Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO

Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
La storia dei generi enciclopedica

martedì 31 gennaio 2012

Museo Rosenbach

MUSEO ROSENBACH - Zarathustra
Ricordi

Distribuzione italiana: si
Genere: Prog
Support: Lp 1972 - CD



“L’uomo museo è lavaggio del cervello, utopia e falsità… Il museo è aperto a tutti i secoli ed a tutte le illusioni, ma non è mai” Queste sono le parole che presentano questo unico disco dei Museo Rosenbach, ennesima band italiana mordi e fuggi del panorama Progressive Italiano. E’ intrinseco il fatto di non voler essere conformisti, il quintetto di Bordighera non vuole l’oggettiva standardizzazione del proprio essere. Il problema è che nei primi anni ’70 non la voleva nessuno. Con l’attenzione rivolta verso l’Inghilterra, le nostre band cercarono di estrapolare il meglio da quanto ascoltato oltre confine e di amalgamare il tutto con la propria mediterraneità. Inutile citare band come PFM, o Banco Del Mutuo Soccorso, le mitiche ORME o i “sovversivi” Area, ottime portabandiera di questo pensiero, sono sicuro che le conoscete gia. Il successo è quindi dietro l’angolo, perché la gente segue il movimento Rock, il Progressive è comunque mediatico di approfondimento culturale, una musica che fa pensare, riflettere e spesso associata ad una certa flangia politica. Si contesta in quegli anni, la strage di Piazza Fontana ha fatto da miccia a questo susseguirsi di band di sinistra, anche se a molte di loro non interessa veramente la politica, ma solamente di suonare. Tuttavia il panorama che si prospetta è questo, volenti o nolenti. I Museo Rosenbach hanno avuto una storia differente, a causa della copertina composta come un puzzle da immagini varie, sono stati schedati come gruppo di destra, a causa della piccola foto del volto di Mussolini. Chi segue il genere li relega immediatamente in questo contesto politico, quasi ghettizzandoli, anche a torto, perché in verità la musica, che è arte, non è ne di destra ne di sinistra.
La carriera del quintetto inizia nel 1972, come spalla a band come Delirium o Ricchi E Poveri, i testi composti sono di non semplice assimilazione, in quanto ispirati ed estrapolati da classici della letteratura come quelli di Friedrich Nietzsche. Ovviamente la musica si adegua a questo pensiero, rappresentando al meglio il movimento mentale della proposta. Si parla dell’Uomo dunque e in maniera filosofica, mentre la musica propinataci è un Rock sinfonico, adiacente allo stile Banco Del Mutuo Soccorso, con tastiere ovviamente in evidenza. Il lavoro principe lo svolge dunque Pit Corradi, mentre le chitarre di Enzo Merogno comunicano alla grande con la ritmica composta da Alberto Moreno (basso) e da Giancarlo Golzi (batteria) , pur sganciandosi di tanto in tanto in buoni assolo. La voce è quella di Stefano Galifi, soprannominato Lupo.
La band si scioglie quasi subito per i motivi di cui sopra, la gente non assegna loro la giusta attenzione, solo nel 2000 Giancarlo Golzi, poi anche batterista dei più fortunati Matia Bazar, riforma il Museo e produce un disco dal titolo “Exit”, ma è tutta un'altra storia.”Zarathustra” è consigliato a chi si vuole fare un idea di quali erano le cosiddette band minori del Pop italiano degli anni ’70, mentalmente più Heavy loro che 1000 band Metal di oggi. Storici MS


domenica 29 gennaio 2012

Vanden Plas

VANDEN PLAS - Christ.0
Inside Out

Genere: Progressive Metal
Supporto: cd - 2006



Finalmente il salto di qualità per la band tedesca è avvenuto. Sono serviti ben sette album per raggiungere la vetta del Metal Progressive, accanto a nomi importanti come i padri putativi Dream Theater. Un capolavoro che non lascia scampo all’ascoltatore, fra le trame aleggia drammaticità, melodia e potenza, un connubio ben sperimentato dai nostri grazie anche all’esperienza di alcuni componenti della band in rappresentazioni teatrali come Nostradamus e Jesus Christ Superstar. L’evoluzione artistica dei Vanden Plas è rilevante, perfino i testi risultano perfettamente amalgamati con la musica e questa volta si parla del Conte Di Montecristo.
Andy Kuntz è ottimo narratore di questa storia, soprattutto ha il merito di non fare mai il passo più lungo della gamba. La struttura del cd è ovviamente molto variegata, come i migliori dischi Metal Prog ci hanno abituati, ma a colpire soprattutto è la fluidità con cui “Crist.o” scorre via. Non ci sono mai momenti di stanca, per lo meno per quanto mi riguarda, forse a questo è valsa anche la cooperazione nella produzione del tecnico del suono Markus Teske, già Saga, Spock’s Beard e Symphony X. Consigliato l’ascolto in cuffia con tanto di testi in mano, sin dall’iniziale “Crist.o”, con chitarroni e tanta grinta. Nel proseguo dell’ascolto l’interesse sale maggiormente ed i nostri danno il meglio nelle parti strumentali di “Wish You Were Here” (ovviamente i Pink Floyd non centrano proprio nulla). La drammaticità sposa tutto il disco, non si può fare a meno di sottolineare l’importanza delle tastiere, perfette muse di emozioni intrinseche. Altre cavalcate sonore ci attendono nel finale del brano “Silently”, perfetto esempio di magniloquenza non stucchevole. La potenza ritorna a farsi sentire in “Shadow I Am” e qualche sprazzo di Queensryche vecchio periodo affiora di tanto in tanto. Non mancano nemmeno frangenti di dolcezza pura, come nella ballata “Fireroses Dance”.
Avete capito che di emozioni ce ne sono parecchie, per questo mi limito a non procedere oltre nel narrare l’ascolto, le sorprese sono belle viverle di persona ed in “ Crist.o” c’è di che godere. Dream Theater + Queensryche = Vanden Plas, non lasciateveli scappare! MS



mercoledì 25 gennaio 2012

Sursumcorda a Caraglio di Cuneo

Dopo il sold out a Milano un nuovo appuntamento per il giorno della memoria con la prestigiosa formazione. Dopo gli apprezzamenti per 'La porta dietro la cascata' e il premio per la colonna sonora del corto 'Francesco e Bjorn', il sestetto approda in Piemonte: live a Cuneo il 27 gennaio
I Sursumcorda al Teatro Ferrini per il Concerto della Memoria



Sursumcorda Live
27 Gennaio 2012

Teatro Ferrini
Via Ferrini 9,
Caraglio (CN)
ore 21.00

ingresso 8 Euro

Venerdì 27 gennaio a Caraglio (CN) i Sursumcorda si esibiranno in occasione della giornata della memoria alTeatro Ferrini. Dopo lo straordinario successo alla Scighera di Milano, il sestetto ha inaugurato il tour 2012 in grande stile dopo le soddisfazioni ricevute con i responsi critici per l'album La porta dietro la cascata, la vittoria del premioRaccorti sociali per la colonna sonora del cortometraggio Francesco e Bjorn.

Venerdì 27 gennaio i Sursumcorda saranno al Teatro Ferrini, un bellissimo cinema teatro animato da un'associazione attenta e piena di amore per l'arte. Scelti per la terza edizione del Concerto della Memoria - dopo Luca Bassanese e Michele Gazich - si celebrerà il ricordo dell'apertura dei cancelli di Auschwitz, il valore della pace e della tolleranza. La serata si aprirà con la proiezione del corto Francesco e Bjorn a cui seguirà il concerto intervallato da un omaggio all'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters attraverso la lettura di alcune poesie musicate con la voce di Luca Armando.

Sursumcorda presenteranno ancora una volta la loro inconfondibile miscela di canzone d'autore e world music, jazz e musica colta, espressa in modo eccellente nel premiato La porta dietro la cascata (Sursumcorda/Dase SoundLab/Accademia del Suono/Egea/Bollettino Edizioni Musicali). Un doppio album complesso e ambizioso che ha convinto la critica (ad es. Il Mucchio, Suono, L'Isola che non c'era, AllAboutJazz) e ha affascinato il pubblico.

Prossime date dei Sursumcorda:

il 28 al Teatro Salvini di Pieve di Teco (IM),
il 29 all'Isola Ritrovata di Alessandria.
E altre nuove date saranno presto comunicate.


