Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
sabato 26 novembre 2022
Parafulmini
PARAFULMINI
– Incubini [Tiny Nightmares]
Lizard
Records / Parafulmini / Open Mind
Distribuzione:
G.T. Music
Genere: Prog Rock, Punk, R.I.O., Jazz, Alternative
Supporto: cd – 2022
L’ironia
fa girare il mondo, anche se non ce ne accorgiamo o non sempre la comprendiamo.
Una risata è una pillola contro il malessere quotidiano, mai prendersi
seriamente, si rischiano l’incupimento psicologico, il grigiore morale e quindi
una vita maledettamente triste. Una risata è un parafulmine, così la musica
riesce a esorcizzare quello che durante l’arco della giornata abbiamo
accumulato come tossine. Buona musica, ridere e magari aggiungo anche del buon
cibo o bevande ed ecco che il mondo cambia radicalmente sotto i nostri occhi.
Bene lo sanno i pisani Parafulmine che fanno dell’umorismo e della musica
ricercata uno stile di vita. Si formano nella metà degli anni ’80 con il nome
Zampironi e suonano nei centri sociali. Nel tempo subiscono diversi cambi di
line up, specialmente al basso, e vincono il premio della critica al Rock
Contest di Controradio, a Firenze, nel 1988. Segue una pausa che dura dal 1994
al 2011, quando si riformano con il nome Parafulmini. Il trio oggi è composto
sempre dal timoniere Marco Bigliazzi (tamburi, piatti) e a seguire Filippo
Brilli (sax baritono e tenore) e Riccardo Zini (basso, voce e sax).
Dopo
il debutto “Tenere Fuori Dalla Portata Dei Bambini” (2016 – Lizard Records),
“Incubini” è il secondo album in studio. Anche in questo disco collaborano
supporti esterni qui denominati “Parafulmini onorari” e nella fattispecie
rispondono al nome di Fabrizio Asmagheddon Bondi dei Tossic (chitarra), Luca
Cantasano dei Diaframma (basso) e Mezz Gacano, quest’ultimo è un altro grande
artista habitué dell’umorismo raffinato. Tutto l’artwork interno è ricco di
doppi sensi e situazioni strambe, tanto che l’album non è altro che la colonna
sonora di un film mai girato e come descrive la bio di supporto al disco “E’una
specie di concept album con la storia di Giangualberto Incubini, seguito di
Parrucchieri dall’Ultraspazio – L’incredibile storia del Professor Magnifizio,
del precedente “Tenere Fuori Dalla Portata Dei Bambini” (entrambe narrate nelle
liner notes dei rispettivi album).”.
Nel
libretto che accompagna il cd, c’è dunque di che ridere, ma con intelligenza
con tanto nonsense, e la musica non è banale, bensì uno strepitoso connubio di
influenze che possono derivare dal Jazz, dal Punk, dal R.I.O, dal Progressive
Rock e molto altro ancora! Per realizzare tutto ciò serve soprattutto una
preparazione tecnica sopra la norma, infatti i musicisti che si adoperano
spesso lasciano l’ascoltatore piacevolmente colpito.
Dieci
le tracce contenute e una bonus track, “Alzavalvole – Mi Presteresti”.
Saltellante
Ska iniziale per “Incubini”, ma che dico Ska, è Reagge…No aspettate, Rock?
Fusion? Ho capito, i Parafulmine mi hanno già fregato! Inutile descrivere brano
per brano, preferisco segnalarvi quelli che più mi hanno colpito come ad
esempio “Arnaccio – Tallox” perfetta colonna sonora per un film western…Strambo.
Le voci liriche di tanto in tanto fanno capolino come nell’inizio di
“Fanfarone”. Mezz Gacano suona la chitarra in “Birretta”, composizione
assolutamente sperimentale ma dal ritmo trascinante, la batteria svolge un
eccellente lavoro. Altra chicca dell’album s’intitola “Il Soffritto Sul
Soffitto Suite” mentre la Bonus track chiude l’ascolto come si è aperto, ossia
con un ipotetico Ska.
Dalle
mie parti nelle Marche si dice “Sei un parafulmine” quando si vuol censurare
un'altra parola che sta a significare furbetto, ebbene, questa volta ve lo dico
io, cari Parafulmini, siete dei parafulmini e questo lo pronuncio con piena
gioia dopo un ascolto davvero divertente. MS
SPOTIFY: https://open.spotify.com/album/4SbAuXijHqUhk8mf9vbWz4?fbclid=IwAR3hp0n4EDTy3zbMtCLHr-xaFhOoGtfko6k2GJ8Pzp-gj30MIRyj9W7JZog
Monjoie
MONJOIE – Tanto Tempo Fa Prima Del
Caos
Lizard
Records / Open Mind
Genere:
Rock Progressivo Italiano
Supporto: cd – 2022
Il
tempo è sempre un galantuomo, se si hanno idee valide e perseveranza, alla fine
i risultati giungono. Sappiamo bene che il Rock Progressivo Italiano
nell’immaginario collettivo è sempre relegato ai soliti nomi degli anni ’70,
che poi ancora oggi suonano grazie anche alle giovani leve che in tempi avversi
al Prog, come per esempio nella fine degli anni ’70, hanno saputo tenere calda
la brace sotto la cenere. Facile fare il Prog quando va di moda, difficile
farlo quando il pubblico non c’è. Molte band italiane nel semi anonimato hanno
combattuto, anche negli anni ’90, e il Prog arriva ai giorni nostri sempre più
fresco in alcune sue fasi, grazie appunto a questi artisti che hanno saputo
perseverare nel tempo. Questo preambolo per fare i miei personali complimenti a
tutti quelli che ci hanno creduto, alla passione vera non legata al Dio
quattrino, se vogliamo anche alla scelleratezza e comunque a chi fa la musica
con il cuore. Un esempio ci giunge dalla Liguria, terra di grandissimi artisti cui
l’Italia deve molto, loro si chiamano Monjoie. Nel 2002 esordiscono con
“Contravveleno “ e poi altri cinque album in crescendo qualitativo, questo a
testimonianza che l’esperienza, il duro lavoro e la passione alla fine come ho
avuto già modo di dire, pagano sempre.
Dopo
le due raccolte con testi tratti da poeti romantici inglesi degli album passati,
i Monjoie tornano oggi alla scrittura in italiano Con “Tanto Tempo Fa Prima Del
Caos”. La grafica dell’artwork ricco di foto e di testi, è di John Francis
Dooley e ben si sposa con il contenuto sonoro a cui ci si appresta ad
ascoltare.
La
musica proposta è ricca di strumentazioni, tanti i musicisti che appaiono in
questo lavoro suddiviso in dieci tracce: Alessandro Brocchi (voce, chitarre,
tampura, tastiera), Valter Rosa (chitarre, Bouzuki), Davide Baglietto (piano,
tastiere, piccolo Whistles, Musettes, Scacciapensieri),
Alessandro
Mazzitelli (basso, Prophet 5, Eminent Solina, Minimoog, organo,
Hammered
Dulcimer, Glockenspiel, chitarra), Leonardo Saracino (batteria, percussioni),
Fabio Biale (violino in “Dogma”) e Edmondo Romano (Chalumeau in “Caino”).
