Questa
volta voglio iniziare la recensione dall’artwork, perchè ha a mio modo di
vedere ha una valenza importante, cosa sarebbe ad esempio il disco “The Dark
Side Of The Moon” senza il prisma? L’immagine è specchio di quello che si
ascolta o perlomeno di quello che gli artisti vogliono comunicare, e se poi
codesti sono i geniali bolognesi Feat. Esserelà, allora c’è di che
visualizzare. La genialità e l’ironia del trio Francesco Ciampolini (tastiere),
Renato Minguzzi (chitarra) e Lorenzo Muggia (batteria) è ben rappresentata dai
disegni coloratissimi e bizzarri di Vanni Venturini. Un libretto di
accompagnamento al cd da godere nei particolari durante l’ascolto, solo così
molte cose potranno raggiungere un senso. La musica dei Feat. Esserelà è sempre
sulla scia del precedente esordio intitolato “Tuorl” del 2015, che potrete
sempre trovare nella scuderia Lizard Records.
Vogliamo
poi parlare dei titoli? Mi viene da ridere, specialmente nella traccia nove
dove la durata del brano è pari a cinque secondi, mentre il titolo è quantomeno
chilometrico, 888 caratteri adoperati! Da una band che ha come front man un
manichino (l’esserelà che è in cantina mentre provano) c’è d’aspettarsi
veramente di tutto.
La
musica quindi non annoia di certo, ad iniziare dalla breve e corale “Lauto
Grill”, in stile Bobby McFerrin. “Kajitemeco” ha tanto da raccontare, il brano
strumentale nel suo incedere Jazz Rock ha reminiscenze Area all’ interno, ma
questo non è solo che un minimo particolare, in quanto la musica dei Feat.è senza meno basata sull’improvvisazione.
Essa è riconoscibile, tuttavia il tutto è coeso e ragionato, in parole povere un modo
di comporre che alla fine porta ad un godibilissimo senso compiuto. Ritmi
variegati e sostenuti con assolo di chitarra precisi e mai scontati, anche
l’elettronica adoperata ha un suo perché, anche quando fa il verso alla musica
del gioco elettronico di “Mario Bross”.
“Servi
Della Klepa” è uno dei momenti che più ho apprezzato, sia nel piano che nella
struttura del brano, sempre articolata con riferimenti King Crimson e con una
buona melodia orecchiabile su un ritmo irresistibile.
I
Feat. Esserelà oltre che ottimi compositori sono soprattutto bravi musicisti
dotati di ottima tecnica individuale, lo palesano in ogni momento. Simpatico il
gioco synth in “Sahara…” e coma va ad intitolarsi il brano successivo? Ovvio,
“…Svegliati E’ Primavehera” (da notare il gioco delle “h”). Disarmanti.
Ma
la musica in alcuni casi scherza poco, specie quando decide di mostrare la
classe, come nel brano “Lodovico Svarchi” grazie anche al sax tenore di Lorenzo
Musca e al sax baritono di Michele Tamburini, ospiti nell’album. E quando la
musica scherza, sa mostrare anche i muscoli, come in “Popoloto”. Fra le mie
preferite “[…] Aio”, vetrina delle qualità tecniche dei ragazzi e profumo di
anni ’70, che non guasta mai. Come può finire un album? Ovviamente per loro con
“L’Intro”.
A
mio intendere questo è Progressive Rock, ricercare, improvvisare, innestare, i
Feat. Esserelà piano piano diventano un patrimonio del nostro Prog moderno. Da
avere assolutamente se siete degni dell’appellativo “progghettaro”, mentre voi
ragazzi musicisti salutatemi l’esserelà, non vorrei che se la fosse presa a
male perché non l’ho considerato molto.