Info:

Teatro Ferrini:
http://www.ferrini.org/

Sursumcorda:
http://www.sursumcorda.it/

Synpress44 Ufficio stampa:
http://www.synpress44.com/

Adventure

ADVENTURE - Beacon of Light
Progress Records
Distribuzione italiana: -
Genere: Prog
Support: CD - 2009




Dalla Norvegia, per tutti gli amanti del Rock Progressivo con sfumature anni ’70, ecco gli Adventure, un duo composto dal polistrumentista Odd Roae Bakken (tastiere-chitarre) e Terje Flessen (Chitarra – basso). Dopo il debutto del 2000 dal titolo “Adventure”, ci riprovano oggi a distanza di ben nove anni con “Beacon Of Light”, un disco che ci presenta la band in notevole crescita artistica. La personalità che fuoriesce dalle note è buona, pur restando dentro i canonici stili di questo genere. Le tastiere ricoprono un ruolo alquanto importante, richiamando spesso e volentieri quelle del maestro Rick Wakeman. Il suono a volte s’ indurisce, rispolverando antichi solo di band come Uriah Heep.
Le caratteristiche per attirare l’attenzione di un vero fans del Progressive Rock ci sono davvero tutte, compreso un artwork esaustivo e particolareggiato. E poi le immancabili suite, come “Something In Belive In”, “A Crack In The Ice?” e la conclusiva e bellissima “Beacon Of Light “. Il duo si avvale di tanti altri artisti per la riuscita del disco, ben otto, proprio in stile Ayreon. Come ci rappresenta la copertina, il centro di tutto è la chitarra, qui divinizzata fra colombe della pace, con tanto di separazione delle acque! I cori assumono un ruolo importante, per questo gli Adventure si avvalgono anche delle voci di Vebjorn Moen, Henning Mjoen, Eva Cecilie Bjerkhoel, Mari Haug Lund, Cathrine Larsen e di Bente Fossnes.
E’ un vero piacere sentire le tastiere sinfoniche ed imperiose duettare con la chitarra elettrica in “The Swan”, la sinfonicità che ne scaturisce è di quelle che fanno venire i brividi.
E’ vero che il disco scorre via senza troppi intoppi, tuttavia sembra mancare il colpo ad effetto. Sembra un compito eseguito bene, con interessanti spunti, ma che alla fine lascia pochi segni dentro di noi. Magari questo è solo colpa mia, in quanto in genere dal Prog mi attendo sorprese o brani ad effetto tecnico. “Beacon Of Light” è comunque un lavoro degno di nota , fatto da artisti che la materia la conoscono molto bene. Dategli una opportunità. MS


martedì 24 gennaio 2012

PROGAWARDS 2012


Diamo ufficialmente inizio alla nuova edizione di PROGAWARDS 2012. Siete tutti invitati al forum a parlare, proporre e condividere pareri con noi !!!
Le categorie sono tre:

BEST ITALIAN RECORDS
BEST FOREIGN RECORDS
BEST DEBUT RECORDS

Questo è PROGAWARDS http://www.progawards.it/
e questo è il FORUM      http://www.progawards.it/forum/

Amon Duul II

AMON DUUL II - Yeti
Liberty (1970)

Genere: Dark Prog/Krautrock
Supporto: 2Lp




Con gli Amon Duul II ci addentriamo nel mondo del Kraut Rock e ci immergiamo in sonorità cosmiche, un intricato labirinto musicale dalle radici lontane e profonde. Il Rock alla fine degli anni ’60 esplode in tutto il suo fervore in Inghilterra, in America e trova molti consensi anche in Germania, dove i figli dei fiori uniscono il loro credo sonoro con Bach, Wagner, alcuna elettronica ed improvvisazione. Il risultato in certi casi è decisamente bislacco sennonché dalla forte personalità.
Il gruppo in esame all'inizio era una specie di comune hippie, poi il gruppo di divide in due e nascono gli Amon Duul che hanno dato alle stampe pochi e trascurabili Lp e i ben più creativi Amoon Duul II, questi riescono a produrre più dischi, grazie ad una più ferrea stabilità di line-up. Dalla loro discografia esaminiamo “Yeti”, un doppio Lp dall’importanza storica sia per il Kraut Rock che per la carriera del gruppo. In esso è contenuto un gran numero di idee, si parte con la mini suite “Soap Shop Rock” con violini gitani ed una piccola dose di Hard Rock, dove le chitarre elettriche di John Weinzierl rapiscono la nostra attenzione.
La musica degli Amon Duul II è pervasa di riferimenti etnici e tribali, di ritualità pagane e oscure, è dolce e spirituale in “She Came Through The Chimney”, la musicalità è al centro del cosmo, fra suoni e rumori. Più duro il suono di “Archangels Thunderbird” e la voce della brava Renate Knaup interpreta al meglio lo spirito del sound Amon Duul.
Il primo Lp scorre via con fluidità, fra arpeggi di chitarre, tamburelli e tanta improvvisazione, carta vincente dell’intero genere. Proprio lei nel disco due ci accompagna per tutta la durata, i brani si intitolano “Yeti”, “Yeti Talks To Yogi” e “Sandoz In The Rain”. Ovviamente si viaggia con la mente, poco c’è di razionale, a tratti si sfiora la cacofonia, ma questo è lo spirito di questa musica che assieme a quella di altri gruppi importanti come Can, Faust, Eloy, Popol Vuh, Nektar, Klaus Schulze, Neu! e Kraftwerk (solo per fare qualche nome), ha saputo scrivere un capitolo importante del Progressive Rock anni ’70, tanto quasi come la Scuola Di Canterbury. I dischi di questo settetto tedesco sono consigliati solamente agli “open mind”, tutti gli altri alla lontana. MS


lunedì 23 gennaio 2012

Mario Cottarelli

MARIO COTTARELLI – Una Strana Commedia
Crotalo Edizioni Musicali/ LM Records
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd -2011



Ho avuto il piacere di conoscere, musicalmente parlando, Mario Cottarelli nel 2007 con “Prodigiosa Macchina”, un disco nel quale l’artista polistrumentista di Cremona mette anima e cuore nella musica Progressive Rock italiana in stile anni ’70. Passaggi classici si fondono ad idee fantasiose che appartengono al bagaglio artistico di band quali Goblin o Gentle Giant, solo per fare due nomi.
“Prodigiosa Macchina” era composta da tre lunghe suite, mentre “Una Strana Commedia” da cinque brani di media lunga durata, questa è la prima differenza che salta all’orecchio. La seconda è il miglioramento delle linee vocali, anche se di poco, più profonde ed impegnate.
Apre la title track con i dieci minuti alternati fra filastrocche sonore in stile Gentle Giant e del Prog italiano di antico stampo. Interessante lo strumentale centrale, dove le tastiere riempiono il suono in ogni posto, con deja vu delle mitiche Orme.
Cottarelli ha compreso l’importanza della linea melodica nel Prog, ossia non si perde in logorroiche fughe fine a se stesse, bensì si incanala nel binario della semplice melodia di facile memorizzazione. Soltanto la metrica lirica si incastra difficoltosamente nel tappeto delle sonorità proposte. Bello, profondo ed onirico l’inizio de “L’Occhio Del Ciclone”, un susseguirsi di tastiere che faranno scorrere brividi sulla pelle degli amanti del genere più classico. Più curata l’esecuzione vocale con coralità sopraincise annesse.
Ampi spazi sonori si aprono avanti alla nostra fantasia, la quale si adegua con estrema semplicità grazie soprattutto alle indovinate melodie.
Lo stile di Cottarelli è lineare, segue una logica strutturale ben precisa, con poche variabili, ma in “Corto Circuito” c’è un approccio al ritornello ed al refrain differente, più canzone ed in crescendo per poi sfociare nell’assolo strumentale centrale davvero intrigante e magniloquente.
“Bianca Scia” ritorna al passato, come oramai l’artista ci ha saputo condurre negli ascolti. Un viaggio sonoro ancora una volta enfatico e classicheggiante. Le parti strumentali sono sempre importanti e ben arrangiate, questo va sottolineato.
Chiude la mini suite di dodici minuti “L’Orgoglio Di Arlecchino”, vero sunto della personalità di questo artista, una perla Prog strumentale che starebbe bene anche incastonata nella discografia delle Orme. Il brano migliore dell’album.
Cottarelli è cresciuto rispetto al disco precedente, più sicuro di se e con mezzi migliori, così sembrerebbe all’ascolto.
Ancora una volta l’unico neo è il cantato (e a chi non piace la batteria campionata) anche se è migliorato rispetto al 2007.
Un disco consigliato a tutti gli amanti sia del Prog italiano che delle tastiere in generale, dall’organo al Mellotron fino ad arrivare ai giorni nostri. (MS)

domenica 22 gennaio 2012

Day Six

DAY SIX - The Grand Design
Lion Music
Genere: Metal Progressive
Supporto: cd - 2010