Tutte
sono in definitiva canzoni che difficilmente superano i cinque minuti, nessuna
suite, eppure il suono a cavallo fra il moderno e gli anni ’80 ha moltissimo
del Rock Progressivo. Spesso sublimemente riflessivo e onirico “Tanto Tempo Fa
Prima Del Caos” si apre con “Canto Dei Due Voli”, poeticamente ispirato si
lascia squarciare da numerose sorprese sonore, anche dall’elettronica.
Fiabescamente Folk con innesti arabeggianti è “Febbre”, bella da cantare
assieme a loro. Un passaggio vicino al mondo delle Orme avviene attraverso
“Limbo” che sa dosare energia a pacatezza, semplici canzoni che hanno comunque
una forte componente Prog.
Suoni
curati anche per “Sciame” e tanti anni ’80, quando i Litfiba intraprendevano i
primi passi. Ogni brano è sorretto da un testo importante e non banale,
personalmente mi ha colpito quello di “Specchi” mentre la musica qui
probabilmente ha poco a che fare con il Rock Progressivo. Maggiormente ricercata,
è “Vento” fra arpeggi, crescendo, un ritornello piacevole e alcune coralità. I
Monjoie mostrano il lato più ruvido attraverso “Eco” che ispira il titolo
dell’album estrapolandolo dai testi. Ammaliante “Circo”, ma ecco giungere il
pezzo che più ho gradito dell’album ossia “Dogma”, se vogliamo possiamo
definirla anche una ballata ma bene arrangiata con tanto di sax e violino.
Ritorna l’elettronica e le arie arabeggianti nella conclusiva “Caino”, così il
cerchio si chiude.
“Tanto
Tempo Fa Prima Del Caos” è un disco semplice ma non banale, un mix fra Pop e
Rock diretto senza troppi fronzoli. Nell'enorme calderone del Prog esiste anche
questo. MS
Invernalia
INVERNALIA
– Tenebras
Habitat
/ Lizard Records – Open Mind
Distribuzione: G.T. Music
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2022
Nell’ormai
lontano 2010 ho avuto modo di apprezzare un disco proveniente dall’Argentina
(Buenos Aires) di un gruppo chiamato Habitat, s’intitolava “Tratando De
Respirar En La Furia” (Lizard Records), quarto lavoro in studio. Il
polistrumentista Aldo Pinelli successivamente lascia questa band per intraprende
una carriera solista creando il progetto Invernalia con il quale esordisce nel
2015 attraverso il disco “Invernalia”. Dopo sette anni ecco il ritorno con
“Tenebras” formato da nove nuove canzoni. Oggi la band è costituita da Aldo Pinelli (tutti gli strumenti, voce),
Gabriel Puig (batteria nei brani 1, 2, 3, 6, 7), Carlos Vidal (batteria in 5,
8), Ricardo Henestroza (tastiere in 8 e tastiere aggiuntive in 5), Roberto
Sambrizzi (Hábitat) (batteria aggiuntiva in 4, 9), Sebastian Calise (violino) e
Paula Dolcera (Aldo Pinelli, Hábitat) (flauto).
L’artwork
per opera di AP, riflette una certa malinconia di base, decisamente invernale
che bene si sposa con la proposta registrata nel disco fatta di musica a noi
nota, come quella delle band Genesis, Yes e Le Orme. Malgrado questi nomi
altisonanti, tutto aleggia nella semplicità in forma maggiormente acustica o
perlomeno rilassata senza cercare strade complicate, in definitiva si bada
molto al sodo. Il riff elettrico di chitarra accompagna la strumentale “Año
Bisiesto”, oscura e nervosa per un inizio che incute un certo tipo di timore,
come l’addentrarsi in un percorso sconosciuto di notte. Non a caso il disco
s’intitola “Tenebras” e proprio questo è anche il titolo del brano che
sopraggiunge cantato in lingua spagnola. Una nenia è la base del pezzo che a
metà si apre seppur lentamente per poi ritornare all’origine. “Esquema Rúnico”
in momenti alterni mi ricorda materiale dei King Crimson e comunque la
ripetitività è una carta che Pinelli gioca spesso. Un piccolo raggio di sole si
staglia nel quarto brano intitolato “La Silla Ardiente”, dove dolci arpeggi
rassicurano l’ascoltatore, come sapevano fare le Orme negli anni ’70 nei loro
analoghi brani. Riprende il ritmo in “Perdiendo Sueños” canzone in stile Neo
Prog come proponevano i primissimi IQ nel 1982, soprattutto per quello che
concerne il suono della chitarra elettrica. “Balcones De Barcelona” lascia
trapelare già dal titolo cosa la nostra fantasia può immaginare, vociare per le
strade e colori durante l’ascolto, uno strumentale che si basa su un buon riff
ancora una volta ripetuto numerose volte. Semplice e diretta “Cielo Incandescente”
cantata a due voci, maschile e femminile. Molto interessante la fase centrale
del brano affidata ancora una volta alla chitarra elettrica di Pinelli. “Tijeretazos
En El Aire” è ancora molto IQ style mentre la conclusiva “Zurigo” si affida
ancora ad arpeggi nervosi tratti dal cilindro di Robert Fripp, quest’ultimo è
uno dei momenti più interessanti dell’intero album.
“Tenebras”
è un lavoro che lascia solo qualche perplessità per la registrazione e qualche
fase insistente di troppo, per il resto posso definire questo Progressive Rock
piacevole e velato di nostalgia, anche questa sensazione ha i lati positivi
perché comunque sa emozionare. MS
giovedì 24 novembre 2022
Nodo Gordiano
NODO GORDIANO – H.E.X.
Lizard Records
Genere: Rock Progressivo Italiano
Supporto: cd – 2021
Nutro
una grande stima per questa band romana che ho avuto già modo di recensire in
altre occasioni. Mi piace perché nel tempo modifica il
proprio stile alzando di volta in volta sempre di più l’asticella della
ricerca, sono questi gli artisti che a pieno titolo s’immergono nel termine
Progressive Rock al 100%. Ho quindi decantato le caratteristiche e le capacità
sia tecniche che compositive dei Nodo Gordiano, nome oramai radicato e
importante per la storia del nostrano Progressive Rock. Storia lunga che
incomincia nel 1999, un viaggio che passa attraverso cinque album in studio e
con questo “H.E.X.” (Hic Erant Xoana) siamo a sei. Dopo quasi due anni
dall’ottimo precedente “Sonnar” (Lizard Records – 2020), Filippo Brilli (sassofoni),
Andrea De Luca (sintetizzatori analogici e digitali, campionatore, basso,
chitarre acustiche ed elettriche) e Davide Guidoni (Daal) (tastiere, campionatore,
percussioni acustiche ed elettroniche) tornano alla carica con un album
contenente solamente due suite, entrambe lunghe curiosamente ventisei minuti
esatti.
Le
suite sono completamente strumentali, ecco il motivo dell’assenza della
cantante Natalia Suvorina, la prima s’intitola “Heng” ed è scritta da De Luca,
la seconda “Kou” è per mano di Davide Guidoni. I Nodo Gordiano colgono
l’ispirazione dal Libro Dei Mutamenti, conosciuto anche come Zhou Yi, i
mutamenti della dinastia Zhou, grande classico cinese considerato da Confucio
stesso un
libro di saggezza. Qui in definitiva si è al cospetto dell’arte divinatoria. L’edizione
cartonata che supporta il cd, infatti, rappresenta per immagini i due esagrammi Heng
e Kou ed è per mano di Davide Guidoni.
