Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
venerdì 29 aprile 2022
Massimo Dellanilla
MASSIMO DELLANILLA – Riso, Pianto E
Disincanto
lunedì 25 aprile 2022
G - Delic
G-DELIC – Magish
Autoproduzione
Genere: Space Rock – Psichedelia
Supporto: digital - 2022
Personalmente
nutro una grande debolezza per la psichedelia in senso generale, sia quella
derivativa dal sound Pink Floyd, sia quella cosmica o trascinante degli Hawkwind,
ma chi nella mia formazione culturale ha tracciato un solco indelebile nei
primi anni ’90 sono stati i Porcupine Tree del prolifico Steven Wilson e chi mi
conosce bene questo, lo sa. Qui mi si è aperto un altro mondo, buone melodie
associate a riff ipnotici, battenti oltre che eterei.
Vengo a
conoscenza in Italia di una band che a sua volta mi colpisce in tal senso, si
chiama No Sound, con Giancarlo Erra nella cabina di pilotaggio. A tal riguardo nel
tempo riesco a trovare realtà che altrettanto m’intrigano, come ad esempio i Metronhomme
o gli Aldi Dallo Spazio e in cattedra i Karmamoi di Daniele Giovannoni, insomma
il genere è vivo, anche se poi non molto frequentato da tantissimi fans. C’, è
anche un’altra band che stupisce per inventiva e genialità, questa si chiama
Pelikan Milk, spesso recensita anche dal sottoscritto, è la band di Alex
Savelli. Savelli è un nostro genio, sempre disposto a sfornare soluzioni differenti,
un onnivoro musicale che spazia dal Jazz al cantautorato passando anche per la
psichedelia e il Prog. In alcune delle sue registrazioni si trova al suo fianco
il polistrumentista Gabriele Tosti, in arte G-Delic e proprio di lui che vado a
parlare.
Con “Magish”
il musicista romano è al secondo album in studio dopo “G-Delic In Space”
dell’ormai lontano 2007. Il disco composto da otto movimenti è registrato al Planet
Utopia Studio e nel percorso sonoro possiamo anche ascoltare la voce della
special guest Eleonora Tosti, precisamente nel brano “Shazir”. L’artwork anche
lui molto intrigante è per opera di Elio Tosti e Mail Tosti per il design.
Già dalle
prime note di “Orirides” si decolla per un trip pindarico in cui
l’estraniazione dal mondo è facilmente attuabile. Mi vengono in mente gli Øresund
Space Collective e i Ozric Tentacles, a pieno titolo! Ancora più intensa e
ricercata è la nominata “Shazir” dove un ritmo insistente ci rende molto
difficoltosa la possibilità di restare fermi durante l’ascolto. Suoni dalla
cadenza arabeggiante sono sottolineati dalle coralità di Eleonora. Si ritorna
nello spazio con “Space Flower”, quasi un intro che si potrebbe anche ascoltare
nei primi album dei francesi Rockets negli anni ’80. Ovviamente nessuna
correlazione, la sottolineatura sta solamente a far intendere il tipo di sound.
La chitarra è protagonista. Ed ecco a seguire la title track, “Magish”, qui c’è
tutta l’anima e la cultura musicale di G-Delic, un andamento sornione che ti
accalappia e nuovamente ti esterna da questo mondo traslandoci direttamente in
un'altra dimensione. Se potete passarmi il termine, “Awan” risulta più
commerciale, grazie alla drum machine in evidenza (a tratti anche Dub) con un
insieme di soluzioni che tendono a far ballare. “Morning Trip” nel titolo ha la
soluzione, così come “In The Out And In”, questa volta però ci troviamo in
pieno territorio Pink Floyd primissimi anni ’70. Questa mini suite di quasi
dieci minuti non a caso è uno dei brani dell’album che più ho apprezzato.
Natura,
acqua, uccelli e suoni nella conclusiva “Peace Forest” dove una voce maschile
intona un canto quasi tribale per immergerci totalmente in questo contesto. La
chitarra è colei che traccia le melodie durante l’ascolto.
La
psichedelia di G-Delic è delicata e gentile, ha sempre una coccola sonora da
fare senza spingere troppo sull’acceleratore dell’ alienazione. Il merito di “
Magish” è proprio questo, il saper dosare saggiamente le sonorità a favore di
un coinvolgimento mentale e fisico appagante. Mind in flight. MS
sabato 16 aprile 2022
Cristiano Coppa
CRISTIANO
COPPA – Prayer In The Battlefield
Autoproduzione
Genere : Heavy Metal
Supporto: digital – Spotify – 2022
L’Heavy
Metal è sempre stato tacciato nel tempo in maniera superficiale da molti come
un genere statico e senza futuro. Mi ricordo ancora oggi perfettamente le
riviste addette ai lavori degli anni ’80 e i giornalisti anche di fama,
sentenziare che il Metal avrebbe avuto un futuro breve, una moda passeggera
perché non trattasi di musica, bensì di rumore. Per fortuna sono esistite
alcune riviste che invece hanno supportato il movimento. Cosa invece sia
accaduto nel tempo è l’esatto contrario di quanto esternato da questi signori
critici. Siamo nel 2022 e l’Heavy Metal non soltanto ha ottima salute, ma si è
ramificato in numerosissimi sottogeneri, a testimonianza che il metallaro stesso
non è chiuso di mente, al contrario accetta di buon grado le contaminazioni e
le condivide. Possiamo elencare una lista lunghissima di generi a partire dal
Thrash Metal, al Death, al Doom, Black, Progressive, Grunge, Nu etc. etc. Fra
questi esiste anche il Christian Metal, detto anche White Metal. In Italia fra
i maggiori esponenti di spicco posso nominare i siciliani Metatrone, Hypersonic
oppure i toscani Inside Mankind, o i lombardi Timesword, Seven Horizons e così
via regione per regione. Anche all’estero il genere ha esempi nobili, sempre
negli anni ’80 fra i primi troviamo gli americani Stryper o i Deliverance, Vengeance
Rising e altre centinaia di band che lascio alla vostra ricerca se siete
curiosi.