MS
ILLACHIME
QUARTET – Soundtrack For Parties On The Edge Of The Void
Autoproduzione
/ L’Asilo
Genere: Contemporanea, Avant Jazz
Supporto: cd – 2019
I
napoletani Illàchime Quartet ritornano ad incidere e lo fanno con questo nuovo
quarto album dal titolo “Soundtrack For Parties On The Edge Of The Void”. Ad
oggi il gruppo è composto da Pasquale Termini (violoncello acustico ed
elettronico), Gianluca Paladino (chitarra), Fabrizio Elvetico (produttore,
compositore, elementi elettronici, basso, piano, tastiere) e Ivano Cipolletta
(batteria e percussioni).
Quello
che ci si deve aspettare da un disco di questi ottimi strumentisti è ciò che
non ci si deve aspettare, ossia si viaggia nell’imponderabile. La loro musica a
briglia sciolta, che negli anni ha accumulato coscienza e sfrontatezza, ne è la
cartina tornasole. Dopo il buon esordio del 2004 dal titolo omonimo, il gruppo
prende maggiore fiducia nei propri mezzi e si lancia in un percorso sempre più
ricercato, ed ecco “I'm Normal, My Heart Still Works” (Lizard) nel 2009,
incastonato nella famiglia della Lizard Records. Si dice poi che il terzo album
sia quello della verità, o si vola o si cade, e i napoletani grazie a “Sales” (ZeiT
Interference ) del 2012 confermano, anzi accrescono le loro capacità e
potenzialità pindariche.
Oggi
come dicevo, ritornano e lo fanno con un sound arricchito e non soltanto aperto
al Jazz e all’ improvvisazione, ma anche alla melodia e alla sregolatezza. Il
genio scomposto tuttavia qui mette un poco di ordine, e se comunque si lascia andare
ha un atteggiamento più lineare che nel passato, ha sempre intrinseco il gusto
per la ricerca, e perché no anche del gioco.
I
brani del disco sono due, suddivisi in numerose sotto tracce, il primo si
intitola “Five Easy Pieces” con “Easy Piece #1”, “Easy Piece#2”, “Easy Piece#3”
sino a giungere a 5. Il secondo porta il titolo di “Five Uneasy Pieces” e anche
qui le sotto tracce “Uneasy Piece #1” arrivano ovviamente fino a 5.
Una
lunga lista di special guest arricchisce il sound proposto con trombone, mandolino,
vibrafono, flauto, bassoon, sax ed altro ancora. La coralità dei suoni (anche
bene incisi) è appagante, musica spesso morbida ed avvolgente come nel caso dell’”Easy
Piece #2” o di “Easy Piece #4”. La chitarra elettrica dona sfumature Rock in
sottofondo che fa da controaltare al sound acustico delle strumentazioni a
fiato. L’imponderabile è quello che ho già nominato, ed ecco che la struttura
musicale viene giocosamente utilizzata come una sorta di montagna russa in
“Easy Piece#3”.
“Five
Easy Pieces” si chiude in maniera ritmata con gli immancabili fiati e il
vibrafono a supporto, quello di Marco Pezzenati.
La
parte B, ossia “Five Uneasy Pieces” se vogliamo è più Rock e si apre in maniera
psichedelica e greve, il violoncello traccia una linea sonora sostenuta e
malinconica, anche nella seconda mini traccia, dove le percussioni fanno
capolino di tanto in tanto in questa nebbia sonora.
Scaturisce
un incedere Crimsoniano in “Uneasy Piece #3” che fa sicuramente la gioia degli
amanti della band di Fripp, me compreso. La ricerca prosegue inesorabile sino
alla fine, un impegno per il suono davvero intrigante.
Questa
musica non è databile, non ha tempo e questo fattore deve far riflettere.
Perché
suonare fa bene, perché creare fa bene, ma soprattutto perché la musica ci
rende liberi, anche di non stare alle regole, solo così si progredisce e
l’evoluzione dunque passa anche attraversol’Illachime Quartet, è inesorabile. MS
Annosa
la storia dei belgi Quantum Fantay, traghettatori di musica spaziale e
progressiva ad iniziare dal primo album “Agapanthusterra” uscito nel 2005.