Ecco un disco finalmente intrigante e ce lo fornisce una band all’esordio, gli olandesi Day Six. Che qualcosa in ambito Metal Prog stia cambiando? Si, sono convinto che Steven Wilson abbia fatto colpo anche in questo settore musicale. Basta ascoltare l’iniziale “Massive Glacial Wall” per capire quanto i Porcupine Tree siano alla base della conoscenza dei nostri. Una volta erano soprattutto i Dream Theater il punto di riferimento del genere, ora le coordinate stanno mutando e questo diciamo pure che vige nello stato naturale dell’evoluzione del Rock in generale.
Il quartetto in vita dal 2002, fornisce un disco dalla ragguardevole durata di settantadue minuti. Le tracce ottimamente incise sono nove e tutte di medio- lunga durata.
Ci saranno recensori che accosteranno la band ai Riverside, questo è inevitabile, io a loro prediligo questi Day Six, perché hanno nelle vene il DNA di una cultura musicale decisamente più ampia. Aleggiano partiture Hard Rock modello anni ’70 nei grevi riff di “Massive Glacial Wall”, esaltate dall’ottima prestazione vocale e molto interpretativa del chitarrista vocalist Robbie Van Stiphout. L’assolo di chitarra nel centro del brano, farà la gioia di tutti coloro che respirano Pink Floyd dalla mattina alla sera. Gilmour è in cattedra, quello di “Comfortubly Numb” tanto per intenderci. Direte voi, a questo punto cosa c’entra il Metal? Malgrado la dolcezza e la malinconia delle melodie, le chitarre elettriche disegnano sempre strutture distorte. Sottolineo anche il bell’intervento del sax dello special guest Eric Berkers.
Come in tutte le band di Metal Prog, la ritmica è ottima, così che Daan Liebregts (batteria) e Nick Verstappen (basso) si intendono alla perfezione. Fondamentale l’apporto delle tastiere di Dolf Van Heugten.
“Castel Gandolfo” (chissà poi perché questo titolo) sembra uscire da un disco dei connazionali Ayreon, sicuramente un loro punto di riferimento, Lucassen docet. Altro brano spettacolare è “Inside”, suite di quasi diciassette minuti dove si incontrano numerose influenze, a testimonianza di quanto dicevo in precedenza riguardo la cultura della band, tanto per dire qui ci sono anche i Queensryche di Geoff Tate. Crescendo sonori e cambi umorali sono il piatto forte di “The Grand Design”, un labirinto nel quale è un piacere perdersi. Effetti speciali ed elettronica a volte fanno da guarnizione ai pezzi, come nell’inizio di “Fergus Falls”.
C’è anche una ballata toccante, “A Soul’s Documentary”, un frangente che spezza l’ascolto e fa chiudere gli occhi per un viaggio fantasioso fra le soavi note. Medesima sorte per la conclusiva “In The End”, la quale potrebbe benissimo uscire da “Signify” dei Porcupine Tree.
Questi quattro ragazzi hanno tutte le carte in regola per poter vivere di musica, ora sta a loro trovare un binario preciso dove correre. Noi li aspettiamo con piacere alla prova successiva, non dimentichiamo che questo è comunque un esordio….e che esordio! Consigliato.
(MS)

sabato 21 gennaio 2012

Progressive Rock nel 2012

Il genere sta mutando ancora...
I fans di vecchia data non si rassegnano a certi innesti che vanno a "storpiare" l'essere imprescendibile del sommo Prog Rock. Eppure da qui nascono le nuove sonorità, quelle che volenti o nolenti hanno contribuito da sempre all'evoluzione del Rock. Personalmente neppure io gradisco freddi riff di Math Rock piuttosto che ascoltare caldi arpeggi sinfonici alla Hackett, eppure questo fenomeno è irrefrenabile, per cui lo ascolto. Non si può bloccare la crescita ad un bambino, quello si chiama delitto.
La musica dai tempi dei tempi, rispecchia la società del momento, oltre che i suoi eventi, per cui ogni fotogramma è da guardare. Può non piacere, ricordo a tutti che anche negli anni '70 c'era gia la controcultura, dove la contestazione stava alla radice di tutto, ma si evolveva comunque. Siamo noi esseri umani che per ragioni personali ed emotive rimaniamo abbarbicati ai ricordi e a quelle colonne sonore che hanno contribuito a rinforzarli. In realtà la musica prosegue un cammino inesorabile, piaccia o no, lei fa a meno di noi criticoni e "saccenti".
Io mi sforzo ad ascoltare TUTTO, magari al momento non lo focalizzo, ma non lo estinguo fra i rifiuti, anzi spesso resto colpito anche da certe nuove soluzioni.
Il Progressive Rock non morirà mai se lo impariamo ad ascoltare.

giovedì 19 gennaio 2012

Edenshade

EDENSHADE - The Lesson Betrayed
My Kingdom Music
Distribuzione italiana: My Kingdom
Genere: Prog Metal
Support: CD 2007



Anche noi italiani siamo ben rappresentati in ambito Progressive Metal. Gli Edenshade appartengono all’ala più sperimentale, quella dove l’instabilità regna sovrana, dove ogni singolo brano cambia e la normalità non esiste. Si mantengono comunque le partiture Death che avevano già contraddistinto il gruppo in passato, così le parti vocali alternano il Growl con il clean. Così si possono ascoltare passaggi alla Pain Of Salvation, oppure alla Dark Tranquillity, ma sono solamente sporadiche sensazioni. Il leader Stefano Wosz (chitarre) sostituisce alle tastiere Matteo Belli con il fratello Massimiliano Wosz (Synaptic) e la musica proposta sembra acquistare in fluidità.
Sono passati tre anni dal precedente debutto discografico “Cezamic Placebo For A Faint Heart” e da quanto si ascolta in “The Lesson Betrayed” sembra proprio che i nostri non siano restati con le mani in mano. Il prodotto è curato in tutti i particolari, così la produzione ed il ricco artwork, anche questa volta creato dallo stesso Stefano Wosz. I quarantadue minuti del disco sembrano volare, a conferma di un impatto emotivo davvero efficace. Le interpretazioni vocali di Lorenzo Morresi sono a mille sfaccettature, ora isteriche, ora Growling, poi normali, mostrandosi artista maturo a tutto tondo. Il sound viaggia sempre su binari tristi ed oscuri e non ci stupiamo quando in alcuni passaggi fuoriescono i Nevermore. Nemmeno a dirlo, il lato più Progressive riguarda la scuola Dream Theater. Le tastiere ricoprono un ruolo importante e producono molteplici suoni come la fisarmonica, gli archi, i movimenti elettronici e quant’altro. Non esiste un brano guida, ognuno è un capitolo a se, forse il più interessante è “They”, ma in questo caso andiamo nei gusti personali.
Un passo in avanti questo “The Lesson Betrayed” che mette sotto i riflettori una band che ha molto da dire e che, sono sicuro, in futuro saprà raccogliere i meritati frutti. La Kingdom Music con il tempo sta diventando simbolo di qualità. Complimenti. MS



martedì 17 gennaio 2012

Intervista a Salari Massimo



Qui potrete leggere l'intervista al sottoscritto fatta dal mio collega di Flash Forward, il bravo Saverio Spadavecchia. Il blog interessantissimo per chi ama il Rock e dintorni si chiama MUSICANTIS

http://musicantis.blogspot.com/2012/01/massimo-salari-una-vita-per-il-rock-pt.html  PT1

http://musicantis.blogspot.com/2012/01/massimo-salari-una-vita-per-il-rock-pt_18.html   PT2


Mentre qui c'è la recensione della serata SKYLIVE ROCK

http://musicantis.blogspot.com/search/label/Teatro%20Gentile

Un ringraziamento di cuore a Saverio Spadavecchia per il tempo dedicatoci!

lunedì 16 gennaio 2012

SKYLINE E MAX SALARI - La storia del Rock

60 ANNI DI MUSICA ROCK - L'evoluzione

Grazie a tutti per la numerosa presenza al teatro e del vostro caloroso apporto!!! Presto le foto dell'evento. Rimanete sintonizzati...


Progetto unico nel suo genere, gli SKYLINE e Max Salari vi racconteranno al teatro Gentile Da Fabriano il 15 Gennaio 2012 la storia del Rock e come si è giunti al suono di oggi.
Concerto - Relazione sugli sviluppi del genere, chi sono stati coloro che hanno contribuito a mutare le sonorità e gli eventi che hanno contribuito a modificarli. Da Bill Haley And The Comets ai Porcupine Tree.



