ELIAS NARDI QUARTET - The Tarot Album
Zone di Musica
Distribuzione italiana: si
Genere: World Music / Etnica Folk
Support: CD - 2012
Il suono armonico nasce dall'esigenza dell'uomo di voler comunicare uno stato d'animo, questo è ciò che si crede, così sull'argomento ci sono numerosissimi pareri distinti, spesso anche discordanti fra di loro. Comunque sia è innegabile che da tempo la musica (così la chiamiamo) è un viatico di emozione e di cultura. Essa può derivare da esperienza di vita, oppure semplicemente da elaborazione di ascolti, infine anche da tutti e due i casi messi assieme. Un dipinto mette in risalto ciò che si vuol vedere, una musica mette in risalto uno stato d'animo, in sunto questa è l'arte.
Elias Nardi nasce nel 1979, giovane musicista, legato da sempre alla tecnica araba dell'Oud, strumento a corde a manico corto che fruisce un suono caldo. Nardi prende lezioni dal maestro palestinese Adel Salameh.
"The Tarot Album" è come una cartuccia di diapositive, ispirate dalla bellezza dell'arte di Niki De Saint Phalle, quel Tarot Garden (Giardino dei Tarocchi in Toscana) dove i colori della natura si mescolano con quelli meravigliosi delle sculture dell'attrice, scultrice, modella francese degli anni '60 / '70. Il risultato è composto da numerosi tasselli sonori, 18 per l'esattezza. Il disco strumentale, fonde assieme la cultura mediterranea a quella araba, mostrando un suono caldo e colorato. In esso si cela una cultura annosa a tratti spirituale, dove l'uomo si addentra per cercare in se e fuori, delle risposte di conforto sul significato della vita.
Elias Nardi è come line up un quartetto, completato da Carlo La Manna (basso), Roberto Segato (tastiere) e Zachary J. Baker (Batteria) che comunque si avvale anche della collaborazione di special guest quali Emanuele Le Pera (percussioni), Savino Pantone (viola) Dania Tosi (soprano) e Andrea Vezzoli (sax, clarinetto).
La cosa che colpisce maggiormente durante gli ascolti , è la delicatezza con cui vengono concepite le composizioni. Sensibilità e pensiero, riflessione e tecnica si fondono assieme per un risultato finale altamente emotivo. Non si alza mai la voce e le strumentazioni acustiche ben comunicano fra di loro senza sovrapporsi caoticamente. L'ascolto è consigliato anche agli amanti della Psichedelia, ma non quella recente ed elettrica, bensì la fonte, la radice del genere, quando i Beatles negli anni '60 si dilettavano a contribuire all'apertura di nuovi orizzonti, come ad esempio con il brano "Norvegian Wood", scintilla del fuoco Psichedelico.
"The Tarot Album" è un prodotto di classe, raffinato, sensibile e poetico nella sua leggerezza, un disco che va ascoltato con attenzione e spirito riflessivo. MS
Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
venerdì 30 novembre 2012
mercoledì 28 novembre 2012
Valeria Caputo
VALERIA CAPUTO - Migratory Birds
Vintage Factory Lab
Distribuzione italiana: si
Genere: Rock / Cantautore
Support: CD - 2012
Vintage Factory Lab
Distribuzione italiana: si
Genere: Rock / Cantautore
Support: CD - 2012
Quando la musica è anche sfogo, quando le controversie della vita vengono narrate attraverso i suoni, così come i sogni e le speranze, questa ha prevalentemente un nome: Rock, qualunque ramo esso sia.
Valeria Caputo è una cantautrice pugliese ma residente in Romagna e "Migratory Birds" è l'album che la presenta per la prima volta al pubblico. Quasi quaranta minuti suddivisi in dieci brani, dove lo spirito Woodstockiano spesso e volentieri si espone in maniera importante all'ascolto, tanto per inquadrare lo stile a cui si va incontro.
Per raggiungere questo risultato, Valeria si circonda di musicisti quali Silvia Wakte, Vince Vallicelli, Tiziano Raspadori, Paolo Marini, Marco Remondini, Marco Pizzolla e Franco Naddei.
L'America west coast è dunque dietro l'angolo e la dolce voce di Valeria porta ad uno balzo spazio temporale di 60 anni, quando ci si lasciava avvolgere dalle dolci melodie del folk, come si evince già dall'iniziale "The Nex Train". Morbidezza e semplicità come spesso capita di ascoltare nei capolavori di Simon & Garfunkel e la chitarra acustica accompagna le dolci ballate, così in "The Face On The Screen". Non esulano coinvolgenti assolo elettrici, come in "December Sun", dove perfino il sax accompagna il procedere del cammino verso una psichedelia finale. Valeria ama Joni Mitchell, almeno questa è la sensazione che si ha all'ascolto delle sue composizioni, assimilate e rielaborate con garbo e semplicità. Questa musica seppure datata, sprigiona sempre serenità e voglia di vivere, quella solarità che fa bene all'anima, l'ascolto di "You Can't Stop" racconta questo ed altre storie.
Tengo anche a sottolineare la cura dei suoni, ben equilibrati e puliti, non sempre ci si imbatte in questo modo di lavorare.
"Honey In My Room" è un altra sensibile ballata acustica, fra violoncello e chitarra acustica, mentre la voce di Valeria canta un ritornello avvolgente e profondo, così è "Fly Away". Anche la title track mostra il concetto che per fare della buona musica non serve gridare o fare i muscoli, essa è riflessiva e malinconica, il tanto che l'ascolto prosegue incondizionatamente ad occhi chiusi.
"Ill Be Whit You" si avvicina più al nostrano stile cantautoriale ed è sicuramente uno dei frangenti più belli del disco. "The Sea Has Told Me" prosegue il discorso intrapreso da " Honey In My Room", mentre "It's Wrong" chiude l'album con maturità, un disco che sicuramente non resterà sugli scaffali a prendere polvere, perché di delicatezza e sensibilità, oggi più che mai, ce n'è bisogno come l'aria. Buon debutto, brava Valeria. MS
Valeria Caputo è una cantautrice pugliese ma residente in Romagna e "Migratory Birds" è l'album che la presenta per la prima volta al pubblico. Quasi quaranta minuti suddivisi in dieci brani, dove lo spirito Woodstockiano spesso e volentieri si espone in maniera importante all'ascolto, tanto per inquadrare lo stile a cui si va incontro.
Per raggiungere questo risultato, Valeria si circonda di musicisti quali Silvia Wakte, Vince Vallicelli, Tiziano Raspadori, Paolo Marini, Marco Remondini, Marco Pizzolla e Franco Naddei.
L'America west coast è dunque dietro l'angolo e la dolce voce di Valeria porta ad uno balzo spazio temporale di 60 anni, quando ci si lasciava avvolgere dalle dolci melodie del folk, come si evince già dall'iniziale "The Nex Train". Morbidezza e semplicità come spesso capita di ascoltare nei capolavori di Simon & Garfunkel e la chitarra acustica accompagna le dolci ballate, così in "The Face On The Screen". Non esulano coinvolgenti assolo elettrici, come in "December Sun", dove perfino il sax accompagna il procedere del cammino verso una psichedelia finale. Valeria ama Joni Mitchell, almeno questa è la sensazione che si ha all'ascolto delle sue composizioni, assimilate e rielaborate con garbo e semplicità. Questa musica seppure datata, sprigiona sempre serenità e voglia di vivere, quella solarità che fa bene all'anima, l'ascolto di "You Can't Stop" racconta questo ed altre storie.
Tengo anche a sottolineare la cura dei suoni, ben equilibrati e puliti, non sempre ci si imbatte in questo modo di lavorare.
"Honey In My Room" è un altra sensibile ballata acustica, fra violoncello e chitarra acustica, mentre la voce di Valeria canta un ritornello avvolgente e profondo, così è "Fly Away". Anche la title track mostra il concetto che per fare della buona musica non serve gridare o fare i muscoli, essa è riflessiva e malinconica, il tanto che l'ascolto prosegue incondizionatamente ad occhi chiusi.
"Ill Be Whit You" si avvicina più al nostrano stile cantautoriale ed è sicuramente uno dei frangenti più belli del disco. "The Sea Has Told Me" prosegue il discorso intrapreso da " Honey In My Room", mentre "It's Wrong" chiude l'album con maturità, un disco che sicuramente non resterà sugli scaffali a prendere polvere, perché di delicatezza e sensibilità, oggi più che mai, ce n'è bisogno come l'aria. Buon debutto, brava Valeria. MS
martedì 27 novembre 2012
Alex Snipers Experience
ALEX SNIPERS EXPERIENCE - Familiar to Someone Living in Action!
Selfproduced
Distribuzione italiana: -
Genere: Acoustic / Psychedelic
Support: CD - 2012
La Psichedelia in Italia gode recentemente di buon seguito, se non altro da parte di chi la suona (le vendite invece non rendono giustizia) e si esibiscono quelle band che hanno una passione prevalentemente per i Pink Floyd, così vediamo i No Sound, Raven Sad, Daal e molti altri che ci intrattengono con i loro lisergici lavori. Proprio Alfio Costa (Prowlers, Tillion, Daal) risiede dietro il lavoro di questo album live della one man band Alex Snippers Experience di Alessandro Cecchini.
Sono cinque anni che l'artista si esibisce soprattutto dal vivo e cinque sono anche le realizzazioni in disco. L'approccio live è essenziale per il coronamento di un musicista, in esso c'è l'anima e l'intensità con cui vuole comunicare i propri sentimenti, la cartina tornasole di chi vuole intraprendere questo percorso di vita. Ecco dunque Alex immergersi totalmente con la sua chitarra, i suoi pedali e gli amplificatori in questo percorso, senza risparmiarsi, bensì aprendosi totalmente al pubblico. Alessandro Castelli accompagna l'esibizione anche lui con la chitarra e voce. Forti i richiami a Porcupine Tree e Pink Floyd ("Battersea") mentre la voce di Alex è decisa e seria interprete delle composizioni.
Momenti riflessivi si ergono orgogliosi del proprio essere, spezzati solo dai crescendo acustici di buona presa, come in "Floating".
Non è semplice realizzare un concerto Rock senza avere il supporto di percussioni, tastiere, basso, serve davvero una grande energia o perlomeno composizioni sia variegate che orecchiabili. Questo è un percorso intenso, coraggioso e ricco di energia, come "Anna Took A Plane" ci racconta.
Momenti Folk stile Bob Dylan fanno capolino di tanto in tanto, non da meno è "Let Your Dime Light Shine", tanto per ribadire, consciamente o inconsciamente, che il Rock ha comunque radici Blues.
"Familiar To Someone Living In Action!" è un live che fra ballate e song Rock fa perlomeno pensare, specie alle dure tematiche a cui si riferisce, non ultime la guerra in Vietnam, anche rappresentata dalla bella copertina assemblata dal sempre preciso Davide Guidoni (Taal).
Un momento di aggregazione, un frammento di vita, una comune strada da percorrere, anche se solo il tempo di 14 brani, tutti intenti a raccontare qualcosa, quel qualcosa che può unire o perlomeno far pensare.
