Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
sabato 27 febbraio 2021
Blind Golem
BLIND GOLEM – A Dream Of Fantasy
Baro Prog-jects
BARO
PROG-JETS – Utopie
Andromeda
Relix / Ma.Ra.Cash Records
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2021
Ricordo
con grande piacere e di tanto in tanto ascolto quel doppio
album “Lucillo & Giada” - “Topic Würlenio” del 2019 realizzato sempre per
l’Andromeda Relix dai Baro Prog-Jets, ma chi risiede dietro a questo progetto
sonoro?
Alberto
Molesini in arte Baro, bassista e polistrumentista, cantante e compositore.
Negli anni ’70 ha fatto parte del gruppo La Sintesi, musicisti estimatori di
band come King Crimson e Yes per le sonorità. Dal 2004 suona e scrive con la
band Marygold, autrice anche dell’ottimo “One Light Year” del 2017. Questa
volta Molesini si coadiuva per la
realizzazione di “Utopie” dell’ausilio di Gigi Murari alla batteria, Paolo
Zanella al piano, Nicola Rotta alla chitarra assieme a Massimo Basaglia e Titta
Donato al basso. Il disco è un concept album che tratta come argomento generale
l’inganno.
Esso
è suddiviso in cinque tracce, la prima “Non Sento!” risale ai tempi della band
La Sintesi ed è cantata in italiano, a seguire tre suite in lingua inglese. La
band si avvicina ancor più al mondo del Progressive Rock, anche nell’artwork
davvero molto curato con spiegazioni dei testi
e racconto del concepimento stesso dell’opera, il tutto molto curato
nella grafica e nei colori. Il lavoro è eseguito da Kellepics con le immagini di
Paolo Bottaro e le foto di Lorenzo Molesini.
Effluvi
di New Trolls in “Non Sento!”, canzone sia Pop che Prog anche se in senso
fugace, buon refrain con coralità e un breve solo di chitarra bene eseguito a
spezzare l’ascolto. Davvero orecchiabile da cantare assieme ai componenti, ed
ecco che gli anni ’80 si impossessano dello stereo. La prima suite di quindici
minuti si intitola “Utopia” e ci immerge in un mondo sonoro che potrei accostare
a quello degli Yes o dei svedesi The Flower Kings, anche se la solarità di
questa musica tradisce mediterraneità. Le
tastiere hanno un ruolo importante per l’economia dell’insieme. Giocosità,
tecnica, melodia, cambi di tempo, il tutto eseguito con passione e sincerità. Trasuda
da ogni nota il piacere della band nell’eseguire
questa musica. Non si captano nemmeno forzature, altro motivo che rende alta
l’attenzione durante l’ascolto. Il gioco infatti risiede in questo, le suite
essendo brani lunghi necessitano notoriamente di cambi di tempo per spezzare l’ascolto
e questo il Progressive Rock lo sa bene, ci sopravvive, ma lo sanno anche i
Baro Prog-Jects i quali si lanciano in queste performance ben calibrate,
supportate da una melodia di fondo apprezzabile, altro fattore funzionale.
“Phase
I (Set Your Body Free)” ha un apertura di tastiere su una ritmica sostenuta e sincopata,
ancora una volta le voci hanno buoni intrecci e per chi dovesse conoscerli li
paragono a quelle elaborate degli americani Magellan. Rimanendo in territorio
statunitense aggiungerei Glass Hammer e Cairo.
“Phase
II (Set Your Mind Free)” è musicalmente più impegnata, il Prog che mi piace
perché risiede a cavallo fra gli anni ’70 e il moderno. Suoni maestosi che si
alternano a frangenti decisamente più pacati e riflessivi. Il disco si conclude
con la suite “Runaways”, altra cavalcata ricca di spunti interessanti.
I
Baro Prog-Jects sono bravi musicisti, preparati e immersi anima e corpo nel
Progressive Rock e noi qui in Italia lo stiamo mantenendo sempre più vivo e
valido che mai, sembra che stia vivendo una nuova giovinezza e questo fa ben
sperare anche per il futuro. Un disco consigliato anche per chi non è avvezzo
al genere, magari nasce un nuovo amore…Chissà. MS
mercoledì 17 febbraio 2021
Mesmerising
MESMERISING
– The Clutters Storyteller
Lizard
Records
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2020
Dietro
il nome Mesmerising c’è Davide Moscato, giovane autodidatta amante del piano.