Molta strada hanno percorso questi artisti, salendo sul treno
dell’improvvisazione ponderata, quella che poi riesci a migliorare in studio
con aggiunta di idee. Musica a colori, come le loro oramai storiche copertine,
colori che trasportano in questo ennesimo trip composto da cinque lunghi brani.
In
questo ottavo album da studio suonano Pete Mush (synths), Tom Tee (chitarra),
Jaro (basso) e Louis Verlinden (batteria) con l’ausilio dei special guest
Charles Sla (flauto), Maera (voce nel terzo brano) e Rafaela (voce nel quinto
brano).
Inizio
etereo, arioso come un vento nei capelli con “Yemaya Orisha (Veautifull Mocean
pt1)”, dove le tastiere giocano un ruolo fondamentale. Fughe strumentali si
susseguono mentre la ritmica inforca passaggi spezzati e all’occasione
persistenti. Tredici minuti dove tutte le caratteristiche dello Space Rock
vengono rigorosamente rispettate, il lato progressivo fuoriesce nei cambi di
tempo e di conseguenza di temperamento. Il ritmo sale in crescendo verso il
finale dove la chitarra elettrica fa il suo ingresso.
Rilassatezza
ed atmosfere importanti nell’inizio di “Mami Wata (Veautifull Mocean pt2)”
grazie all’uso dell’elettronica. Il suono avvolge l’ascolto come un turbine di
nebbia per poi sfociare in una corsa elettrica da volo pindarico. Qui vengono
alla mente i migliori Øresund Space Collective quando si lanciano in favolose
improvvisazioni. Il flauto di Sla dona eleganza al tutto, piacevole lasciarsi
andare ad occhi chiusi.
“Riddles
Of The Sphinx” è più Progressive Rock e gode di un ritmo irrefrenabile spesso
utilizzato da artisti che si gettano le Prog Jazz come gli Area, solo per fare
un nome. Dopo questa vagonata di energia sopraggiunge “Gemini Flower” con una
chitarra che sembra parlare da quanto si snoda nella Psichedelia. Il disco si
chiude con i sette minuti di “Serra Da Estrela”, un piccolo tassello che
completa il puzzle colorato della discografia Quantum Fantay in maniera
perfetta.
Un
percorso questo della band belga che va anno per anno sempre in crescendo, con
la sapienza di miscelare più generi e la consapevolezza di farlo in maniera
intelligente.
Se
volete assentarvi dalla realtà senza l’ausilio di dannose sostanze, questo
disco è perfetto all’uso, buon viaggio. MS
Se
ami un genere musicale che non troppo spesso oggi passa nei canali mediatici in
senso generale, non resta che suonartelo. In questa mia battuta risiede un
piccolo fondo di verità, la passione fa sorgere idee e volontà di creare, così
nella provincia di Varese nella fine del 2016 si formano da un idea del
chitarrista Andrea Lanza gli X-Plicit. Il gruppo è completato da Simone
Zuccarini (voce), Sa Talarico (basso) e Giorgio Annoni (batteria).
Hard
Rock puro, musica perfetta per una bella serata live, tanta energia e
schiettezza, pochi fronzoli e si bada al sodo, come il genere spesso racconta.
“Like A Snake” è sicuramente consigliato agli amanti di gruppi come Guns ‘N
Roses, Skid Row e Aerosmith giusto per fare tre nomi.
Dieci
canzoni per chi vive di Hard Rock, ben registrate da Giorgio Baù @ ProofOfSound
Studio.
Lezione
storica dell’Hard Rock nel massimo del suo splendore in “Hell Is Open”, con
riff quasi in stile Saxon, qui la musica diventa anche accattivante nel mid
tempo centrale del brano supportato da un assolo di chitarra che la sa lunga.
Buona l’interpretazione dei brani da parte di Zuccarini che riesce a modulare fra
alti e bassi con naturalezza senza mai tentare il passo più lungo della gamba.