Un disco completamente acustico sappiamo bene che non è facile da metabolizzare, tuttavia Alex Snipers Experience è semplicemente Rock.... lo scheletro del Rock, quell'ossatura che se arricchita con organi e muscoli, porta all'essere vivente, il miracolo della vita. Ma questo ad Alex non interessa, l'obbiettivo è tirare fuori se stessi, senza se e senza ma, prendere o lasciare, il Rock vero non accetta compromessi. MS
Selfproduced
Distribuzione italiana: -
Genere: Acoustic / Psychedelic
Support: CD - 2012
La Psichedelia in Italia gode recentemente di buon seguito, se non altro da parte di chi la suona (le vendite invece non rendono giustizia) e si esibiscono quelle band che hanno una passione prevalentemente per i Pink Floyd, così vediamo i No Sound, Raven Sad, Daal e molti altri che ci intrattengono con i loro lisergici lavori. Proprio Alfio Costa (Prowlers, Tillion, Daal) risiede dietro il lavoro di questo album live della one man band Alex Snippers Experience di Alessandro Cecchini.
Sono cinque anni che l'artista si esibisce soprattutto dal vivo e cinque sono anche le realizzazioni in disco. L'approccio live è essenziale per il coronamento di un musicista, in esso c'è l'anima e l'intensità con cui vuole comunicare i propri sentimenti, la cartina tornasole di chi vuole intraprendere questo percorso di vita. Ecco dunque Alex immergersi totalmente con la sua chitarra, i suoi pedali e gli amplificatori in questo percorso, senza risparmiarsi, bensì aprendosi totalmente al pubblico. Alessandro Castelli accompagna l'esibizione anche lui con la chitarra e voce. Forti i richiami a Porcupine Tree e Pink Floyd ("Battersea") mentre la voce di Alex è decisa e seria interprete delle composizioni.
Momenti riflessivi si ergono orgogliosi del proprio essere, spezzati solo dai crescendo acustici di buona presa, come in "Floating".
Non è semplice realizzare un concerto Rock senza avere il supporto di percussioni, tastiere, basso, serve davvero una grande energia o perlomeno composizioni sia variegate che orecchiabili. Questo è un percorso intenso, coraggioso e ricco di energia, come "Anna Took A Plane" ci racconta.
Momenti Folk stile Bob Dylan fanno capolino di tanto in tanto, non da meno è "Let Your Dime Light Shine", tanto per ribadire, consciamente o inconsciamente, che il Rock ha comunque radici Blues.
"Familiar To Someone Living In Action!" è un live che fra ballate e song Rock fa perlomeno pensare, specie alle dure tematiche a cui si riferisce, non ultime la guerra in Vietnam, anche rappresentata dalla bella copertina assemblata dal sempre preciso Davide Guidoni (Taal).
Un momento di aggregazione, un frammento di vita, una comune strada da percorrere, anche se solo il tempo di 14 brani, tutti intenti a raccontare qualcosa, quel qualcosa che può unire o perlomeno far pensare.
Un disco completamente acustico sappiamo bene che non è facile da metabolizzare, tuttavia Alex Snipers Experience è semplicemente Rock.... lo scheletro del Rock, quell'ossatura che se arricchita con organi e muscoli, porta all'essere vivente, il miracolo della vita. Ma questo ad Alex non interessa, l'obbiettivo è tirare fuori se stessi, senza se e senza ma, prendere o lasciare, il Rock vero non accetta compromessi. MS
lunedì 26 novembre 2012
A.C.T.
A.C.T - Silence
Inside Out
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Melodic Prog
Support: CD - 2006
Gli A.C.T sono una piccola fetta di storia del Melodic Prog svedese e“Silence” è il quarto sigillo della loro carriera e primo per Insideout music. Chi ha avuto modo di apprezzare i precedenti lavori sa già che le loro influenze vagano dai Saga ai Supertramp, dagli Asia ai Queen. Conseguentemente, si può parlare di un gruppo coraggioso che si azzarda a varcare certi confini cosiddetti “sacri”, oppure siamo al cospetto di pazzi che tentano la strada del successo clonando questo o quel brano? Gli A.C.T non sono nulla di tutto questo, il quintetto è solo autore di una musica si "popolare", ma intelligente, fatta con la testa e maestria.
Imbarazzante davvero il dover recensire un lavoro del genere, dove il Pop si lascia deturpare dalle sfuriate Progressive, passando pure per l’Hard Rock, attraverso tutto quello che emoziona. Questi svedesi si addentrano in tanti territori, dove è difficilissimo, sennonché impossibile, poter sfondare, a causa della poliedricità dell’operato. Non proponibili a chi ascolta Metal, tantomeno a chi vive di Prog puro, figuriamoci agli estimatori del Pop, con certe sonorità...
Il disco incomincia bene con “Truth Is Pain”, motivo d’impatto con un incedere alla Rasmus, “Puppeteers” non è nulla di trascendentale, ma “This Wonderful World” sa il fatto suo. Piano, piano l’ascolto cresce d’interesse, incontrando brani sempre più distanti fra di loro, con coralità a volte alla Queen e tante buone idee. Non mancano neppure brevi accenni ai maestri intramontabili del Pop Rock, i Beatles e lo ascoltiamo anche in “Useless Argument” . Ci sono i Queen in “Call In Dead” ed è proprio da questo punto che il disco decolla in un turbinio emotivo maturo.
Questo in sintesi è “Silence”, ennesimo buon disco Progressivo destinato a finire nel dimenticatoio. Perfetta la sintesi fotografica dell’artwork dove un bambino che grida, tappa le orecchie alla bambina che ha di fronte, la quale con il dito avanti al naso chiede silenzio. Questa è proprio la musica degli A.C.T. bianco e nero, quiete e tempesta, tutto ed il contrario di tutto. Consigliatissimo a chi ascolta la musica con passione. MS
Inside Out
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Melodic Prog
Support: CD - 2006
Gli A.C.T sono una piccola fetta di storia del Melodic Prog svedese e“Silence” è il quarto sigillo della loro carriera e primo per Insideout music. Chi ha avuto modo di apprezzare i precedenti lavori sa già che le loro influenze vagano dai Saga ai Supertramp, dagli Asia ai Queen. Conseguentemente, si può parlare di un gruppo coraggioso che si azzarda a varcare certi confini cosiddetti “sacri”, oppure siamo al cospetto di pazzi che tentano la strada del successo clonando questo o quel brano? Gli A.C.T non sono nulla di tutto questo, il quintetto è solo autore di una musica si "popolare", ma intelligente, fatta con la testa e maestria.
Imbarazzante davvero il dover recensire un lavoro del genere, dove il Pop si lascia deturpare dalle sfuriate Progressive, passando pure per l’Hard Rock, attraverso tutto quello che emoziona. Questi svedesi si addentrano in tanti territori, dove è difficilissimo, sennonché impossibile, poter sfondare, a causa della poliedricità dell’operato. Non proponibili a chi ascolta Metal, tantomeno a chi vive di Prog puro, figuriamoci agli estimatori del Pop, con certe sonorità...
Il disco incomincia bene con “Truth Is Pain”, motivo d’impatto con un incedere alla Rasmus, “Puppeteers” non è nulla di trascendentale, ma “This Wonderful World” sa il fatto suo. Piano, piano l’ascolto cresce d’interesse, incontrando brani sempre più distanti fra di loro, con coralità a volte alla Queen e tante buone idee. Non mancano neppure brevi accenni ai maestri intramontabili del Pop Rock, i Beatles e lo ascoltiamo anche in “Useless Argument” . Ci sono i Queen in “Call In Dead” ed è proprio da questo punto che il disco decolla in un turbinio emotivo maturo.
Questo in sintesi è “Silence”, ennesimo buon disco Progressivo destinato a finire nel dimenticatoio. Perfetta la sintesi fotografica dell’artwork dove un bambino che grida, tappa le orecchie alla bambina che ha di fronte, la quale con il dito avanti al naso chiede silenzio. Questa è proprio la musica degli A.C.T. bianco e nero, quiete e tempesta, tutto ed il contrario di tutto. Consigliatissimo a chi ascolta la musica con passione. MS
sabato 24 novembre 2012
Steven Wilson
STEVEN WILSON - Grace For Drawning
Kscope
Genere: Progressive- Psychedelic Rock
Supporto: 2cd - 2011
Che dire, quando un artista è totale percorre una strada ben precisa, neppure sterzata dalla folta schiera di fans che si è accaparrato nel susseguo della sua carriera. Dritto , senza compromessi di sorta, ora un disco Prog, poi Metal, poi psichedelico, insomma poliedricità sembra la sua parola d'ordine. Spiazza persino i propri fans. Devo ancora stare qui a dire che Steven è il leader dei Porcupine Tree o dei No Man o che partecipa al progetto Blackfield ed è anche ottimo produttore (Opeth su tutti)? Oramai lo sanno tutti. In questo secondo suggello solista (non conto gli ep) Wilson mostra a tutti la conoscenza in ambito King Crimson, influenzando il sound generalmente dark , psichedelico e metallico con mellotron e quant'altro la band di Fripp ci ha tramandato.
Doppio cd per più di ottanta minuti di musica all'insegna delle emozioni. Stati d'animo inquietanti, incubi e fantasiose visioni tracciano un percorso astruso nella mente di chi ascolta. Difficile estrapolare un brano principe in un susseguo d' idee, anche se personalmente "Postcard" mi tocca l'anima, anche perchè io sono affezionato al Wilson più sognante e melodico, tuttavia a differenza del suo predecessore "Insurgentes" (2008), qui c'è continuità. Pochi i momenti di stasi, l'artista questa volta non si focalizza troppo nei passaggi sostenuti e psichedelici, bensì lavora su crescendo ed improvvisi sbalzi sonori ed umorali. Non manca neppure una suite di quasi ventiquattro minuti, "Raider II", per la gioia di chi dalla musica vuole sempre qualcosa in più. Eppure sento che migliorerà ancora, ogni volta mi stupisce e non mi interessa il nome del progetto con cui apparirà la prossima volta, l'importante è che sia al più presto, ho voglia di ascoltare. Intanto questo doppio cd girerà spessissimo nei miei lettori (MS)
Kscope
Genere: Progressive- Psychedelic Rock
Supporto: 2cd - 2011
Che dire, quando un artista è totale percorre una strada ben precisa, neppure sterzata dalla folta schiera di fans che si è accaparrato nel susseguo della sua carriera. Dritto , senza compromessi di sorta, ora un disco Prog, poi Metal, poi psichedelico, insomma poliedricità sembra la sua parola d'ordine. Spiazza persino i propri fans. Devo ancora stare qui a dire che Steven è il leader dei Porcupine Tree o dei No Man o che partecipa al progetto Blackfield ed è anche ottimo produttore (Opeth su tutti)? Oramai lo sanno tutti. In questo secondo suggello solista (non conto gli ep) Wilson mostra a tutti la conoscenza in ambito King Crimson, influenzando il sound generalmente dark , psichedelico e metallico con mellotron e quant'altro la band di Fripp ci ha tramandato.