Classe 1977 si adopera nel mondo della musica sin dalla fine degli anni ’90, lavorando
nei locali con il suo pianobar. Malgrado
la giovane età, le soddisfazioni ed i progetti si susseguono, passando anche
per Sanremo Rock. Con Mental Maze ottiene due Akademia Music Awards in Florida
per i singoli “Crossing The Infinity” e “From The Ashes” oltre al premio della
radio statunitense LJDNRadio come miglior video clip nella categoria Pop, per “From
The Ashes”.
Ma
lasciatemi subito dire una cosa che non esterno da anni: Finalmente una bella
voce nel Prog Italiano!
L’artista
ligure è dedito sia al Prog degli anni ’70 con piccole fughe nel mondo delle
Orme, e a quello più moderno. Con lui grandi artisti dell’ambito, la ZBand in
grande spolvero con Fabio Zuffanti (basso, produttore artistico), Martin Grice (anche
Delirium ai fiati), Giovanni Pastorino (tastiere), Paolo Tixi (batteria) e
Simone Amodeo (chitarra).
Il
risultato si intitola “The Clutters Storyteller”, contenente dieci canzoni per
un totale di 43 minuti di musica.
Il
disco comincia con un breve intro intitolato “Feel..” che porta all’adiacente “..My
Dream” aperta da un breve solo di chitarra già da brivido. Il mondo delle Orme
lascia spazio ad un Prog arioso e legato alla melodia in maniera forte. La voce
è malleabile, si plasma a seconda della necessità e si alterna alla chitarra
elettrica. Personalmente ci colgo affinità con gli ultimi The Pineapple Thief,
lo dico per chi li dovesse conoscere. Effetti sonori di tastiere aprono “Ballad
Of A Creepy Night”, un brano dall’incedere deciso impreziosito dai fiati di
Martin Grice. Sale il ritmo con “Slave Of Your Shell”, in un mix fra Marillion
e Blackfield, un brano gradevole e raffinato nella sua semplicità.
Il
cantato lo avrete capito è in lingua inglese. “Underground” è il pezzo più
lungo dell’album con sei minuti e mezzo. Il pianoforte accompagna sempre le
melodie, a tratti anche il Mellotron e l’Hammond, il Prog è sempre presente e
garbato. Gli assolo di chitarra di Simone Amodeo sono un piacere per l’anima e
quando parte della ZBand nel finale si scatena, c’è di che godere.
Segue
“The Vortex” che ha molta storia nel pentagramma, addirittura una cadenza
Beatlesiana. Ancora una volta il flauto dona all’insieme il profumo vintage,
così il sax. Non manca la ballata voce, basso, flauto e piano qui dal titolo “False
Reality”, così la bella voce di Davide tira fuori il meglio di se. Un momento
intimistico che non sfigurerebbe nella discografia dei Queen.
“In
A Different Dimension” è un altro brano d’atmosfera di quasi due minuti, aperto
alla coralità strumentale in crescendo come un certo Neal Morse sa fare, esso
accompagna a “The Man Who's Sleeping”.
L’ultimo
brano “The Last Time You Called My Name” mi fa scorrere qualche brivido sulla
pelle delle braccia, ciò sta a significare che l’obbiettivo è raggiunto.
Davide
Moscato fa della semplicità la carta vincente, si ai cambi umorali, si agli
assolo, alle fughe, ma tutto l’insieme è
sempre legato dal Pop, il che fa delle canzoni frangenti da ricordare,
fischiettare e cantare.
Bella
musica che potrete anche ascoltare e prendere su Bandcamp all’indirizzo
https://davidemoscato.bandcamp.com/album/the-clutters-storyteller MS
martedì 9 febbraio 2021
Raven Sad
RAVEN
SAD - The Leaf And The Wing
Lizard Records
Genere: Rock Progressive /
Psichedelico
Supporto: cd – 2021
Ho
seguito nel tempo le gesta del chitarrista e cantante pratese Samuele Santanna nella sua evoluzione musicale, sin dagli esordi che sono tracciabili
al 2005. L’artista non ha mai celato l’amore per certi Pink Floyd e Porcupine
Tree nelle celestiali partenze sonore e psichedeliche, queste sono per lui base
su cui costruire il bagaglio musicale oltre che nel Prog anni ‘70. L’esordio
ufficiale del progetto inizialmente one man band è datato 2008 con quel “Quoth”
già notato dalla casa discografica Lizard. Suoni semplici, minimali con un
cantato etereo che fa venire alla mente anche certi lavori dei nostrani No
Sound di Giancarlo Erra. Ma è solo l’inizio, con il tempo ed altri due album
l’artista si circonda di una vera e propria band sino a giungere ad oggi con il
quarto lavoro in studio intitolato “The Leaf And The Wing”.