Quindi
oltre che alla famigerata musica del diavolo esiste anche la musica di Dio.
Nella
regione Marche il fenomeno Heavy Metal è ben rappresentato sin dai tempi della
nascita del genere, Gunfire, Centurion, Kurnalcool, Hydra a seguire i fabrianesi
Death Riders oggi Walls Of Babylon. Proprio nei Death Riders ha militato il
musicista Cristiano Coppa, ora chitarrista ma nel periodo 2001 – 2010 ha
ricoperto il ruolo al basso. Coppa è di Jesi ed è insegnante di religione. Successivamente
ai Death Riders ha militato con la band Christian Rock "The Branches"
di Jesi. Oggi si getta in questa nuova esperienza da solista con l’EP solista
intitolato “Prayer In The Battlefield”. Con lui un altro artista del
fabrianese, Sauro Mori (Hellcome) che ricopre il ruolo del tutto fare:
batteria, basso, chitarre, tastiere, arrangiamenti, registrazione e mixaggio. Completano
i crediti altri due special guest, Federico Mori al basso nel brano “Nella
Lotta” e Nadia Girolamini voce in “Ashen Eyes”, “In The Heart Of Time”, e
“Prayer In The Battlefield”.
Le
tematiche sono profonde e narrano le vicissitudini della storia umana impegnata
nell’eterna lotta fra il bene e il male, una battaglia infinita. Bene è
rappresentato il concetto nella copertina del disco per opera di Pietro
Nicusanti, Giuseppe Asciolla e Giacomo Bussaglia.
I
sette brani iniziano con l’immancabile intro intitolato “Open Wounds”, dove la
chitarra acustica di Coppa trasmette sofferenza ma anche guarigione e quindi
rinascita. Spetta a “Shine” aprire le danze elettriche, un brano dalle marcate caratteristiche
Power Metal ma quando meno te lo aspetti si apre verso il Metal Progressive con
buoni assolo di chitarra e arrangiamenti vari. Qui il testo tratta di un uomo
che nella difficoltà della vita, chiede aiuto a Dio. Unico pezzo cantato invece
in lingua italiana è “Nella Lotta”, maggiormente vigoroso ma con un ritornello
davvero melodioso, la chiave della musica di Coppa risiede proprio nel buon uso
delle armonie, sempre gradevoli e facili da memorizzare.
Amore
e dolore sono facce della stessa medaglia e l’argomento è approfondito nella
ballata “Ashen Eyes”, ovviamente toccante e malinconicamente sentita.
Nuovamente le chitarre elettriche si evidenziano positivamente durante l’assolo
finale. Tornano le rasoiate in “Don’t Fear The Storm”, esperienza fra amici
passata a risalire il monte sacro che in tante religioni e filosofie
rappresenta il cammino verso la verità, la liberazione. Il messaggio è che nel
farlo non si è mai da soli. Qui è territorio Heavy Metal puro, qualcosa nelle
coralità mi ricorda molto gli Iced Earth. In “In The Heart Of Time” si parla della
vita dopo la morte ed è bello vedere uscire questo EP proprio in questi giorni
di Pasqua. Ancora chitarra acustica e suoni gentili accolgono l’anima dell’ascoltatore.
Le voci femminili nelle coralità impreziosiscono l’enfasi del brano. Per chi
ama il Metal dico che potrebbe risiedere nella discografia dei
Blind Guardian, ovviamente in quelli acustici.
La
title track chiude l’EP, essa è un movimento dal sapore medioevale dove una voce
femminile si sostituisce a quella di un menestrello narrante sogni infranti, ma
la cavalcata Metal è dietro l’angolo, un brano che dimostra potenza e speranza.
Cristiano
Coppa così si presenta da solista nel mondo della musica, un esordio a mio
avviso più che lodevole, a dimostrazione che il passato dell’artista è stato
utile per la formazione del carattere musicale. Per chi ama questo tipo di
Metal c’è davvero molto da ascoltare e tanti buoni arrangiamenti, una musica a
tratti cinematografica.
Cristiano
Coppa, nel nome il proprio cammino. MS
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giovedì 14 aprile 2022
The Rome Pro(g)ject
THE
ROME PRO(G)JECT – V – Compendium Of A Lifetime
Autoproduzione TRP
Genere: Progressive Rock Sinfonico
Supporto: cd – 2022
Per
un amante del Progressive Rock classico, ascoltare ogni lavoro dei The Rome
Pro(g)ject è sempre un piacere. Dico questo perché al suo interno navigano
musicisti non solo famosi, ma anche preparati. Vincenzo Ricca è l’artefice del
progetto e si circonda sempre di special guest, soltanto due fanno sempre parte
della lista, ossia Steve Hackett ex chitarrista dei Genesis e David Jackson ai
fiati (Van Der Graaf Generator). Basterebbero solo questi due nomi per attirare
l’attenzione sul prodotto, ma le sorprese non finiscono qui, si esibiscono alternandosi
nei brani anche John Hackett, Bernardo Lanzetti, Tony Levin, Nick Magnus, Frank
Carducci, Tony Patterson, Daniele Pomo, Paolo Ricca e Roberto Vitelli.