“The
Great Show” è da cantare assieme a loro, brano che sicuramente dal vivo ha un
suo perché, ciondolante e graffiante al punto giusto. Il ritmo sale in “You
Don’t Have To Be Afraid” e a proposito di ritmo, la sezione ritmica qui fa
buona mostra di se, e comunque in senso generale resta un motore ben
collaudato.
Le
gambe e il capo partono da soli nel duro riff di “Shake Up Your Life”, altra
dimostrazione da parte della band di avere assimilato nel dna l’essenza
dell’Hard Rock, qui anche Bon Jovi fa capolino. Bene eseguito anche il compito
in “Deep Of My Soul”, tutti i tasselli al posto giusto. Il gioco diventa ancora
più duro in “I Am Original”, gli X-Plicit mostrano i muscoli.
Non
poteva mancare un bel riff alla Led Zeppelin, i maestri vanno sempre e comunque
onorati in qualche modo, anche se magari questo può accadere inconsapevolmente,
tutto ciò in “Free”. Non manca neppure la ballata acustica, qui ben curata e
diretta dal titolo “Angel”. Tutto riprende con “Don’t Close This Bar Tonight”,
nulla di nuovo direte voi, ma nessuno si aspetta qualcosa di nuovo dall’Hard
Rock, quello che conta è la vagonata di energia, e la botta finale qui la da
“Like A Snake”, l’ABC del genere.
Questo
album è consigliato sia agli amanti del genere che a coloro che vogliono
approcciarsi allo stesso, troverete in lui un buon taccuino di viaggio. Buon
ascolto, specialmente in auto, ma attenti all’acceleratore. MS
L’Hard
Rock melodico ha un fascino del tutto personale, il modo di essere sia duro che
orecchiabile sprigiona un insieme di emozioni quantomeno eccitanti. La musica
ha questo potere, ma ne possiede anche di altri, tuttavia lo scopo principale è
quello di appagare l’ascoltatore e farlo estraniare dalla realtà per il tempo
dell’ascolto.
I
Wheels Of Fire ci riprovano dopo sette anni dal secondo disco in studio e
ritornano con un prodotto professionale, ben inciso e supportato da un libretto
esaustivo, con un artwork importante ad opera di Aeglos Art.
Il
disco è formato da dodici canzoni se si è in possesso dell’edizione europea,
ossia con una bonus track aggiuntiva. La line up che suona nel disco è composta
da Davide "Dave Rox" Barbieri (voce), Stefano Zeni (chitarra), Federico
De Biase (tastiere), Marcello Suzzani (basso), Fabrizio Uccellini (batteria).
Durante il percorso sonoro si avvalgono di special guest, Gianluca Ferro (solo
chitarra), Ivan Ciccarelli (percussioni), Susanna Pellegrini (voce), Maryan (voce),
Marcello Spera (voce),
Matteo
Liberati (voce).
La
musica dei Wheels Of Fire è spensierata e ben arrangiata, specialmente nelle
coralità, ciò lo si evince sin dall’iniziale “Scratch That Bitch”. I brevi
assolo di chitarra che accompagnano i brani sono la ciliegina sulla torta.
Il
tutto ovviamente è da cantare a squarciagola, ritornelli indovinati e il profumo
dei vestiti di pelle fuoriescono anche dai brani completando con la fantasia
l’insieme dei fattori che rendono l’Hard Rock un genere senza tempo e
spensierato. Irrefrenabile ad esempio “Lift Me Up”, mentre “Tonight Belongs To
You” ha tanta storia sulle spalle e la rovescia sull’ascoltatore tutta di una
volta, Bon Jovi, Poison, Danger Danger, White Lion e molto altro ancora. Bella
la prova vocale di Barbieri, ma è l’insieme che funziona, proprio come nelle
grandi band che si rispettano, e noi in Italia ne abbiamo davvero molte. Che
dire di “Done For The Day”? Semplicemente che è pulita e funzionale per il suo
scopo di carica batterie. “For You” si apre con il piano, una ballata dolce e
leggera come un bacio lanciato con un soffio, melodie giuste messe al momento
giusto per spezzare l’ascolto, si sa, questo funziona.
