Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
lunedì 28 febbraio 2022
Rick Miller
RICK MILLER – Old Souls
Ho avuto modo anche recentemente di decantare le qualità delle band provenienti dal lontano Canada, la maggior parte di esse ha forte personalità, non a caso le basi per un futuro Metal Progressive giungono proprio da questa terra grazie allo storico trio Rush. Evoluzione anche in ambito Thrash Metal grazie alla band Voivod, ma i nomi sarebbero davvero tanti. C’è chi evolve uno stile e chi invece si limita a ripercorrere strade battute da altre nobili band, il tutto sempre con personalità. Il prolifico polistrumentista Rick Miller ha avuto una gioventù musicale fortunata, si è innamorato del suono dei Moody Blues, Pink Floyd, Alan Parson, Genesis su tutti. Miller di Alan Parson ha anche la voce molto simile che lo aiuta a ripercorrere perfettamente certe sonorità. Il suo primo album risale al lontano 1984 dal titolo “Starsong”, da qui inizia un lungo cammino che lo porta a realizzare ben sedici album in studio, in un crescendo qualitativo che gli fa onore. L’ho seguito in questa sua escalation e posso confermare con certezza che si è davvero comportato come un buon vino rosso, il tempo l’ha esaltato e valorizzato. Si è avvicinato disco dopo disco sempre più ai Pink Floyd e questo di certo non è un difetto, anche nel 2022 c’è bisogno sia di memoria sia di buona musica per la mente.
Cyril
CYRIL
– Amenti’s Coin Secret Place – pt. II
Progressive Promotion Records
Genere: Crossover Prog
Supporto: cd – 2022
Parlare
del gruppo Tedesco Cyril per il sottoscritto è sempre un piacere, anche perché
nel corso della carriera si sono spesso interfacciati con un personaggio del
Progressive Rock non molto famoso, ma per me un grandissimo artista, sto
parlando di Guy Manning (The Tangent, Parallels Or 90 Degrees).
Detto questo la storia dei Cyril è costellata di buoni album a iniziare da “Gone
Through Years” del 2013. “Amenti’s Coin Secret Place – pt. II” è la quarta
fatica da studio e tutte sono un esempio di Progressive Rock totale, ossia riguardante
sia il passato storico oltre che il Neo Prog degli anni ’80. Si fondano nel
2010 dalle ceneri del gruppo Gabria ed oggi sono composti da Larry Brödel
(voce), Manuel Schmid (voce), Ralf Dietsch (chitarra, mandolino), Marek Arnold
(tastiere, sassofono, clarinetto), Dennis Strassburg (basso) e Manuel Humpf (batteria).
Nelle
nove canzoni proposte non ci sono suite, la più lunga è la conclusiva “Arrival”
della durata di quasi nove minuti, per il resto si viaggia su una media di
quattro o cinque minuti.
Il
gancio con il suddetto Neo Prog lo si ha immediatamente all’ascolto di “On
Sacred Ground” in alcuni momenti vicino a “Lords Of The Backstage” tratto da
quel capolavoro Marillioniano intitolato “Misplaced Childhood”. Il sax di Marek
Arnold rende tutto il contesto più raffinato.
La
chiave di lettura della musica Cyril va interpretata in un semplice pochi
fronzoli e tanta sostanza. Canzoni semplici con brevi assolo divertenti, come
nel caso della spensierata “A Letter Home”. La chitarra elettrica di Ralf
Dietsch apre con arpeggi la ballata “My Father’s Answer”, una malinconica
interpretazione vocale riporta alla canzone una sensibilità toccante e
profonda.
“Desert
Crossing” ha molto della musica di Phil Collins voce annessa, mentre il
movimento centrale composto da arpeggi riporta ai Genesis e il crescendo sonoro
dona al brano un fascino incredibile. Il Progressive Rock in definitiva è
questo, se fatto con professionalità e con giuste idee senza strafare diventa
un genere musicale appetibile a molti palati, non solo a quelli degli
intenditori. Unita da un suono psichedelico si aggiunge “Caravan”, un viaggio
quasi sinfonico su un motivo semplice ma efficace.