Parlare
del tastierista Vincenzo Ricca è un’impresa titanica, perché la carriera che ha
percorso dagli anni ’80 a oggi è davvero colma di realizzazioni, fra colonne
sonore, sigle televisive in RAI, dischi, Radio RAI e molto altro ancora. Ha
collaborato con Folco Quilici, per la Nuova Fonit Cetra incide i suoi primi tre
cd di sonorizzazione (“Argomenti” – “Medioevo, Rinascimento e ‘700” –
“Americhe”) e un suo brano è stato anche interpretato da Katia Riccarelli.
Ecco, questo a grandi linee è il curriculum di Ricca, ma quello che a noi
interessa maggiormente è il progetto The Rome Pro(g)ject, con il quale incide
cinque album compreso quest’ultimo “V – Compendium Of A Lifetime”. Da sempre la
critica di settore ha dimostrato di apprezzare ogni lavoro, a iniziare da “The
Rome Pro(G)ject” del 2012. Seguiranno
“Of Fate And Glory” (2016), “Exegi Monumentum Aere Perennius” (2017), e “IV -
Beaten Paths Different Ways” (2020).
Chi
è veramente cultore della musica, ama tutto quello che circonda un disco, ossia
la qualità sonora e l’artwork in primis, spesso negli ultimi anni troppo
trascurato dagli artisti stessi in quanto si è puntato di più sulla musica liquida
che su questa solida, con ciò voglio rimarcare il bellissimo libretto che
accompagna il cd in versione cartonata. All’interno si possono vedere dipinti,
le fotografie dei musicisti partecipanti oltre che i testi.
Questo
disco consentitemi di chiamarlo più opera, in quanto il lavoro certosino che lo
consolida è sicuramente da rimarcare.
Otto
le tracce che lo compongono, compresa una nona finale bonus track del 2021.
Come spesso accade il primo brano è un intro, qui intitolato “V”, aperto
sontuosamente da un organo imponente che lascia spazio alla roboante batteria
di Daniele Pomo. Il Prog anni ’70 fa capolino immediatamente, nella fattispecie
ha le vesti dei Genesis, il mellotron pone la propria valenza e il disco si
apre con enfasi. Ed è subito mini suite con “Compendium Of A Lifetime”,
chitarra e flauto dialogano fra di loro, la chitarra elettrica di Steve Hackett
fa venire i brividi per come solo lui sa adoperare, sembra quasi che ragioni sopra
ogni nota, a volte sostenendola altre suonando con dolcezza. Franck Carducci al
basso esegue un lavoro ineccepibile, così i fiati di David Jackson. La parte
vocale è lasciata a Bernardo Lanzetti e il tempo sembra fermarsi.
“Vesuvius”
è una vera e propria opera strumentale seppur breve, una fotografia su Pompei.
Questa volta è la chitarra di Paolo Ricca a impreziosire le melodie. La voce di
Tony Patterson inizia “The Last Night In The World” e subito sembra di trovarci
al cospetto di Peter Gabriel. Questo è uno dei brani che ho apprezzato
maggiormente, per le armonie, l’enfasi, e il carattere. L’assolo sostenuto di
Hackett mi fa volare nel tempo ancora una volta. Con il basso di Tony Levin
(Peter Gabriel, King Crimson) è la volta di “Have Caesar!”, uno strumentale che
riconduce direttamente nell’antica Roma, così come “Morituri Te Salutant”, “Gladiatores”
e “Have Caesar! (Reprise)” in definitiva tutti questi movimenti possono
considerarsi a tutti gli effetti una suite. Anche la bonus track “Exegi
Monvmentvm 2021” emoziona fortemente, un lento strumentale dove ognuno mette il
cuore mentre passeggia nel Prog.
Il
potere di questa musica è proprio quello di farci estraniare dal mondo che ci
circonda, un turbinio di emozioni che si accavallano proprio come i strumenti
dei protagonisti che di certo non si sono risparmiati nelle esecuzioni. Un
disco professionale, colto, adatto a un pubblico preparato e attento perché
certi passaggi vanno assaporati con consapevolezza. Il Prog scusate se lo dico
ma non è per tutti, oggi la musica si ascolta troppo distrattamente e di certo
questo va a cozzare con l’appartenenza del genere in questione. Certo è che può
piacere a tanti, perché no anche a neofiti che per fortuna si aggiungono sempre
di volta in volta nel tempo, tuttavia qui dentro c’è molta storia che parte dai
Genesis, passando per i Van Der Graaf Generator fino ad arrivare alla nostra PFM.
Musica per la mente, è stato mai detto? Complimenti a Vincenzo Ricca per questo
ennesimo gioiello sonoro. MS
Saints Trade
SAINTS TRADE – The Golden Cage
Art Of Melody Music / Burning Minds Music Group
Genere: Hard Rock
Supporto: cd – 2022
Siamo
sinceri, il periodo interminabile del lockdown che abbiamo passato ci ha
davvero stressato la vita, restrizioni varie hanno impedito soprattutto agli
artisti di proporsi dal vivo con danni economici enormi per chi vive di musica.