La
suite “Heng” (esagramma 32) è un mix di psichedelia, Krautrock e
sperimentazione. Il suono dell’acqua è uno dei più rilassanti al mondo che
conosciamo e inizia il cammino, dove il fascino della psichedelia abdica proprio per il Krautrock. Il lavoro di
Brilli al sax è impeccabile oltre che trascinante, mentre la base musicale
cambia ritmo in continuazione. Scenari si susseguono nell’immaginazione di chi
ascolta, alternando paesaggi bucolici a stati spirituali e mentali. I Pink
Floyd della fine anni ’60 e primi ’70 fanno capolino spesso e volentieri, dopo
un lungo tratto lisergico al primo terzo della suite ritorna la ritmica e il
sax con veemenza. Molti i punti di convergenza anche con gruppi storici come i Tangerine
Dream oppure i Van Der Graaf Generator e quando la chitarra elettrica si getta
a capofitto in un arpeggiare nervoso e insistente anche con i maestri King
Crimson. Tutto ciò che rilevo non sta dimostrando un inutile copiaticcio, bensì
evidenzia la cultura musicale degli strumentisti stessi in azione. Come la
corrente alternata, la musica dei Nodo Gordiano disegna un’onda fra fasi
irruente e fasi rilassate, sempre e comunque concatenate fra di loro nell’unico
brano.“Kou”
(esagramma numero 44) attraverso i primi suoni della chitarra acustica e
tastiere in seguito, inizia la seconda suite dove la malinconia di un’estate
post solstizio assale ognuno di noi, quando l’oscurità giorno per giorno
rosicchia cinque minuti in più di luce. Questa descrizione della sensazione da
me provata durante l’ascolto, nel Libro Dei Mutamenti è rappresentata da una
ragazza la quale non lascia presagire nulla di buono, “Il farsi incontro. La
ragazza è potente.Non
bisogna sposare una tale ragazza.”, lo scuro. Per cercare di capire questa difficile
suite composta da mille dettagli sonori e richiami ancora una volta ai Pink
Floyd e a quanto detto della precedente, bisogna entrare nel contesto “Kou”.
I
Nodo Gordiano non hanno né restrizioni e neppure limiti, sono liberi da stilemi
popolari ed è proprio questa la chiave della bellezza della loro musica, la
libertà di poter vagare dove si vuole, spesso scrutando nuovi luoghi dove la
mente si diverte a disegnare scenari fantastici. Posso dire con prove in mano
che questo è per loro un periodo prolifico, spero che anche voi che amate
la musica ne facciate tesoro. MS
sabato 19 novembre 2022
Emanuele D'Alfonso
EMANUELE D’ALFONSO – Musica Sei
Music Force / Egea Music
Genere: Cantautore
Supporto: cd – 2022
Mettere
a nudo la propria anima e darla in pasto al pubblico non è semplice,
specialmente se si ha un carattere timido. Un cantautore è spesso fragile, lo
diceva anche De Andrè che non è stato di certo un principiante nel settore. I
sentimenti sono personali e andando a toccare certe corde si emoziona sia chi
interpreta sia chi ascolta. Si ha paura di andare incontro a critiche, così ci
si sente vulnerabili, questo è inevitabile, ma la musica oltre che arte è una salutare
valvola di sfogo.
C’è
chi passa la vita a suonare con gli amici, chi ne intraprende carriera e chi è
con i piedi su due staffe, Emanuele D’Alfonso esordisce per Music Force con un
disco che lo rappresenta a pieno, una vita passata a suonare dal vivo e un
capolino in studio. Elemento della band I Ruvidi, il teatino si adopera nel
mondo musicale sin dal 1994, e soltanto oggi decide di mettersi in gioco e lo
fa con un esordio particolare composto di tre situazioni differenti, le cover,
due inediti e la parte live. Le cover sono protagoniste indiscusse di “Musica
Sei”, qui il cantautore mostra quali sono stati i brani significativi che l’hanno
accompagnato nell’arco della vita, quelli che sono entrati dentro e hanno
lasciato un segno indelebile. I due inediti sono “Musica Sei”, il brano
d’apertura, e “Bambina Mia”, due canzoni che potremmo definire sicuramente
d’amore. Si accompagna per l’esibizione in studio con Andrea Fontana
(batteria), Max Gelsi (basso), Marco “mambo” Boem (piano e tastiere), Ivan
Geronazzo (chitarra elettrica) e Massimo Bonanno (chitarra acustica).
Per
il resto la protagonista di questo viaggio è la chitarra acustica. Non nascondo
che un debutto fatto principalmente di cover mi riporta indietro negli anni,
quando grandissime band esordivano nella stessa maniera, un nome su tutte i Beatles.
“Musica
Sei” che apre il disco racconta cosa riesce a combinare in noi la musica, o per
meglio dire un disco, un brano Rock cadenzato semplice ma coinvolgente, grazie
anche a un gradevole ritornello. Iniziano le cover con “Così Celeste” di Zucchero,
rispettosa dell’originale e sentita da parte di D’Alfonso. Solare “Rotolando
Verso Sud” dei Negrita, il cantautore qui si trova particolarmente a suo agio. Segue
un brano davvero difficile per interpretazione perché Tiziano Ferro ha una voce
e un’impostazione davvero particolare oltre che caratteristica, sto parlando di
“Sere Nere” un grande classico. Ho apprezzato il fatto che D’Alfonso non cerchi
di ricopiare il cantante di Latina, restando prevalentemente se stesso.
“Bambina
Mia” è come ho avuto già modo di dire, un pezzo inedito e dentro c’è cantato
tutto l’amore per la propria figlia, una ballata toccante e ariosa. Molti di
noi sicuramente si potranno rispecchiare in questa canzone. Uno sguardo anche
nel Rock di Grignani e il pezzo non può essere che “Destinazione Paradiso”,
intensità e melodia a braccetto.
Le
registrazioni live iniziano con il tributo al grandissimo indimenticato
cantautore napoletano Pino Daniele. D’Alfonso imbraccia la sua chitarra e parte
con una bellissima versione sentita di “Je So’ Pazzo”. L’asticella della
difficoltà sale con “Caruso” di Lucio Dalla, queste sono canzoni che sembrano
apparentemente semplici, ma che in realtà non lo sono, anche perché la metrica
di Dalla è difficile da eseguire, a parte il ritornello che sappiamo bene
essere decisamente popolare. Non manca neppure il classicone italico “Nel Blu
Dipinto Di Blu” di Domenico Modugno, qui il cantautore si diverte e va a ruota
libera mettendo molta farina del proprio sacco. Ritorna il Rock, che va di moda
oggi, quello dei Måneskin con “Torna A Casa”, il tutto sempre e solo con la
chitarra acustica. E a proposito di chitarra viene preso in analisi anche Alex
Britti con “Oggi Sono Io” e a terminare l’album c’è “Generale” di Francesco De
Gregori. Come avete avuto modo di vedere
i gusti di D’Alfonso sono variegati e non banali, così da far risultare l’ascolto
davvero scorrevole. L’artista dice “Musica Sei”, io ci aggiungo la parola
“vita”. Buon ascolto. MS
venerdì 18 novembre 2022
Bridgend
BRIDGEND – Einder
Autoproduzione
Genere: Post Prog Moderno
Supporto: lp – 2022
Terzo
lavoro in studio per i Bridgend autori di due ottimi dischi, “Rebis” (Orange
Park Records - 2016) e “Rajas” (Autoproduzione – 2020). La band oggi è formata
da Andrea Zacchia (chitarra), Leonardo Rivola (sintetizzatori), Massimo Bambi (batteria)
e Dario Piccioni che al basso prende il posto di Matteo Esposito.