La
formazione è composta da Samuele Santanna (chitarra elettrica, chitarra
acustica), Marco Geri (basso), Fabrizio Trinci (tastiere, voci), Francesco
Carnesecchi (batteria) e Gabriele Marconcini (voce).
Samuele
dimostra ancora una volta attraverso la
musica un animo gentile, sognatore ma non lasciamoci trarre in inganno, perché
attraverso l’ascolto del disco si evince all’interno una cultura musicale non
indifferente. L’artista ha assimilato la storia del genere e l’ha filtrata
attraverso la propria personalità. Il passato per andare nel futuro.
Il
disco è composto da otto tracce, l’artwork contiene la foto di Jos/attheparkinglot
mentre la grafica è a cura del tastierista Fabrizio Trinci. Il cielo è sempre
protagonista delle copertine Raven Sad, questo è sinonimo di musica spaziale,
aperta e dall’ampio respiro. I brani rispetto al passato sono più lunghi e
aggiungerei maggiormente Progressive Rock in senso generale, ad iniziare dalla
breve “Legend#1” che fa da apri pista alla successiva “The Sadness Of The Raven”.
Da ricordare anche per le origini del nome della band che The Raven è una poesia
di Edgar Allan Poe del 1845.
Il
pianoforte che accompagna il brano riporta con la mente indietro nel tempo sui
dischi dei Pink Floyd come “Meddle”, questo nei frangenti più intimi. Buona
l’interpretazione vocale senza sforzi inutili verso chissà quali vette, anche
perché la musica non lo richiede. Quando la chitarra di Santanna parte c’è di
che godere, l’artista toccato nell’animo da certi ascolti, riversa nella sua
musica il meglio dei fattori emozionali memorizzati. Sto ovviamente parlando di
note sostenute e trascinate a dovere. Si denota da subito la crescita
compositiva dei Raven Sad che album dopo album suonano in maniera sempre più
professionale.
“City
Lights And Desert Dark” mostra un approccio ulteriormente Rock, all’inizio
molto vicino al mondo dei svedesi Soen. Il brano nei suoi quasi dieci minuti è
ovviamente composto da stop & go come il Prog Rock esige, una gemma sonora
ancora una volta brillante, gioia degli amanti del genere. Buoni gli
arrangiamenti dei cori. Il brano più lungo dell’album si intitola “Colorbox”
con tredici minuti di musica immaginifica. Cori e piano aprono su una ritmica
tastieristica ipnotica ed onirica per lasciare spazio alla partenza verso
territori Genesis o per i più giovani di voi dico IQ/Pendragon. Ritengo
personalmente a mio gusto “Colorbox” uno dei momenti più alti dell’intero
lavoro. Trovo la voce di Marconcini molto simile a quella di Martin Eden della
band Neo Prog tedesca Chandelier.
Buona
la sezione ritmica che dimostra pulizia sia di suono che d’intenti, senza
sbavature. Il ritornello si stampa immediatamente nella mente dell’ascoltatore,
pregio non da poco perché ritengo che la musica al termine dell’ascolto deve
sempre e comunque lasciare un segno del suo passaggio. Inutile sottolineare i
brevi assolo di chitarra di Santanna, orami vero e proprio Nick Barrett della
situazione o se volete Gilmour, ma qui non è questione di paragoni forzati, il
mio intento non è comparare le capacità balistiche degli artisti, bensì dare un
percorso netto a chi legge su che cosa stiamo ascoltando.
“Approaching
The Chaos” mostra i muscoli in un ambientazione maggiormente incisiva, il
merito va soprattutto alle tastiere. Si decolla, lo strumentale porta in spazi
Porcupine Tree. “Ride The Tempest”, nomen omen, è un crescendo dalle
caratteristiche eleganti, una formula che funziona sempre per impatto emotivo.
“Absolution
Trial” necessita di ascolto ad occhi chiusi mentre lo strumentale “Legend#2” in
cinque minuti chiude l’album come meglio non si potrebbe, grazie ancora ad un
assolo di chitarra da pelle d’oca.