Ritorna
l’arpeggio in stile Steve Rothery (Marillion) nella breve e strumentale
“Amanti’s Coin”, un brano d’atmosfera che lascia adito alla fantasia
dell’ascoltatore. Si ritorna alla canzone con “A New Shangri-La”, altra semi
ballata nostalgica ed efficace per emotività. Segue melodia in cattedra per
“The Tempress”, vera e propria ballata, quasi un continuo con il brano
precedente e ancora Phil Collins fra le note. La chiusura è affidata a
“Arrival”, sunto della musica dei Cyril. Davvero una degna conclusione.
La
musica si sa deve semplicemente emozionare e per raggiungere questo scopo non
ha bisogno di chissà quali attributi se non quelli del gusto per la melodia
facile da memorizzare e una buona tecnica individuale messa a disposizione
della canzone, e non dell’ego del musicista.
“Amenti’s Coin Secret Place – pt. II”
è un disco piacevole, registrato bene nei studi di Martin Schnella, altro
personaggio importante per la musica Prog tedesca e non soltanto. Se amate le
canzoni non troppo complicate, questo disco fa sicuramente al caso vostro. MS
sabato 26 febbraio 2022
ZoneM
ZONEM – Sono Dentro Di Me
Black Widow Records
Genere: Rock Progressive
Supporto: Digital – 2022
La
Black Widow Records sorprende sempre, le band prodotte dalla casa genovese si
aggirano generalmente attorno ad un Metal oscuro, un Prog altrettanto tetro,
spesso psichedelico e sperimentale. La banalità non è certo di casa.
Questa
volta iniziano l’anno 2022 con una super-band formata da musicisti derivanti da
gruppi come Sadist, Il Segno Del Comando, Jus Primae Noctis e Will’o’Wisp
chiamata ZoneM. Le atmosfere lasciano presagire un lavoro alla Goblin e in
effetti “Sono Dentro Di Me” potrebbe benissimo essere un film horror, o per
meglio dire la colonna sonora. Le liriche che si appoggiano a scritti di H.P. Lovecraft,
maestro del terrore, incollano l’ascoltatore avanti la musica rendendolo un
visionario tagliato fuori dal mondo. Un’opera sperimentale che riesce a mettere
ansia, grazie anche a ritmiche che si sovrappongono velocemente a quelle del
nostro battito cardiaco rendendoci interattivi con l’insieme. Per spaventarci
ulteriormente ci sono tuoni, sibili, e leggendo la bio di presentazione si
aggiungono anche tracce della guerra in Vietnam, registrazioni di suoni
provenienti dal pianeta Saturno, voci distorte, suoni metallici, ticchettii e
scoppi. Questo
viaggio nella paura ci stimola l’amigdala, complesso di nuclei che abbiamo nel
cervello e che gestiscono le emozioni.
Sedici
brani che fanno di “Sono Dentro Di Me” un solo motivo, angosciante e spaventoso.
Ascoltate
i rumori di “Polifemo (pt.1) ” per averne una chiara immagine. Il disco si apre
con il benvenuto di “Nessuna Uscita”, uno strumentale fondato sulle tastiere
della mente Beppi Menozzi (Il Segno del Comando) su una ritmica sincopata e già
nell’aria si sparge il profumo degli anni ’70. Autori di cotanto materiale sono
Beppi Menozzi (voce, tastiere, arrangiamenti, composizione, testi, produzione) Pietro
Balbi (chitarra), Diego Banchero (basso, testi) Alessandro Bezante (basso),
Davide Bruzzi (chitarra), Fernando Cherchi (batteria), Marco Fehmer (voce,
chitarra, composizione, testi), Paolo Puppo (grafica, chitarra), Mario Riggio
(batteria). Roberto Lucanato (chitarra), Renzo Luise (chitarra), Graziella
Gemignani (dipinti), Mauro Isetti (basso), Rita Menozzi (voce), Riccardo
Morello (voce), Silvia Palazzini (voce), Tommaso Maestri (chitarra) e Pietro Menozzi
(chitarra). Avanti ai nostri occhi passano nomi e situazioni, film gialli,
Emerson Lake & Palmer, Fabio Frizzi, John Carpenter, Peter Gabriel e molto
altro ancora scaturito soprattutto dalla nostra e vostra immaginazione. Questa
è la magia della musica, e il progetto ZoneM mostra la capacità dell’arte di
far scaturire immagini all’ascolto e addirittura a spaventare. Bellissima “Arkham”,
davvero di matrice Goblin, ma un tuono ci fa sobbalzare all’inizio di “Cospirazione”
e siamo circondati da suoni e scricchiolii di certo non rassicuranti. Angoscia
nell’altalenarsi di riff di tastiera a loop, cosa accadrà ora? Come in
“Profondo Rosso” c’è la nenia “School At Night”, qui c’è “Eurimaco, il
mentitore (bestia pt 1)”. Ed ecco giungere la bestia “Cthulhu”, brano
Progressive Rock per la precisione Hard Prog. La suddetta amigdala è anche il
titolo di una canzone, ricercata e avvincente, sostenuta da ritmiche e suoni
psichedelici, il nostro cervello è circondato da suoni, ci sentiamo scoperti e
fragili. Subentra “Incubo”, nomen omen.