Con
grande piacere mi ritrovo a recensire per la terza volta un loro vinile, in
quanto sono amante di questo tipo di supporto oltre che collezionista, per
fortuna c’è ancora chi nel 2022 stampa lp come nuova uscita.
Tre
dischi in pochi anni già la dicono lunga sulla passione e la creatività di
questa band prodotta da Andrea Zacchia. Il disco è in formato gatefold con i
bei disegni di Paolo Di Orazio che gettano l’ascoltatore immediatamente nel
mondo progressivo del concept scritto sempre da Andrea Zacchia. Le voci seppure
poco presenti nell’intero lavoro sono di Lodovico Zago in “Sattva” e Karina
Pino in “Rebis”. Quattro le canzoni che compongono “Einder” tra cui la suite
finale “La Fine Del Ponte” della durata di diciannove minuti.
La
musica la definisco personalmente Post Prog Moderno, ossia un mutamento del
classico Prog Rock con innesti attuali sia di suoni sia di stili, pur
mantenendo lo sguardo ai preziosi anni che furono, ossia i mitici ’70.
Suoni
elettronici fanno da sfondo all’iniziale “Sattva”, quasi totalmente
strumentale, dove si raggiungono buoni livelli nei mai banali assolo di
chitarra. Come nell’inizio dell’album “Ulisse” della PFM, la narrazione di Zago
è calda, profonda e struggente. Altra carta vincente a favore della band è la
bellezza della scelta delle melodie spesso toccanti, “Ogni Notte” è un esempio
di come si scrive una canzone strumentale senza troppi fronzoli, dove l’ascolto
scivola via con piacere. Il crescendo è galeotto, le tastiere di Leonardo
Rivola salgono in cattedra per lasciare spazio finale alla chitarra elettrica.
Chiude
il lato A del vinile “L’Interprete Sublime” canzone dalla base psichedelica,
dove si congiungono due strade, quella di Gilmour e di Steven Wilson. Il lato B
è interamente coperto da “La Fine Del Ponte”, qui traspare tutto il carattere
dei Bridgend, una personalità che si è saputa forgiare disco dopo disco sino a
giungere oggi a una ferma certezza, quella del saper distinguere la band
attraverso pochi suoni. All’interno anche un assolo di percussioni oltre che
l’immancabile stile chitarristico di Zacchia che fa sognare a occhi chiusi.
Si
dice spesso che la musica fa stare bene, in realtà non è una regola esatta, ci
sono musiche fastidiose, altre indifferenti, e ci sono quelle gradevoli, ma da
qui a dire “fa stare bene” ce ne corre, e i Bridgend ci riescono! Si, perché
alla fine dell’ascolto si ha una sensazione di benessere, una pulizia mentale
che specie dopo una dura giornata è solo che rigenerante. Siamo giunti quasi al
termine di questo 2022 e “Einder” nella mia classifica personale degli album
italiani risiede sicuramente fra i primi dieci album. MS
Imaginaerium
IMAGINAERIUM
– The Rise Of Medici
Anesthetize
Productions
Genere: Progressive Rock / Rinascimentale / Opera Rock
Supporto: Ear Book / 2CD - 2022
Quando
si parla di opera Rock, c’è da attendersi un lavoro monumentale o perlomeno ricco
di colpi di scena e cambi repentini di sonorità. Spesso questi concept sono
pretenziosi, se poi vengono affrontati da artisti di primo pelo, sono
addirittura arma a doppio taglio se non indigesti a causa di un’eccessiva
pomposità o prolissità. Ma quando sono concepiti da musicisti di grande
esperienza nel campo, allora il discorso cambia radicalmente. Sto parlando di
Clive Nolan, grande maestro e compositore oltre che militante storico di band
Neo Prog di elevata fattura, come gli storici Pendragon o Arena. Nel caso del tastierista
in questione potremmo aggiungere altri progetti come Medicine Man, Shadowland,
Strangers On A Train, Caamora etc. In parole povere Clive Nolan è nel campo sin
dalla fine degli anni ’70.
Ho
sempre seguito con piacere tutta la sua carriera sempre ricca di perle,
comprese le opere Rock, tuttavia vi anticipo che in questo caso sono rimasto
veramente colpito dalla magniloquenza del prodotto.
“The
Rise Of Medici” è di base composto di tre elementi che fanno capo al nome
Imaginaerium, ossia oltre al citato tastierista inglese ci sono Eric Bouillette
(composizioni, arrangiamenti, chitarra, tastiere, mandolino e violino) e la
cantante Laura Piazzai. Il concept, come suggerisce il titolo, narra la saga dei
Medici tra il matrimonio di Cosimo de’ Medici e la Contessina de’ Bardi, oltre
all’esilio di Rinaldo degli Albizzi, rivale di Cosimo. Clive Nolan interpreta
Rinaldo, Laura Piazzai è Contessina e poi si aggiungono numerosi e importanti
special guest come Andy Sears
alla voce nella parte di Cosimo, Elena Vladyuk
alla voce nella parte di Lucrezia, Mark Spencer sempre voce è Monks e a seguire
Scott Higham alla batteria, Bernard Hery al basso e Isabella Cambini all’arpa.
Il
prodotto è curato nei minimi particolari, supportato da un libro nell’edizione
limitata di ventotto pagine con l’artwork di Steve Anderson e la copertina di
Kim Ouzo.
L’opera
di per se dura un’ora ed è suddivisa in dodici tracce, poi esiste l’edizione
limitata e nel bonus cd ci sono (In formato prove?) altri otto brani e tre
interviste, la prima a Eric Bouillette, la seconda a Laura Piazzai e la terza
ovviamente a Clive Nolan.
L’opener
s’intitola “Festina Lente” che significa “Affrettati Lentamente”, un motto dei
Medici. Sopraggiunge “Duty Love” interpretata in maniera sentita dalla potente
voce di Laura Piazzai, potente come il brano che esplode in ritmiche possenti e
una cadenza massiccia. Tutto questo sta sottolineando lo stato nervoso della
Contessina che ragiona sulle conseguenze del matrimonio con Cosimo I. Teatrale
e sinfonica “House Of Dreams”, i coniugi riflettono su come creare un nuovo
ordine a Firenze e la musica riempie la mente per maestosità. Il duetto delle
voci funziona fra intercalare e incroci di tonalità, coinvolgenti anche per
intensità. Le coralità aumentano in “The Tide Will Change” per l’ingresso di Rinaldo
degli Albizzi, arrabbiato al punto giusto contro i suoi nemici. Qui il Rock
diventa opera sinfonica, un compromesso difficile da assemblare, territorio per
pochi eletti. Un maestoso coro introduce e accompagna “Never Close Your Eyes”,
qui Lucrezia avvisa Contessina e Cosimo su cosa potrebbero andare incontro, anche
qui un insieme di voci suggestive e ammalianti.