L'evento sarà gratuito con offerta libera all'AVIS. Si ringrazia cortesemente il patrocinio del COMUNE DI FABRIANO che ha reso possibile la realizzazione della serata.





domenica 15 gennaio 2012

Arti & Mestieri

ARTI & MESTIERI - Tilt
Cramps

Genere: Progressive Rock
Supporto: lp - 1974


In un intricato intreccio di complessi Rock (come effettivamente si chiamavano negli anni '70), di buona fama, di media fama e sconosciuti, il bravo collezionista Progressivo si sperde in un mare di autoproduzioni e piccole case discografiche. E' dura la vita dell'appassionato ascoltatore, anche se ha vissuto in diretta gli anni '70, una scarsa informazione stampata, un assente divulgazione radiofonica (esclusi alcuni casi rari) e televisiva fanno si che non sempre si venga a conoscenza di alcune valide realtà italiane.
La Cramps Records è una delle poche case che seguono con interesse tutti quei complessi che tentano di aprire nuove porte o che almeno abbiano qualcosa di forte da dire, basta ricordare che nella sua scuderia capeggiano gli Area di Demetrio Stratos. Oggi purtroppo la Cramps non esiste più, sarebbe stato utopistico sopravvivere con quei prodotti in quest'era dell'apparire e non dell'essere, ma la Edel coraggiosamente ristampa il meglio del catalogo facendo la gioia di molti appassionati disperati in una sterile ricerca vinilica assurda (visto anche lo scarso numero di copie originali stampate).
Certi prodotti si possono trovare , se si era fortunati, solamente in Fiere Del Disco e a prezzi assurdi. Arti + Mestieri rientrano perfettamente in questo preambolo e sono la conferma che nel nostro sottosuolo musicale esistono artisti secondi a nessuno e dischi di IMMENSA bellezza. Cominciamo con il presentarvi i componenti: Furio Chirico (ex Trip) alla batteria, Beppe Corvella (ex Mystics) alle tastiere, Marco Gallesi al basso, Gigi Venegoni alle chitarre, Giovanni Vigliar violino e percussioni ed Arturo Vitale al vibrafono. Questi ragazzi provengono da Torino e la loro proposta è un Rock contaminato da Jazz, tanto da imporsi difficilmente pure alla mente aperta di un fans Progressivo.
"Tilt" è davvero un esordio clamoroso, d'impatto, tanto da far pensare che gli Arti + Mestieri fossero un gruppo gia navigato. Il primo brano si intitola " Gravità 9.81" e comincia con un violino per poi lasciare spazio ad un sassofono jazz arrembante. Il brano è strumentale e sembra quasi una introduzione all'intero disco. "Strip" è più cantautoriale e richiama in qualche modo i primi dischi della PFM. Molto gradevole, ma ai fini della sperimentazione ha poco da dire pur rimanendo ad alti livelli emozionali. E' sempre il violino ad essere in evidenza e la ritmica ancora una volta è precisa. Il sax della breve "Corrosione" riporta gli Arti + Mestieri a sonorità più impegnate. "Positivo/ Negativo" ripercorre la strada intrapresa dal primo brano accompagnato da un suadente vibrafono. Il piede si muove da solo specialmente durante gli assolo di chitarra accompagnati dall'immancabile violino, veramente gioia per le orecchie di chi vuole ascoltare qualcosa di più che un brano Rock. La stupenda "In Cammino " chiude il lato A del vinile con la sua dolce introduzione ridondante di anni '70. Il profumo di quelle sonorità passate ma mai stantie ci avvolgono grazie al solito violino di Giovanni ed il brano con il tempo si lascia andare a veloci fughe jazzistiche.
Il lato B esordisce con l'introduttiva "Farenheit" e lascia il campo al pezzo più bello di tutto il disco, quella mini suite di 13 minuti dal titolo "Articolazioni". In esso è contenuto tutto quello che un gruppo Progressive deve saper dare, tecnica, melodia, ricerca e cuore, è per questo che precedentemente dicevo che questi ragazzi di Torino non sembrano affatto un gruppo agli esordi. Esempio per tutti. Dopo una tale overdose di emozioni ascoltiamo chiudere questo bel disco dalla riassuntiva "tilt" la quale ripropone in se tutti i momenti salienti dell'intero LP.
Arti + Mestieri in seguito pubblicheranno altri due dischi, il buon " Giro Di Valzer Per Domani" (Cramps 1975) ed il meno sperimentale di tutti "Quinto Stato" (Cramps 1979) dove il gruppo sembra risentire della crisi generale del Progressive, tentando di adattarsi al mercato discografico italiano del momento. Alcuni dei componenti comunque trovano nuove soddisfazioni in carriere solistiche come ad esempio Venegoni che riesce a produrre dischi solistici ("Rumore Rosso"del 1978 e "Sarabanda" del 1979 ) oppure diventare un grande tecnico del suono, produttore ed ancora musicista come Beppe Crovella.
Un consiglio a tutti coloro che cercano piccole gemme Rock, ascoltate "Tilt" ed un velo armonico vi trasporterà in un mondo pregno di suoni anni '70. Che questo posto si chiami 'Paradiso'? MS


sabato 14 gennaio 2012

Mattsson

MATTSSON - Tango
Lion Music
Distribuzione italiana: Frontiers
Genere: Prog Metal
Support: CD 2010



Ebbene dal bravo chitarrista finlandese non mi aspettavo un album con della musica così variegata. E’ semplice oggi affogare nelle sabbie mobili del genere, dove tanto è stato narrato e poco di nuovo ultimamente si è detto. Generalmente si ripercorrono i soliti binari, chi verso i Dream Theater, chi Symphony X, Shadow Gallery, Pain Of Salvation e tanti altri ancora, ma Lars Eric Mattsson questa volta ha avuto un momento creativo eccellente. Il disco precedente del 2008 non è che sia stato malvagio, anzi, però mancava di quel pizzico di coraggio in più, quello che oggi è stato tirato fuori. Voglio ricordare comunque che il bravo chitarrista ha avuto una carriera molto prolifica, non solo sotto il nome Mattsson, ma è stato coinvolto in altri progetti più o meno noti, per farvi alcuni nomi i Vision, Book Of Reflections ed i buoni Condition Red.
In questo “Tango”, ottimamente prodotto dalla Lions Music, si incrociano differenti stili, dal Metal Prog Classico all’Hard Rock, per poi passare nel Blues e poi via verso sonorità anni ’70, anche con voce femminile, quella di Adrienn Antal. Proprio un sunto della sua carriera. Lo stile impeccabile di Mattsson ha il pregio di non andarsi ad avvinghiare nelle ragnatele del tecnicismo, troppo spesso fine a se stesso, bensì si diverte a scalare pentagrammi in maniera anche ruffiana, badando semplicemente al sodo, ossia all’emotività del brano. Il fido batterista Eddie Siedgehammer disegna ritmiche e controtempi puliti e trascinanti, mentre anche la voce di Markku Kulkka ben si amalgama nei differenti stili, a dimostrazione di una buona duttilità.
I brani che compongono “Tango” sono undici e tutti di motivato interesse.
Subito scale neoclassiche sin dall’iniziale “Never Stand Down” ma già una sorpresa, il ritmo cambia e diventa improvvisamente Reagge! Ottimo il ritornello e l’esplosività ritmica. Heavy Metal supportato dalle tastiere in “Believe” ed un Sitar, tanto per rimanere nell’argomento variabilità. La title track è ovviamente un Tango, semplice e diretto, solamente graffiato di tanto in tanto da qualche scarica elettrica. Per ascoltare la voce maschile bisogna giungere a “The Grand Escape”, cantato in coppia con Adrienn. Qui lo stile di Mattsson è inconfondibile, comunque sia non mancano repentini cambi di tempo ed umorali. Divertente il conclusivo Blues “Slave To The Road”, dimostrazione della grande cultura musicale dell’artista. Non c’è tuttavia un brano che può considerarsi leader, tutto viaggia spedito come un treno.
Questo è un disco per un pubblico assolutamente vasto, accontenta sia chi vuole energia Metal e chi della semplice e buona musica. Consigliato. MS


mercoledì 11 gennaio 2012

Symphony X

SYMPHONY X - Paradise Lost
Inside Out
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Prog
Support: CD - 2007




Raramente un disco di Progressive Metal riesce a mettermi in difficoltà nel recensirlo, vuoi perchè seguo molto il panorama e vuoi anche perchè vivo di Progressive (povero me) da tempo immemore. I Symphony X sono una band che ha subito accalappiato la mia attenzione, sin da “The Divine Wings On Tragedy” ed ho assaporato boccone dopo boccone.
Impeccabili per stile, tecnica e songwriting, insomma come ben sapete anche voi, una cult band. A questo punto lungi da me attaccare una corazzata di siffatta caratura, specialmente quando riesce ad inanellare una sequenza di capolavori, ma lasciatemelo dire, dopo cinque anni mi aspettavo non qualcosa di più, ma almeno di differente.
Tutto è perfetto come sempre, produzione ed artwork compresi, forse sono io che nel tempo sono diventato troppo esigente, ma non capisco perché “Paradise Lost” mi lascia una sensazione di freddezza. Troppi passaggi inflazionati, questo forse si, ma come sempre carichi di potenza e patos. E’ un disco al quale si devono prestare molti ascolti per poterne godere a pieno tutte le sfumature, questo però è il genere Prog Metal stesso che lo richiede.
La voce di Russell Allen è sempre ottima, le chitarre danno rasoiate fra le intelaiature di matrice neoclassica e deliziosa è la title track “Paradise Lost”. Comunque sia, ascolto dopo ascolto continuo sempre ad avere una strana sensazione, come se non avessi finito di pasteggiare, mancano dannatamente il caffè ed il dolce. Mi piace pensare che questo lavoro sia un album di transizione, ma caspita, cinque anni sono tanti. A questo punto non linciatemi, capisco di essere controcorrente, ci tengo comunque a ribadire che “Paradise Lost” è un disco ottimo, ripeto, ottimo, ma lasciatemi almeno avvisare chi di Prog Metal vive di non cercare in esso innovazioni.
Ripeto, spero che sia un album di transizione, ma se dovessero passare altre cinque anni per poterli riascoltare, allora correremmo il rischio di dire: Symphony chi? MS