Doppio cd per più di ottanta minuti di musica all'insegna delle emozioni. Stati d'animo inquietanti, incubi e fantasiose visioni tracciano un percorso astruso nella mente di chi ascolta. Difficile estrapolare un brano principe in un susseguo d' idee, anche se personalmente "Postcard" mi tocca l'anima, anche perchè io sono affezionato al Wilson più sognante e melodico, tuttavia a differenza del suo predecessore "Insurgentes" (2008), qui c'è continuità. Pochi i momenti di stasi, l'artista questa volta non si focalizza troppo nei passaggi sostenuti e psichedelici, bensì lavora su crescendo ed improvvisi sbalzi sonori ed umorali. Non manca neppure una suite di quasi ventiquattro minuti, "Raider II", per la gioia di chi dalla musica vuole sempre qualcosa in più. Eppure sento che migliorerà ancora, ogni volta mi stupisce e non mi interessa il nome del progetto con cui apparirà la prossima volta, l'importante è che sia al più presto, ho voglia di ascoltare. Intanto questo doppio cd girerà spessissimo nei miei lettori (MS)
lunedì 19 novembre 2012
Magnetic Sound Machine
Lizard / Pick Up / BTF / Eventry
Distribuzione italiana: si
Genere: Jazz Rock
Support: CD - 2008
Cosa induce cinque ragazzi fra i venti ed i diciannove anni a suonare un disco completamente strumentale, oggi più che mai controproducente e addirittura di Jazz Rock? Questo personalmente mi resta un mistero. Non solo mi complimento sinceramente con questi giovani artisti, ma anche con l’attenta Lizard, la quale ancora una volta non si è lasciata sfuggire un fenomeno del genere. Non definirei tutto questo coraggio, ma VERA passione per la musica!
I Magnetic Sound Machine sono di Treviso e si formano nel 2005, per dedicarsi immediatamente al settore live. Le esibizioni portano amalgama alla band , la quale data dopo data, si lega sempre di più ed il risultato, oggi 2008 è “Chromatic Tunes”.
A quale tipo di Rock Jazz andiamo incontro è facile da decifrare, ovviamente fra i maestri da ricordare ci sono i soliti nomi Nucleus, Soft Machine, Arti & Mestieri (senza violino), Perigeo e personalmente aggiungerei i miei concittadini Agorà. Chi di voi segue questo tipo di panorama avrà constatato che sono tutte band degli anni ’70. In effetti questo genere musicale ha vissuto il massimo del suo splendore proprio in quegl’ anni, altro motivo per cui resto ancora affascinato da questi giovani cultori. Ma la più bella sorpresa è l’ascolto del cd! La freschezza sonora e musicale che circonda l’aurea del suono è contagiosa. Sin dall’iniziale “Chromatic Tunes” le cose sembrano gia chiare. Ma conosciamo questi ragazzi, i loro nomi sono Stefano Volpato (basso), Alessandro Caldato (tastiere), Giacomo Girotto (chitarra), Andrea Massarotto (sax alto e flauto) e Riccardo Pestrin (batteria).
La solarità, la gioventù e la passione si ascolta fra i solchi di “Chromatic Tunes”. La chitarra si alterna con il sax negli assolo , rendendo il disco più elettrico ed accessibile anche a chi ascolta Rock (“Blue Sensation” per credere). Dieci tracce tutte da scoprire, ognuna con una storia a se, o per meglio dire un colore a se. Si, il suono descrive colori, proprio come i MSM hanno giustamente evidenziato nell’iride del cd. “So Fusion” ci presenta una band navigata, delicata e morbida, ma oramai non è più una sorpresa. “Double Touble” qui presentata in due versioni, ci svela le origini musicali, il sotto titolo “Perigeo” la dice lunga. La ritmica è importante, ottima la batteria di Riccardo Pestrin, ma lasciatemi tessere un elogio a parte per il bravissimo Stefano Volpato. Il suono del suo basso riscalda il cuore.
Ma nei MSM non c’è un vero leader, almeno la musica così ce li presenta, tutti allo stesso piano ed è proprio l’insieme che forma questo fresco suono, malgrado l’argomento datato. Non è neppure giusto definire questo suono datato, perché sono così pochi i proseliti che sembra ancora un territorio da esplorare, magari con dei tesori nascosti che solo il tempo potrà svelare. Ma in loro abbiamo degli ottimi ricercatori, basta solamente aggregarsi alla truppa, non lasciamo per l’ennesima volta che giovani talenti vengano sommersi da altra immondizia sonora ed ignorati. Ascoltiamoci questo colorato “Chromatic Tunes” con un buon brandy alle mani seduti sulla poltrona con il piede che parte da solo, perché vi assicuro…. Parte da solo! MS
MAGNETIC SOUND MACHINE - Chances & Accidents
Lizard Records
Genere: Jazz Rock
Supporto: cd - 2010
I Trevigiani Magnetic Sound Machine, per chi ancora non li conoscesse, sono una delle migliori realtà musicali italiane di Jazz Rock. La loro giovane età non incide nella cultura musicale che palesano fra le composizioni, certamente Perigeo, Arti & Mestieri o Napoli Centrale, fanno parte del loro bagaglio.
Come per tutte le band del mondo, il terzo disco è quello della verità, dell’eventuale consacrazione, colui che ti dice la strada definitiva da intraprendere. O si vola o si cade. “Chances & Accidents” in effetti mostra un passo evolutivo rispetto al suo nobile predecessore “Chromatic Tunes”, album che consiglio ancora a tutti gli amanti del genere. Il quintetto oggi si muove di più all’unisono, si cimenta in un Jazz Rock Fusion di sufficiente personalità, dove è vero che i riferimenti settantiani sono ancora presenti, ma altresì affiora la voglia di districarsi differentemente dai classici clichè del genere, tentando una strada propria, sforzandosi di donare nuove energie.
E’ così che “Camel Trouble” apre il disco, con sei minuti di penetrante groove, con il sax di Andrea Massarotto ad aprire la mente di chi ascolta. Immaginate voi di rendere più mediterraneo il sound dei francesi Uzeb, a questo punto otterrete un quadro preciso della situazione. Belli anche gli assolo del caldo basso di Stefano Volpato e della chitarra Rock di Giacomo Girotto. Delicate le tastiere di Alessandro Caldato, sopra una ritmica quantomeno impeccabile da parte della batteria di Riccardo Pestrin.
Più stile anni ’70 è “Queanova”, ma quello che colpisce maggiormente non è tanto il riferimento o la bravura dei singoli componenti nel suonare il proprio strumento, piuttosto la freschezza del sound, una sensazione frizzante che si prova davvero con poche altre band. Ampi spazi si aprono nella mente all’ascolto di “Le Chat Noir”, ecco che i MSM cercano di dire qualcosa di differente, si lasciano andare e si ritrovano dietro uno squisito gioco tastieristico, dove il sax per l’ennesima volta compie nuove evoluzioni. Troviamo Andrea De Marchi alle percussioni di “Chansis”, canzone dall’intro psichedelico, per il piacere di chi ama una musica più introspettiva.
“Axidents” potrebbe benissimo uscire da un disco dei Goblin . In “Night Bell” Massarotto passa al flauto ed il brano assume un fascino particolare rispetto a quanto ascoltato sino ad ora, così accade per “900 Bills” e “Karizma” dove le trombe di Piero Dadda Art e F. Perin sviluppano nuove sensazioni. Invece per i gusti del sottoscritto “Wake Up Whit Me” è uno dei punti più alti di “Chances & Accidents”, in esso vengono racchiusi tutti gli ingredienti per realizzare un ottimo brano di Jazz Rock. Chiudono i due minuti di “Every One Can Sing A Jazz Rock Song Under The Shower”, dove si possono ascoltare per la prima volta le voci di Caldato e Pestrin che sotto la doccia fanno da coro ad un tappeto tastieristico dalle sfumature vagamente malinconiche. D'altronde chi non ha mai cantato sotto la doccia? Direte voi…però non una canzone Jazz! Ecco un'altra genialità dei ragazzi.
Questo disco racchiude in se molta cultura, assimilata e riamalgamata con estro, per un risultato di notevole caratura. I MSM sono giovani e sono certo che ci disegneranno nuove traiettorie.
Non lasciamo nell’indifferenza per l’ennesima volta una nostrana realtà, che nulla ha da invidiare alle band straniere. (MS)
domenica 18 novembre 2012
Brainticket
BRAINTICKET - Cottonwoolhill
Bellaphon
Distribuzione italiana: si
Genere: Psychedelic Prog
Support: Lp - 1970
Negli anni ’60 la musica lisergica, aperta ufficialmente dal brano “Norvegian Wood” dei Beatles, ha avuto un notevole corso. Si è sviluppata in breve tempo ed allo stesso modo è mutata, si è arricchita di diverse sonorità. Quella pura è rimasta, band come Greatful Dead, Iron Butterfly, Jefferson Airplane, Velvet Underground, Love e centinaia e centinaia di altre, sono li a testimoniarlo, ma chi invece ha tentato qualcosa di diverso sfocia nel Prog. A volte però i risultati non sono sempre come quelli dei Pink Floyd, si va a perscrutare in ampi meandri quantomeno improbabili, quelli della mente e si sa, la mente può anche rasentare la pazzia!
Musica cervellotica, sperimentale, come quella degli Olandesi Brainticket. Questi sono un settetto con doppio tastierista, basso, chitarra, voce e doppio percussionista.
Voci recitate, flauti, tastiere, fanno volare la fantasia, soprattutto quando il discorso diventa ipnotico o delirante. La voce femminile di Dawn Muir spaventa, improvvisa, come in preda di allucinazioni. Tutto il disco si regge prevalentemente sulla suite “Brainticket”, o meglio quasi, diciamo per un lato e mezzo. L’ascoltatore viene deturpato dal suono battente di un martello pneumatico e da altre diavolerie che tendono a sperimentare l’ambito psichedelico, non disdegnando passaggi strumentali anche interessanti. Spesso nell’ascolto si ha la sensazione di improvvisazione, così è, ma più o meno anche dal vivo la band riesce a proporre il brano così come è, con variazioni sul tema. Certo che questo non è un disco da ascoltare molto spesso, ne va di mezzo l’equilibrio psicofisico dell’ascoltatore, tuttavia nasconde idee, anche se a tratti confuse.La band seguirà la breve carriera con altri dischi come “Psychonaut” del 1971, ma la formazione è gia dimezzata. Altro disco ancora interessante è “Celestial Ocean”del 1973, registrato in Italia dalla RCA. Le progressioni lisergiche si basano sulle percussioni, sitar e flauto, una specie di Gong olandesi.