Il consiglio viene accolto da Contessina in “Glass Throne”, altro
esempio di come la musica evidenzia le parole, anche un bell’assolo di chitarra
elettrica appone un prezioso contributo.
Si
spalancano le porte del grande Prog in “Treachery”, Cosimo tradito viene messo
in gattabuia da Rinaldo, dialoghi di voci si sovrappongono, tensione nell’aria
sottolineata dalla musica impegnata anche in cambi di tempo. Cosimo viene
esiliato a Venezia, “Fall From Grace” apporta un momento di riflessione con
Lucrezia in un brano dal sapore Folk e quindi giunge “Will I Never Return” con
veemenza, sinfonia e tratti di pacatezza, tutti ingredienti Prog Rock DOC.
Colpo
di scena, Rinaldo nonostante tutto non ottiene i suoi propositi, così
Contessina vede avvicinarsi la propria vittoria, “Fortune Reverse” narra tutto
ciò e le sensazioni di lei seguono passo passo le sonorità che fungono da vero
e proprio evidenziatore dei fatti. Ancora una volta devo sottolineare il buon
lavoro al microfono da parte dei protagonisti, ma anche delle tastiere di Nolan
sempre fortemente presenti.
E
trionfo finale sia, con il cerchio che si chiude, “Return Of The Medici”
riprende l’opener per poi esplodere in tutta l’enfasi possibile, tre voci e
Rinaldo esiliato. “Legacy” è il degno suggello finale.
Il
secondo disco (bonus) si apre con “Fortune Reverse” cantata da Laura Piazzai e
Clive Nolan, non ci crederete se vi dico che preferisco questa versione. “Duty
Of Love Bonus” è parte aggiunta al brano madre, l’intesa fra Piazzai e Nolan è
davvero incredibile. La stessa sorte per “Legacy Bonus”, “Never Close Your Eyes
Bonus”, “Fall From Grace” (soave), “Fortune Reverse Gtr”, Festina Lente”, tutti
brani cantati dalla Piazzai. Chiude la musica la strumentale “The Tide Will
Change”, a seguire le succitate interviste.
Cura
per i particolari, la professionalità e la bravura nel comporre è l’arma
vincente di quest’opera Rock, a mio modo di vedere la migliore in assoluto
della carriera di Clive Nolan, il merito è anche di Laura Piazzai e ovviamente
anche di Eric Bouillette. Da avere assolutamente, per un’ora
di proiezioni mentali che la musica sa suggerire oltre le parole. MS
domenica 13 novembre 2022
Barale'Space Trip
BARALE’S SPACE TRIP - Barale'Space
Trip
Karma Conspiracy Records
Genere:
Space Rock -– Post Prog Moderno
Supporto: Vinile / file – 2022
La
musica denominata Rock Progressivo è un ampio contenitore che molto spesso
porta a creare molta confusione attorno al suo essere, anche negli addetti ai
lavori. Troppi anni sono passati da quello stile che negli anni ’70 genera
numerosi proseliti. I tempi cambiano, così le mode e la tecnologia, di
conseguenza le contaminazioni si aggiungono e la ricerca diventa sempre più
intrigata. Non a caso ho scritto il libro per Arcana Edizioni “POST PROG
MODERNO – L’alba Di Una Nuova Era”, proprio per cercare di fare più chiarezza
possibile riguardo l’argomento.
Di
certo i fenomeni Tool, Porcupine Tree e nel passato i Pink Floyd, mutano le
carte in tavola, così che certe sonorità ipnotiche prendono il sopravvento su
un certo tipo di Progressive Rock. Il fenomeno è mondiale, vedi in Polonia i
Riverside, oppure nei paesi nordici gli Airbag o gli Opeth e così via per il
resto del globo.
Anche
noi in Italia siamo attenti ascoltatori e produttori di questa musica in bilico
fra Space Rock e Post Prog Moderno, un esempio giunge dal duo Barale’s Space
Trip, un nome che racchiude in se l’essenza di tutto questo mio discorso.
I
fratelli Davide Barale e Fabio Barale sotto la produzione di Fabio Ferraboschi,
realizzano quest’album di debutto dal titolo omonimo composto di sette brani. Nel
viaggio si coadiuvano della collaborazione di artisti quali Vince Pàstano,
Daniele Mencarelli ed Elia Garutti. Oltre che le atmosfere spesso vicine al
mondo dei Pink Floyd, quello che mi balza subito all’orecchio è finalmente, una
volta tanto, un buon inglese nel cantato, di solito pecca delle nostre band
italiche.
“Mountain
Of Madness” introduce immediatamente l’ascoltatore nel mondo etereo dei Barale’s
Space Trip fatto di natura, arte e Psichedelia. L’incedere seppure non eseguito
con chitarre distorte sembra tratto dalla scuola Tool. L’assolo finale con
slide e quant’altro il genere in analisi necessita, è di sicuro uno dei momenti
più belli dell’intero lavoro.
“Distant
Land” non è altro che un piccolo trip, suoni e voci avvolgono la mente, mentre
un ritmo cadenzato ammalia e fa decollare la fantasia. La breve malinconica e
pianistica “Awakening” è una dolce poesia narrata da voce femminile che conduce
a “Imagination”. La forma canzone qui è maggiormente presente, un Pop che si
potrebbe accostare al mondo di “The Division Bell” sempre dei maestri Pink
Floyd, grazie soprattutto alla chitarra oltre che agli arrangiamenti vocali.
I
discorsi si fanno maggiormente complessi con “Dancing Spirit” dove una ricerca
più accurata per i suoni scomoda perfino l’elettronica per poi sgomitolarsi su di
un refrain popolare e intenso, infarcito con cori da stadio e un assolo di chitarra
chiaramente di stampo Gilmouriano.
“Rain
& Cry” fa nuovamente volare la fantasia, ritornando a quel mondo
Psichedelico più marcato e il debutto si conclude con “Lady Of The Dark Room”,
brano preferito da chi vi scrive, sia per l’intensità sia per le atmosfere (e
ancora quella chitarra…).
Questo
debutto è positivo e farà sicuramente la gioia di chi ama oltre che i Pink
Floyd anche i Porcupine Tree, Airbag, Bjorn Riis, Anathema e tutto quello che
circonda questo stile.