martedì 10 gennaio 2012

Intervista DELIRIUM

INTERVISTA DELIRIUM risponde alle domande Ettore Vigo
Di Massimo Salari




 La vostra musica sembra non avere tempo, "Il Nome Del Vento" è un disco Prog-DOC. E' vero che questo nuovo lavoro riprende un discorso iniziato nel 1975?
Si potrebbe dire così, il disco è stato realizzato dagli stessi elementi che dal 72 al 75 realizzarono lo scemo e il villaggio e Delirium III (viaggio negli arc..)di conseguenza la convergenza di idee che esisteva in quegli anni, si è arricchita di varie esperienze personali. Abbiamo volutamente iniziato il "discorso" partendo dal brano finale di Viaggio negli arc.. (Dio del silenzio) per dire, riprendiamo da dove abbiamo lasciato.Bello lo spunto sax e tastiere in "Verso il Naufragio", per non parlare del ritornello sonoro, davvero un tuffo negli anni '70, ma con una consapevolezza differente dei mezzi. Cosa vi ha maturato di più nel tempo, i risultati positivi o gli errori? Se potete, fateci un esempio di entrambi.
La rivisitazione di Theme One (verso il naufragio) dei VDGG è un omaggio che abbiamo voluto fare a questo gruppo,che, per una certa similitudine di sonorità e di formazione (senza peccare di presunzione) si avvicina al nostro.
Dalle varie esperienze personali,dopo lo scioglimento del gruppo (1975), direi che ci ha maturati di più la consapevolezza dei nostri "limiti",quindi creare ed agire in quei limiti, senza debordare, gli errori non ci piacciono ma è importante rendersi conto di averli commessi,solo così impariamo da una esperienza negativa.

Come ospite nel disco troviamo anche Sophya Baccini, anche lei in uscita con il nuovo "Aradia". Come vi siete incontrati artisticamente?Sophya è una stupenda ragazza e bravissima cantante, sprizza entusiasmo da tutti i pori e ha una sensibilità indiscutibile, ne è l'esempio "Aradia". Il merito di questa proposta di collaborazione è dei "ragazzi"della Black Widow, purtroppo i tempi e la distanza, ci ha costretti a limitare i suoi interventi, la speranza nostra è di poter collaborare ancora.. con calma.chissà…
Non riesco a trovare un brano che prediligo in "Il Nome Del Vento", perché tutto scorre in maniera fluida, senza momenti di stanca, privo di inutili fardelli di tecnicismo, che a volte nel genere asfissiano l'ascolto. Qual è il vostro "segreto" per fare un buon album?
Questo è un bel complimento.grazie, non esiste un segreto (consapevole), la elaborazione di qualche idea chiusa nel cassetto da tempo (es. la parte cantata del brano Dopo il Vento è un provino registrato sul mio Akai nel 1973) e molte idee create al momento, ci ha portati a questo risultato. I virtuosismi inutili non ci piacciono, quei pochi che ci sono si possono definire "divertimenti".
Già guardando la copertina ho avuto la sensazione di quello che avrei poi ascoltato, una perfetta fotografia del suono. Come è nata l'idea sottostante e perché, secondo voi, nel Progressive Rock è sempre stato molto importante il legame fra suono e immagine?
Forse dirò una banalità ma, un Concept Album ha una sua storia da raccontare, di conseguenza la copertina deve essere come quella di un libro o il poster di un film, guardi la copertina, leggi i testi e ascolti la colonna sonora... parole grosse?.... no, questo era ed è il significato della musica Pop Rock, Pop Jazz, Pop Classik.. oggi Progressiva.
Qual è il pezzo che rappresenta meglio tutto il disco, diciamo quello in cui credete di più e perché?
Non c'è un pezzo specifico che rappresenta il disco, forse Il nome del vento,solo perché da il titolo all'album, ognuno di noi ha un pezzo in cui crede di più, io personalmente Luci Lontane, mi emoziona ogni volta che lo ascolto.
Troviamo anche "Theme One" dei Van Der Graaf Generator, voi non disdegnate di tanto in tanto puntatine nel Dark. Chi è l'anima "nera" del gruppo?
Direi che le anime Dark sono due, Martin perché è inglese e Roberto Solinas perché è sardo... scherzi a parte sono i due più sensibili a questo termine.
"Luci Lontane" è un brano più vicino al pubblico, diciamo più cantautoriale . Come vedete oggi l'ascoltatore medio italiano, più vicino a "Luci Lontane" o a "Note Di Tempesta", dove la musica si esprime in tutta la sua sfarzosità?
L'ascoltatore medio è certamente più vicino a Luci Lontane e a L'acquario delle Stelle per un semplice fatto di orecchiabilità, sono convinto anche che se l'ascoltatore medio avesse la possibilità di ascoltare in radio brani più "ostici"potrebbe anche apprezzarli..... utopia?
A mio parere il vostro stile è incastonato fra i New Trolls e gli Arti & Mestieri, ma sono centinaia le band che hanno trascinato il genere. Voi vi sentite più vicini a qualcuno in particolare e se si perché?
Mi piace il tuo paragone, in ogni caso, in quegli anni sentivamo molta musica proveniente da oltremanica ed è stato inevitabile, come per altri, subirne l’influenza: il movimento “progressivo” italiano di quegli anni però ha poi saputo ritagliarsi un genere comunque molto personale e dal marchio di fabbrica inconfondibile. Noi sentivamo Colosseum, Jethro Tull, Vanilla Fudge, King Crimson, Deep Purple, Gentle Giant, Emerson Lake and Palmer… come potevi non essere influenzato da ciò che ascoltavi?
 Questa domanda è inevitabile, perché i nostri giovani lettori magari non conoscono la leggenda dei Delirium. Nel 1972 siete andati a San Remo assieme al vostro primo e fortunato cantante Ivano Fossati e avete cantato la mitica "Jesahel", inno per una generazione intera. Cosa è rimasto in voi di questo brano, è stato più un aiuto nella vostra carriera oppure vi ha ostacolato in quanto vetta sempre da raggiungere?
Vetta quasi irraggiungibile, sono rari i casi in cui dopo un simile successo di massa, si sia ripetuto, Jesahel, comunque, per fortuna o purtroppo, resterà il nostro biglietto da visita,un marchio a fuoco che ci porteremo dietro per sempre… per fortuna perché può aprirci ancora qualche porticina come una parola chiave, purtroppo perché si resta legati ad un passato che vorremmo lasciare nella storia e, spesso, staccarlo di dosso come un cewing gum che fastidiosamente è rimasto attaccato alle suole delle tue scarpe… Non è facile!!
Con Ivano siete ancora in rapporto, ha ascoltato il nuovo disco? Si è mai parlato di una (anche breve) reunion?
Sono andato ad un concerto di Ivano a Milano, si è parlato di un futuro incontro e gli ho consegnato il CD, per ora nessun commento.. e ho qualche dubbio anche per il futuro, il motivo? Io lo so, ma per correttezza non posso raccontarlo.
Orme, PFM, Banco, Osanna e moltissimi altri, a partire da metà anni '90 c'è un massiccio ritorno dei colossi del Prog italiano. Cosa lo ha reso possibile e soprattutto perché il Progressive Rock vive di ondate, pur restando sempre in sordina?
Il ritorno del Prog credo sia dovuto alla curiosità e alla necessità di capire delle nuove generazioni (musicisti e non), l'evoluzione rivoluzione della musica Rock negli anni 60- 70.
Purtroppo credo che continuerà a restare di "nicchia"nonostante gli sforzi di etichette come la Black Widow e molte radio private come Le 107 Radio del Gancio, la nostra musica non arriverà mai al grande pubblico, ci è stato detto chiaro che la programmazione Rai è "vincolata" alle grandi Major, ci è stato detto anche che: il disco è piaciuto, ma essendo un disco Prog non è radiofonico... mahhh.... eppure siamo editi RAI Trade. Non è mia intenzione fare polemica, sono soltanto dispiaciuto che tanta buona musica (vedi Aradia ) non abbia o abbia poca "udibilità".