Un lato positivo tuttavia c’è stato, molti hanno composto nelle quattro mura,
una valvola di sfogo che in certi casi ha dato anche vita a buoni risultati.
Parlare dei Saints Trade è parlare di Hard Rock e questo genere ha un habitat
che non è quello delle stanze, ma dei palchi, della strada, della folla, l’Hard
Rock è vita. Può piacere o no, ma di certo la purezza sulla quale si sorregge
questo stile non va scalfita, più che purezza aggiungerei sincerità. Chi suona
Hard Rock e anche coloro che lo seguono sa bene cosa significa tutto questo.
Il
trio Saints Trade è sempre formato da Santi Libra (voce), Andrea Sangermano
(basso) e Claus (chitarre), così come nel precedente “Time To Be Heroes”
dell’anno 2019, si avvalgono del supporto di special guest: Paolo Caridi
(batteria), Pier Mazzini (tastiere) e Roberto Priori (assolo di chitarra nel
brano “Once And For All”). I bolognesi in “The Golden Cage” ci propongono
undici canzoni registrate, mixate e masterizzate ai Pri Studio di Roberto
Priori, lo sottolineo perché la qualità sonora ben si sposa con le sonorità
grezze del genere proposto.
Tutte
le canzoni solo raramente superano i quattro minuti, a testimonianza di una
snella capacità di badare al sodo, al divertimento, come sa trascinare
“Neverland” grazie al ritornello ruffiano e perfetto per una riuscita live
coinvolgente. Si apre con enfasi “Break The Chain”, la prova vocale è giusta
per la musica proposta, senza strafare. Questa canzone potrebbe risiedere
tranquillamente anche in un disco degli Scorpions.
Sale
il ritmo con “Casino Royale”, singolo estratto del quale è girato anche il
video. Tutte le canzoni godono di un breve assolo di chitarra, sicuramente un
piacere aggiunto all’ascolto. “That’s What I Know” ha un intro iniziale che mi
rimanda ai Saxon di fine anni ’80 per poi proseguire con vivacità e un
ritornello corale ancora una volta atto alla sede live. Una ballata coglie
l’ascoltatore quasi a metà del disco, “Stay With Me” è un mix fra Bon Jovi e
Scorpions tanto per rendere l’idea. Musica semplice e diretta, da ascoltare
sicuramente ad alto volume. Ho parlato nell’intro della recensione di lockdown,
e lo fanno anche i Saints Trade in “Lockdown Blues”, il Blues si fonde con
l’Hard Rock come hanno fatto gli AC/DC per quasi cinquanta anni. Un altro riff
indovinato apre “Mirror Of Myself”, canzone che nulla toglie e neppure aggiunge
a quanto detto sino ad ora. Effetti elettronici invece introducono “Once And
For All”, altra impennata alla Saxon con il ritornello inevitabilmente da
cantare assieme a loro. “Together We Stand” è un’altra ballata, a mio gusto
personale anche superiore alla precedente, qui l’assolo di chitarra è coinvolgente.
Ruffiana “Double Trouble”, dalle potenzialità d’ipotetico secondo singolo,
quando il trio parte in coralità, l’effetto è decisamente interessante. La
chiusura spetta a “Born To Do (What I Want)” e lo fa con energia.
I
Saints Trade con “The Golden Cage” dimostrano un’ulteriore crescita, una
maturazione dovuta a mio avviso anche alla buona amalgama fra i musicisti i
quali si conoscono a memoria e si divertono, così anche noi! MS
domenica 10 aprile 2022
Moonwagon
MOONWAGON
- The Efficient Use Of Space
Presence
Records
Genere: Rock Progressive – Strumentale
– Psichedelico
Supporto: cd – 2022
Attendevo
con ansia l’uscita del nuovo disco dei finlandesi Moonwagon, questo
semplicemente perché sono un amante della musica Rock supportata da buone
chitarre, tastiere e un pizzico di Psichedelia, quella che ti fa ritornare
indietro nel tempo a quegli anni ’60, ’70 quando tutto era una scoperta.
Il
Progressive Rock condito di Psichedelia è musica per il corpo, che ti prende,
ti ricarica, e ti fa muovere al suo ritmo in maniera ariosa e incontrollata. I
Moonwagon si divertono a suonare, sono musicisti che conoscono gli strumenti e
sanno qual è il confine fra il tecnicismo esasperante e la giusta esibizione, un
sottile filo che traccia un segno oltrepassato il quale tutto l’ascolto diventa
molto pesante.
Si
fondano nel 2008 a Kokkola e sono in origine quattro elementi, oggi ridotti a trio
con Joni Tiala (chitarra, sintetizzatore, pianoforte, voce), Janne Ylikorpi (basso,
sintetizzatore), e Jani Korpi (batteria, cori). “The Efficient Use Of Space” è
il quarto album in studio senza contare il live del 2018 intitolato “Zen Out Of
Ten – Live”. L’album d’esordio datato 2010 “Night Dust” li mette subito sotto l’attenzione
del grande pubblico perché diretto, coinvolgente e furbescamente nostalgico,
avvinghiato ai tempi che furono. Ciò accade per tutti i loro dischi nel tempo, infatti,
la media delle recensioni e dei voti che ricevono dagli addetti ai lavori, è
sempre elevata e aggiungo io anche meritata. Rispettano dunque uno standard
qualitativo alto, anche in questo “The Efficient Use Of Space”, dove potete
ascoltare dieci canzoni che fanno volare sul “carro della luna”.