E'
possibile pre-ordinare il vinile su bandcamp store: https://baralespacetrip.bandcamp.com/album/baralespace-trip MS
sabato 12 novembre 2022
Reale Accademia Di Musica
REALE ACCADEMIA DI MUSICA – Lame Di
Luce
Sony Music
Distribuzione: M.P. Edizioni
Musicali
Genere: Rock Progressivo Italiano
Supporto: cd – 2022
Ecco
uno di quei nomi che fanno tremare dall’emozione i fans del Progressive Rock
Italiano, quello dei romani Reale Accademia Di Musica. Nella carriera si ritagliano
un seguito considerevole grazie soprattutto al debutto storico del 1972 dal
titolo omonimo, un equilibrio fra canzone e ricerca strutturale. Una delle
carte vincenti di questa formazione, infatti, è proprio il ricercato gusto per
la melodia dalla facile assimilazione, il tutto filtrato attraverso il
Progressive Rock di classe, e credetemi quando vi dico che far coincidere le
cose non è semplice. Numerose ristampe anche viniliche di questo piccolo
gioiello seventies rilevano l’importanza storica. Ma la carriera della band ex I
Fholks ha risvolti interessanti anche nei tempi più moderni, grazie alla
passione e competenza di Pericle Sponzilli. Li abbiamo lasciati nel 2018 con il
buon “Angeli Mutanti” (M.P. Records) e oggi li ritroviamo grazie a “Lame Di
Luce”.
Sotto
la produzione di Fabio Liberatori, Danilo Pao e Pericle Sponzilli i Reale
Accademia Di musica sono oggi formati da Pericle Sponzilli (chitarra, voce), Fabio
Liberatori (pianoforte, organo Hammond e sintetizzatori), Erika Savastani (voce),
e Fabio Fraschini (basso), con loro partecipano anche Francesco Isola (batteria),
e Danilo Pao (Fender VI su “Onde di Sabbia”, “Lame di Luce” e “Ore Lente”). “Lame Di Luce” nel vinile è formato da otto
tracce, mentre sul cd se ne possono ascoltare due in più.
La
cura per gli arrangiamenti dimostra a pieno l’annosa esperienza dei musicisti,
la forma canzone è rispettata sin da “Onde Di Sabbia”, qui buona la prova
vocale di Erika Savastani, ma gli arpeggi della chitarra e soprattutto
l’intervento delle tastiere nell’assolo sono il fulcro del brano. Il profumo
degli anni ’70 aleggia già nella stanza e non nascondo da buon nostalgico quale
sono qualche brivido sulla mia pelle. Voce, piano elettrico e batteria
nell’inizio di “Ascesa al Fuji”, qui si apprezzano a pieno le caratteristiche
Prog della band.
Atmosfere
pacate fra le corde della chitarra in “Due Pietre Preziose Birmane”, cantata a
due voci con un’ottima resa. Nella title track “Lame Di Luce” scaturisce intensa
mediterraneità, sia nei testi sia nella musica. Le linee vocali sono ispirate e
tra le note si scorge l’esperienza di Sponzilli. Sale il ritmo con “Si Parlerà”
mentre
l’ascoltatore si ritrova in una dimensione viaggiante, in un momento senza
tempo. “Una Ferita Da Disinfettare” sembra semplice nella stesura, ma la cosa
più difficile per un compositore (e chi è musicista, mi supporterà) è proprio trovare
una melodia accattivante e diretta, e qui i Reale Accademia Di Musica ci
riescono con classe. Ci sono anche arrangiamenti elettronici in “Ore Lente”,
una semi ballata sorretta da un riff convincente e un assolo di tastiere dall’innata
nostalgia per il Prog anni ‘70.
“Incontri”
cantata da Pericle chiude il vinile, con un ascolto da effettuare a occhi
chiusi.
I
brani aggiuntivi del cd s’intitolano “Ossessione” e “Il Cavaliere Del Cigno”,
vigoroso il primo e soave ballata il secondo, sempre con la voce di Erika in
cattedra.
Come
ho avuto già modo di dire, le composizioni semplici sono in realtà le più
difficili da ricercare, un algoritmo prezioso, e in questo disco abbiamo la
prova che l’esperienza, la sensibilità e la passione pagano sempre, con
genuinità. Ben tornati Reale Accademia Di Musica. MS
mercoledì 9 novembre 2022
Ologram
OLOGRAM – La Nebbia
Autoproduzione
Genere: Rock Progressivo Italiano
Supporto: cd – 2022
La
nebbia. Ciò che esiste è celato, lasciando adito a fantasiose immaginazioni.
Eppure tutto è, come sempre è stato. Diceva il Banco Del Mutuo Soccorso,
“Messere, da quassù si domina la valle, ciò che si vede…è”, ma la nebbia
scatena in noi altre ipotesi. La nebbia è stata presa negli anni come spunto
per diversi romanzi, film, libri, e chi più ne ha più ne metta, perché nell’immaginario
collettivo ha sempre avuto il suo maledetto fascino.
In
questo caso il musicista Dario Giannì (fondatore della storica band siracusana
Ydra, ex Anèma) per il suo debutto a nome Ologram, prende spunto dal film di John
Carpenter “The Fog” per narrare in questo concept album il viaggio dell’uomo
alla ricerca del significato della propria vita. Una lunga storia suddivisa in
due strumentali “Intro” e la conclusiva “Il Ritorno”, e sei brani cantati.
La
formazione degli Ologram è composta da Dario Giannì (basso), Fabio Speranza (voce),
Roberto Giannì (tastiere), Lorenzo Giannì (chitarre) e Giovanni Spadaro (batteria).
A loro si aggiungono numerosi special guest sempre dell’ambito siracusano. Con
queste premesse il disco si apre proprio con un intro di tre minuti circa e le
atmosfere gettano immediatamente l’ascoltatore in un porto fra mare, gabbiani e
navi, qui comincia il viaggio.
E
siamo già ne “La Nebbia”, dove chitarre Hard Rock disegnano ambienti grigi su
un mid tempo greve. Ma siamo nel Prog, quindi ecco giungere immediatamente il
cambio umorale, arpeggi, tastiere si alternano fino giungere a un inciso capace
di rimanere facilmente impresso nella mente. Buoni gli assolo che rimandano ai
tempi Marillioniani degli anni ’80. Le tastiere sono fondamentali anche per
richiamare attraverso il Mellotron schegge di Genesis finale “Entangled”, tutto
questo per la goduria dei vecchi Prog fans. “Vetro Di Rame” ha un testo
significativo e immaginifico, la musica punta nuovamente su stacchi di tempo e
assoli vintage. Retta la prova vocale di Speranza che bene interpreta i testi
senza mai strafare, il tutto eseguito in maniera sentita. Quello che funziona
nella musica Ologram è proprio il variegare non soltanto con il ritmo, ma anche
l’innestare al momento giusto buoni assolo strumentali. Qui in questo caso la
mia mente vola nuovamente nei Marillion era Fish. Segue “Mediterraneo”, orecchiabile
perché più canzone rispetto quello che si è ascoltato sino ad ora, anche se il
Prog è sempre fortemente presente. Gli arrangiamenti sono buoni e il risultato
finale è piacevole, grazie anche al supporto del violoncello di Matteo Blundo.
Questa
è musica che come la nebbia ti riempie i polmoni, come amo dire spesso è musica
dall’ampio respiro. Su “Strane Voci” avviene la staffetta al microfono fra
Speranza e Andrea Campisi, essendo il pezzo maggiormente ruvido, si necessita
inevitabilmente di una voce più acida. Anche le chitarre s’irrigidiscono mentre
la batteria passa nelle mani di Matteo Ceretto. Ancora cambio alla voce nei
brani “Straniero” e “Una Rotta Verso Est”, le melodie sono cantate da Cristiano
Sipione dotato di un vibrato in stile Bernardo Lanzetti. In effetti “Straniero”
non avrebbe stonato neppure nell’album “Passpartù” della Premiata Forneria Marconi.