A tutt'oggi, come vanno le vendite di "Dolce Acqua" , c'è una richiesta da parte del pubblico di vecchi capolavori ?
Le vendite continuano, anche se limitate, ci sono state varie ristampe anche in vinile,non solo di Dolce Acqua ma anche Lo Scemo e il Villaggio e Delirium III V.N.A.D-T.
Esuliamo un attimo da quello che è la vostra musica e parliamo dei famosi anni '70 e dei famigerati concerti di "protesta". C'erano le invasioni di palco per non voler pagare la musica, ridicole richieste e quant'altro. Cosa avete voi da raccontare al riguardo? Ci sono episodi che vi hanno segnato e che ricordate vivamente?
Ricordo bene quei concerti, fortunatamente invasioni di palco non ne abbiamo vissute personalmente, soltanto al festival Pop di Palermo (1971) c'è stato un momento di tensione, grazie a noi che cantammo Canto Di Osanna i 45000 si calmarono.... così scrissero i giornali.
Che rapporto avete avuto con i media, avete qualche aneddoto da raccontarci?
I rapporti con i media sono sempre stati ottimi, non abbiamo avuto mai stroncature, soltanto qualche critica per aver abbandonato la strada commerciale,ma niente di più e anche in questi anni della nostra reunion, le critiche sono state buone,tanto per i concerti quanto per la discografia.
Personalmente ho apprezzato molto dalla vostra discografia "Lo Scemo E Il Villaggio", un disco che secondo me non ha avuto il giusto successo che meritava, tanto più fatto nello stesso anno della dipartita di Fossati. La colpa di chi è stata, di un genere (il Prog Jazz) di non facile assimilazione, oppure il grande pubblico si aspettava un altro "Dolce Acqua"?Molto probabilmente il nostro pubblico si aspettava un’evoluzione di Dolce Acqua,ma con l’ingresso di Martin c’è stata una logica contaminazione e di conseguenza un cambio di direzione condiviso da tutti noiProbabilmente il lavoro che più vi ha impegnato è stato invece quello del 1974 "Delirium III Viaggio Negli Arcipelaghi Del Tempo", visto l'utilizzo anche di una sezione di archi. Cosa ci potete dire di questo album che ha concluso la prima parte della vostra carriera?
Delirium 3 Viaggio negli arcipelaghi del tempo: album creato con tanto amore e dedizione, la Fonit ci mise a disposizione un'orchestra di archi diretta dal maestro Farinatti che scrisse anche le partiture.
Nonostante l'album piacesse, alla Fonit l'atmosfera era tesa, convinti di trovare altre etichette interessate a noi, chiedemmo la liberatoria, errore madornale, come liberatoria si tennero il disco in magazzino e non lo fecero uscire, devo ancora capire ora perché.
Questo è uno degli errori che abbiamo commesso per il quale abbamo pagato un caro prezzo, troppo sicuri di noi stessi, troppo presuntuosi?… forse si.

Qual è stato il motivo che vi ha spinto quella volta a sciogliere la band?
L'unica etichetta disponibile in quel momento era l'Aguamanda di Augusto Martelli, firmammo il contratto per un anno senza pensarci su per la paura di restare a piedi, con tanta buona volontà realizzammo due 45 giri, abbastanza dignitosi ma a quel punto scoprimmo che Martelli per qualche motivo era stato escluso dalla Rai,quindi voleva dire promozione zero. Lo sconforto portò al distacco di Mimmo Di Martino e Martin. Rimasti in tre decidemmo di inserire un nuovo elemento, entrò a far parte del gruppo Rino Dimopoli, riuscimmo a tornare in Fonit ma l'entusiasmo era svanito, collaborammo a due nuovi 45 giri, ma non riuscivamo ad imporre le nostre idee, un po' perché ci mancava il "braccio destro” cioè Martin.Dopo un anno circa il gruppo si sciolse.
Nel 1996 vi siete riuniti, era il momento giusto per rientrare per i motivi che dicevamo prima?
Nel 1996 ci fu un tentativo senza successo di DiSanto, Reale e Dimopoli, la vera reunion c'è stata nel 2001, la "colpa" è stata di Pino Di Santo che ha avuto l'idea di contattare me e Martin con la speranza che tutti questi anni fossero serviti per acquisire un po' di saggezza, da allora l'entusiasmo è crescente, anche merito dei nuovi entrati Roberto Solinas e Fabio Chighini, forze sonorità e idee fresche. Cominciammo a provare quasi per gioco, ma dopo il primo mese di prove , la cosa diventò importante e molto più impegnativa del previsto. Appena la notizia si divulgò, cominciarono ad arrivare i primi messaggi di compiacimento e di curiosità. Il primo concerto al porto antico a Genova, fu un grande successo inaspettato.
Dunque negli anni che furono avete avuto un altalenarsi di eventi, dai popolari San Remo e Un Disco per L'Estate, ad un approccio più vicino ai giovani con concerti più attuali, tipo al "Primo concerto d'Avanguardia" di Palermo, "Festival di Gualdo" e molti altri. Ma i veri Delirium quali sono?
Per il grande pubblico i Delirium sono quelli di Jesahel, e Haum, (SanRemo e Disco per l'Estate) ma il nostro primo successo lo ottenemmo proprio ai festival Pop di Viareggio e Palermo con Canto di Osanna, canto mistico PoPolare, il retro del disco era Deliriana brano ritmico e corale molto coinvolgente. Il repertorio nei nostri concerti, avendo solo pochi brani nostri, si basava su brani di: King Crimson, Vanilla Fadge, Jetro Thull.. ecc.. la nostra vera estrazione era ed è questa.
Passiamo al sodalizio con la Black Widow. Sembra che questa collaborazione vi abbia galvanizzato, qual è il segreto di questo sodalizio?
Il segreto è molto semplice, la Black Widow è condotta da tre "ragazzi" con tanto spirito di sopportazione, vennero ad un nostro concerto e dopo un breve colloquio decidemmo di provare una collaborazione. Come primo esperimento ci proposero un Live, visto che sarebbe stato il nostro primo Live accettammo e nacque Vibrazioni Notturne, nel frattempo lavoravamo già a “Il Nome del Vento”.
A proposito dei Jethro Tull, che avete omaggiato nel vostro ottimo "Vibrazioni Notturne", a differenza di quasi la totalità delle altre band, non hanno conosciuto stop nel tempo. Qual'è stato secondo voi il periodo musicale in cui hanno realizzato le cose migliori e perché sono riusciti a sopravvivere fino ad oggi?
Il notevole successo avuto già dal 1968, la grande produzione discografica e il vantaggio di avere un personaggio eclettico, hanno contribuito alla longevità del gruppo, ma soprattutto dello stesso Ian Anderson, diciamo che non ha mai avuto modo di "annoiarsi" vantando collaborazioni con grandi personaggi, non solo nell'ambito rock Jazz prog ma anche spettacoli teatrali con inserimenti di musica barocca . Le cose migliori (gusto mio personale) le hanno realizzate negli anni 70, in particolare Aqualung 1971 e Living in the Past.
Apriamo ora una piccola parentesi, Ettore che ricordo hai dei Kim & The Cadillacs? Puoi raccontarci qualcosa al riguardo?
L'esperienza durò circa tre anni, tre anni di divertimento con un SanRemo nel 1979 e tantissime apparizioni in TV anche all'estero (Germania,Svizzera, Francia, ecc.. ho conosciuto anche i Police agli esordi).. e tante serate, avevamo un modo di fare spettacolo troppo divertente"botti sul palco e anche botte (finte) tra Kim e Mik"quello della benda sull'occhio", musicisti mediocri (loro si definivano così) ma animali da palcoscenico. La presenza di una "banda" di ballerini di rock'n’roll acrobatico, arricchiva la coreografia, ogni spettacolo era un grande successo. Dopo lo spettacolo birra o vino bianco a fiumi.. e qualche volta anche prima dello spettacolo..
Potete farci qualche anticipazione sui vostri progetti futuri?
Prossimamente uscirà un DVD di un nostro concerto al teatro Politeama di Genova dove ha suonato anche il quartetto d’Archi che ha partecipato alla registrazione del disco in una serata indimenticabile, per quanto riguarda i concerti, stiamo valutando le richieste di vari festival (Messico. Canada. Corea. USA) il nostro sogno sarebbe: Viaggio negli Arcipelaghi del tempo versione teatrale ma visto le difficoltà logistiche e finanziarie, se non troviamo uno sponsor o un "pazzo"pensiamo che resterà un sogno, nel frattempo stiamo lavorando ad altro materiale per un prossimo disco.
Il Blog è un piccolo contenitore di musica, fatto solo da chi la musica la ama e basta, ma ci piacerebbe una volta tanto (nella nostra modestia) che qualcuno ci lasciasse una esclusiva: diteci qualsiasi cosa che volete e che non avete detto mai a nessuno!
Prima cosa dobbiamo ringraziare voi per l'ospitalità e sinceramente senza il supporto di "piccoli contenitori" come il vostro, la nostra musica non avrebbe futuro visto gli inesistenti spazi nei grandi media. Una cosa che non abbiamo mai detto a nessuno.. Tutto quello che abbiamo detto sopra non è vero!!
Scherzi a parte, sarebbero tante le cose che non abbiamo mai detto a nessuno, per non sembrare polemici e per non essere fraintesi preferiamo tenerle per noi.