Ricordo Samuele quando nei primi anni del 2000 iniziava a comporre e condividere con i suoi amici gli arpeggi ancora acerbi anche su facebook, essi già palesavano un animo gentile. Ecco, questo si è poi materializzato nella musica dei Raven Sad, album dopo album, un crescendo che porta in alto la fantasia, proprio in quei cieli rappresentati nelle copertine. Un consiglio quindi, la prossima dovrà essere incentrata nello spazio, perché la colpa è solo vostra cari Raven Sad, ci avete abituati troppo bene e quindi esigiamo sempre di più, oltre la stratosfera. Peccato per chi non apprezza questo genere e non ce l’ha nel sangue, mi dispiace davvero tanto…. MS
lunedì 8 febbraio 2021
Aurora Lunare
AURORA LUNARE – Translunaggio (Nove
tributi al Rock Progressivo)
Lizard Records
Genere: Rock Progressivo
Supporto: cd – 2018
La
storia dei livornesi Aurora Lunare affonda le proprie radici nel lontano 1978,
quando il genere in Italia sta dando gli ultimi colpi di coda. Una lunga storia
che porta la band a fare musica controcorrente e a sciogliersi nel 1991 per poi
riformarsi nel 2003, grazie al ritorno dell’interesse attorno al Prog
“risorto”. Ciò che lasciano come testimonianza di quegli anni è un live datato
1980 dal titolo “Concerto Della Goldonetta”.
Una
volta riformatisi, registrano l’album d’esordio in studio “Aurora Lunare” (Locanda
Del Vento) nel 2013, accolto dalla
critica e dal pubblico in maniera favorevole.
L’amore
per il Prog è davvero grande, così la voglia di gridare a tutti le proprie
radici e dimostrare come si è formata la passione per suonare, così l’idea nel
2018 di registrare un album di cover, vero omaggio ad alcuni autori e musicisti
Prog. In realtà a parte due brani, questa non è altro che una raccolta di brani
già editi in altre compilation in tempi differenti, ma per questo c’è
l’esaustivo libretto di accompagnamento al cd che chiarisce ogni dubbio.
Come
dice il sottotitolo, in “Translunaggio” risiedono nove brani, e per la
realizzazione gli Aurora Lunare si
avvalgono della presenza di special guest come Daniele Pistocchi (chitara),
Greta Merli (voce), Valentina Cantini (violino), Alessandro Corvaglia (voce),
Ares Tavolazzi degli Area (basso), Gianluca Milanese (flauto traverso),
Giuseppe Tonetti (chitarra) e Marco Severa (flauto traverso).
Invece
la band ad oggi è formata da Mauro Pini (voce, tastiere), Stefano Onorati
(tastiere, chitarra), Luciano Tonetti (basso, chitarra) e Marco Santinelli
(batteria).
Le
cover dei brani godono tutti di buoni arrangiamenti e di personalità, gli
artisti non si sono fermati a fare il compitino, bensì hanno donato loro nuova
veste e stile.
Si
apre con la voce di Corvaglia a cantare uno dei brani più importanti per la
nascita del genere, quel “A Whiter Shade Of Pale” dei Procol Harum, brano proto
Prog del 1967. Notevole l’assolo di tastiere annesso.
Sono
felice per il tributo ad uno dei più grandi maestri che abbiamo avuto in Italia
negli anni ‘60/ ‘70, Enrico Simonetti (si, il padre di Claudio dei Goblin), con
Greta Merli alla voce. Il brano è estratto dalla compilation “Cani Arrabbiati
Opening Themes… A Tribute” della Musea Records. Omaggio a Francesco Di Giacomo
del Banco con il brano “Fino Alla Mia Porta”, e a proposito di grandi
indimenticabili, a seguire “Hommage A Violette Nozières” degli Area e Demetrio
Stratos. Al basso elettrico c’è lo stesso Ares Tavolazzi (Area) e nell’intro
già si provano brividi. La prova vocale di Pini è notevole, così come gli
arrangiamenti del brano, flauto compreso. Vengono omaggiati anche i maestri Yes con “Don’t Kill
The Whale” tratto dalla compilation della Mellow Records “Tales From The Edge A
Tribute To The Music Of Yes” del 2012. Ho citato prima I
Goblin ed eccoli qua con “Connexion”, pezzo magistralmente arrangiato fra
tastiere e violino. Se si parla di Prog non possono mancare i Genesis qui
ricordati con il brano non scontato “Lorenzo” del 1996, scelta alquanto
particolare. Un passaggio anche nel New Prog proprio per dare continuità al
genere e per questo servono i mostri sacri Marillion ed il brano “The Party”,
per giungere ai giorni nostri con i svedesi The Flower Kings del chitarrista
Roine Stolt ed il brano “Trading My Soul” del 2007.
Sono
già passati quasi 50 minuti, il tributo ha raggiunto il suo scopo in maniera
molteplice, sia per aver dato lustro ad un genere mai domo, sia per avermi
fatto passare un ora di bella musica in totale rilassatezza. Complimenti Aurora
Lunare. MS
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