Fra
i momenti che ho apprezzato maggiormente c’è “Peshtigo”, un insieme di emozioni
date anche dalle coralità femminili e un suono ampio di tastiere che potrei
definire sinfonico. C’è anche un frangente vicino al cantautorato, lo si
ascolta in “Sono Qui (Bestia pt 2), ma è solo un istante che lascia
immediatamente spazio al suono elettrico delle chitarre. Momento di quiete in
“Vulnerabile (Bestia pt 3)”, l’inizio mi rimanda ad alcuni suoni delle nostrane
Orme. Ritornano i Goblin in “Bestia pt 4”, per poi addentrarsi nello
sperimentale dove suoni e voci ci sorprendono in ogni momento, il brano s’intitola
“Merrick” e a questo punto non voglio svelarvi il finale che spetta soltanto a
voi.
ZoneM
è una sorpresa, un progetto che riesce a dare la colonna sonora a un film che
non esiste, sapreste voi fare di meglio? MS
Framauro
FRAMAURO
- My World Is Ending
Lynx
Music
Genere: Neo Prog
Supporto: cd – 2022
Attenzione
alla Polonia per quello che concerne il Neo Prog. La terra è ricettiva a questo
genere musicale, non a caso le band come Pendragon, Arena e molte altre vanno a
registrare live per la Metal Mind Records in questi luoghi, Ci sono formazioni
importanti come gli storici Collage, oppure i Millenium, Quidam, Riverside solo
per fare alcuni nomi, ma veramente qui c’è molta carne al fuoco.
Cos’è
il Neo Prog credo che i più appassionati di voi conoscono già la storia,
passando per band come Marillion, Pendragon, Pallas, IQ, Twelfth Night etc.,
agli altri delucido dicendo che fa riferimento ai primi anni ’80 e alle
sonorità Pink Floyd, Genesis e Camel su tutte. Tastiere e chitarre sono
l’epicentro di alcuni assolo che rendono la musica molto orecchiabile rispetto
a certo Progressive Rock più sperimentale. Per maggiori approfondimenti rimando
al mio libro edito per Arcana “Neo Prog – Storia e Discografia”.
Ryszard
Kramarski è un polistrumentista che abbiamo conosciuto in quanto mente dei già
nominati Millenium mentre Framauro è il primo progetto nato nel 1996 nelle
stanze della sua casa. Per dare voce a quanto registrato in demo, i primi tempi
Ryszard si avvale del supporto dei cugini Stach Kramarsk (voce) e Tomasz Pabian
(chitarra, batteria). Il primo risultato esce nel 1998 e s’intitola “Etermedia”
(Lynx Music) mentre la passione per la musica di Ryszard Kramarski accresce
anno dopo anno, fino a fargli formare la band Millenium e la casa discografica
per un ulteriore passo verso la professionalità chiamata Lynx Music. Molto
lunga la discografia con la band Millenium e vuota con Framauro che ritorna
dopo ventiquattro anni con questo “My World Is Ending” escludendo l’ep del 2001
“Last Word - The End”. Con lui oggi suonano Grzegorz Fieber (batteria),
Krzysztof Wyrwa (basso) e Marcin Kruczek (chitarra). Wyrwa
è anche elemento dei Millenium.