“Banzai
Boogie” mette immediatamente le carte in tavola, l’energia sprigionata
racchiude le intenzioni del trio, guai ascoltare e restare fermi, impossibile.
Due i nomi ai quali possiamo accostare come stile i Moonwagon, ossia gli Hidria
Spacefolk e Hypnos 69. Un arpeggio di chitarra inizia “Far Apart”, un movimento
ciclico di riff è raggiunto dalle tastiere per far volare l’ascolto nello Space
Rock. La musica ipnotizza ma quando ci siamo abituati a un andamento, il ritmo
e la situazione muta, ecco il motivo per cui ho relegato la band anche nel
Progressive Rock. Ciò che mi fa apprezzare la musica dei finlandesi sono le
parti di chitarra, protagonista sì ma con garbo, ascoltate “Waiting For
Tomorrow” per avere l’idea del mio concetto. “Left Dangling” lascia invece il
testimone alle tastiere, ecco il variegare che mi piace, quello che fa scorrere
l’ascolto di un album senza mai annoiare. “Neverending Sky” è scritta per il
basso, strumento ancora poco nominato nel corso del cammino sonoro. Non che qui
faccia qualcosa di straordinario, ma un breve assolo lo presenta con
semplicità. La breve “Strange Encounters” accompagna verso “Nights Of Neon”,
qui gli anni ’70 ci colpiscono in faccia come un pugno, anche disco dance! “Northern
Secrets” invece spezza nuovamente l’ascolto, riportando lo stile Moonwagon nei
ranghi. “Smoke & Mirrors” con i quasi undici minuti è una mini suite dove tutte
le capacità tecniche dei singoli componenti fuoriescono con forza, comprese le
caratteristiche culturali, a dimostrazione che il trio è giovane, ma conosce
molto bene la storia della musica. “Orbits” chiude in modo spaziale il disco,
grazie al piano e al vento che lo accompagna (qualcosa dei Pink Floyd si
avverte).
“The
Efficient Use Of Space” è prettamente un disco strumentale, un ulteriore
gradevole tassello nella Psichedelia di classe, dove ci sembra di volare ma
senza mai perdere il controllo. Tutto è ponderato e in qualche maniera
rassicurante, un territorio che potrebbe piacere anche a chi non si è mai
approcciato a questo tipo di sonorità. Consigliatissimo! MS
sabato 9 aprile 2022
Kalle Wallner
KALLE
WALLNER – Voices
Gentle
Art of Music
Genere: Rock – Virtuoso-
Progressive Rock
Supporto: Digital – 2022
Il
chitarrista Tedesco Kalle Wallner è la “W” del logo RPWL, band famosa nel
genere Progressive Rock per essere dedita a un sound Pink Floyd e Genesis nel
circuito mondiale. Se Andiamo a vedere, i componenti stessi della band RPWL
sembrano essersi presi un attimo di pausa dalla band madre, addentrandosi o in
collaborazioni o in album solisti. Una pausa è sempre rigenerativa, non
soltanto per l’energia che la musica espelle, ma è soprattutto una sorta di reset,
dove una volta espresse le proprie idee, si hanno voglia e desiderio di
ritrovarsi ancora insieme per crearne delle nuove. Si è visto negli anni con
tutti i gruppi di grandi artisti a iniziare dai Genesis ai Pink Floyd e a chi
volete voi con la vostra curiosità e l’amico Google.
Kalle
è al suo esordio da solista e per realizzare “Voice” si avvale di special
guest. Nomi come Marco Minnemann (batteria), Arno Menses (voce), Tancy (voce) e
l’amico RPWL Yogi Lang (tastiere), fanno intendere la caratura della tecnica
proposta. I nomi sono importanti, così come le canzoni contenute nell’album che
sono sette, ognuna con il titolo della cifra che la colloca nel contesto, ossia
“One”, “Two”, “Three” etc.
Come
spesso si dice in gergo, molta la carne al fuoco a iniziare dal Rock vigoroso
di “One” dove la chitarra è assolutamente la protagonista. Un riff Rock è
cadenzato nell’incedere, ma gli effetti elettronici programmati da Lang donano
un fascino particolare e non a caso durante l’ascolto potrebbero salire alla
mente i Muse. La melodia è indovinata, facile da ricordare e quindi si può
addirittura fischiettare, cosa che nei brani di artisti solisti di chitarra
elettrica è quantomeno rara. Ancora Rock in “Two”, anzi lo definirei più Hard
Rock. Semplice e diretto con arpeggi che spezzano le vibrazioni elettriche
“Two” spiega anche bene la provenienza di Kalle, qui, infatti, il sound RPWL è
maggiormente marcato.
Senza
mai gettarsi in inutili tecnicismi, il chitarrista procede il percorso sonoro
in “Three” questa volta con l’ausilio della voce di Arno Menses. Ora siamo al
100% in un album della band madre. Ancora elettronica programmata nell’inizio
di “Four”, qui il ritorno verso l’Hard Rock e al ritmo cadenzato esprime
chiaramente l’amore per i riff forti e semplici, con aperture ampie che danno
adito a un ascolto dall’ampio respiro. “Five” è ancora una volta genuina oltre
che la più breve dell’album. “Six” è la mia preferita, maggiormente riflessiva
e ricercata, con un assolo centrale spaziale e psichedelico. Un brano vero e
proprio di Progressive Rock. La conclusione è affidata a “Seven Out”, altra
semi-ballata da fischiettare per la riuscita delle melodie.
