Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO

Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
La storia dei generi enciclopedica

sabato 28 agosto 2021

Deafening Opera

DEAFENING OPERA – Driftwood
Autoproduzione
Genere: Hard Prog
Supporto: cd – 2021




In passato ho già avuto modo di tessere lodi a questo gruppo estrapolandone le potenzialità effettive al riguardo. Il gruppo proveniente da Monaco è composto oggi da Moritz Kunkel (chitarra, piano, cori), Thomas Moser (chitarra), Christian Eckstein (basso, cori), Adrian Daleore (voce) e Konrad Gonschorek (batteria).

Nel loro sound miscelano differenti stili, quindi in definitiva rientrano a pieni voti nel calderone del Progressive Rock. Innestano Jazz, Folk, Rock, per un risultato di ricerca ma al contempo molto orecchiabile. Uno dei pregi della musica dei Deafening Opera è proprio quello di dare rilevanza alla melodia, quindi una ricerca a favore della canzone da ricordare, da cantare e non fine a se stessa travolta da un inutile tecnicismo di base. Con “Driftwood” raggiungono il traguardo del quarto album in studio e si evince all’ascolto la maturazione artistica così come una crescita di personalità acquisita di anno in anno con consapevolezza. Vi posso assicurare che è molto più difficile scrivere canzoni che abbiano all’interno suoni che possono far cantare piuttosto che lunghe suite piene di improvvisazioni e di assolo, tuttavia questa è una scelta che può essere più o meno condivisa dagli amanti del Prog.
Nessuna suite quindi, ma otto canzoni di media durata che posso semplificare in una media di cinque minuti l’una.
Con il breve acustico strumentale “Murghab Morning” inizia il percorso immediatamente evidenziato dagli ottimi arrangiamenti e le tastiere dell’ospite Tilman Eispert che conducono a “25.000 Miles”. Bella la voce di Adrian Daleore che si avvicina molto alla teatralità del Neo Prog, qui la canzone mi fa tornare alla memoria certi giri armonici della band svedese Ritual per chi dovesse essere a loro conoscenza. Con un swing ruffiano dal profumo jazz si presenta “Snowman’s Meadow”, impossibile tenere ferma la gamba a seguito del ritmo da accompagnare. Con “Outlaw Feline” si fa un salto nel Folk sudista americano impreziosito da interventi Rock raffinati, la musica intesa come un gioco e lo scopo è il divertimento. Non manca la ballata acustica qui intitolata “As Night And Day Collide” con voce e piano, un momento toccante e allo stesso tempo riflessivo.
Alexandra Stovall è la voce femminile in “Farewell Kiss”, altro frangente dall’ampio respiro che all’ascolto fa socchiudere inevitabilmente gli occhi. Con i suoi sei minuti abbondanti “Man And Machine” è la canzone più lunga dell’album e anche la più Progressive sotto molti punti di vista, annessi i cambi di tempo, qui si sente anche un poco l’influenza di Steven Wilson, artista che con i suoi progetti Porcupine Tree, No Man, Blackfield etc. ha contaminato molto del Rock Prog moderno. Il percorso si conclude nuovamente in maniera acustica con “Little Stone”.
“Driftwood”, quando la semplicità è la carta vincente. MS
 
www.deafening-opera.de





lunedì 23 agosto 2021

Old Rock City Orchestra


OLD ROCK CITY ORCHESTRA – The Magic Park Of Dark Roses
Avanguardia Convention
Genere: Dark Prog Rock
Supporto: cd - 2018




