Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
lunedì 17 agosto 2020
Oteme
OTEME – Un Saluto Alle Nuvole
martedì 11 agosto 2020
Røsenkreütz
RØSENKREÜTZ - Divide Et Impera
Andromeda Relix / Opal Arts
Distribuzione: G.T. Music
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2020
Dai
tempi dell’antica Roma si sa che “Divide Et Impera” (dividi e comanda) è un
detto su cui un tiranno può fare ciecamente affidamento. Quando un popolo è
diviso, distratto dalle rivalità interne e dalle discordie, il governatore può
dormire sonni tranquilli e fare ciò che meglio crede. Oggi nel 2020 ancora
questo detto non è intaccato da un filo di ruggine.
Lo
sa bene anche Fabio Serra, autore del gruppo Røsenkreütz. Inizialmente nato
come progetto solista, oggi si avvale di musicisti come Massimo Piubelli
(voce), Gianni Sabbioni (basso), Gianni Brunelli (batteria), Carlo Soliman
(tastiere) e Eva Impellizzeri (viola, tastiere, cori), mentre Fabio Serra ne è
chitarrista, tastierista, bassista e cantante.
Il
tema del concept è quindi il controllo nel senso più ampio del termine, otto
canzoni nel quale esso viene osservato, studiato, raccontato.
“Divide
Et Impera” giunge dopo sei anni dall’esordio di “Back To The Star”, edito
sempre dall’Andromeda Relix. La musica è ancora una volta rivolta al Crossover
Prog, fra classico e moderno. Lo scatto di Christophe Dessaigne è la copertina
dell’album presentato in edizione cartonata con un ricco libretto di venti
facciate, impreziosito dalla grafica suggestiva delle immagini di Lara Zanardi.
Ciò
che si nota sin dal primo ascolto di “Freefall, brano che apre l’album, è
l’ottima qualità sonora. Il sound può ricondurre a quello dei Kaipa con una
lieve tendenza verso il Neo Prog. Molto orecchiabile e bene eseguito. Le
tastiere mettono gioia, così il ritmo spezzato mentre la chitarra elettrica ci
regala un buon assolo.
“Imaginary
Friend” può risedere anche nella discografia dei primi Spock’s Beard con
innesti anni ‘80, non a caso siamo nel Crossover Prog. La viola di Eva
Impellizzeri dona un tocco di classicità che non guasta, ma quello che
nuovamente colpisce l’ascolto è la melodia orecchiabile, di sicuro alla fine
dell’ascolto qualcosa in testa rimane. Massimo Piubelli (anche Methodica) al
microfono se la cava ottimamente, con professionalità. Dopo tanto ritmo un
momento riflessivo coglie l’ascoltatore in “The Candle In The Glass”, una
ballata con la chitarra tirata in modalità primi Porcupine Tree.
“I
Know I Know” fa un balzo indietro nel tempo, andando a rovistare nella
Psichedelia Hard Rock degli anni ’70 mentre “Aurelia” è una dolce ballata molto
sentita e di carattere, come ad esempio certi Queensryche hanno saputo
raccontare. “True Lise” è il brano più breve del disco con i suoi quasi sei
minuti, composizione che nel ritornello ha molto dei Toto. “Sorry And…” cela
fra le note tanta storia, ma il brano che più colpisce per coralità di suoni e
di stili è il conclusivo “The Collector”, una mini suite di 15 minuti che sa
come intrattenere, fra suoni elettrici, Nero Prog stile Arena, melodie
accalappianti e personalità.
I
Røsenkreütz hanno fatto un grande passo in avanti rispetto il buon esordio,
Fabio Serra si dimostra ottimo compositore oltre che un polistrumentista
preparato. Il Prog è trattato con i guanti, così l’Hard Rock e tutto ciò di cui ho narrato. Un insieme che
lascia appagati al termine dell’ascolto, un altro pregio consiste nella
scorrevolezza dell’insieme, mai un momento di calo, l’attenzione è sempre alta.
Un disco che può piacere a molti di coloro che amano le buone melodie senza
limitazioni di stili. “Divide Et Impera” è in definitiva un disco onesto e
professionale che anche molti dall’estero potrebbero invidiarci. MS
lunedì 10 agosto 2020
In-Side
IN-SIDE
– Life
Andromeda
Relix – Snooky Records
Genere: AOR
Supporto: cd – 2020
La
mia non più giovane età, mi porta a ricordare gli anni ’80 con estrema
precisione, avendoli vissuti con consapevolezza. Si, la Discomusic è al centro
dell’attenzione dal 1978 con “La Febbre Del Sabato Sera”, il Punk esplode, la
New Wave è il genere più in voga, ma nello stesso tempo si forma la NWOBHM (New
Wave Or British Heavy Metal), che verrà in poco tempo abbreviata in Heavy
Metal. Questa nuova generazione di capelloni si differenzia da quella degli
anni ’70 per la musica ascoltata, un suono nuovo misto fra Punk e Hard Rock,
sulle ali del successo di band come Saxon, Iron Maiden, Motorhead e così di moltissime
altre. Un suono potente, quasi un frastuono per le orecchie degli ascoltatori
anni ’80, così tanto che i giornalisti dell’epoca sentenziano drasticamente in
una breve vita del genere proprio a causa di questo estremismo sonoro. Mai
profezia fu più sbagliata di questa, paragonabile alla classica “Fine del
mondo”, mille volte annunciata e mai avvenuta dei Maja. Il genere è arrivato
sino ai giorni nostri più in salute che mai, addirittura si è fatto portavoce
di sperimentazione e nuovi innesti, paradossalmente più del Progressive Rock
stesso, per antonomasia il coraggioso e colto genere della storia del Rock.