Quello
che un attento lettore potrebbe aver notato in questa mia recensione è il fatto
che non ho mai paragonato la chitarra di Wallner a quella di David Gilmour
(Pink Floyd), questo sta significando che il musicista non ha ripreso il
percorso RPWL, bensì ha scritto materiale che veste a pelle esclusivamente la
sua personalità, questo fa di lui un vero musicista dal forte carattere. La
valvola di sfogo ha prodotto il suo scopo? Chissà se RPWL tornerà più sulle
scene, intanto godiamoci questo disco che non ha grandi picchi emotivi, ma
sicuramente è infarcito di buone canzoni. MS
domenica 3 aprile 2022
Zolder Ellipsis
ZOLDER
ELLIPSIS - Entropy Override
Lizard
Records – Open Mind
Genere:
Jazz, Rock, Avantgarde, Prog Rock
Supporto: cd – 2022
L’evoluzione
passa attraverso l’infrazione della regola, questa frase l’ha sposata un certo
Frank Zappa e la musica mondiale ha ringraziato questo fenomenale chitarrista.
Tutto ciò che al momento non è capito, ossia l’osare, lo stravolgere, l’estro,
con gli anni trova una sua giusta posizione. Il tempo come si dice in gergo è
galantuomo, se tu oggi crei e ti distingui dalla massa stai pur certo che un
domani qualcuno prenderà spunto dalla tua idea magari per migliorarla con la
propria personalità. E’ la legge dell’evoluzione, è un ricevere e un dare.
Chiunque che ha preso uno strumento in mano l’ha fatto perché ha ascoltato
musica di altri. Anche l’ascoltatore non è standard, c’è anche oggi chi dalla
musica vuole qualcosa di più, il piacere di essere travolto da nuove
situazioni. Personalmente mi ritrovo mentalmente in questo filone, cioè amo
essere destabilizzato, mi piace concentrare l’ascolto e lasciarmi travolgere
dal suono non convenzionale. Tutto questo per dire che l’avanguardia nel Prog è
linfa vitale e necessaria, dove da ogni spunto può nascere un’idea per il
futuro.
Zolder
Ellipsis è il progetto iniziale del tastierista americano Tom Aldrich, valvola
di sfogo per il proprio estro, ma che nel tempo si è arricchito di altri
musicisti che a loro volta hanno contribuito attraverso un’invidiabile
alchimia, a rendere il sound coeso e speciale. Compagni di viaggio in “Entropy
Override” sono Sean Moran (chitarra), Chad Langford (basso elettrico e
acustico), Thèo Lanau (batteria) e Ivo Bol (sampler ed elettronica).
L’improvvisazione
gioca un ruolo importante per la causa Zolder Ellipsis e fondamentale è
l’intesa fra i componenti i quali in una settimana d’estate del 2019 realizzano
otto brani che compongono questo debutto. Dentro ogni singola nota si palesa
una grande cultura musicale, non soltanto tecnica, infatti, si possono
estrapolare dall’interno richiami al Jazz, al Metal, e addirittura istanti di musica
greca romana. Le canzoni variano da pochi minuti a mini suite, nell’ascolto si
ha la sensazione di viaggiare nelle montagne russe fra rallentamenti
preoccupanti e discese improvvise. Già dall’iniziale “Craig Gets Reanimated” s’intuisce
la voglia di colloquiare fra gli strumentisti in una sorta di divertente gioco
dove la musica nasce spontaneamente e allegramente. Personalmente ho apprezzato
molto il momento dell’assolo del basso di Langford. Un minuto e poco più di
rumoristica in “Zap Gun”, altro minuto di dissonanze sonore con “Q+A” per poi
addentrarci nella prima mini suite intitolata “Imperial Enlightenmant”. Qui si
ascolta veramente di tutto, dal Jazz all’improvvisazione in stile Area, l’effetto
stereo poi amplifica le sensazioni che si hanno dandoci la sensazione di essere
circondati da suoni a tratti isterici. I musicisti si ascoltano, si aspettano,
si sfidano e si divertono, sappiamo bene poi che il divertimento è contagioso
anche per chi ascolta. Colpiti ai fianchi come in un incontro di pugilato, ci
si appresta caracollanti ad ascoltare “Magnetic Object”, tutta un'altra storia,
due minuti abbondanti di tastiere ed elettronica che fa leggermente rifiatare
prima di immergersi nei nove minuti di “Android Coronation Ball”. Le tematiche cui
s’ispirano gli Zolder Ellipsis riguardano appunto la tecnologia
(specificatamente la robotica) e l’essere degli zombie, proprio a testimonianza
della freddezza a cui questo modo di operare moderno ci sta conducendo. Una
chitarra elettrica inizia il brano in un inquietante e preoccupante intro
nervoso alla King Crimson per poi lanciarsi nell’inevitabile corsa verso un
colloquio strumentale spontaneo, spezzato di tanto in tanto da brevi assolo dei
musicisti. Il colpo di grazia arriva dagli undici minuti di “The Antidote
Game”, inizialmente sorniona ma sappiamo già bene cosa attenderci. Adiacente
giunge la conclusiva “In The Hole”, svisata delle dita di Tom Aldrich sui tasti
d’avorio. L’insegnamento di “Entropy Override” è semplice, come suggerisce
proprio l’etichetta che li ha pubblicati, ossia l’Open Mind: aprite la mente,
lasciatevi contagiare, siate spontanei, osate, la vita è bella per questo, la
monotonia è qui fuori della porta di casa e per stare bene non serve. Non dico
sempre, ma almeno qualche volta proviamoci e qui gli Zolder Ellipsis ci vengono
incontro. MS
Sintesi Del Viaggio Di Es
SINTESI DEL VIAGGIO DI ES - Gli
Alberi Di Stavropol
I Dischi Della Locanda Del Vento –
Lizard Records
Distribuzione:
BTF, GT Music, Pick Up, MaRaCash, Syn-Phonic
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2022
Se
ancora oggi ascoltiamo Progressive Rock Italiano, questo lo dobbiamo anche a
tutte le band che si sono prodigate dagli anni ’80 in poi, ossia quando il
genere non è andato più di moda. Facile fare musica quando si segue una
tendenza di successo, provate a farlo quando questa tendenza non è più in auge.