Se
guardiamo la copertina di questo nuovo album, ci sono molti indizi che conducono
a certi punti di attinenza appena nominati, guardate ad esempio i volti dei due
esseri che si relazionano, non ricordano per caso le statue di “The Division
Bell” dei Pink Floyd? I visi disegnati a matita delle donne tristi a occhi chiusi
non sono prerogativa della matita di Peter Nichols degli IQ e dei suoi dischi?
E se guardiamo il totale, non si può certo ignorare il naif appartenente a
molte cover dei Pendragon. Certo, non sono gli stessi ma alcuni deja vu
assalgono l’osservatore amante del Neo Prog.
La
musica non è distante da quanto descritto, otto brani che si lasciano ascoltare
con piacere fra assolo interessanti e buone melodie. Ovviamente nel 2022 ci si
dovrebbe attendere di più dal Neo Prog, in realtà possiamo ufficialmente dire
che il genere in questione è così stabile da fare concorrenza al Progressive
Rock più vintage degli anni ’70. I paletti che si sono costruiti attorno
potremmo sostituirli con un muro invalicabile, dove all’interno esistono
esclusivamente alcune certezze intaccabili. Probabilmente questo è il vero
motivo per cui Ryszard Kramarski ha rispolverato oggi il progetto Framauro.
Nostalgia oppure voglia di ritornare a quelle vecchie radici che hanno dato
propellente alla voglia di creare musica da parte del polistrumentista? In
verità non è questo che m’interessa di più, l’importante è emozionarmi
all’ascolto e qui per fortuna non mi resta molto difficile.
“My
World Is Ending” è un titolo che preoccupa, però Framauro potrebbe anche
lasciare presagire a un ritorno alle origini. Speriamo solamente che non sia un
cerchio che si chiude, perché c’è bisogno ancora oggi di bella musica, e mi
raccomando Ryszard, non fare scherzi! MS
sabato 19 febbraio 2022
Retreat From Moscow
RETREAT
FROM MOSCOW - The World as We Knew It
Gravity
Dream Music
Genere: Neo Prog
Supporto: cd – 2022
E’
proprio il caso di dirlo, il buon caro e vecchio Neo Prog! Nel mondo della
musica davvero ne capitano tante e qualche volta anche di strane, come nel caso
degli inglesi Retreat From Moscow. La band composta da Andrew Raymond (tastiere, voce), John Harris
(voce, chitarra, flauto, tastiere), Greg Haver (batteria, sintetizzatori,
voce), e Tony Lewis (basso, voce) si forma in piena era Neo Prog nella fine
degli anni ’70 per poi cadere in una sorta di letargo nel 1981. Si ritrovano
sempre con la passione per la musica nel 2018 e montando anche sul carro del
ritorno in voga del genere, decidono di ridare vita ai brani composti una
quarantina di anni prima. Effettuata la reunion, la band si mette in studio a
provare e infine a registrare quest’album che paradossalmente potremmo definire
d’esordio intitolato “The World as We Knew It”.
Tuttavia
non si può dire che non si sono presi il tempo dovuto, solo nel 2022 l’album
vede luce negli scaffali dei dischi, per cui sono serviti altri quattro anni.
Quello
che colpisce all'ascolto degli undici pezzi è il fattore temporale il quale
manifesta un’incongruenza sonora apparente, per meglio dire immaginate di
ascoltare i Pendragon dei fine anni ‘70 ma suonati con la tecnologia moderna
analogica, la composizione è datata ma il suono è attuale. La voce e
l’andamento ricordano molto anche il materiale del tastierista Clive Nolan
(Pendragon, Shadowland, Stranger on A Train, Arena, Caamora, etc.). Si gustano
gli anni ’80 sin dall’iniziale “The One You Left Behind” ma ancora di più nella
successiva “Radiation”, dove le tastiere fanno sia da tappeto sia da colonna
portante. La tecnica espressa è più che sufficiente, così le chitarre che
alternano frangenti duri a pacati. “Radiation” Potrebbe benissimo uscire da un
album dei primi Marillion per intenderci e già vedo i più attempati di voi sorridere
dopo questa mia descrizione.