Stranamente la band ha molto seguito in Italia e comunque si esibisce in svariate date live, anche di supporto ai romani Living Music. Che dire, mi sentivo in dovere di menzionarli, in quanto hanno tentato di spostare le coordinate del Rock, forse non ci sono riusciti o forse si, fatto sta che la storia non li ha ricordati molto. Io comunque mi congratulo. MS
Bellaphon
Distribuzione italiana: si
Genere: Psychedelic Prog
Support: Lp - 1970
Negli anni ’60 la musica lisergica, aperta ufficialmente dal brano “Norvegian Wood” dei Beatles, ha avuto un notevole corso. Si è sviluppata in breve tempo ed allo stesso modo è mutata, si è arricchita di diverse sonorità. Quella pura è rimasta, band come Greatful Dead, Iron Butterfly, Jefferson Airplane, Velvet Underground, Love e centinaia e centinaia di altre, sono li a testimoniarlo, ma chi invece ha tentato qualcosa di diverso sfocia nel Prog. A volte però i risultati non sono sempre come quelli dei Pink Floyd, si va a perscrutare in ampi meandri quantomeno improbabili, quelli della mente e si sa, la mente può anche rasentare la pazzia!
Musica cervellotica, sperimentale, come quella degli Olandesi Brainticket. Questi sono un settetto con doppio tastierista, basso, chitarra, voce e doppio percussionista.
Voci recitate, flauti, tastiere, fanno volare la fantasia, soprattutto quando il discorso diventa ipnotico o delirante. La voce femminile di Dawn Muir spaventa, improvvisa, come in preda di allucinazioni. Tutto il disco si regge prevalentemente sulla suite “Brainticket”, o meglio quasi, diciamo per un lato e mezzo. L’ascoltatore viene deturpato dal suono battente di un martello pneumatico e da altre diavolerie che tendono a sperimentare l’ambito psichedelico, non disdegnando passaggi strumentali anche interessanti. Spesso nell’ascolto si ha la sensazione di improvvisazione, così è, ma più o meno anche dal vivo la band riesce a proporre il brano così come è, con variazioni sul tema. Certo che questo non è un disco da ascoltare molto spesso, ne va di mezzo l’equilibrio psicofisico dell’ascoltatore, tuttavia nasconde idee, anche se a tratti confuse.La band seguirà la breve carriera con altri dischi come “Psychonaut” del 1971, ma la formazione è gia dimezzata. Altro disco ancora interessante è “Celestial Ocean”del 1973, registrato in Italia dalla RCA. Le progressioni lisergiche si basano sulle percussioni, sitar e flauto, una specie di Gong olandesi.
Stranamente la band ha molto seguito in Italia e comunque si esibisce in svariate date live, anche di supporto ai romani Living Music. Che dire, mi sentivo in dovere di menzionarli, in quanto hanno tentato di spostare le coordinate del Rock, forse non ci sono riusciti o forse si, fatto sta che la storia non li ha ricordati molto. Io comunque mi congratulo. MS
venerdì 16 novembre 2012
Cazuela De Condor
CAZUELA DE CONDOR - Pasion, Panico, Lo Cura Y Muerte
Selfproduced
Distribuzione italiana: no
Genere: Psichedelic Jazz Rock
Support: CD - 2009
Selfproduced
Distribuzione italiana: no
Genere: Psichedelic Jazz Rock
Support: CD - 2009
Dal lontano Cile giunge una bella sorpresa, l’ennesimo sorprendente gruppo all’esordio. Accompagnato da un packaging eccellente, cartonato e fantasioso, grazie ad una lunga striscia di testi disegnati e colorati, il prodotto richiama subito l’attenzione del fans Psichedelico.
La musica è in effetti proprio come i colori della copertina, variegata con frangenti chiaro-scuri. Il sax di Emilio Pizarro si lancia in un gradevole assolo sopra un tappeto sonoro martellante, fra lo psichedelico ed il progressivo. Questa si intitola “El Duende Y La Serpente”, canzone che apre il cd, con il cantato in lingua madre. In evidenza anche la sezione ritmica composta da Riccardo Lira (Basso) e Diego Sarrua (Batteria). Importante e mai troppo invasivo l’intervento delle tastiere di Nicolas Gutièrrez. Fra Jazz, Rock e Psichedelia , anche la successiva strumentale “Sindrome Del Oyo Seco” , uno dei movimenti più alti dell’intero lavoro. La band dimostra di avere una forte personalità, immaginate voi di prendere gli Ozric Tentacles e mandarli indietro negli anni ’70. Serpenti sempre in primo piano con Reptilmamifero”, canzone dove l’anima cilena della band fuoriesce allo scoperto, assieme al flauto ed al calore sonoro che produce. Il suono della chitarra elettrica si fa più duro, mentre i cambi di tempo sono numerosi. “Cuando Lo Cotidiano Se Vulve Sinistro” ha la ritmica fatta con il piano, in vecchio stile Supertramp, anche se tutto questo con la band di Houdgson non ha nulla da spartire. I Cazuela De Condor piuttosto in questo brano strumentale sembrano aver conosciuto il Frank Zappa più sperimentale ed un mondo più Dadaista. Follia sonora variegata, seppure sempre ponderata.
“La Pizza” ha un sottotitolo per noi sboccacciato (Cazzo Pericoloso). Un diabolico pizzaiolo ci porge una pizza sonora dalle caratteristiche mediterranee, dove ancora una volta, il sax svolge un ruolo di primaria importanza. Qui vengono alla mente certi passaggi alla Perigeo, anche se alla fine del brano la musica ci rappresenta un universo circense. Non smette mai di stupire questo debutto, con “Insomnia” troviamo il lato più malinconico della band, direi anche quello più umano e razionale, seppure tutto questo sia una breve parentesi, per poi tornare in un solo di sax elegante e diretto. Segue “Trauma”, dal ritornello cantilenante e martellante. Buoni gli inserimenti di elettronica assieme al piano, così le chitarre psichedeliche che fanno di questo brano un piccolo gioiello sonoro. Numerosi i territori visitati dai Cazuela De Condor, a dimostrazione di una notevole cultura musicale degli elementi. Torna la musica cilena con “Todas Las Maidiciones”, mentre il disco si chiude con la lisergica “Pasion Y Muerte Del Senor Condor”.
Dal Cile Provengono altre band di buona caratura Progressiva, come gli Akineto’n Retard, Astralis, Crisalida, La Desooorden, Seti ed altre ancora, ma questi Cazuela De Condor hanno davvero una marcia in più. Riflettori puntati su questo disco che mi sento di consigliare a tutti coloro che dalla musica vogliono qualcosa di più. Un Prog Psichedelico dalle tinte Jazz alquanto interessante. MS
La musica è in effetti proprio come i colori della copertina, variegata con frangenti chiaro-scuri. Il sax di Emilio Pizarro si lancia in un gradevole assolo sopra un tappeto sonoro martellante, fra lo psichedelico ed il progressivo. Questa si intitola “El Duende Y La Serpente”, canzone che apre il cd, con il cantato in lingua madre. In evidenza anche la sezione ritmica composta da Riccardo Lira (Basso) e Diego Sarrua (Batteria). Importante e mai troppo invasivo l’intervento delle tastiere di Nicolas Gutièrrez. Fra Jazz, Rock e Psichedelia , anche la successiva strumentale “Sindrome Del Oyo Seco” , uno dei movimenti più alti dell’intero lavoro. La band dimostra di avere una forte personalità, immaginate voi di prendere gli Ozric Tentacles e mandarli indietro negli anni ’70. Serpenti sempre in primo piano con Reptilmamifero”, canzone dove l’anima cilena della band fuoriesce allo scoperto, assieme al flauto ed al calore sonoro che produce. Il suono della chitarra elettrica si fa più duro, mentre i cambi di tempo sono numerosi. “Cuando Lo Cotidiano Se Vulve Sinistro” ha la ritmica fatta con il piano, in vecchio stile Supertramp, anche se tutto questo con la band di Houdgson non ha nulla da spartire. I Cazuela De Condor piuttosto in questo brano strumentale sembrano aver conosciuto il Frank Zappa più sperimentale ed un mondo più Dadaista. Follia sonora variegata, seppure sempre ponderata.
“La Pizza” ha un sottotitolo per noi sboccacciato (Cazzo Pericoloso). Un diabolico pizzaiolo ci porge una pizza sonora dalle caratteristiche mediterranee, dove ancora una volta, il sax svolge un ruolo di primaria importanza. Qui vengono alla mente certi passaggi alla Perigeo, anche se alla fine del brano la musica ci rappresenta un universo circense. Non smette mai di stupire questo debutto, con “Insomnia” troviamo il lato più malinconico della band, direi anche quello più umano e razionale, seppure tutto questo sia una breve parentesi, per poi tornare in un solo di sax elegante e diretto. Segue “Trauma”, dal ritornello cantilenante e martellante. Buoni gli inserimenti di elettronica assieme al piano, così le chitarre psichedeliche che fanno di questo brano un piccolo gioiello sonoro. Numerosi i territori visitati dai Cazuela De Condor, a dimostrazione di una notevole cultura musicale degli elementi. Torna la musica cilena con “Todas Las Maidiciones”, mentre il disco si chiude con la lisergica “Pasion Y Muerte Del Senor Condor”.
Dal Cile Provengono altre band di buona caratura Progressiva, come gli Akineto’n Retard, Astralis, Crisalida, La Desooorden, Seti ed altre ancora, ma questi Cazuela De Condor hanno davvero una marcia in più. Riflettori puntati su questo disco che mi sento di consigliare a tutti coloro che dalla musica vogliono qualcosa di più. Un Prog Psichedelico dalle tinte Jazz alquanto interessante. MS
martedì 13 novembre 2012
Hands
HANDS - Strangelet
Selfproduced
Distribuzione italiana: -
Genere: Symphonic Prog
Support: CD - 2008
Gli Hands sono una band americana proveniente dal Texas e si forma alla metà degli anni ’70. Nel 1977 esordiscono con un disco che fa parlare di se, grazie alle numerose affinità con i Gentle Giant, dal titolo “Hands”. Le parti strumentali e le lunghe composizioni sono il loro piatto forte, il tutto supportato da una buona tecnica strumentale. Essendo il 1977 il periodo della fine del Progressive Rock, gli Hands hanno scelto quello peggiore per esordire. Infatti il disco è a tratti superlativo, malgrado tutto non riceve l’attenzione (e le vendite) che merita.
Ovviamente cala il buio sulla band, la quale assieme al genere, risorge più avanti, ma non negli anni ’80 dei Marillion, piuttosto gli anni ’90 a cavallo del successo di band come i connazionali Spock’s Beard. Non a caso certe sonorità sono compatibili. Nel 1996 è la volta di “Palm Mystery” e per la nostra sorpresa, ripresenta una band perfettamente oleata e compatta, come se il tempo si fosse fermato. Sempre dritti nella loro strada, non scendono a compromessi e restano ancora una band di nicchia, la classica per intenditori, sfoggiando fra le proprie note affinità con band tipo Happy The Man, King Crimson, Jethro Tull, PFM, Gentle Giant , Kansas e molte altre ancora.
Servono altri sei anni per tornare in studio, questa volta per realizzare “Twenty Five Winters”, ennesimo disco dalle grandi canzoni, ovviamente consigliato a tutti cultori del genere. Nel 2008 è la volta di “Strangelet”, anche in questo caso nulla da eccepire, la band sembra godere di un dono raro, quello di saper scrivere canzoni dalla struttura non proprio semplice, abbinandole con la metodicità di passaggi memorizzabili. Questa comunque sia è una prerogativa tipicamente americana.
