mai in logorroici passaggi, piuttosto tendono a spingere sull’energia formando un vero e proprio muro sonoro.  Giunge la quiete nell’inizio di “Ultimi Immortali”, la canzone che spezza giustamente l’ascolto, arricchita da archi e ben arrangiata.
“Verme” potrebbe essere un single in quanto in esso trovo tutti gli ingredienti giusti, riff orecchiabile compreso. A seguire la quasi strumentale “Vanvera”, vetrina bella e buona per le doti tecniche e compositive. Ancora archi nell’inizio di “Testacoda” mentre la voce di Treu è quasi sussurrata e la canzone a questo punto si può dire in pieno stile Aiperion, schitarrate annesse. Gradevole l’intervento delle tastiere. Non manca un breve momento acustico, qui voce e chitarra acustica dal titolo “Vascello Steppa”, ma attenzione non è una vera e propria ballata. Concludono il disco i due frangenti “Fantasmi I” e Fantasmi II”, quest’ultimo è una sorta di brano fantasma nel puro senso del termine, ma non vi voglio rovinare la sorpresa.
Buono il suono, ben registrato ed equilibrato, solo in rari frangenti la voce è sovrastata dagli strumenti, per il resto nessuna pecca.

Un disco che non conosce attimi di stanca e che ben si adatta ad un ruolo di tutto rispetto nella nuova ondata di band italiane dedite a questo genere. Energia da prendere. MS

Contatti: aiperions@gmail.com