“Keep
Me Close” e “Heart Of Stone” agiscono per quello che deve essere l’Hard Rock
melodico, ne più e ne meno, mentre “You’ll Never Be Lonely Again” ha una
struttura leggermente più articolata, pur facendo affidamento al solito
ritornello da cantare ad alta voce. Suoni più ricercati nelle chitarre di
“Another Step In The Dark” e l’atmosfera degli anni ’80 invade la stanza. Buoni
gli arrangiamenti.
“Call
My Name” è la seconda ballata e personalmente la preferisco alla prima in
quanto più sensuale nell’incedere. Il disco (esclusa la bonus track) si
conclude con “Can’t Stand It”, sunto dello stile Wheels Of Fire.
“Begin
Again” è un disco piacevole, ben inciso, ben suonato e con un buon artwork,
soldi spesi bene, non vi sembra? MS
Quando
mi imbatto in lavori del genere sono molto contento ed appagato, perché la mia
curiosità vacante nell’universo Rock, ha proprio bisogno di questo alimento.
C’è chi la musica la vivecome semplice
svago e chi come me vuole giornalmente essere stupito da nuove sensazioni, il
piacere dell’ascolto.
Il
viatico dello spostamento delle coordinate Rock, risiede annosamente dentro il
calderone denominato “Rock Progressivo” e a tal proposito per approfondimenti e
delucidazioni sia mie cheda parte di
numerosi artisti, le potrete trovare nel mio libro “Rock Progressivo Italiano
1980 – 2013” edito da Arcana. Qui dico solamente che oggi non ci si trova
d’accordo sul significato di Progressive Rock, c’è chi lo relega al periodo che
fu, il mitico splendore degli anni ’70, e chi invece intende il termine proprio
per il suo significato intrinseco, ossia “progredire”, dunque cambiare.
I
Siveral sono di Milano e si formano nel 2014 da un idea di Antonio Magrini
(Sleep Of Thetis, D'eryl) cantante ed autore dei brani. La band è completata da
Lorenzo Pasquini (chitarra), Fernando De Luca (basso) e Giovanni Tani
(batteria). Esordiscono discograficamente con un ep dal titolo omonimo edito
dalla My Place Records nel 2015. Il sentiero musicale intrapreso dai Siveral è
quello del Progressive Rock Alternativo, caro a gruppi come 30 Seconds To Mars,
Nine Inch Nails, Tool,Karnivool e
Porcupine Tree. In “The Future Is Analog”, che si presenta in edizione
cartonata e la foto ad opera di Tommaso Canciani, risiedono dieci brani ben
registrati da Max Zanotti nei @2000Spire Recording Studio di Ronago (CO).
Il
titolo, “Il futuro è l’analogico” spero sia profetico, dico questo perché la
cosa mi richiama il vinile in una maniera potente ed io, come ogni ascoltatore
della buona musica, ne sono un grande fans. Nostalgia? Forse, ma anche qualità e
suono caldo.
Il
disco si apre con l’elettronica e immediatamente un singolo, quell’”Awake” da
cantare assieme a loro. Un velo di nostalgia sorvola nel brano e un ritornello
accattivante prende il sopravvento. Qui Porcupine Tree e molto altro, a
conferma del bagaglio culturale degli artisti in esame. Atmosfere leggere e
suoni puliti sono la carta vincente dei Siveral, “Dreamer” riesce sia a toccare
l’animo che a scuoterlo.
“Pray”
è il secondo singolo estratto dall’album e mette in mostra la facilità con cui
Antonio Magrini riesce a comporre linee melodiche semplici e di facile
memorizzazione. Le chitarre elettriche disegnano riff piuttosto che assolo al
fulmicotone, per ii Siveral lo spazio
alla melodia è più importante del far vedere i muscoli. Profumo anni ’80 e
Depeche Mode nel terzo singolo estratto intitolato “Alvadret”. Ma quando i
Siveral non pensano ai singoli, se ne escono con quei brani che personalmente
attendo con più curiosità, più ricercati e comunque sempre gradevoli, ad
esempio “Elga” potrebbe benissimo uscire da un album degli Anathema di metà
carriera avanzata. “The Future Is Analog” poi ne è il perfetto esempio, fra
elettronica e Rock, qui l’assolo c’è, semplice ma c’è. Il crescendo sonoro ed
emotivo funziona sempre.