La band è composta da Michael Clay (tastieree sax), Mark Cook (Warr Guitar), John Fiveash (batteria), Ernie Myers (Voce e chitarra), Martin McCall (drum kit e percussioni) e Steve Powell (basso e tastiere). Il cd è suddiviso in sette tracce e la produzione è più che soddisfacente. “Strangelet” apre il disco con personalità e se dobbiamo proprio cercare dei punti di riferimento, qui rivolgiamo lo sguardo verso i Rush misti ai The Flower King, il che la dice lunga su quanto proposto dai nostri amici texani. Ma il brano che prediligo è “Dark Matter”, con i suoi 15 minuti di cambi umorali, dove passaggi acustici si alternano con momenti addirittura Hard e perfino jazzati.
“Running Room” è robusta, con un buon riff ed un Hammond che la rende graffiante. Curiosa la scelta vocale, in quanto riconduce ai Beatles e qui mi riallaccio al discorso della scelta degli americani verso melodie orecchiabili. Tanto materiale davvero per gli appassionati di Prog, a seguire si denoteranno pezzi alla King Crimson e Spock’s Beard , come in “Miracle In The Mind”.
Il Progressive Rock è sempre stato un genere poco seguito dagli anni ’80 in poi ed è rimasto a tutt’oggi un genere di nicchia. E’ un peccato? E’ Una fortuna? Questo non sta a me decretarlo, invece mi compete di segnalarvi questo ennesimo dico di grande musica, ancora una volta passato ingiustamente in sordina. Cercatelo. MS
Selfproduced
Distribuzione italiana: -
Genere: Symphonic Prog
Support: CD - 2008
Gli Hands sono una band americana proveniente dal Texas e si forma alla metà degli anni ’70. Nel 1977 esordiscono con un disco che fa parlare di se, grazie alle numerose affinità con i Gentle Giant, dal titolo “Hands”. Le parti strumentali e le lunghe composizioni sono il loro piatto forte, il tutto supportato da una buona tecnica strumentale. Essendo il 1977 il periodo della fine del Progressive Rock, gli Hands hanno scelto quello peggiore per esordire. Infatti il disco è a tratti superlativo, malgrado tutto non riceve l’attenzione (e le vendite) che merita.
Ovviamente cala il buio sulla band, la quale assieme al genere, risorge più avanti, ma non negli anni ’80 dei Marillion, piuttosto gli anni ’90 a cavallo del successo di band come i connazionali Spock’s Beard. Non a caso certe sonorità sono compatibili. Nel 1996 è la volta di “Palm Mystery” e per la nostra sorpresa, ripresenta una band perfettamente oleata e compatta, come se il tempo si fosse fermato. Sempre dritti nella loro strada, non scendono a compromessi e restano ancora una band di nicchia, la classica per intenditori, sfoggiando fra le proprie note affinità con band tipo Happy The Man, King Crimson, Jethro Tull, PFM, Gentle Giant , Kansas e molte altre ancora.
Servono altri sei anni per tornare in studio, questa volta per realizzare “Twenty Five Winters”, ennesimo disco dalle grandi canzoni, ovviamente consigliato a tutti cultori del genere. Nel 2008 è la volta di “Strangelet”, anche in questo caso nulla da eccepire, la band sembra godere di un dono raro, quello di saper scrivere canzoni dalla struttura non proprio semplice, abbinandole con la metodicità di passaggi memorizzabili. Questa comunque sia è una prerogativa tipicamente americana.
La band è composta da Michael Clay (tastieree sax), Mark Cook (Warr Guitar), John Fiveash (batteria), Ernie Myers (Voce e chitarra), Martin McCall (drum kit e percussioni) e Steve Powell (basso e tastiere). Il cd è suddiviso in sette tracce e la produzione è più che soddisfacente. “Strangelet” apre il disco con personalità e se dobbiamo proprio cercare dei punti di riferimento, qui rivolgiamo lo sguardo verso i Rush misti ai The Flower King, il che la dice lunga su quanto proposto dai nostri amici texani. Ma il brano che prediligo è “Dark Matter”, con i suoi 15 minuti di cambi umorali, dove passaggi acustici si alternano con momenti addirittura Hard e perfino jazzati.
“Running Room” è robusta, con un buon riff ed un Hammond che la rende graffiante. Curiosa la scelta vocale, in quanto riconduce ai Beatles e qui mi riallaccio al discorso della scelta degli americani verso melodie orecchiabili. Tanto materiale davvero per gli appassionati di Prog, a seguire si denoteranno pezzi alla King Crimson e Spock’s Beard , come in “Miracle In The Mind”.
Il Progressive Rock è sempre stato un genere poco seguito dagli anni ’80 in poi ed è rimasto a tutt’oggi un genere di nicchia. E’ un peccato? E’ Una fortuna? Questo non sta a me decretarlo, invece mi compete di segnalarvi questo ennesimo dico di grande musica, ancora una volta passato ingiustamente in sordina. Cercatelo. MS
lunedì 12 novembre 2012
Spiritus Mundi
SPIRITUS MUNDI - American Dystopia
Autoproduzione
Genere: Heavy Metal
Supporto: mp3 - 2011
Sempre più sovente l'Heavy Metal si prepone di argomentare situazioni socio politiche. Probabilmente la crisi mondiale si ripercuote anche nella musica delle band di ogni parte del globo. La rabbia della strumentazione distorta, sommata ad una lirica ficcante è la valvola di sfogo sia di chi suona che di chi ascolta.
Gli americani Spiritus Mundi con "American Dystopia" vanno ad analizzare alcuni aspetti del mondo politico, delle ipocrisie e delle difficoltà di chi si vuole esporre politicamente. Questo disco viene dopo "The Evil That Balances The Universe" e dell'EP "Aipityc". Michael Wopshall è la mente del gruppo, oltre che polistrumentista. Chitarra basso e tastiere sono alla sua portata. L'impatto sonoro è alquanto epico, visionario, come il più grande stile Heavy Metal ci insegna e Michael si coadiuva di musicisti di buona sostanza come Mike Miller (batteria), Gordon Tittsworth (voce), Jim Hampton (basso), Jolynn Seaman (voce e tastiere) oltre che del preparato vocalist tedesco Mikey Wenzel.
"American Dystopia" è lungo più di un ora ed è suddiviso in tredici tracce. La narrazione iniziale di "The Evil Of The World" non lascia adito a dubbi, la band analizza freddamente ciò che lascia il mondo alla mercè del diavolo, il sistema corrotto. Otto minuti di massiccio metallo colante, cadenzato e pachidermico, come certi maestri (Iron Maiden, Slayer, Megadeth....) ci hanno insegnato.
Buona l'incisione e gli sviluppi alterni dei solo guitars. Ovviamente il genere non lascia spazio ad invenzioni, forse neppure i Spiritus Mundi lo richiedono, i quali si divertono a suonarle ed a cantarle!
Non gira dunque fantasia fra i solchi, solamente adrenalina mista a rabbia, per questo ci si potrebbe stancare dopo alcuni brani. Infatti presi uno ad uno, tutti scorrono bene e si lasciano ascoltare, ma nell'insieme l'impresa è più ardua, risultando alquanto pesanti e ripetitivi.
C'è una parvenza di Doom in "Down The River", ma è soltanto un attimo e comunque uno dei momenti più interessanti del disco. Per fortuna dulcis in fundo, bella la suite conclusiva di un quarto d'ora, dal titolo "Alquiet On The Western Front". Proprio qui a mio modo di vedere, la band deve costruire di più nel prossimo futuro. Cambi di tempo ed umorali rendono l'ascolto più spezzato e gradevole. Questo disco dei Spiritus Mundi ha diverse facce e non potrebbe piacere a molti di voi per i motivi di cui sopra, tuttavia è sincero, professionale e ficcante, basta soltanto ascoltarlo a piccole dosi. (MS)
Autoproduzione
Genere: Heavy Metal
Supporto: mp3 - 2011
Sempre più sovente l'Heavy Metal si prepone di argomentare situazioni socio politiche. Probabilmente la crisi mondiale si ripercuote anche nella musica delle band di ogni parte del globo. La rabbia della strumentazione distorta, sommata ad una lirica ficcante è la valvola di sfogo sia di chi suona che di chi ascolta.
Gli americani Spiritus Mundi con "American Dystopia" vanno ad analizzare alcuni aspetti del mondo politico, delle ipocrisie e delle difficoltà di chi si vuole esporre politicamente. Questo disco viene dopo "The Evil That Balances The Universe" e dell'EP "Aipityc". Michael Wopshall è la mente del gruppo, oltre che polistrumentista. Chitarra basso e tastiere sono alla sua portata. L'impatto sonoro è alquanto epico, visionario, come il più grande stile Heavy Metal ci insegna e Michael si coadiuva di musicisti di buona sostanza come Mike Miller (batteria), Gordon Tittsworth (voce), Jim Hampton (basso), Jolynn Seaman (voce e tastiere) oltre che del preparato vocalist tedesco Mikey Wenzel.
"American Dystopia" è lungo più di un ora ed è suddiviso in tredici tracce. La narrazione iniziale di "The Evil Of The World" non lascia adito a dubbi, la band analizza freddamente ciò che lascia il mondo alla mercè del diavolo, il sistema corrotto. Otto minuti di massiccio metallo colante, cadenzato e pachidermico, come certi maestri (Iron Maiden, Slayer, Megadeth....) ci hanno insegnato.
Buona l'incisione e gli sviluppi alterni dei solo guitars. Ovviamente il genere non lascia spazio ad invenzioni, forse neppure i Spiritus Mundi lo richiedono, i quali si divertono a suonarle ed a cantarle!
Non gira dunque fantasia fra i solchi, solamente adrenalina mista a rabbia, per questo ci si potrebbe stancare dopo alcuni brani. Infatti presi uno ad uno, tutti scorrono bene e si lasciano ascoltare, ma nell'insieme l'impresa è più ardua, risultando alquanto pesanti e ripetitivi.
C'è una parvenza di Doom in "Down The River", ma è soltanto un attimo e comunque uno dei momenti più interessanti del disco. Per fortuna dulcis in fundo, bella la suite conclusiva di un quarto d'ora, dal titolo "Alquiet On The Western Front". Proprio qui a mio modo di vedere, la band deve costruire di più nel prossimo futuro. Cambi di tempo ed umorali rendono l'ascolto più spezzato e gradevole. Questo disco dei Spiritus Mundi ha diverse facce e non potrebbe piacere a molti di voi per i motivi di cui sopra, tuttavia è sincero, professionale e ficcante, basta soltanto ascoltarlo a piccole dosi. (MS)
domenica 11 novembre 2012
Outopsya
OUTOPSYA - Fake
Lizard Records
Genere: Sperimentale - Prog Psichedelico
Supporto:
2cd - 2011
Anche gli Outopsya entrano a far parte della scuderia Lizard, la casa discografica dell'inesauribile Loris Furlan, dedita a molti dei fenomeni Prog più interessanti del panorama odierno. Li abbiamo gia apprezzati nel 2009 quando con "Sum" (Videoradio) hanno conquistato l'attenzione della critica italiana e della giuria dei Progawards vincendo la categoria "Best Progattitudes Record". La sezione nello specifico sta ad evidenziare il difficile collocamento stilistico del duo Vannini - Mazzucchi. Sperimentazione Prog con interventi psichedelici, questo è quello che è stato "Sum" ed io nella recensione precedente ne ho tessuto le lodi.