Affascinante
“Henrietta”, l’arpeggio di chitarra iniziale è un altro punto di congiunzione
con il territorio di Fish e company, un andamento allegro e spensierato, una
canzone che sarebbe anche troppo semplice per il genere prog ma grazie al
motivo centrale che spezza il ritmo in un assolo alla Camel o ancor meglio alla
Steve Hackett il discorso cambia notevolmente. Davvero ben fatto anche il
lavoro delle tastiere in stile Genesis. Non si è ancora giunti a metà disco e
già si sorride.
“I’m
Alive” è terreno Pallas, era “The Sentinel”, ancora una volta in tutto e per
tutto classico Neo Prog! L’incedere massiccio lo rende oltretutto vigoroso. C’è
a questo punto un motivo più rilassante, “Costantinople”. Si inizia con la voce
e la chitarra acustica, per poi inserire il flauto e andare in un crescendo
emotivo toccante grazie all'assolo della chitarra elettrica, seppur breve.
L’ingresso della batteria e delle tastiere riempiono il suono e il brano
portandolo dritto nel cuore del Prog fans. Quante volte negli anni abbiamo
goduto di questo modo di fare, i Retreat From Moscow lo ribadiscono.
“Home”
con gli undici minuti abbondanti di durata è una vetrina di quanto descritto
sino ad ora. Un'altra canzone che mi ha colpito è la delicata “Moving Down”,
per il resto nulla fuoriesce dai binari che ho definito.
Grazie
Retreat From Moscow per la vostra caparbietà, avremmo altrimenti perso davvero
una piccola gemma da gustare con tutta calma e serenità, proprio come avete
fatto voi. MS
Lana Lane
LANA
LANE – Neptune Blue
Frontiers
Music Srl
Genere:
Hard Prog
Supporto:
cd – 2022
Che
bella sorpresa! La signora del Prog è ritornata dopo ben dieci anni di assenza.
Lana Lane si aggira nel territorio dai primi anni ’90 assieme a suo marito e
tastierista Erik Norlander (Rock Scientists) e ci ha sempre deliziato con la
sua voce raffinata e melodica. Gli spunti hard ci sono sempre stati ma la
natura di Lana Lane è delicata, colorata e particolareggiata, proprio come le
copertine che rappresentano sempre i dischi proposti.
“Neptune
Blue” è l’undicesimo album in studio escludendo gli ep, e undici sono anche i
brani che lo compongono. L’americana Lana si circonda di un parterre davvero
ricco, con nomi altisonanti quali Erik Norlander (tastiere, voce), Jeff Kollman
(chitarra), Mark McCrite (chitarra, basso, voce),
Don Schiff
(NS/Stick), Greg Ellis (batteria e percussioni) e John Payne (cori).
Non
nascondo la smania di ascoltare il disco e la paura di rimanerne deluso per
chissà quale mutamento stilistico che in realtà non si è palesato, Lana Lane è
una certezza. E’ davvero un piacere
imbattersi con un’apertura quasi AOR, positiva, hard e semplice come “Remember
Me”, dove l’azzeccatissimo ritornello fa tornare la mente indietro di decenni.
Deja vu sicuramente, ma sempre bene accetti.
Sappiamo
bene che il pubblico americano ama ascoltare buone melodie, tuttavia non
disdegna assolutamente anche la tecnica esecutiva, molte delle band Prog del
campo sono un perfetto equilibrio per un risultato gradevole, per fare due nomi
su tutti, Echolyn e Spock’s Beard. Anche la musica di Lana Lane è tecnica,
variegata e melodica, ma lascia più spazio ai ritornelli di facile
memorizzazione spezzati solo da efficaci assolo strumentali. Ascoltate “Under
The Big Sky” e godete di quanto definito. “Really Actually” è un mid tempo dove
le tastiere trasportano verso la new wave anni ‘80, ma niente paura, è sempre
dentro il Progressive Rock. L’intelligenza della cantante risiede nel non
tentare scale elevate senza una riscontrata necessità, mai si osa più del
dovuto, qui risiede la maturazione di quest’artista che a modo di vedere di chi
vi scrive avrebbe meritato più fortuna.
Le
ballate ci sono sempre e inevitabilmente raffinate, “Cum Lift Me Up” e la
toccante title track “Neptune Blue”. Semplice e diretta “Bring It on Home”,
energia pulita. Voce filtrata in “Bring It On Home” mentre nella breve “Don't
Disturb The Occupants” le tastiere partono in una ritmica in stile Supertramp.