Il
brano più lungo dell’album superiore ai sette minuti s’intitola “Una Ruota
Verso Est”, qui tutte le caratteristiche già descritte del sound Ologram.
Chiude il secondo strumentale “Il Ritorno” e qui il basso di Dario Giannì si
diverte e osa di più, lasciandosi andare in maniera coinvolgente.
“La
Nebbia” è un disco di musica totale, sia elegante che sincera ma attenzione,
quello che potrebbe sembrare semplice in realtà non lo è, altra magia della
nebbia. MS
https://www.youtube.com/channel/UCOx37XIyfaWLblXh2j3R7HQ
https://open.spotify.com/album/3tOJpou4peLbVhd3cnvJ9u?si=KSpyII4LQj-ouozyLNYJRw
https://www.facebook.com/dariogianni22
Audio'm
AUDIO’M – Gaia | 1. Godzilla
Autoproduzione
Genere: Crossover Prog
Supporto: cd – 2022
Apprezzo
moltissimo quando in un’autoproduzione lo sforzo fra musica, artwork e
packaging raggiunge un livello di equilibrio nel rispetto dell’acquirente. E
si, perché un disco sposa l’arte non soltanto sonora ma anche quella visiva e
tattile. Immaginate voi cosa sarebbe stato “The Dark Side Of The Moon” dei Pink
Floyd senza il prisma ed il gatefold. Certo, la musica in un opera è la più
importante, ma l’equilibrio dell’insieme fa del prodotto finale un valore
aggiunto, così che la memoria associa e ricorda meglio il tutto nel tempo.
Così
mi sento di iniziare questa recensione del ritorno dei francesi Audio’m,
proprio nominando le illustrazioni di Valentin Bayle, ed il design di Simon
Segura e Mathieu Havart, in una bella edizione cartonata.
A
sei anni di distanza dal buon debutto intitolato “Audio’m”, i francesi
ritornano con un progetto davvero ambizioso, una trilogia che inizia con questo
“ Gaia | 1. Godzilla”. Molto tempo è stato impegnato per la realizzazione che
si sviluppa in un unico brano della durata di quarantatré minuti e mezzo. Da
nove elementi la band screma a sei, con Simon Segura (basso, chitarra), Marco
Fabbri (batteria), Dominique "Oiss" Olmo (chitarra), Mathieu Havart,
Michel Cayuela (tastiere), Gary Haguenauer (chitarra) e Emmanuelle Olmo-Cayuela
(voce). La scrittura, composizione, registrazione, missaggio e mastering sono
effettuati nel sud della Francia, tra terra e mare, a Banyuls-sur-mer. La
musica proposta è quella che piace al puro Prog fans, un mix in bilico fra anni
’70, jazz e barocca.
Nulla
è lasciato al caso il minuzioso lavoro rapisce l’ascolto dal primo all’ultimo
minuto, tanto da far sembrare tre quarti d’ora un lasso di tempo decisamente
minore.
Il
brano si apre vigorosamente con le tastiere in prima linea ed una ritmica
spezzata ma decisa. Ca va sans dire che tutto è colmo di cambi di umore, le
note disegnano spesso paesaggi e situazioni che hanno sia del bucolico che del
vintage. Arpeggi di chitarra classica fanno tornare alla memoria i migliori
Genesis e il cantato è in lingua inglese.
Il
brano è suddiviso in dieci movimenti dove si ritagliano anche frangenti Neo
Prog cari più agli inglesi IQ piuttosto che ai Marillion. Il terzo movimento
intitolato “The Wake” ricorda gli IQ anche per il titolo. Toccate e fughe
strumentali sono ben congeniate e quando il Mellotron interviene il suono
riempie la mente, lasciando l’attento ascoltatore decisamente sazio.
In
questi passaggi non soltanto emerge la preparazione tecnica dei musicisti, ma
anche la loro cultura musicale relegata
alla storia del genere.
Da
sottolineare l’ottimo lavoro svolto da Marco Fabbri dietro le pelli, un valore
aggiunto all’insieme, i suoi tocchi hanno dello stilografico, impegnato fra
controtempi e virgole di classe.
Altro
momento molto interessante giunge quasi alla metà del brano, quando le due
chitarre dialogano fra di loro su di una ritmica decisamente trascinante. Ma
nulla di più vado a spoilerare.
Ora
mi chiedo se quella dell’autoproduzione sia stata una scelta mirata della band,
oppure ancora nessuno si è accorto di questa bella realtà che a mio modo di
vedere andrebbe supportata. Se amate il Progressive Rock puro ricco di
influenze e di storia non dovete fare altro che acquistare “Gaia | 1. Godzilla”,
non ho davvero altro da aggiungere anche perché da vero fagocitatore di questa
musica quale sono, vado a pigiare di nuovo il tasto play. Nella mia classifica
personale sono decisamente fra i primi cinque album più interessanti di questo
ottimo 2022. MS
domenica 6 novembre 2022
Banda Belzoni
BANDA BELZONI – Timbuctu
MaRaCash Records
Genere: Rock Progressivo Italiano
Supporto: Bandcamp/cd – 2022
Come
osservatore, collezionista e cultore del Rock Progressivo Italiano, ho spesso
raccontato di periodi altalenanti riguardo all’attenzione del pubblico a questo
fantasioso genere. Sappiamo bene che gli anni ‘70 da noi sono stati il decennio
più interessante, non tanto per il numero di uscite ma per la qualità dei prodotti
proposti, ciò è stato dato anche dalla Controcultura che aleggiava come un’utopia
fra le menti dei giovani. Emergere dalla massa con la propria personalità era obiettivo
comune. Poi c’è stato il momento di calo nei primi anni ’80, ma la brace è
calda sotto la cenere, basta soffiare un pochino e questo lo fa il Neo Prog dei
Marillion, Pendragon, IQ etc, svegliando nuovamente l’attenzione del vecchio
fans abbastanza avvilito dalla temporanea dipartita del genere amato. Nuovamente
un calo alla fine dei ’80 e poi la ripresa nei ’90 grazie questa volta a band
nordiche come The Flower Kings, Landberk, Anekdoten, Anglagard etc, ma anche
americane come ad esempio Spock’s Beard ed Echolyn per fare due nomi
importanti. E poi così via, fra alti e bassi sino ai giorni nostri. Da rilevare
nel frattempo il ritorno di grandi band del passato come Delirium, La Nuova
Raccomandata Ricevuta Ritorno, Alphataurus e moltissime altre ancora sorte
negli anni ’70 e riformatesi nei 2000, a dimostrazione che quando aumenta la
richiesta basta rispondere presente. In parole povere il Rock Progressivo
Italiano ha numerosi proseliti anche oggi 2022 e sono moltissime band di
ragazzi giovani a portare avanti il testimone del genere. Ma come ho detto
anche artisti del passato come Gigi Venegoni (chitarre, tastiere, voci) e
Sandro Bellu (chitarre, tastiere, voci) hanno ancora molte cose da dire.