Eccoci nel2011 a parlare di "Fake", questa volta un doppio cd e tanto per non cadere nel banale, gli Outopya hanno l'idea di suddividere i due cd in 11 brani ciascuno e di farli uscire in data 11-11-11 !
Cabala a parte, gli artisti di Rovereto dimostrano nuovamente di avere le idee molto chiare, seppur la strada intrapresa non è certo quella della vendita commerciale al grande pubblico. Il genere è impegnativo, personalmente mi fanno pensare, per l'approccio alla stesura del brano, ai primi Pink Floyd e l'iniziale "Useless Fake A Awful" la dice lunga. Certamente la band di Cambridge ha poi venduto quello che ha venduto, ma erano anche tempi differenti, oggi con questa società mordi e fuggi la vedo dura.
Rumoristica fa da base a sensazioni su dei tappeti tastieristici di note sostenute, filmati sonori che esprimono sensazioni in base alla personalità di chi ascolta.
La cultura musicale degli Outopsya è notevole, nei loro episodi si possono persino incontrare le atmosfere dei King Crimson, come in "Rays Rays Rays", il tutto sempre miscelato con Psichedelìa alienante. Il primo cd (Fake viola) è tutto congiunto come fosse un unico brano di cinquanta minuti. Coralità bislacche si incontrano in "N°n", voci che sembrano provenire da un altro mondo e così via fino a giungere a "Phantom", uno dei momenti più importanti del primo cd.
Voci e chitarra si sovrappongono contemporaneamente e lasciano un senso di velato disturbo mentale, sensazione per i più preparati di voi (musicalmente parlando, si intende....). Chiude il cd viola "Insane", titolo perfetto.
"Fake" nero si apre immediatamente in stile King Crimson con "The Word Has Been", brano che quasi possiamo cantare rispetto a quanto ascoltato sino ad ora. "Anxious" è greve, formata da brevi arpeggi oscuri e marci. Il sistema dei brani congiunti è adoperato anche in questo contesto.
Uno dei movimenti più interessanti dell'intero disco è "Enter The Brain", meno sperimentale ma musicalmente più vigoroso.
All'ascolto nel proseguo si denotano nuovamente sprazzi di Pink Floyd più psichedelici e a tratti persino musica minimale e ricercata, grazie anche ad effetti eco o a voci distorte.
Il mondo degli Outopsya è assolutamente da esplorare, ci sono paesaggi astrusi, dove la mente si sbizzarrisce a perdersi in maniera incontrollata e libera. Personalmente denoto un ulteriore passo in avanti rispetto il debutto, il che è tutto un dire. Avanti per la vostra strada Artisti, non date retta a nessuno, questa è la passione vera della musica... inconfutabile. (MS)
Lizard Records
Genere: Sperimentale - Prog Psichedelico
Supporto:
2cd - 2011
Anche gli Outopsya entrano a far parte della scuderia Lizard, la casa discografica dell'inesauribile Loris Furlan, dedita a molti dei fenomeni Prog più interessanti del panorama odierno. Li abbiamo gia apprezzati nel 2009 quando con "Sum" (Videoradio) hanno conquistato l'attenzione della critica italiana e della giuria dei Progawards vincendo la categoria "Best Progattitudes Record". La sezione nello specifico sta ad evidenziare il difficile collocamento stilistico del duo Vannini - Mazzucchi. Sperimentazione Prog con interventi psichedelici, questo è quello che è stato "Sum" ed io nella recensione precedente ne ho tessuto le lodi.
Eccoci nel
Cabala a parte, gli artisti di Rovereto dimostrano nuovamente di avere le idee molto chiare, seppur la strada intrapresa non è certo quella della vendita commerciale al grande pubblico. Il genere è impegnativo, personalmente mi fanno pensare, per l'approccio alla stesura del brano, ai primi Pink Floyd e l'iniziale "Useless Fake A Awful" la dice lunga. Certamente la band di Cambridge ha poi venduto quello che ha venduto, ma erano anche tempi differenti, oggi con questa società mordi e fuggi la vedo dura.
Rumoristica fa da base a sensazioni su dei tappeti tastieristici di note sostenute, filmati sonori che esprimono sensazioni in base alla personalità di chi ascolta.
La cultura musicale degli Outopsya è notevole, nei loro episodi si possono persino incontrare le atmosfere dei King Crimson, come in "Rays Rays Rays", il tutto sempre miscelato con Psichedelìa alienante. Il primo cd (Fake viola) è tutto congiunto come fosse un unico brano di cinquanta minuti. Coralità bislacche si incontrano in "N°n", voci che sembrano provenire da un altro mondo e così via fino a giungere a "Phantom", uno dei momenti più importanti del primo cd.
Voci e chitarra si sovrappongono contemporaneamente e lasciano un senso di velato disturbo mentale, sensazione per i più preparati di voi (musicalmente parlando, si intende....). Chiude il cd viola "Insane", titolo perfetto.
"Fake" nero si apre immediatamente in stile King Crimson con "The Word Has Been", brano che quasi possiamo cantare rispetto a quanto ascoltato sino ad ora. "Anxious" è greve, formata da brevi arpeggi oscuri e marci. Il sistema dei brani congiunti è adoperato anche in questo contesto.
Uno dei movimenti più interessanti dell'intero disco è "Enter The Brain", meno sperimentale ma musicalmente più vigoroso.
All'ascolto nel proseguo si denotano nuovamente sprazzi di Pink Floyd più psichedelici e a tratti persino musica minimale e ricercata, grazie anche ad effetti eco o a voci distorte.
Il mondo degli Outopsya è assolutamente da esplorare, ci sono paesaggi astrusi, dove la mente si sbizzarrisce a perdersi in maniera incontrollata e libera. Personalmente denoto un ulteriore passo in avanti rispetto il debutto, il che è tutto un dire. Avanti per la vostra strada Artisti, non date retta a nessuno, questa è la passione vera della musica... inconfutabile. (MS)
giovedì 8 novembre 2012
Soul Secret
SOUL SECRET - Closer to Daylight
Galileo Records
Distribuzione italiana: -
Genere: Prog Metal
Support: CD - 2011
I Soul Secret a tre anni di distanza da "Flowing Portraits" ritornano all'attenzione del pubblico Metal Prog con questo nuovo album dal titolo "Closer To Daylight". La band si forma nel 2005 e dopo svariati cambi di line up, giunge a noi oggi con Luca Di Gennaro alle tastiere, Claudio Casaburi al basso, Fabio Manda alla voce, Antonio Mocerino alla batteria e con Antonio Vittozzi alle chitarre.
Suonare questo genere, si sa, non è semplice, perchè rivolto ad un pubblico di cultori e proprio per questo motivo preparato. Chi ascolta musica con delle influenze Progressive generalmente è una persona che esige molto dalla musica ed è attento critico. Spesso abbiamo letto e detto che il tutto prende fuoco dopo l'avvento dei Dream Theater, ma anche nel proseguo degli anni, il genere si è saputo sviluppare, anche se in maniera pachidermica. La lentezza è dovuta proprio al fatto del difficile testimone lasciato dalla band di Petrucci e soci, una delle più copiate nella storia del Rock. I Soul Secret appartengono ad una schiera che non esula da questa radice, seppure riescono a muoversi con discreta capacità e personalità. Il suono è bilanciato e giustamente agguerrito, sin dall'iniziale "Checkmate" dove il quintetto dimostra di conoscere le regole del gioco. Perfino i Queensryche fanno capolino, ma in maniera più rada.
Ci sono episodi dove le tastiere svolgono un ruolo più importante, come in "River's Edge", mentre Manda prosegue con onore il suo ruolo di vocalist senza strafare. Buone pure le coralità che rendono l'ascolto più fruibile. In "If "c'è il primo ospite del disco, Marco Sfogli. Il secondo, o meglio la seconda, è Anna Assentato alla voce, bella presenza che duetta con la voce a tratti rude di Fabio. Come il genere richiede i cambi di tempo sono all'ordine del minuto, sempre presenti e variegati. La sezione ritmica è importante e si lancia in scorribande sonore care a dischi come "Awake" , tanto per fare un nome dei primi Teatro Dei Sogni. I brani sono tutti di medio lunga durata e sono otto, mentre il più interessante si intitola "Afthermat" ed è una mini suite di sedici minuti, con la partecipazione straordinaria di Arno Menses (Sieges Even). Difficile estrapolare comunque un brano effettivamente superiore, in quanto tutti sono ricchi di musica "acculturata”, anche se “ October 1917” per chi scrive è quello più accreditato. Esistono molti interventi acustici e perfino tanghi come nel breve interludio di "Pillars Of Sand".
I Soul Secret hanno prodotto dunque un disco davvero interessante, adatto ad un pubblico abbastanza ampio e non solo Metal. Chi invece è amante della sperimentazione Prog più coraggiosa forse storcerà il naso, malgrado tutto non potrà dire che "Closer To Daylight" è un brutto disco. Complimenti MS
Galileo Records
Distribuzione italiana: -
Genere: Prog Metal
Support: CD - 2011
I Soul Secret a tre anni di distanza da "Flowing Portraits" ritornano all'attenzione del pubblico Metal Prog con questo nuovo album dal titolo "Closer To Daylight". La band si forma nel 2005 e dopo svariati cambi di line up, giunge a noi oggi con Luca Di Gennaro alle tastiere, Claudio Casaburi al basso, Fabio Manda alla voce, Antonio Mocerino alla batteria e con Antonio Vittozzi alle chitarre.
Suonare questo genere, si sa, non è semplice, perchè rivolto ad un pubblico di cultori e proprio per questo motivo preparato. Chi ascolta musica con delle influenze Progressive generalmente è una persona che esige molto dalla musica ed è attento critico. Spesso abbiamo letto e detto che il tutto prende fuoco dopo l'avvento dei Dream Theater, ma anche nel proseguo degli anni, il genere si è saputo sviluppare, anche se in maniera pachidermica. La lentezza è dovuta proprio al fatto del difficile testimone lasciato dalla band di Petrucci e soci, una delle più copiate nella storia del Rock. I Soul Secret appartengono ad una schiera che non esula da questa radice, seppure riescono a muoversi con discreta capacità e personalità. Il suono è bilanciato e giustamente agguerrito, sin dall'iniziale "Checkmate" dove il quintetto dimostra di conoscere le regole del gioco. Perfino i Queensryche fanno capolino, ma in maniera più rada.