Sale il ritmo in “Lady Mondegreen”, un giro armonico che fa il verso alla
solarità della nostrana Premiata Forneria Marconi. Con “Miss California” la
band fa un altro salto nel mondo dell’AOR per poi passare con “Someone Like You”
in un sound proveniente direttamente dagli anni ’70 o per meglio dire fine ’60,
quando i Beatles ci disegnavano melodie saccheggiate per decenni e decenni da
tutti gli artisti. Ancora vigore in “Far From Home” e poi la conclusiva e già
citata “Neptune Blue”.
E’
passata un’ora, non mi è sembrato tutto questo tempo, ciò dice quanto è stato
gradevole l’ascolto. Ben tornata signora, questa volta ti prego, non lasciarci
per troppo tempo in sospeso, c’è anche bisogno di musica ben confezionata e
diretta, c’è bisogno di Lana Lane! MS
domenica 13 febbraio 2022
Giant Hedgehog
GIANT HEDGEHOG – Im Siel
Autoproduzione
Progressive Rock / Sperimentale
Supporto: cd – 2022
Nomi
di fantasia per band ne abbiamo visti davvero di bizzarri, specialmente nel
mondo del Rock Progressivo, fra Locande, Raccomandate, Banchi e Fornerie c’è di
che sbizzarrirsi. Poi in tempi più recenti ci sono anche l’Albero Del
Porcospino (Porcupine Tree) e ora un altro grazioso animaletto sempre con gli
aculei, il Riccio Gigante (Giant Hedgehog)!
Il
nome fa pensare a boschi e ad aria buona, poi la copertina con i colori
pastellati e fiabeschi sottolineano la sensazione. Invece i tedeschi Giant
Hedgehog di Folk hanno davvero poco a parte qualche sprazzo, e neppure punti di
congiunzione con la band di Steven Wilson. Con “Im Siel” giungono al terzo
disco in studio, dopo “Giant Hedgehog” (2014) e “Die Irrealität Der Zeit”
(2018).
Si
formano a Münster per suonare un Rock ricercato, attento al passato ma con una
chiave di lettura moderna. Prog alla King Crimson e Van Der Graaf Generator
s’incontra con il Jazz e qualche volta con il Metal per dare vita a frangenti
anche cacofonici. Musica per palati fini, ossia per coloro che sono stanchi
della solita solfa e ricercano un qualcosa di davvero forte e inusuale. La band
è formata da Patrick Aguilar (basso), Moritz Nixdorf (batteria), Niklas Tieke
(chitarra) e Thomas Mrosek (sassofono).
I
Giant Hedgehog prediligono i brani dalla lunga durata, quindi all’interno
dell’album non mancano le suite sempre ricche di cambi di tempo. Il disco si
apre con “Gemurmel Aus Dem Brunnen”, arpeggi soavi e sassofono dipingono
scenari davvero bucolici e senza grosse sorprese (a parte il crescendo sonoro)
quasi non lasciano presagire cosa ci attende in seguito. Ed ecco immediatamente
la suite di ventitré minuti “Im Siel”, e il mondo dei Van Der Graaf Generator
si staglia avanti all’ascoltatore. Il brano è palestra per le capacità tecniche
dei componenti che uno a un danno dimostrazione dell’estro personale. Non di
rado trovo anche affinità con alcuni passaggi degli svedesi Landberk, questo lo
dico ovviamente per chi li dovesse conoscere. Non c’è un attimo in cui restare
tranquilli nel senso che quando l’orecchio si abitua a un motivo, ecco che la
band vira in un altro percorso sonoro, tutto ciò rende sempre massima
l’attenzione. Certo chi non ama questo modus operandi farà di questo disco una
zeppa per un tavolo traballante, tutti gli altri sono convinto che invece
quantomeno apprezzeranno. Decisamente particolare la scelta di incastrare
l’Heavy Metal in brevi momenti e confesso che tutto questo non infastidisce,
anzi, a ripetuti ascolti capisco anche il suo perché.
Ancora
arpeggi di chitarra aprono il brano “Lunas Bank”, altro crescendo che nulla
aggiunge e nulla toglie a quanto descritto. Questa è la musica del Riccio
Gigante, prendere o lasciare. Proprio come i suoi aculei sa rendersi pericolosa
ma non mortale, in parole povere i Giant Hedgehog sanno il fatto proprio,
ascoltate “Damals Am Teiche” per credere, oppure la conclusiva “Einkehr”.