Dunque nel tempo il Metal si evolve e si dirama. Negli anni ’80 parte il Power,
il Thrash, e poi a seguire il Death, il Doom, il Black etc. ma anche una
corrente decisamente più orecchiabile e gustosa, dotata di grande tecnica
strumentale e di ottime voci, prima del Progressive Metal, essa si chiama AOR (album-oriented
radio). I gruppi più famosi che lo rappresentano sono Toto, Journey, Alan
Parson Project, Gotthard, Asia, Europe, Survivor etc etc
Un
Metal orecchiabile, radiofonico, con pezzi da cantare a squarciagola, tastiere
e voci limpide, ebbene l’AOR non senza fatica dettata da alti e bassi nel corso
degli anni, giunge sino ai nostri giorni ed anche in Italia con grande dignità.
Molte le band nostrane che si cimentano in questo stile, una di queste si
chiama In-Side.
Si
formano nel 2017 a Torino, da un idea del tastierista e compositore Saal
Richmond (Salvatore Giacomoantonio). L’album d’esordio risale al 2017 e porta
il titolo di “Out-Side” sempre per l’etichetta Andromeda Relix.
In
“Life assieme a Saal suonano Abramo De Cillis (chitarra), Beppe Jago Careddu
(voce), Gianni Cuccureddu (basso) e Marzio Francone (batteria e sound
engineering). L’album è formato da otto canzoni tutte di media-lunga durata, stabilizzata
mediamente sui cinque minuti a brano, un concept che tratta avvenimenti di vita
quotidiana.
Il
percorso è netto a partire dalla title track “Life” aperta da tastiere in stile
Europe, un tuffo immediato negli anni ’80 dal quale non si riemerge più sino
alla fine dell’ascolto. Tuttavia si possono riscontrare anche altri stili, come
ad esempio il Pomp Rock e quello più ricercato di Alan Parson. Ma ritornando al
brano, il ritornello non può che essere una vetrina sia per la bellissima voce
di Jago che della capacità di Saal nel comporre canzoni fortemente dall’ampio
respiro. La band è tecnicamente preparatissima, non solo le tastiere sono a
dimostrazione, ma anche una ritmica perfetta e rodata, mentre i solo di
chitarra sono ficcanti al punto giusto. “Trapped In A Memory” è una passeggia
nel Rock con un mid tempo ruffiano e accalappiante.
In
“I Remember” i Toto sono molto presenti ma è a questo punto inutile cercare di
accostare gli In-Side a band maestre, chiaro è che lo stile non esige
deragliamenti. Enfasi in “No Hell”, anche tratti nostalgici che donano fascino
all’insieme. La qualità sonora a cura del batterista Marzio Francone è
eccellente, un piacere anche nel 2020 ascoltare musica con un buon stereo
(Pioneer SA610) ed una pulizia sonora che distingue bene gli strumenti rendendo
l’ascolto quasi tridimensionale. La ballata “Save Your Mind” è canonica, così “Made
Of Stars” che si aggira nell’FM Rock. Il Rock viene nuovamente pompato dalle
tastiere in “Test My Love”, brano molto radiofonico, altra vetrina dei tempi
passati su cui specchiare l’anima. Il disco viene concluso da “Eyes Don’t Lie”,
frangente più lungo dell’intero album (quasi sette minuti) dove tutte le
caratteristiche narrate sino ad ora si palesano in maniera professionale e
godibilissima.