Ci sono episodi dove le tastiere svolgono un ruolo più importante, come in "River's Edge", mentre Manda prosegue con onore il suo ruolo di vocalist senza strafare. Buone pure le coralità che rendono l'ascolto più fruibile. In "If "c'è il primo ospite del disco, Marco Sfogli. Il secondo, o meglio la seconda, è Anna Assentato alla voce, bella presenza che duetta con la voce a tratti rude di Fabio. Come il genere richiede i cambi di tempo sono all'ordine del minuto, sempre presenti e variegati. La sezione ritmica è importante e si lancia in scorribande sonore care a dischi come "Awake" , tanto per fare un nome dei primi Teatro Dei Sogni. I brani sono tutti di medio lunga durata e sono otto, mentre il più interessante si intitola "Afthermat" ed è una mini suite di sedici minuti, con la partecipazione straordinaria di Arno Menses (Sieges Even). Difficile estrapolare comunque un brano effettivamente superiore, in quanto tutti sono ricchi di musica "acculturata”, anche se “ October 1917” per chi scrive è quello più accreditato. Esistono molti interventi acustici e perfino tanghi come nel breve interludio di "Pillars Of Sand".
I Soul Secret hanno prodotto dunque un disco davvero interessante, adatto ad un pubblico abbastanza ampio e non solo Metal. Chi invece è amante della sperimentazione Prog più coraggiosa forse storcerà il naso, malgrado tutto non potrà dire che "Closer To Daylight" è un brutto disco. Complimenti MS
martedì 6 novembre 2012
Runaway Totem
RUNAWAY TOTEM - Manu Menes
Lizard Records
Distribuzione italiana: Lizard Records
Genere: Rock psichedelico-Progressive
Supporto: CD – 2009
I Runaway Totem sono un contenitore di energia cosmica, traslata in onde sonore, generate dall’uomo sotto il nome “Musica”. No, non sono impazzito, questo è il vero pensiero artistico di questa longeva band, che posa le sue radici nel lontano 1988. Francamente non è solo il loro pensiero, ma anche quello di altri nobili artisti, fra i quali ricordo sempre con estremo piacere il grande cantante delle Orme, Aldo Tagliapietra, il quale sostiene a sua volta che tutto è già esistente nel cosmo, è solo l’uomo che deve captarlo.
Dopo numerosi dischi e svariati cambi di line up, i Runaway Totem li troviamo oggi con Cahal De Betel alle chitarre, voce, tastiere e sintetizzatori, Tipheret alla batteria, Dauno al basso e Issirias Moira Dussati alla voce. Le energie da loro captate si racchiudono in “Manu Menes”, secondo movimento di quattro elementi. Un lavoro molto lungo, settantadue minuti di energia suddivisi in tre suite, della durata media di ventiquattro minuti l’una.
“Alle Sorgentidikronos” è la prima. Si apre in maniera greve, cadenzata e raccoglie energia ad ondate, alternando frangenti delicati ad improvvisi sbalzi umorali e narrativi. Gli strumenti sono come i numeri per la matematica, il fine per il risultato. “Aevum” ci descrive il tempo, lo spazio dentro di noi umani, dotati di mezzi per attingere l’energia cosmica. La musica è più ritmata, il basso è più presente, pur sempre privilegiando tastiere e sintetizzatori. Seguono chitarre nervose ed un cantato femminile, a cavallo fra gli anni ’70 ed il New Prog primi anni ’80. Ottima la parte strumentale, coinvolgente e d’atmosfera. “Phi-Ur” è il pezzo più lungo del disco, il percepimento dell’essere e del Non essere. In esso si articolano diverse influenze sonore, compresa l’improvvisazione Jazz a dimostrazione che la band è cosciente dei propri mezzi e della propria tecnica. Il vibrafono che si sente è suonato da Mirko Pedrotti.
Io non definirei questa musica “cosmica”, mi viene più naturale chiamarla “Totale”, in quanto possiede tutti gli ingredienti per spaziare da un genere ad un altro. Io sono più terreno, ma quando ascolto certe vibrazioni, sono capace di estraniarmi e di goderne i benefici.
E bravi i Runaway Totem… MS
Lizard Records
Distribuzione italiana: Lizard Records
Genere: Rock psichedelico-Progressive
Supporto: CD – 2009
I Runaway Totem sono un contenitore di energia cosmica, traslata in onde sonore, generate dall’uomo sotto il nome “Musica”. No, non sono impazzito, questo è il vero pensiero artistico di questa longeva band, che posa le sue radici nel lontano 1988. Francamente non è solo il loro pensiero, ma anche quello di altri nobili artisti, fra i quali ricordo sempre con estremo piacere il grande cantante delle Orme, Aldo Tagliapietra, il quale sostiene a sua volta che tutto è già esistente nel cosmo, è solo l’uomo che deve captarlo.
Dopo numerosi dischi e svariati cambi di line up, i Runaway Totem li troviamo oggi con Cahal De Betel alle chitarre, voce, tastiere e sintetizzatori, Tipheret alla batteria, Dauno al basso e Issirias Moira Dussati alla voce. Le energie da loro captate si racchiudono in “Manu Menes”, secondo movimento di quattro elementi. Un lavoro molto lungo, settantadue minuti di energia suddivisi in tre suite, della durata media di ventiquattro minuti l’una.
“Alle Sorgentidikronos” è la prima. Si apre in maniera greve, cadenzata e raccoglie energia ad ondate, alternando frangenti delicati ad improvvisi sbalzi umorali e narrativi. Gli strumenti sono come i numeri per la matematica, il fine per il risultato. “Aevum” ci descrive il tempo, lo spazio dentro di noi umani, dotati di mezzi per attingere l’energia cosmica. La musica è più ritmata, il basso è più presente, pur sempre privilegiando tastiere e sintetizzatori. Seguono chitarre nervose ed un cantato femminile, a cavallo fra gli anni ’70 ed il New Prog primi anni ’80. Ottima la parte strumentale, coinvolgente e d’atmosfera. “Phi-Ur” è il pezzo più lungo del disco, il percepimento dell’essere e del Non essere. In esso si articolano diverse influenze sonore, compresa l’improvvisazione Jazz a dimostrazione che la band è cosciente dei propri mezzi e della propria tecnica. Il vibrafono che si sente è suonato da Mirko Pedrotti.
Io non definirei questa musica “cosmica”, mi viene più naturale chiamarla “Totale”, in quanto possiede tutti gli ingredienti per spaziare da un genere ad un altro. Io sono più terreno, ma quando ascolto certe vibrazioni, sono capace di estraniarmi e di goderne i benefici.
E bravi i Runaway Totem… MS
lunedì 5 novembre 2012
Taproban
TAPROBAN - Posidonian Fields
Mellow Records
Distribuzione italiana: Mellow Records
Genere: Prog
Support: CD - 2006
Ero davvero curioso di ascoltare il nuovo lavoro del trio romano Taproban, per diversi motivi, il più rilevante è il fatto che generalmente il terzo disco è quello della verità. Positivamente colpito dal debutto di “Ogni Pensiero Vola” e dal più maturo “Outside Nowhere”, mi aspetto buone nuove, le premesse ci sono tutte, così come le novità. La prima cosa che salta immediatamente all’orecchio è l’ottima produzione ed una più attenta ricerca agli arrangiamenti e questo grazie soprattutto alle registrazioni effettuate nello studio professionale XL Studio, nel quale Gianluca De Rossi ha potuto suonare un vero Hammond C3. Le liriche sono ancora una volta basate su storie fantastiche, questa volta con “Posidonian Fields” si perlustrano i fondali marini e non solo, anche quelli della psiche umana, arricchiti da una spruzzata di avvenimenti quotidiani. La bellissima copertina curata dal bravo Davide Guidoni è affascinante tanto quanto il contenuto sonoro. Le novità proseguono, il cantato del chitarrista Guglielmo Mariotti è più presente che in passato e pure il suo contributo in fase di composizione è maggiore.
Siamo al cospetto di tre suite, La prima intitolata “Chapter One: Immersion”, la seconda “Chapter Two: Suspension” e la terza “Chapter Three:Oblivion”. La musica comincia con il mormorìo del mare, il suono è pulito e la chitarra acustica di Guglielmo ci trascina nell’immersione. Sono presenti richiami sia al New Prog che al Prog italiano anni ’70, ma anche Yes ed EL&P. Come caratteristica del gruppo, le tastiere hanno un ruolo di grande importanza e ben si amalgamano con la perfetta ritmica di Davide. Spettacolare il finale di “Charter One: Immersion” dal sottotitolo “Caronte’s Ship Imponderability”, una corsa nei fondali marini con fughe strumentali come genere impone.
Il capitolo due si apre con una buona melodia voce-chitarra e qui i Taproban dimostrano di essere davvero cresciuti in esperienza. La personalità fuoriesce, così come il pathos. Un muro sonoro si staglia su di noi per poi aprirsi dolcemente nel subconscio, è “Suspension”, leggera come l’aria delle tastiere che la creano. Sono i Pendragon più sognanti a presentarsi a noi. E via, senza soste verso il terzo capitolo “Oblivion”. Lo stile Orme anni ’70 che a volte ha caratterizzato il sound del gruppo, fa capolino nelle parti strumentali ma sono solo piccoli sprazzi, così come i momenti più Marillioniani.
Qui c’è tutto quello che un Prog fan vorrebbe sempre ascoltare, un put pourrie di armonie che riempiono la mente. Ed il mare ci trascina alla riva. Abbiamo scommesso sul loro talento ed abbiamo vinto. “Posidonian Fields” è un bel disco, dobbiamo essere più che orgogliosi del Progressive nostrano, sempre più a testa alta e maturo. Bene, la mia curiosità è appagata! MS
Mellow Records
Distribuzione italiana: Mellow Records
Genere: Prog
Support: CD - 2006
Ero davvero curioso di ascoltare il nuovo lavoro del trio romano Taproban, per diversi motivi, il più rilevante è il fatto che generalmente il terzo disco è quello della verità. Positivamente colpito dal debutto di “Ogni Pensiero Vola” e dal più maturo “Outside Nowhere”, mi aspetto buone nuove, le premesse ci sono tutte, così come le novità. La prima cosa che salta immediatamente all’orecchio è l’ottima produzione ed una più attenta ricerca agli arrangiamenti e questo grazie soprattutto alle registrazioni effettuate nello studio professionale XL Studio, nel quale Gianluca De Rossi ha potuto suonare un vero Hammond C3. Le liriche sono ancora una volta basate su storie fantastiche, questa volta con “Posidonian Fields” si perlustrano i fondali marini e non solo, anche quelli della psiche umana, arricchiti da una spruzzata di avvenimenti quotidiani. La bellissima copertina curata dal bravo Davide Guidoni è affascinante tanto quanto il contenuto sonoro. Le novità proseguono, il cantato del chitarrista Guglielmo Mariotti è più presente che in passato e pure il suo contributo in fase di composizione è maggiore.
Siamo al cospetto di tre suite, La prima intitolata “Chapter One: Immersion”, la seconda “Chapter Two: Suspension” e la terza “Chapter Three:Oblivion”. La musica comincia con il mormorìo del mare, il suono è pulito e la chitarra acustica di Guglielmo ci trascina nell’immersione. Sono presenti richiami sia al New Prog che al Prog italiano anni ’70, ma anche Yes ed EL&P. Come caratteristica del gruppo, le tastiere hanno un ruolo di grande importanza e ben si amalgamano con la perfetta ritmica di Davide. Spettacolare il finale di “Charter One: Immersion” dal sottotitolo “Caronte’s Ship Imponderability”, una corsa nei fondali marini con fughe strumentali come genere impone.