“Cali”
è più breve ed accattivante nell’incedere, spensierata e semplice. “My Deceit”
è aperta da un arpeggio di chitarra e ancora una volta il brano sale di
intensità, da sottolineare anche la buona prova vocale di Magrini, sempre
ottima interprete dell’enfasi dei brani. “Lite Gravity” è un mix fra Tool ed
Anathema, mentre la conclusiva “Regentanz” fa socchiudere gli occhi e ci regala
un volo pindarico, qui i Siveral dimostrano davvero tutto il loro talento.
Fare
oggi Prog con inserimenti di chitarre distorte, elettronica e brani da cantare è
a mio modo di vedere una nuova strada che deve essere necessariamente percorsa
per poter proseguire l’evoluzione del Rock, poi potrà piacere o meno, io
intanto scusate da bravo onnivoro musicale vado a ripremere il tasto “Play”. MS
Per
la prima volta in streaming la mia
produzione (archivio) dal 1992 al 2019 in formato digitale (FLAC/WAV, o mp3 a
320 kbps).
(Documenti
video su richiesta, incluso "Come
sta Annie? Twin Peaks 2oth Anniversary Show DVD").
E'
possibile acquistare singoli album (con inediti), singole tracce.
Se
desiderate l'intera discografia, inediti inclusi, potete scaricarla al prezzo
di poco più di un album solo, 35 euro, a questo link: http://www.claudiomilano.it/
·Morreale – Cronache per la Fine di
un'Infanzia (2019 – Bandcamp preview for Morreale's first album –
Torredei Records – CD)
Claudio
Milano ha il piacere di aver lavorato con:
Elliott Sharp; Paul Roland; Trey
Gunn; Pat Mastelotto; Arrington De Dionyso; Paolo Tofani; Ares Tavolazzi;
Walter Calloni; Ivan Cattaneo; Tony Pagliuca; Nik Turner; Ralph Carney; Dana
Colley; Dieter Moebius; Graham Clark; Richard A Ingram; Albert Kuvezin; OTHON;
Michel Delville; Ernesto Tomasini; Thomas Bloch; Nate Wooley; Jorge Queijo;
Burkhard Stangl; Mattias Gustafsson; Werner Durand; Viviane Houle; Jonathan
Mayer; Stephen Flinn; Erica Scherl; Michael Thieke; Angelo Manzotti; Roberto
Laneri; Vincenzo Zitello; Valerio Cosi; Sebastiano De Gennaro; Fabrizio
Modonese Palumbo; Elio Martusciello; Pekkanini; Thomas Grillo; Víctor Estrada
Mañas; Eric Ross; Takeuchi Masami; Gordon Charlton; Michele Bertoni; Michele
Nicoli; Alfonso Santimone; Andrés Jankowski (1605munro); Erna Franssens
(KasjaNoova); Attila Faravelli; Carola Caruso; Estibaliz Igea; Ignacio
Guarrochena; Davide Riccio; Stefano Ferrian; Simone Zanchini; Stefano Delle
Monache; Barbara Eleonora Pozzoli; Luca Pissavini; Elio Marchesini; Beppe
Cacciola; Laura Catrani; Giorgio Tiboni; Enzo Lanzo; Alex Stangoni; Andrea
Quattrini; Riccardo Di Paola; Francesco Zago; Maurizio Fasoli; Luca Olivieri;
Luciano Margorani; Federica Della Janna; Paola Frè; Antonello Raggi; Marco
Tuppo; Luca Valisi; Marcello Iaconetti; Vito Emanuele Galante; Andrea
