UNFOLK
– File Under Oblivion
MP&Records
Distribuzione:
G.T.Music /Burning Shed
Genere:
Progressive/Pop Rock
Supporto: 2cd – 2019
Il
Collettivo Unfolk è il progetto di Alessandro Monti (Quanah Parker), musicista/polistrumentista
veneziano autodidatta. Inizia il proprio percorso musicale nel 2006 rilasciando
diversi dischi per la Diplodisc, etichetta autogestita. Il genere primordiale
espresso è un Post-Folk che negli anni va mutando in un genere non proprio ben
definito, e proprio per la ricercatezza delle soluzioni e negli innesti di
generi che io li vado a collocare nel “Progressive Rock”, ma non quello rivolto
ai soliti anni ’70, bensì al più moderno, di sviluppo. Infatti il nome ha intrinseca l’evoluzione, il senso della
progressione, questo è il vero significato del Progressive Rock, negli anni ’70
nominato semplicemente “Musica Pop”. Lasciati dunque i paragoni sbagliati con
Genesis, Yes, Gentle Giant, King Crimson e compagnia bella, veniamo al nuovo
doppio album di Unfolk, esso per essere realizzato ha necessitato di più anni
di lavoro. Il primo disco parla di un oblìo esistenziale ed artistico, dove
tuttavia lascia intravedere per il futuro possibilità positive, mentre il
secondo cd tocca un argomento molto vasto per contenuti sociologici: il mondo
di internet.
In
questo lungo viaggio creativo dove numerosi stili si vanno a miscelare, come il
Pop e la Dance, oltre che il Rock, Monti si coadiuva di special guest come Tim
Bowness (No-Man, Henry Fool), Mauro Martello (Opus Avantra) e Visnadi (Livin’
Joy. Alex Party) quest’ultimo per il lato dance.
In
generale il Collettivo Unfolk è composto da: Roberto Noè, Claudio Valente,
Daniele Principato, Alex Masi, Elisabetta Montino, Riccardo De Zorzi, Franco
Moruzzi, David Mora, Matteo Lucchesi, Tullio Tombolani, Bebo Baldan, Andrea
Marutti ed Alessandro Monti.
L’artwork
di Jarrod Gosling è di stile “neutro”, ossia non rappresenta al 100% un unico
genere musicale come spesso avviene per altre copertine, ma lascia adito a
differenti interpretazioni, mentre è musa del
primo brano introduttivo del secondo cd, “Doorways”. Molto bella la confezione in senso generale,
semplice, contenente i testi (cantati in lingua inglese) e la descrizione su chi
suona nei singoli brani.
Il
primo cd è suddiviso in undici tracce, mentre il secondo in otto.
L’”Oblivion
Signal/Introduction” ci immette nella prima parte del viaggio fra suoni
psichedelici e descrizione di arte e creazione con voce femminile, esso conduce
a “Time Capsule 1983: The Shadow”. Un loop
di synth si lascia raggiungere dalla chitarra elettrica di Roberto Noè e da un
gorgoglìo di suoni che tracciano nella
stanza in cui si ascolta sinuose atmosfere magiche. La voce inconfondibile
fragile e sussurrata del collaboratore di Steven Wilson nei No Man, Tim Bowness
non può che narrare un brano acustico e delicato dalla vena malinconica, qui
dal titolo “Guides To Oblivion”. A raggiungerlo nella parte centrale del brano
la voce femminile di Elisabetta Montino (Quanah Parker) in una coralità che va
ad impreziosire il crescendo sonoro del brano mentre sfocia in un
graffiante muro sonoro sostenuto dalla
chitarra elettrica. Monti si fa notare nel brano strumentale “Time Capsule
1988: Format For Matt”, orecchiabile e sentito, qui la melodia la fa da
padrona, mostrando il lato più sensibile dell’artista. Si ritorna alla
Psichedelia con gli otto minuti di “Every Note Of Us” e la voce di Claudio
Valente, la chitarra di Alex Masi, le percussioni di Roberto Noè e il sax di
Mauro Martello. Sul brano aleggiano le ombre di David Bowie, quello più
recente. Molti di voi noteranno anche frangenti di Pinkfloydiana memoria.
“Time
Capsule 2008: Mr. Vuh Returns” fa capolino nel Pop e nel Prog più delicato,
quello per esempio dei concittadini Orme, grazie all’uso delle tastiere quasi
sgocciolate nel tocco e delle melodie eteree.
Una
chitarra acustica apre “Dreams Of Angels/Apocryph”, un sentiero dove ancora una
volta le capacità tecniche di Monti vengono alla luce per poi passare ad una
fase più Dance e Pop. Ricercatezza e semplicità, due cose ben distinte che
invece in questo brano dimostrano di poter convivere in maniera perfetta. Qui
possiamo estrapolare il sunto del progetto Unfolk, ossia il non fossilizzarsi
su un genere o in uno stile sonoro in
senso generale. Elettronica nei quasi
tre minuti della strumentale “Q: Are We Not Humans?” fra sintetizzatori e basso
per passare a “Oblivion Loop”, una sorta di Dance sussurrata. Con “Time Capsule
2018: Stimmen Der Engel” ritorna il brano strumentale ancora una volta narrato
dalle chitarre di Monti, assieme ad un gradevole slide.
Il
cd 1 si conclude alla grande con “Time Capsule 1999: Skybus To Oblivion”, sunto
sonoro di quanto ascoltato in questo già lungo percorso, con la giunta preziosa
del flauto in un susseguirsi di immagini sonore.
Il
secondo cd si apre con il brano ispirato dalla copertina “Doorways”, un mix fra
Psichedelia e Pop che conducono verso lo spazio infinito per chi ha uso di
fantasia abbinata al suono. “Dance In Opposition” è nomen omen, il ritmo sale e
si può anche ballare. Si parla di internet e dell’uso sbagliato che ne
facciamo, portando la musica quasi alla morte, quando invece usato a dovere
potrebbe essere soltanto che un oggetto di fondamentale importanza culturale.
“Dance In Opposition: Lost In Translation” non fa altro che proseguire il
discorso intrapreso dal brano precedente. Più articolata e ricercata “Dance In
Opposition: Before It’s Too Late, qui si apportano modifiche alla struttura sonora base. I brani
si richiamano, anche se l’autore non definisce il proprio operato un concept
album. Si esce da questo loop sonoro con “Modern Art Blues”, pur sempre
navigando sopra suoni elettronici, questa volta però compare la chitarra. C’è
anche la versione Visnadi rmx di “Doorways” e quella inedita completamente
strumentale di due minuti e poco più.
Si
giunge alla fine del disco con “Alpha/Black Hole/Omega” ancora fra echi,
elettronica e in questo caso anche di rumoristica che ci fa accedere ad un
mondo parallelo decisamente onirico.
Avrete
dunque capito che questo nuovo lavoro del Collettivo Unfolk è decisamente un
prodotto non adatto a chi dalla musica vuole solo spensieratezza o perlomeno
canticchiarla (qui tuttavia possibile in alcuni frangenti), si necessita di
ascolto e statene pur certi che al suo interno troverete anche della
destabilizzazione, quella che invece piace moltissimo agli ascoltatori incalliti
di Rock Progressivo e dintorni. Viene in mente il classico detto: “O lo si ama
o lo si odia”. MS