Si è come dei salmoni controcorrente. Si sa che alla fine se una cosa è
veramente valida, emerge, magari a fatica e nel tempo, ma emerge. Questo è
quello che è accaduto negli anni ’90 al Progressive Rock Italiano, è ritornato
grazie a gruppi che hanno insistito negli anni ’80 come i Nuova Era, Mo.Do,
Aurora Lunare, Arcansiel, Goad, Ezra Winston, Edith, Sithonia e moltissime
altre ancora. Ed è proprio sui Sithonia che mi soffermo, Valerio Roda (basso e
autore di testi e musica) e Marco Giovannini (voce) sono i componenti storici
che danno vita a Bologna nel 2014 al progetto Sintesi Del Viaggio Di Es. Nel
2017 debuttano con “Il Sole Alle Spalle”, album acustico e Folk in perfetto
equilibrio con il Rock, grazie ad esso si fanno conoscere in tutto l’ambiente
lasciando da subito una buonissima impressione che è confermata (e questo già
lo anticipo) da questo nuovo lavoro intitolato “Gli Alberi Di Stavropol”. Il
gruppo è completato da Sauro Musi (chitarra), Maurizio Pezzoli (tastiere),
Eleonora Montenegro (flauto traverso) e Nicola Alberghini (batteria). Durante
il percorso sonoro si avvalgono della partecipazione di alcuni special guest
fra i quali incontriamo con piacere Barbara Rubin al violino nel brano “Andria”
e Maria Grazia Ponziani con l’organetto diatonico in “Grazie Per Gli Anni E Per
I Giorni”.
La
fotografia della copertina è per opera di Andrej Loginov mente le fotografie
della band contenute nel bell’artwork, sono di Marco Capozzi.
Il
flauto dona alla musica Rock un fascino del tutto particolare, personalmente mi
colpisce molto, ritengo sia un evidenziatore di passaggi gentili per l’anima, questo
lo riscontro per l’ennesima volta nell’iniziale “Come Le Foglie (Parte 1). Il
cantautorato si sposa con la musica Prog in maniera elegante, un poco come
hanno saputo fare certe Orme solo per citare un nome popolare. Ed è il caso di
“Gli Alberi Di Stavropol”.
“Regina
In Lacrime” racconta la storia di una regina che descrive un mondo che non
esiste più, la musica bene accompagna la narrazione, sono immagini per la
mente. Il tono sale con “L’Età Dell’Oro” dove anche la chitarra elettrica fa la
voce grande. La band qui mostra le proprie capacità balistiche. Ma è in “Adria”
che l’enfasi sale, il violino di Barbara (già nota al mondo Prog per le sue piacevoli
realizzazioni) coccola l’ascoltatore facendogli ascoltare spontaneamente a
occhi chiusi l’evolversi delle melodie. Ritornano gli alberi di Stavropol in
“Una Nuova Passeggiata”, bel connubio fra chitarra elettrica e mellotron e
quando entra il flauto non posso fare a meno di ricordare altri passaggi Prog
di band svedesi, probabilmente anche per un certo velo di malinconia che
avvolge il tutto. Un'altra coccola giunge da “Come Le Foglie (Parte 2)”, più
precisamente dalla chitarra di Sauro Musi. Con un ritmo cadenzato inizia
“Strade Di Fango”, la musica sottolinea con energia il narrato degli eventi a
Stavropol, città della Russia sud-occidentale occupata dall'Armata Rossa il 29
gennaio 1920 e occupata dall'esercito della Germania nazista durante la seconda
guerra mondiale. Ma il brano che ho maggiormente apprezzato di più in senso generale
è “Grazie Per Gli Anni E Per I Giorni” e non perché sia uno strumentale, ma
proprio per la scelta delle melodie e delle soluzioni adoperate nella
composizione che si avvicina di più al mondo puro del Progressive Rock, quello
storico. A finire c’è la suite “Il Viaggio Di Es”, altra cattedra per le
capacità dei Sintesi Del Viaggio Di Es.
In
conclusione si può dire che il Progressive Rock Italiano nel 2022 può dormire ancora
sonni tranquilli, esso è supportato ancora sia da band storiche che da nuove leve,
in questo caso abbiamo i piedi in due staffe il che raddoppia la sicurezza… E
il piacere. MS
venerdì 1 aprile 2022
The Old Castle
THE
OLD CASTLE – Wistful
Thomas
Barrow Entertainment
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2022
Che
spettacolo il mondo del Progressive Rock, quante volte il genere è stato dato
per finito e quante volte è risorto dalle proprie ceneri, così è per la sorte
di molte band del passato più o meno famose. La musica in generale è questo,
anche se la lasci per un periodo, prima o poi ti viene a cercare e ti assale.