Un saluto a tutti!
Ettore Vigo
DELIRIUM


lunedì 9 gennaio 2012

James La Brie

JAMES LABRIE - Static Impulse
Inside Out
Distribuzione italiana: Spin Go!
Genere: Prog Metal
Support: CD - 2010




Sono oramai pochi gli estimatori del “Metallo” che non conoscono la voce dei Dream Theater, una fonte d’ispirazione per un buon 70% di band Metal Prog. L’impostazione è immediatamente riconoscibile, alta e decisamente melodica, modulata il tanto che basta per unire la tecnica con il cuore. Molto ha gridato il canadese James LaBrie fra i solchi dei Dream Theater, ma anche in moltissime altre collaborazioni e progetti, come i Mullmuzzler, i Frameshift, Winter Rose, Leonardo e Tim Donahue su tutti, ma con il passare del tempo gli acuti lasciano spazio a più ragionati portamenti, un poco come ha fatto il suo illustre collega Jeoff Tate (Queensryche). Vogliamo chiamarla età? Esperienza? Io dico tutte e due, resta il fatto che l’energia della musica proposta è comunque intatta, così come l’approccio canoro.
Il ritorno in studio dal titolo “Static Impulse” ci narra di un artista mai sazio, famelico di musica, in questo caso però più distante dai canoni della band madre. Francamente la copertina non è delle più indovinate, lascia presagire una freddezza generale, anche se lo sguardo penetrante sembra voler rovistare nella nostra mente. Effettivamente c’è un velato senso di distacco, un compito ben eseguito, professionalmente parlando ineccepibile, perfino profondo in alcuni frangenti, tuttavia le melodie spesso sono inflazionate e malgrado la grande adrenalina elargita, si incappa in qualche sbadiglio. Parlo di energia, quella che apre nei due brani “One More Time” e “Jekyll Or Hyde”, ma io che seguo il Metal da trent’anni non resto scalfito, forse colpa mia e della mia esigenza, ma certe alternanze con voci graffianti non mi piacciono più. Molto meglio in “Euphoric” o nella possente “Over The Edge”. Sono i ritornelli che si sciolinano stancamente, mielosamente, dove le nostre orecchie vengono bombardate da numerosi deja-vu. Ottimo il lavoro della band, una ritmica impeccabile, quella di Peter Wildoer (Batteria) e di Ray Riendeau (Basso), mentre è la chitarra del nostro Marco Sfogli che è protagonista. Timide le tastiere di Matt Guillory, ma al momento giusto sanno farsi valere.
Tutto il disco vive di ritmiche sostenute, bisogna giungere al brano “Just Watch Me” per cogliere un sentore di pacatezza, ma la voce di LaBrie non vola, pochi gli spunti elevati, in definitiva un disco ben prodotto, con grandi artisti, buona musica (a tratti), ma che sono sicuro lascerà poche tracce nei cuori dei fans, sia dei Dream Theater che di LaBrie stesso.
Consigliato un momento di riposo e di riflessione, io sono leggermente deluso. MS


domenica 8 gennaio 2012

Alex Masi

ALEX MASI - Therory of Everything
Lion Music
Distribuzione italiana: Frontiers
Genere: Virtuoso
Support: CD - 2010



Oramai il nome di Alex Masi fra gli estimatori della chitarra è più che noto, un artista polistrumentista che anche questa volta si assume la responsabilità di suonare tutti gli strumenti. “Theory Of Everything” giunge a noi dopo quattro anni da “Late Nights At Desert’s Rimrock” ed è composto da dieci brani strumentali in stile Fusion Rock. Il chitarrista italiano è eclettico, ricerca sempre nuove emozioni, questa volta le ritrova in influenze stilistiche differenti quali il Metal, l’Hip- Hop ed il Funk, restando ovviamente sempre nei binari del Rock. Stralci elettronici nella title track, una partenza del disco a cento all’ora, dove la personalità di Masi si fa largo fra le suddette influenze. La chitarra percorre scale tecniche di buona fattura e non si perde in inutili fronzoli. Infatti quello che colpisce in principale modo è il songwriting, frizzante e multicolore, con un buon uso della tecnologia.
L’arabeggiante “Ladies Of The House” ci riporta all’Alex che conosciamo, quello degli assolo melodici, dove l’anima dell’artista ben si amalgama con la struttura Rock del brano. Attenzione all’irruenza di “Queen Of Headfuck”, energia solida e rimarcata da una ritmica incalzante che fa da tappeto alle ricerche chitarristiche, avvallate da suoni a tratti tecnologici. La musica si fa largo con carattere, l’esperienza dell’artista non è cosa da poco, considerando che già suonava nei primi anni ’80 nei Dark Lord, band di NWOIHM. Per entrare nei suoni più intimi e ricercati bisogna giungere a “The Past”, un momento di quiete raffinato, scandito dalle delicate note della chitarra. Ovviamente si riparte subito alla carica adrenalinica con la successiva “Breakfast At Owsley’s”, anche se questa canzone mi lascia più indifferente, nel senso che si standardizza nella norma dei prodotti del genere. “Big Bad Science” si lascia preferire, veloce e intelligente nella sovrapposizione della chitarra, un suono più ricercato e grinta da vendere. Certo non si può dire che a Masi manchi la fantasia, “Scratch The Meat” è affascinante sia per la qualità dei suoni che per gli assolo, suoni scuri, metallici che narrano bene la civiltà moderna, nervosa e grigia. Gioviale solamente il finale, comunque sicuramente uno dei pezzi più belli del disco. C’è del Blues come base nella musica del buon 90% dei chitarristi, consapevolmente o meno tutti si piegano a questa legge, Alex lo fa con carattere in “Jam On Haunted Hill”, dove le dita volano sulla tastiera più velocemente. “Have A Talk With God” ha un incedere a dir poco trascinante e melodico, coinvolgente ed irresistibile, mentre la conclusiva “Soul Virus Hack” mostra sia i muscoli, che un artista in piena forma.
Questo è un disco gradevolissimo, senza attimi di calo, ma mi sento di dare un consiglio al bravo Alex, questi brani sicuramente acquistano un buon 30% in più di energia se vengono suonati da una vera band. Questa è una virgola, per il resto semaforo verde agli acquirenti, qui c’è tecnica e melodia, il tutto senza strafare. MS


giovedì 5 gennaio 2012

IL PROGRESSIVE FRANCESE

PROGRESSIVE FRANCESE

In verità non è che il Progressive francese abbia mai goduto di una forte considerazione, anche se devo constatare che oggi come oggi grazie soprattutto alla casa discografica MUSEA è padre di moltissimi gruppi più o meno validi. Mi voglio occupare quindi di quei complessi che hanno fatto la storia nel loro paese e non. Questa vuole essere una rapida carrellata di dischi consigliati, autori da non dimenticare e né da trascurare.
Il Prog in Francia ha trovato sempre grandi difficoltà di presa a causa di una chiusura mentale  popolare nei riguardi di tutto ciò che poteva essere nuovo e quindi destabilizzante. Molto attaccati alla tradizione (vedi i "Chansonier") i nostri cugini d'oltralpe si aprono solamente dopo molto tempo a questa novità sonora, ma proprio per orgoglio patriottico ed il non voler copiare i loro vicini d'oltremanica , che si creeranno sonorità dall'originalità assoluta e comunque a volte troppo pesante. I capostipite sono gli "angeli" ANGE che girano intorno alla figura carismatica di Christian Decamps il quale con le sue interpretazioni teatrali ed i testi surreali riesce a conquistarsi una larga fetta di pubblico se non altro in patria. Influenzato dai MOODY BLUES e dai BEATLES cercherà in tutti i modi di raggiungere uno stile tra il francese, l'inglese e l'americano e ci riuscirà nel 1969 formando il gruppo insieme a Gerald Jelsh ( batteria), Francis Decamps (tastiere e fratello di Christian), Daniel Hass (basso) e Jean-Michel Brezivar (chitarre e flauto). Sarà la casa discografica Philips nel 1971 ad accorgersi di loro dopo aver vinto un festival locale importante quale il "Super Tremplin" e svariate realizzazioni fra le quali ricordo ' La Fantastique Epopee...'del 1970. Dopo un primo singolo ('Tout Feu, Tout Flamme'), è l'esordio discografico con 'Caricatures' del Maggio 1972. L'anno successivo compongono 'Le Cimitière Des Arlequin', lavoro decisamente meno pesante del suo predecessore e forse più maturo con la stupenda 'Ces Gens La' in evidenza. Nel 1974 è la volta di 'Au Delà Du Delire', nel 1975 di 'Emile Jocotey' dedicato ad un maresciallo dell'esercito e nel 1976 'Par Les Fils De Mandarin' di quest'ultimo gira perfino una versione in inglese. Nel 1977 si chiude un ciclo con un monumentale e bellissimo live dal titolo 'Tome VI'. Lo stile del gruppo muta e si rivolge ad un pubblico più rocchettaro , le melodie si fanno decisamente più commerciali anche se non rinnegheranno mai il passato. Nel 1978 è la volta di 'Guest-Apens', ottimo disco con una canzone bellissima dal titolo 'Reveille toi'. Simpatici pure 'Vu D'Un Chien' (1980) e 'Moteus' (1981) ma nulla più. L'attività degli ANGE prosegue con moltissime altre realizzazioni ma ritengo che siano meno degne di nota anche se pur sempre di sufficiente caratura.
 (Ange)
Nella stessa lunghezza d'onda degli ANGE troviamo gli ATOLL, provenienti da Lione. Dediti a meravigliose melodie di stampo medioevale,  nel 1974 realizzano quell'ottimo LP dal titolo 'Musiciens Magiciens'. Atmosfere magiche esaltate all'ennesima potenza da assolo di flauto che condiscono ogni disco dei progsters francesi. Degno di nota pure 'Rock Puzzle' del 1979.