Di
tanto in tanto è bello ascoltare nuove sonorità e questo fa bene anche alla
mente. Certo, non un disco epocale e neppure da fischiettare, però come ho già
detto, ha un suo perché…. Perché è semplicemente bello. MS
sabato 12 febbraio 2022
Jethro Tull
JETHRO TULL - The Zealot Gene
Inside Out Music
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2022
Parlare
di un nuovo album dei Jethro Tull nel 2022 è un grande piacere, quando una band
è così longeva, ci sarà un perché, e il perché ha un nome e cognome, Ian
Anderson. Il folletto del Rock è un personaggio noto a tutti, la storia del
genere è colma di suoi capolavori. Si è sempre saputo circondare di
numerosissimi musicisti, il suo forte carattere l’ha portato in continuo a
circondarsi di nuove energie e molto spesso il sound ne ha ricavato giovamento.
Non
starò qui a decantare l’annosa carriera iniziata in quel 1968 con il fortunato
debutto di “This Was” e neppure a presentare i noti problemi vocali capitati ad
Anderson negli ultimi anni di carriera. I Jethro Tull hanno paventato la fine
della loro avventura numerosissime volte, ma evidentemente il flautista magico
ha sempre avuto energie nascoste da tirare fuori al momento opportuno. Non si può
vivere a lungo senza musica se la si ama in maniera viscerale e su questo,
tutti gli artisti credo possano darmene ragione. Passano momenti meno ispirati,
depressioni, ma quando la vena artistica rifà capolino, ecco lo stimolo giusto per
proseguire il proprio cammino. Pensate che Ian Anderson non ha più rilasciato
un album a nome Jethro Tull dal 2003, con “The Jethro Tull Christmas Album”,
questo per sottolineare la caparbietà del personaggio in questione. In realtà
in tutti questi anni non è mai stato fermo, fra concerti e partecipazioni varie,
tuttavia l’ufficialità di un nuovo disco giunge soltanto con questo “The Zealot
Gene”.
Le
canzoni sono scritte nell’arco che varia da 2017 al 2021. Quello che balza
subito all’occhio leggendo i credit del disco e anche all’orecchio, è la
mancanza del fido chitarrista Martin Barre, che ha collaborato con la band per
più di trenta anni dal 1968. Un vero peccato perché la sua chitarra ha dato
sempre una spinta di energia ulteriore ai brani grazie alla tecnica e al groove
che si sono formati negli anni. E qui cade l’asino, perché quello che si evince
all’ascolto dei dodici brani che compongono l’album, è proprio la mancanza di una
band vera e propria alle spalle. Il nome Jethro Tull e la casa discografica
importante come la Inside Out potrebbe far pensare a una operazione
semplicemente commerciale, perché in realtà “The Zealot Gene” sembra proprio un
disco solista di Anderson, la copertina con il suo volto potrebbe confermare il
mio pensiero, in realtà dopo ripetuti ascolti tutto assume una valenza
differente dal primo e affrettato giudizio. Non si può nascondere la bravura
compositiva di Ian che è nota a tutti, e qui c’è la chiave che porta a farmi
dire che questo nuovo album non è da sottovalutare e neppure da scartare perché
la genialità risiede nel non farsi il verso addosso, ossia di cercare di
camminare sulle proprie orme del passato, bensì di apportare uno stile
sicuramente aggiornato con i tempi. E’ anche vero che negli ultimi decenni i
Jethro Tull non hanno più rilasciato dischi di grande valore o perlomeno all’altezza
di capolavori quali “Aqualung”, “This As A Brick” solo per fare due nomi, però
se la sono sempre cavata con dignità. La capacità di Anderson di adeguarsi ai
tempi è straordinaria, l’ha sempre fatto e ha sempre avuto ragione. Cambiamenti
si, ma il flauto a fare da accompagnatore al pezzo c’è sempre ed è marchio di
fabbrica inconfondibile non soltanto dei Jethro Tull ma di un intero genere
musicale. Non ci sono più gli assolo importanti di una volta, non c’è più la
voce, ma avere settantaquattro anni e fare ancora questa musica, lasciatemelo
dire è solo prerogativa dei grandi.