Gli
arrangiamenti sono un altro pezzo forte delle qualità della band che gode nel
risiedere in questo limbo sonoro così caro non soltanto a chi come me ha
vissuto gli anni ’80 con consapevolezza, ma anche a chi fa del Rock uno stile
di vita con classe. Un disco fresco da mandare giù tutto di un colpo per
sentirsi sazi e rinfrescati. MS
domenica 9 agosto 2020
Logos
LOGOS – Sadako E Le Mille Gru Di
CartaAndromeda
Relix – Pick Up records
Genere:
Progressive Rock
Supporto: cd – 2020
Chi
segue con attenzione il Rock Progressivo Italiano (RPI) probabilmente conosce il nome Logos. I
veronesi si formano nel 1996 suonando inizialmente cover di band quali Banco
Del Mutuo Soccorso ed Orme in primis. Ma la qualità compositiva della band ben
presto trova luce e spazio nell’album d’esordio “Logos” del 1999. Inizia la
carriera della band, sempre rispettosa dei suoni curati e raffinati del Progressive
Rock. Segue nel 2001 “Arsava”, altro album autoprodotto che porta il gruppo
all’attenzione dell’Andromeda Relix di Gianni Della Cioppa, la quale produce
nel 2014 il loro terzo album intitolato “L’Enigma Della Vita”, ottimamente
recensito dalla critica e ben accolto dal pubblico. Passo dopo passo, disco
dopo disco, i Logos maturano e portano avanti nel tempo il credo sonoro. Ad
oggi sono formati da Luca Zerman (voce, tastiere), Fabio Gaspari (voce, basso,
chitarra, mandolino), Claudio Antolini (piano, tastiere) e Alessandro
Perbellini (batteria).
Il
cantato è in lingua italiana e racconta la storia triste di Sadako Sasaki,
bambina di Hiroshima che all’età di due anni durante la seconda guerra
mondiale, vede esplodere la bomba atomica nella sua città. 6 agosto 1945, ore
8:14 e 45 secondi del mattino. Riesce a salvarsi, ma ad 11 anni, dopo una
competizione sportiva, è colta da malore. La sentenza dell’ospedale è spietata:
leucemia. Ma Sadako non si arrende, conosce una leggenda giapponese che narra
“Chi piegherà mille gru con la tecnica degli origami, vedrà i propri desideri
esauditi”. La giovane inizia a piegare, ma purtroppo si fermerà a 644. Questo
simbolo di pace verrà portato a conclusione dai suoi amici e da tutti coloro
che sono rimasti colpiti dalla sua storia.
L’artwork
che accompagna il concept è a cura dei Logos stessi e di Claudio Antolini,
esso racchiude le immagini delle opere
di Marica Fasoli e le foto di Jim Kleeman, Alberto e Nicolò Gaspari e Andrea.
All’interno anche la spiegazione degli origami e delle loro tecniche oltre che
ovviamente i testi delle canzoni.
Nella
musica si avvalgono dell’ausilio di special guest, qui famosi nell’ambito come
Elisa Montaldo (voce in “Il Sarto”), Massimo Maoli (chitarra in “Sadako E Le
Mille Gru Di Carta”), Simone Chiampan (batteria in “Il Sarto”) e Federico
Zoccatelli (sax in “Paesaggi D’Insonnia”).
Lo
strumentale “Origami In SOL-“ apre l’album con tastiere in evidenza, il sound è
di per se Prog al 100%, ampio, enfatico ed orecchiabile, un mix fra passato e
presente che sicuramente è la gioia degli estimatori. Esso conduce a “Paesaggi
D’Insonnia”, supportato da una ritmica importante come un certo Banco Del Mutuo
Soccorso esprime nei momenti strumentali in opere come “Darwin” o “BMS”. E poi
giunge l’apertura tastieristica che ci catapulta nel mondo di PFM, New Trolls,
Orme, in parole povere la storia è raccontata e tramandata. Undici minuti di
grande musica, elegante, dinamica e ben arrangiata.
I
Logos preferiscono esibirsi in brani lunghi, dieci minuti è la durata di “Un
Lieto Inquietarsi”, fuga strumentale in partenza e musica per la mente a
seguire. Il più breve ha la durata di sei minuti e richiama il sound dei Procol
Harum, una dolce canzone impreziosita dalla voce di Elisa Montaldo intitolata
“Il Sarto”. Il canto che si incrocia fra l’uomo e la donna ha sempre il suo
grande fascino, la riuscita è assicurata.
Altra
mini suite è “Zaini Di Elio”, un fantastico racconto sonoro. “Gonfiarsi di
odori e di colori affondando le dita nel bordo dei cieli”, le parole narrano
alla perfezione le sensazioni provate all’ascolto, una musica ampia, senza
tempo che è incastonata nel dna del Prog.
In
conclusione la vera suite, il brano portante, ossia “Sadako E Le Mille Gru Di
Carta”. Quasi ventidue minuti di grande
musica. La tristezza dell’argomento “morte” esalta ancora maggiormente
l’ascolto di note che spesso già da sole hanno la capacità di farci scorrere
una lacrima sulla guancia il tutto fra nostalgia sonora e brividi.
I
Logos hanno avuto il coraggio di trattare un concept forte, lo hanno fatto con
rispetto ed amore, riportando in terra Sadako, una bambina come tante che per
la stupidità umana non è potuta diventare donna. Anch’io alla fine del disco ho
provato a fare una gru di carta, perdonami Sadako, non sono stato bravo, non ho
grande manualità, ma voglio mettere questo risultato fra i miei dischi vicino a
i Logos così anche tu, come la musica, resterai per sempre nel mio cuore. MS
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