Il capitolo due si apre con una buona melodia voce-chitarra e qui i Taproban dimostrano di essere davvero cresciuti in esperienza. La personalità fuoriesce, così come il pathos. Un muro sonoro si staglia su di noi per poi aprirsi dolcemente nel subconscio, è “Suspension”, leggera come l’aria delle tastiere che la creano. Sono i Pendragon più sognanti a presentarsi a noi. E via, senza soste verso il terzo capitolo “Oblivion”. Lo stile Orme anni ’70 che a volte ha caratterizzato il sound del gruppo, fa capolino nelle parti strumentali ma sono solo piccoli sprazzi, così come i momenti più Marillioniani.
Qui c’è tutto quello che un Prog fan vorrebbe sempre ascoltare, un put pourrie di armonie che riempiono la mente. Ed il mare ci trascina alla riva. Abbiamo scommesso sul loro talento ed abbiamo vinto. “Posidonian Fields” è un bel disco, dobbiamo essere più che orgogliosi del Progressive nostrano, sempre più a testa alta e maturo. Bene, la mia curiosità è appagata! MS
venerdì 2 novembre 2012
Luciano Varnadi
VARNADI - Contestatore Romantico
Afre Music
Distribuzione italiana: si
Genere: Cantautore
Support: CD - 2012
Sono già passati tre anni da quel "Radio Varnadi" che bene si è contraddistinto nell'intricato mondo del cantautoriato italiano. Luciano Varnadi è alla sua quinta realizzazione e questo è già risultato, visto il continuo pullulare di fenomeni mordi e fuggi che il sistema musicale odierno ci propina quasi quotidianamente. Varnadi è semplicemente differente, profondamente ironico ed allo stesso tempo tagliente come una lametta, appunto un "Contestatore Romantico". Si contraddistingue dal movimento cantautoriale medio, in quanto la sua musica è composta da differenti influenze che variano dal Folk al Rock, passando per la "teatralità" e perché no anche nel Punk. Ma ciò che fa la differenza sono i testi mai volgari, tutti impegnati nel sociale, sempre attenti agli approfondimenti fra i quali si evincono: la vivisezione, la violenza minorile (con tanto di percentuali, luoghi e cifre nel mondo, scritte all'interno del ricco libretto che accompagna il cd) ed i problemi quotidiani di natura psicologica. Davvero uno sforzo creativo ne indifferente e ne banale, con una voglia di comunicare cultura generale, sicuramente contagiosa e raffinata.
Anche in Italia dunque si può fare buona musica senza andare troppo a ricordare la vincente formulina "sole, cuore, amore". Con questo però "Contestatore Romantico" non è un polpettone pesante, come si potrebbe dedurre da queste mie considerazioni, anzi, tutto scorre con fluidità e paradossalmente riesce ad essere musica da ascolto dalle buone melodie. La voce calda di Varnadi infine è la ciliegina sulla torta.
Durante questo percorso sonoro, suddiviso in sedici tracce, il cant-attore si avvale della collaborazione di numerosissimi altri artisti, fra i quali spiccano il cantautore finlandese Petri Kaivanto, l'attore Claudio Alberto Francesconi, Oderigi Lusi, Leonardo De Lorenzo, Roberto Zimmermann, Eugenio Samon, Ciro Ciotola, gli ICA Brothers Band e molti altri ancora.
"Narratore d'idee", "scrittore lunatico", "sognatore del sarcastico",così si definisce lo stesso artista veneto-campano nel brano iniziale "Contestatore Romantico", il tutto in una chiave Rock non troppo aggressiva, come molto materiale del bravo Edoardo Bennato.
"DL50" chi è l'animale, l'uomo od il cane? Profonda considerazione in un ragionamento fatto di esempi forti che tendono a far riflettere, il tutto su un binario sonoro adeguato al Rock , con tanto di flauto e tromba.
Argomenti ancora più impegnati in “Salviamo Il Mondo”, utopie dettate dalla voglia di non rassegnarsi a questo andamento autodistruttivo del genere umano, demolito da guerre inutili ed altro ancora. Qui il Rock è più presente, buon tappeto sonoro assieme alla voce graffiante di Luciano, per questo grido all'umanità.
"Volevo Dirti" è qualcosa che ricorda il migliore Daniele Silvestri, in certi frangenti narrati. Facile da memorizzare e gradevole anche al primo ascolto. Più intimistica "La Visione Dell'Arte". Disco ricco di simpatici passaggi, da scoprire e godere. Il cantautore Finlandese fa la sua comparsa in "Avrei Voluto Dormirti Accanto", momento dal feeling importante, godibile nella sensibilità che sgorga in un ritornello importante con tanto di coralità e potenza.
Varnadi si diverte dunque a giocare con la musica, senza stravolgere troppo le regole, ma rendendo l'insieme caldo e profondo. "Il Canto Della Vita" è radiofonica, mentre "Hot Videogame" torna a mostrare il lato contestatore dell'artista, con sarcasmo ed ironia. Ritmo Reagge e buoni fiati. Altro momento importante del disco è "La Violinista Ed Il Falegname", cantilenante nella formula Rock Folk, ipnotica e melodiosa. Davvero un buon frangente. Riflessiva "Voci In Lontananza", qui vaghe schegge di De Andrè colpiscono la memoria di chi ama il cantautore genovese. L'attore Claudio Alberto Francesconi fa la sua comparsa in "Passione Senza Fine"....il calcio. Scanzonata e divertente, anche se qui i deja vu sono davvero tanti. Torna il cant-attore verso il finale del disco in "Tu Peste En Mi Piel", il brano personalmente più apprezzato. Chiude la psichedelica "La Scissione", sorretta dalla sempre presente calda voce di Varnadi.
In definitiva mi sono trovato ad ascoltare un disco che si sforza a far pensare, il tutto sopra una musica orecchiabile, magari per certi versi già sentita, ma con piccole sorprese, quelle che non ti aspetti. E' l'assiemaggio dei componenti che fa di "Contestatore Romantico" un disco dal valore aggiunto e non banale. MS
Afre Music
Distribuzione italiana: si
Genere: Cantautore
Support: CD - 2012
Sono già passati tre anni da quel "Radio Varnadi" che bene si è contraddistinto nell'intricato mondo del cantautoriato italiano. Luciano Varnadi è alla sua quinta realizzazione e questo è già risultato, visto il continuo pullulare di fenomeni mordi e fuggi che il sistema musicale odierno ci propina quasi quotidianamente. Varnadi è semplicemente differente, profondamente ironico ed allo stesso tempo tagliente come una lametta, appunto un "Contestatore Romantico". Si contraddistingue dal movimento cantautoriale medio, in quanto la sua musica è composta da differenti influenze che variano dal Folk al Rock, passando per la "teatralità" e perché no anche nel Punk. Ma ciò che fa la differenza sono i testi mai volgari, tutti impegnati nel sociale, sempre attenti agli approfondimenti fra i quali si evincono: la vivisezione, la violenza minorile (con tanto di percentuali, luoghi e cifre nel mondo, scritte all'interno del ricco libretto che accompagna il cd) ed i problemi quotidiani di natura psicologica. Davvero uno sforzo creativo ne indifferente e ne banale, con una voglia di comunicare cultura generale, sicuramente contagiosa e raffinata.
Anche in Italia dunque si può fare buona musica senza andare troppo a ricordare la vincente formulina "sole, cuore, amore". Con questo però "Contestatore Romantico" non è un polpettone pesante, come si potrebbe dedurre da queste mie considerazioni, anzi, tutto scorre con fluidità e paradossalmente riesce ad essere musica da ascolto dalle buone melodie. La voce calda di Varnadi infine è la ciliegina sulla torta.
Durante questo percorso sonoro, suddiviso in sedici tracce, il cant-attore si avvale della collaborazione di numerosissimi altri artisti, fra i quali spiccano il cantautore finlandese Petri Kaivanto, l'attore Claudio Alberto Francesconi, Oderigi Lusi, Leonardo De Lorenzo, Roberto Zimmermann, Eugenio Samon, Ciro Ciotola, gli ICA Brothers Band e molti altri ancora.
"Narratore d'idee", "scrittore lunatico", "sognatore del sarcastico",così si definisce lo stesso artista veneto-campano nel brano iniziale "Contestatore Romantico", il tutto in una chiave Rock non troppo aggressiva, come molto materiale del bravo Edoardo Bennato.
"DL50" chi è l'animale, l'uomo od il cane? Profonda considerazione in un ragionamento fatto di esempi forti che tendono a far riflettere, il tutto su un binario sonoro adeguato al Rock , con tanto di flauto e tromba.
Argomenti ancora più impegnati in “Salviamo Il Mondo”, utopie dettate dalla voglia di non rassegnarsi a questo andamento autodistruttivo del genere umano, demolito da guerre inutili ed altro ancora. Qui il Rock è più presente, buon tappeto sonoro assieme alla voce graffiante di Luciano, per questo grido all'umanità.
"Volevo Dirti" è qualcosa che ricorda il migliore Daniele Silvestri, in certi frangenti narrati. Facile da memorizzare e gradevole anche al primo ascolto. Più intimistica "La Visione Dell'Arte". Disco ricco di simpatici passaggi, da scoprire e godere. Il cantautore Finlandese fa la sua comparsa in "Avrei Voluto Dormirti Accanto", momento dal feeling importante, godibile nella sensibilità che sgorga in un ritornello importante con tanto di coralità e potenza.
Varnadi si diverte dunque a giocare con la musica, senza stravolgere troppo le regole, ma rendendo l'insieme caldo e profondo. "Il Canto Della Vita" è radiofonica, mentre "Hot Videogame" torna a mostrare il lato contestatore dell'artista, con sarcasmo ed ironia. Ritmo Reagge e buoni fiati. Altro momento importante del disco è "La Violinista Ed Il Falegname", cantilenante nella formula Rock Folk, ipnotica e melodiosa. Davvero un buon frangente. Riflessiva "Voci In Lontananza", qui vaghe schegge di De Andrè colpiscono la memoria di chi ama il cantautore genovese. L'attore Claudio Alberto Francesconi fa la sua comparsa in "Passione Senza Fine"....il calcio. Scanzonata e divertente, anche se qui i deja vu sono davvero tanti. Torna il cant-attore verso il finale del disco in "Tu Peste En Mi Piel", il brano personalmente più apprezzato. Chiude la psichedelica "La Scissione", sorretta dalla sempre presente calda voce di Varnadi.
In definitiva mi sono trovato ad ascoltare un disco che si sforza a far pensare, il tutto sopra una musica orecchiabile, magari per certi versi già sentita, ma con piccole sorprese, quelle che non ti aspetti. E' l'assiemaggio dei componenti che fa di "Contestatore Romantico" un disco dal valore aggiunto e non banale. MS
giovedì 1 novembre 2012
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