Assieme a Mauro Mugiati (voce e cori), ma anche
Carlo
Bellotti (batteria, piatti e percussioni), Silvano Borgatta (piano e tastiere),
Fulvio Bosio (strumenti a quattro corde), Marta Caldara (Marimba), Andrea
Pettinelli (tastiere) e la partecipazione straordinaria dei maestri Franco
Mussida, Paul Mazzolini e Lino Vairetti, fanno del progetto Banda Belzoni un’ottima
realtà. L’esordio dal titolo omonimo del 2019 è di per se una bella sorpresa ma
oggi la Ma.Ra.Cash Records ce li propone in un concept di undici brani, dove la
band così descrive il contesto: “Giovanni
Battista Belzoni - il Gigante del Nilo famoso per aver svelato i segreti e le opere
degli antichi egizi con le sue straordinarie scoperte - salpa da Gibilterra nel
giugno 1823, destinazione Timbuctù. Si ferma a Madeira, Tenerife, Capo Verde, e
infine atterra sul ramo settentrionale del delta del Niger, a sud di Lagos.
Vuole raggiungere Benin City e da lì salire alla Regina delle Sabbie, da cui
nessun bianco è mai tornato.
Durante il viaggio in mare, ha
pensato a lungo alle sue avventure per l'Europa, ha raccontato con passione ai
suoi compagni di bordo. Parigi, Copenaghen, Londra, Egitto, Russia. Ha
ragionato sulle aziende che l’hanno reso famoso in Europa e ha pianificato la
missione quasi impossibile che lo attende, illuminato dalla fede e dall'amore
Sarah, la donna con cui ha affiancato per oltre vent'anni.
È determinato a riscrivere la
storia. Ma il destino ha deciso che può essere solo una leggenda. Questo disco
racconta cosa è successo navigando, tra tempeste, ricordi, amici, sogni,
languori, amori e buon vino.”.
“Sarah
Sarai” apre il disco e lo chiude, l’intro è breve ma ha la capacità di farci
addentrare immediatamente nel percorso che ci attende. Il mare rumoreggia e
lascia spazio ad un pezzo quasi del tutto strumentale, dove la marimba di Marta
Caldara dei Syndone gioca un ruolo interessante, il pezzo s’intitola “Intrigoni”.
Personalmente qui ci denoto piccole influenze Spock’s Beard miscelate a quelle
della PFM centro carriera. Profumo di anni ’80 nella canzone “Se Mi Oriento”
con un ritornello gradevole e semplice. La più vigorosa “Scrivi Con Ogni Carovana”
è composta da Sandro Bellu, uno dei momenti più Rock dell’album. “La Città
Della Luce” è il primo strumentale del concept con in evidenza la chitarra di
Gigi Venegoni, piacevole e solare. Non mancano di certo cambi umorali e di
tempo, neppure in “Copenhagen”, canzone di classe che mette in vetrina le
capacità artistiche della band. In “Oltre Il Mare” c’è una gradevole sorpresa,
Paul Mazzolini in arte Gazebo alla voce, e a proposito di voci storiche in “Latitudine
Zero” si trova quella di Lino Vairetti dei partenopei Osanna. Altro gioiellino sonoro è “La Nuvola”,
semplice, diretto e con una melodia che difficilmente si può dimenticare, ricco
di storia italica. Il secondo strumentale ha il titolo “Il Discorso Del Se”, e
la chitarra acustica scalda il cuore. In chiusura giunge la seconda parte di “Sarah
Sarai” con la ciliegina sulla torta, la chitarra dell’ex PFM Franco Mussida,
sempre un piacere da ascoltare, vera e propria goduria.
Questo
in definitiva è uno dei periodi in cui il Progressive Rock Italiano sta
nuovamente e prepotentemente rialzando la testa, approfittiamone per goderne al
meglio. Disco consigliatissimo. MS
sabato 5 novembre 2022
Queensryche
QUEENSRYCHE - Digital Noise
Alliance
Century Media Records
Genere: Metal Progressive
Supporto: cd – 2022
E’
sempre molto difficile affrontare l’argomento Queensryche, per chi li conosce,
sa già cosa intendo dire, agli altri rubo un minuto per spiegarne la situazione.
I
Queensryche sono una band storica del Metal Progressive, si formano nel 1981 prima
dei Dream Theater ed hanno fatto la storia del genere con album epocali e una
voce, quella di Geoff Tate che definirei irraggiungibile per certi versi.
Inutile ricordare un album piuttosto che un altro, dico solamente che
“Operation: Mindcrime” è una sorta di “The Wall” del Metal. La carriera della
band di Seattle si può descrivere in tre fasi, la creativa, quella che ha fatto
da scuola per band a venire, il periodo Grunge, con i piedi su due staffe,
probabilmente il momento più difficile con la conseguente dipartita di Tate e
questo degli ultimi anni, con una leggiadria differente, una volta scrollatisi
di dosso il pesante fardello del passato. Oltre Tate, abbandona più volte anche
lo storico chitarrista Christopher Lee DeGarmo, band tormentata sul da farsi
futuro. Alla voce da dieci anni a questa parte oltre che alla batteria, c’è il
roccioso Todd La Torre, ottimo cantante anche lui dotato di buona estensione
vocale. Diciassette le registrazioni in studio nella carriera, e comunque sia
tutte chi più chi meno a loro modo interessanti. Certo, certe emozioni non sono
più tornate anche perché questa è una regola che non è valsa soltanto per loro,
ossia quella del cambiamento del contesto sociale. Cambiano i tempi e quindi
anche le mode. Chi si è comunque adeguato ha proseguito imperterrito (magari
fra alti e bassi con cambio inevitabile di fans), chi ha scimmiottato sempre se
stesso con il tempo è sparito. Poi diciamo la verità, i Queensryche hanno
veramente fatto di tutto tranne che scimmiottare se stessi, ogni album una
storia a se, sia stilistica sia di concetto.
Oggi
la band è composta da Todd La Torre (voce), Michael Wilton (chitarra), Mike
Stone (chitarra), Eddie Jackson (basso) e Casey Grillo (batteria).
Non
mi perdo più di tanto in inutili descrizioni brano per brano, in questo caso
non serve, la musica proposta ha un suo standard qualitativo, come non
apprezzare le chitarre? Una ritmica perfetta, una voce ottima e canzoni che
sono sempre e comunque gradevoli, stiamo parlando dei Queensryche in fin dei
conti…
Non
mancano neppure attimi in cui la mia perplessità fa capolino come ad esempio
nell’iniziale “In Extremis” o in “Chapters” dove i nostri sembrano fare il
verso ai colleghi Power Iron Maiden. Ma la classe è quella che domina di più
fra i solchi ottici del disco, “Lost In Sorrow” scava ad esempio anche nel
passato della band. Il singolo “Behind The Walls” sa il fatto suo e non è di certo
una canzone scontata. I classici mid tempo sono rispettati in “Nocturnal Light”
mentre la classica ballata qui ha il titolo di “Forest”.
I
Queensryche finalmente si divertono e si sa che il divertimento è contagioso.
Una buona prova da far ascoltare a tutte le band che comunque muovono i primi
passi in questo territorio. Niente di trascendentale per chi come me li ha
sempre seguiti e amati nel passato, ma in fin dei conti il mondo oggi va così,
chi si accontenta gode. MS
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