Illuminati; Francesco Chiapperini; Andrea Murada; Lorenzo Sempio; Max Pierini,
Alessandro Seravalle/Garden Wall/Agrapha Dogmata; Cecilia Quinteros; Lethe
(Valerio Vado, Serena Bruni, Lorenzo Gervasi, Paolo Sanzo, Pietro Paganelli);
Fabrizio Carriero; Luca Boldrin, Lionello "Lello" Colombo; Max
Marchini; Paola Tagliaferro; Valerio Cosi; Sebastiano De Gennaro; Massimiliano
Milesi; Giulio Corini; Erica Fialà; Laura Seghi; Camillo Pace; Gianluca Brown;
Daniele Innocenti; Andrea Gheri; Dalila Kayros; Stefano Luigi Mangia; Vito
Antonio Indolfo; Luca Milano & Nero Moderno; Vittorio Nistri; Stefano
Giannotti; Josed Chirudli; Mimmo Frioli; Eugenio Sanna; Giovanni D'Elia; Fabio
Zurlo; Cinzia Decataldo; Gianpaolo Saracino; Mauro Corvaglia; Gino Ape; Andrea
Breviglieri; Antonio Cappadona; Pierangelo Pandiscia; Raoul Moretti; Paolo
Siconolfi; Vanni Floreani; Ermes Ghirardini, Cristina Spadotto; Paolo Viezzi;
Evaristo Casonato; Antonio Giordano e Paola Tozzi (Compagnia Daltrocanto);
Vincenzo Vitti; Piero Chianura; Antonis Aldebaran Kalamoutsos; Umberto Summa,
Saveria Savidya Shukantala; Nicola Alesini, Lorenzo Marcolina, Paolo Paolacci;
Antonia Dusa Werning; Danilo Camassa; Ivano Nardi; Bruno Romani; Daniele Onori;
Francesco Manfré; Gianni Lenoci; Ulisse Tonon; Fabio Amurri; Coucou Sèlavy;
Jenny Sorrenti, Salvatore Lazzara; Domenico Liuzzi; Luca Pietropaoli; Davide
Guidoni; Pierpaolo Caputo; Sisto Palombella; Andrea Grumelli; Antonio Tonietti;
Domenico Liuzzi; Danilo Camassa; Max Pieretti; Fulvio Manganini; Ulisse Tonon;
Cinzia La Fauci & Maisie; Alessandro Palma; Stefano Petroni; Stefano
Saletti; Jody Bortoluzzi; Marco Lucchi; Massimo Silverio, Franco Poggiali,
Linea d'Ombra (Mario Laudato, Matteo Radice, Federico Boezio, Stefano
Fantucci), Morreale; Officina F.lli Seravalle.
Actors/Directors:Manuela
Tadini; Marc Vincent Kalinka; Charles Napier; Lavinia Longhi; Tommaso Urselli;
Anna Traini; Laetitia Favart; Riccardo Grassi; Elena Lolli; Angelo Colombo;
Francesco Paolo Paladino; Valentina Illuminati, Ivano La Rosa.
Dancers: Tino Schepis; Andrea
Butera; Ines Ambrosini, Manrico Fiorentini.
Videomakers: Eleanor Boyce; Luca
Cerlini; Paolo Martelli; Frank Monopoli; Gabriele Agresta; Sascia Pastori e
Monica Ponzini, Charles Napier, Enrico Maria Brocchetta, Piero Arnò, Pietro
Cinieri.
Visual Artists: Ambra Rinaldo; Katja
Noppes; Valentina Campagni; Marco Bettagno; Yurij Atzei; Berlikete (Marcello
Bellina); Arend Wanderlust; Federico "Effe" Luciani; Paolo Rosset;
Davide Soldarini; Damiano Todaro; Andrea Corbellini.
Reading performers/Poets:Paolo Carelli; Elena Lua Tomaini;
Alessandro Manca; Andrea Labate; Gloria Chiappani; Andrew Johannes Rocchi;
Rocco Sapuppo; Luigi Pignatelli.