(Magma)
Altra band storica sono i MAGMA, musica sperimentale incentrata su storie inventate e fantastiche ambientate sul pianeta Kobaia, piccolo paradiso terrestre. Christian Vander è la mente dei Univeria Zekt Magma Composedra Arguezdra, nome originale della band. Il cantato è in una lingua inventata dal nostro artista denominata Kobaiano. Stiamo dunque parlando di dischi a tema, concept album, fra i primi della storia del Rock. Il primo disco si intitola Magma (Philips, 1970) ed è un piccolo capolavoro con svariate influenze fra cui il Jazz. Ma il disco più bello si intitola Mekanik Destruktiw Kommando (Phillips, 1973).
Con uno stile vicino ai PINK FLOYD  nel 1970 nascono i bravi PULSAR. Con una onorata carriera concertistica alle spalle ed una sporadica comparsa in una compilation ('Groovy Pop Session') i PULSAR esordiscono in vinile solamente nel 1975 con 'Pollen'. Il disco oltre che mantenere le atmosfere psichedeliche cavalca pure sonorità elettroniche. Anche il secondo lavoro, nell'anno successivo, conferma in pieno le ottime qualità del gruppo. Il disco si intitola 'Strands Of The Future' e la title-track occupa interamente il lato uno dell'LP. Il successo bussa alla loro porta nel 1977 , quando la CBS si accorge di loro e pubblica 'Halloween', concept album che mixa GENESIS ai PINK FLOYD. I successivi lavori si mantengono su una qualità media anche se in alcuni momenti persino troppo cervellotici.
Altri due nomi per ciò che concerne il Prog francese anni '70 sono i MONA LISA ed i TAI PHONG. I primi sono famosi soprattutto per i prezzi proibitivi dei loro dischi rivolti solamente ad un mercato collezionistico più che per il loro effettivo valore artistico.
Negli anni '80 la musica cambia e pure Le Rock Progressif muta assieme agli strumenti dell'epoca ed i gruppi musicali si adeguano perfettamente alla tecnologia che avanza. Esempio di tale mutamento sono i bravissimi MINIMUM VITAL che con l'esordio 'Les Saison Marines' (1988) percorrono territori impreziositi da stacchi jazzistici. La meravigliosa voce di Sonia Nedelec è la ciliegina sulla torta. Ottima pure la performance in quel di Los Angeles nel Progfest'94.

(Minimum Vital)
Nella medesima lunghezza d'onda troviamo gli EDHELS che fanno degli strumenti i protagonisti unici delle composizioni. E' tutto un rincorrersi ed un intrecciarsi di tastiere e chitarre  così che questi ragazzi emergono dalla solita massa di gruppi che invadono questo genere.
Esiste pure chi tenta di unire il passato con il presente come gli ANGIPATCH che nel 1981 fuoriescono con il buon 'Delirium' e chi tenta di riprendere quei discorsi sospesi da altri combi come ad esempio gli ELIXIR . Questi non fanno altro che ispirarsi alle atmosfere medievali già percorse dagli ATOLL per poi rimescolarle a quelle più attuali dei MARILLION.
Ottimo chitarrista (tuttora in voga) e portabandiera del Prog Francese all'estero è Jean Pascal Boffo (ex TROLL) il quale con il suo meraviglioso strumento ci ammalia in tutti i suoi numerosi lavori, uno su tutti 'Vu Du Ciel'. Questo stile di Prog però è raccomandato solamente a coloro che prediligono atmosfere bucoliche e jazzate, ricche di arpeggi acustici e a volte malinconiche, agli altri forse è meglio rimanere alla larga per non rischiare di addormentarsi...
Degni di nota pure i SYNOPSIS con il loro unico LP dal titolo 'Gamme' datato 1980.
Accompagnati dall'ottimo violino di Jean-Philippe Brun e dalla soave voce di Geraldine Le Cocq ecco gli HALLOWEEN che si fanno apprezzare con ' Part One', 'Laz' e 'Merlin'. Pure per loro un' ottima performance live nel Progfest'94.
Per concludere questa nostra carrellata sui principali gruppi e dischi ecco altri nomi di autori degni di nota: NAOS , ELOHIM , TROLL , SOLSTICE , ANOXIE , GALERE , HAZARD , ASIA MINOR , CARPE DIEM , CATHARSIS , TERPANDRE , EZRA , NUANCE , SANDRESE , SKYLINE e XAAL. 
E Oggi?
Oggi , un nome su tutti, i DRAMA che con il loro Prog  melodico e romantico sanno rapirti il cuore. Da avere 'Flying Over The 21th Century'.
(Drama)
TAAL  Geniali! niente da dire, per chi scrive sono il gruppo più interessante francese di tutti i tempi. Qualsiasi disco che trovate fatelo vostro ma magari prima dategli un ascolto perché non sono semplici, ma sicuramente validi.
PRIAM  Questo quartetto è principalmente influenzato da Genesis, Gentle Giant e Gong ascoltiamo quindi tecnica ma anche molto feeling con armonie dolci. Bello "...3 Distances/Irregular Signs.."
ECLAT  Per entrare nel loro mondo vi consiglio (se vi capita nelle mani) di dare un ascolto al live "Marseille Tokyo" e vi renderete conto della loro bravura.
TIEMKO  Consigliato a chi ama il suono con molte tastiere "Espace Fini-1998" e pezzi strumentali.
4/3 DE TRIO  Ascoltandoli anche pochi istanti si capisce subito che sono cresciuti a pane e King Crimson, forse hanno pure qualcosa degli attuali Anekdoten. Da avere "Faiblesse".
Jean-Pierre ALARCEN  Di lui non so molto ma il disco "Tableau n°2" è notevole!
XII ALFONSO  Difficili da assimilare per chi non è avvezzo a certe sonorità sperimentali, infatti uniscono elementi Folk con musica celtica e world. Provate ad avvicinarvi a "Odysses" se ne avete coraggio...
(XII Alfonso)
FUGU Questo è un progetto creato da due componenti degli Eclat, Philipe Toriosi e Thierry Massè. essi riescono a farci tornare alla mente addirittura i Brand X di Phill Collins! I loro dischi strumentali sono Jazz Rock. Consiglio "Harmonia Maudit".
CHANCE Questa è una "one man band" di Laurent Simonnet che con l'aiuto di un computer ed i suoi strumenti (Basso, tastiere e batteria) propone soluzioni alla Camel, Pink Floyd e Yes
SKEEM Il loro sound è un incontro fra Genesis e Pink Floyd veramente gradevoli e degni di considerazione. "Skem" è da avere.

(Skeem)
LOCAL 7 Buon complesso dotato di una sufficiente personalità e che si è saputo mettere alla luce del mondo Prog grazie al buon "Substrat".
ASIDE BESIDE Strumentisti di ottima caratura questi Aside Beside sanno farsi apprezzare ed uniscono parecchie influenze sonore così da piacere un poco a tutti gli ascoltatori. Ascoltate "Tadj Mahall Gates".
LORD OF MUSHROOMS Promettenti, Prog moderno, semplice e con sprazzi elettronici. Anche in questo gruppo le tastiere sono lo strumento principe. "Lord Of Mushrooms" è veramente carino.
NEMO Band a cavallo fra Metal Prog e Prog. Autrice di cinque dischi strepitosi, un esempio di grande compattezza sonora e di idee che vanno ad attingere sia nel passato che nel New Prog. Da avere assolutamente!
ABACAB Nuova band autrice nel 2009 di un disco interessante dal titolo "Mal de Terre"
NEBELNEST Artisti  tecnicamente molto preparati e propensi ad un Prog stile King Crimson con influenze Psichedeliche. "Nebelnest 99" e "Nova Express" sono due dischi che non devono mancare nella discografia di un Prog Fans.
(Nebelnest)
OLIVER FEUILLERAT PROJECT Esordisce nel 2009 con un disco assolutamente ricolmo di sonorità, le più disparate, a dimostrazione di una ricerca sonora davvero spiccata. Il titolo è "Stories For An Open Mind".
SAENS "Escaping From The Hands Of God" è in assoluto uno dei dischi più interessanti del New Prog ed è del 2002.
Altri nomi di oggi sono: AFTERGLOW con l'intressante "Knight Of The Sun" e poi ASIA MINOR, KADWALADYR, Bertrand LOUREAU, BAG, Patrick BROUGUIERE, HECENIA, HELDON, GRAMOND SEBASTIEN, MOTIS, TERPANDRE, AMARTIA, ANASAZI, ASYLUM PYRE, SYLBAT, CHARLY SAHONA, CHRYSALIDE, MONKEY'S PROJECT, DAWNSHAPE, DEMIANS, EIDOLON, EYE TO EYE, LAZULI, THE NOVA PROJECT, THORK, WARST, NARR, ONE SHOT, SEBKHA CHOTT, SPLEEN ARCANA e WOLFSPRING