Come
sono le canzoni? Posso definirle medie, senza infamia e senza lode, fra alti e
bassi per un risultato di giudizio finale a mio modo di ascoltare relegato alla
sufficienza abbondante. Il singolo “Shoshana Sleeping” è accattivante e tutto il
resto è gradevole anche per un sottofondo musicale per spicciare sia faccende
in casa sia in un viaggio automobilistico da affrontare, questo per dire che
non serve una particolare attenzione nell’ascolto, tutto è molto semplice. Ribadisco
che se Anderson si fosse circondato in questi ultimi anni di una vera e propria
band, probabilmente tutte queste canzoni avrebbero avuto una spinta e una
riuscita maggiore. Ma va bene anche così. Ora spero soltanto che abbia rotto il
fiato per ritornare a scrivere altri album senza aspettare troppo tempo, so
bene che il genio folletto che suona su una sola gamba ha nel suo cervello
tanta musica e io non mi stanco mai di ascoltarla.
Ian Anderson è il re del Progressive Rock Folk, lunga vita al re. MS
venerdì 11 febbraio 2022
Nuove Uscite
NUOVE USCITE
Frogg
fuori il singolo "Gaslight"!
Fuori oggi (venerdì’ 4 Febbraio 2022) su tutte le principali piattaforme digitali il singolo "Gaslight’" primo estratto del nuovo lavoro dei Frogg, intitolato “A Modern Age Prometheus” e in uscita per Buil2Kill Records il prossimo 18 Febbraio.
I Frogg si
pongono come una tra le più giovani e interessanti realtà, grazie al
loro sound che spazia tra prog e modern metal.
In attesa di poter
ascoltare per intero il nuovo Ep, potete intanto gustare "Gaslight" a
questo link: https://bfan.link/gaslight
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PIO CAVALLUZZO
Turnista per artisti quali Kid Creole, Los Locos e Alessandro Canino
Pio
Cavalluzzo
torna con
un album in bilico fra musica classica, pop, ambient ed elettonica
“Suspension”
Compositore per RaiCom, Rai 3,
Rai 2 (Geo&Geo, Presa Diretta, Linea blu), Pio Cavalluzzo torna sulla scena con un
album in bilico fra
musica classica, pop,
ambient
ed elettonica: “Suspension”.
«“Suspension” è nato con l’intento di esplorare e approfondire la forza
espressiva del Felt Piano, particolare timbro di pianoforte caratterizzato da
sonorità morbide, dolci e intime in cui, oltre al suono classico dello
strumento, si aggiungono e si enfatizzano i suoni dei feltri, della risonanza
delle corde, della meccanica (sia della tastiera che dei pedali), creando così
un timbro particolarmente espressivo».
Con questa tecnica lo strumento acquista una particolarissima ricchezza timbrica e
una sua forza ritmica dando vita, in questo modo, a uno strumento quasi del tutto nuovo.
Ispirato da artisti quali Ólafur Arnalds e Jóhann Jóhannsson, Pio Cavalluzzo firma
dieci tracce che si presentano come un viaggio
attraverso atmosfere fatate, magiche, riflessive e nostalgiche.
I brani sono caratterizzati da lievi
tocchi di pianoforte su una leggera elettronica e avvolgenti quanto glaciali suoni di
archi e chitarre.
Si passa da atmosfere
armoniche japan di “Wet Cherry” a classici echi di soundtrack music
di brani quali “Remember me”, “Suspension” e “Grey Clouds” fino ad arrivare
alle melodie dolci e
minimaliste di “Space Walk”, “Sweet Orbit” e “In the End”, per
proseguire con i crescendo
armonici e timbrici dei brani “Introspection” e “Landscapes”
fino all’iniziale dinamismo
susseguito da sospensioni armoniche e ritmiche del brano
“Dreaming”. Quest’ultima traccia si presenta come una chiara dedica del compositore alla propria
figlia, con l’invito a non
smettere mai di sognare.
L’album è stato suonato,
registrato e mixato interamente dal compositore in stretta e
preziosa collaborazione con Aventino
Music. Il mastering è stato realizzato da Dario Giuffrida.
"Suspension"
su Spotify
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