Non è nostalgia, e chi è artista capisce bene cosa intendo, è l’arte che è
parte del nostro DNA che comanda, possono esistere momenti di scarsa
ispirazione oppure quando non giungono risultati si ha inevitabilmente voglia
di rovesciare il carretto, ma tanto prima o poi la lampadina si accende
nuovamente. E’ la vita, e noi siamo umani.
Un
musicista mette sempre a nudo la propria anima, traslandola attraverso i suoni
in pasto al mondo intero. Questa è la storia di moltissimi artisti, ma immagino
sia anche quella di Gabriel Kiss, poliedrico tastierista di Tolentino. Dimostra
sin dagli esordi un grande amore per il genere Prog e precisamente quello più
datato e rivolto verso maestri come
Emerson Lake & Palmer. Tutto questo lo si evince dall’ascolto del buon
esordio intitolato “Working Travellers” del 1995. La musica prodotta è di buona
fattura ed è un peccato che non abbia raggiunto il pubblico a dovere. E’ vero
che nella metà degli anni ’90 il Prog Italiano di certo non è che sta vivendo
il suo momento più splendente, ma in quegli anni comincia a muoversi nuovo
interesse attorno ad esso, anche se
sempre rivolto ad un pubblico di pochi ma fedeli affezionati. Passano
sei anni per poter riascoltare il secondo album “Storie Nascoste”, qui c’è un
approccio differente, la musica si spinge verso un Prog più Pop, in stile primi
Pooh per intenderci. Anche in questo caso il risultato è gradevole, ma siamo
alle solite, l’interesse attorno al mondo The Old Castle sembra aggirarsi
attorno alla sufficienza e nuovamente è un peccato. A questo punto passa un
lunghissimo periodo di assenza, almeno per quello che mi è capitato di
constatare, ma a sorpresa dopo ventuno anni il marchigiano Gabriel Kiss ritorna
al pubblico con questo nuovo album intitolato “Wistful”.
Il
disco è composto da otto canzoni e gli artefici del risultato sono Gabriel Kiss
(tastiere, basso, voce), Stefano Conforti (sax, flauto), Jean Luc Delmonac
(batteria), Roberto Gatta (chitarra in “Black Sunday”), Massimiliano Luciani
(voce in “Mario”), Tonino Monachesi (chitarra in “Mario” e “Return From Fantasy”),
Paolo Pagliari (chitarra e basso in “Angel Fall” e “Hurt My Heart”), e Alberto
Quacquarini (batteria in “Angel Fall”, “Hurt My Heart”, “Il Mare” e “The
Camel”).
Registrate
fra il 2021 ed il 2022 nei Quack Studios, le canzoni sono rimaste congelate
negli anni, e soltanto ora edite in questo album.
Veniamo
alla musica, essa si barcamena fra Prog e canzone, ad iniziare dalla vigorosa
“Return From Fantasy” dove le fughe di tastiera e chitarra ci gettano anima e
corpo negli anni ’70. Le parti cantate
riportano ai Van Der Graaf Generator. Il flauto di “Mario” ci presenta
un ambiente più ricercato, almeno nella ritmica ma relegato al mondo del Folk e
del passato. La voce impostata di Luciani dona enfasi mentre effetti sonori lo
impreziosiscono. Come tradizione Prog insegna,
il brano si lancia nel proseguo in un incedere differente e strumentale.
La canzone alla maniera di una suite lascia la staffetta a “Angel Fall”,
orecchiabile, decisamente da singolo dell’album. In essa aperture quasi AOR
soprattutto nel
ritornello oltre che rimembranze IQ ed un assolo di chitarra in stile Rainbow.
“Interlude For Jacky” è un breve ed affascinante assolo di tastiere di poco più
di un minuto, a seguire “Hurt My Heart” che prosegue nel binario di “Angel
Fall”, Rock e AOR pur mantenendo salde alcune prerogative Prog (qualcuno ha
detto Toto? Perché no). Qui anche adeguate coralità. Il sax di Conforti è
importante per “Il Mare”, canzone che ritengo la più interessante dell’album,
qui c’è la voglia di Gabriel Kiss di portare in musica certe immagini
naturalistiche. Lo strumentale ha anche passaggi antichi all’interno, quasi
medievali, ma in realtà qui c’è tutta la passione del tastierista per Keith
Emerson, un ritorno al passato The Old Castle. Come dicevo nel preambolo, è la
musica che prima o poi ti viene a cercare se ce l’hai nel DNA. A questo punto
dell’ascolto c’è un brano tratto dal precedente album “Storie Nascoste”, ossia
“Black Sunday (Giornate)”, un bel classico The Old Castle ricco di belle
sonorità, garbate e raffinate.
Il
disco si conclude con “The Camel” dove l’incedere iniziale lascia spazio a
motivi Jazz per poi svisare nel classicismo. Ottima dunque la prova pianistica
a dimostrazione della sicura tecnica individuale di Gabriel Kiss.
Consiglio
solo di porre più attenzione alle parti vocali che non sempre si trovano
all’altezza del brano (ad esempio in “The Camel” sono buone), ma sono
particolari che non intaccano il fascino di questo album che spero non faccia
nuovamente la strada dei precedenti perché The Old Castle merita sicuramente più
rispetto di tanti altri album maggiormente blasonati ma privi di anima. In
“Wistful” c’è tanta sincerità ed amore, esse trasudano da ogni nota. MS
Per ricevere il prodotto contattare info@the-old-castle.com
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