Ho già avuto modo nel tempo e nei vari canali in cui opero,  di tessere le lodi della band orvietana Old Rock City Orchestra. Nel 2012 colpiscono l’attenzione sia della critica che del pubblico con l’ottimo album d’esordio dal titolo “Once Upon A Time” (M.P. & Records/G.T. Music), un disco dove la Psichedelia, il Blues ed il Prog si convogliano in canzoni ben interpretate dalla voce di Cinzia Catalucci. A seguire “Back To Earth” (M.P. & Records/G.T.Music) del 2015, ulteriore passo verso la maturazione artistica che generalmente per ogni artista si concretizza ufficialmente nel terzo album in  studio, in questo caso trattasi di “The Magic Park Of Dark Roses”, dunque  qui o si vola o si cade.
E allora andiamo a vedere cosa ci propongono gli Old Rock City Orchestra in questo nuovo lavoro:
La prima cosa che salta subito all’occhio è il cambiamento di stile grafico, i colori e gli spazi lasciano il posto alla ristretta oscurità gotica dei paesaggi e dei disegni, questi ad opera di Lucy Ziniac con le fotografie di Francesca Mancinetti. Anche il look del trio Cinzia Catalucci (voce), Raffaele Spanetta (chitarra, basso, tastiere) e Michele “Mike” Capriolo (batteria), non lascia adito a dubbi. Dieci canzoni per intraprendere un lungo viaggio nella fantasia musicale, dove passato e presente si incontrano saldandosi in maniera perfetta. Lo stile è ben marcato e come sempre la voce è punto di riconoscimento.
“The Magic Park Of Dark Roses” apre il disco e rilascia come in un affresco le pennellate di musica a rappresentare la sua veste immaginaria. Non è poi così oscuro il parco, ma gode di tanto in tanto di uno sprazzo di luce. Non nascondo da parte mia di scovare certi richiami sonori ai Black Widow. “Abraxas” ne è appendice.
Resto colpito da “ The Fall”, qui l’artwork si sposa alla perfezione, un andamento alla “Child In Time” sorprende all’inizio, anche se ovviamente siamo distanti dallo stile Deep Purple.  Un intercedere nel Gothic Rock monolitico, alleggerito solo dalla soavità della voce. Giunge poi un flauto, quello della ospite Chiara Dragoni ad aprire ed a stemperare l’atmosfera con “Vision”, il sound diventa improvvisamente nordico e certe lande si spalancano avanti gli occhi della nostra immaginazione.
“A Night In The Forest”  racconta sensazioni forti rilasciate da una notte nella foresta, e quello che musicalmente si estrapola è la semplicità con cui basta emozionare l’ascoltatore. Pochi tecnicismi, un riff efficace, diretto e ben arrangiato. Il canto qui è maschile. Il ritmo sale in “The Coachman”, tuttavia non muta l’essenzialità delle movenze artistiche dei strumentisti.
Rimango affascinato dalle sonorità di “A Spell Of Heart And Soul Entwined”, dove le tastiere ricoprono un ruolo fondamentale, sia per il supporto che per l’andamento dell’insieme.
“Thinkin’ Bout Fantasy” prosegue l’essenza oscura della proposta, mentre la successiva “ Soul Blues” spiazza l’ascoltatore, riportandolo a certi fasti Blues di un tempo sporcato da innesti Progressive Rock, un pezzo che nell’insieme del disco non ti aspetti. Gradevole e di classe. L’album si conclude con un brano strumentale, “Golden Dawn”, epitaffio di un bosco oscuro alla scoperta dei suoi ospiti, a partire da chiese e sentieri che donano brividi alla vista, ma anche piacevole curiosità.
Gli Old Rock City Orchestra stanno intraprendendo un percorso artistico che sentono a pelle, oggi sono così,  in questo caso la prova del terzo album è passata, anche se ho come la sensazione che il bello debba ancora venire…O divenire? MS

GUARDA ANCHE:

 https://nonsoloprogrock.blogspot.com/2015/05/old-rock-city-orchestra.html

https://nonsoloprogrock.blogspot.com/2012/07/old-rock-city-orchestra.html

mercoledì 11 agosto 2021

Traumhaus


TRAUMHAUS – In Oculis Meis
Progressive Promotion Records
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2020


Di certo non si può dire che il progetto tedesco Traumhaus sia prolifico, ne è passata d’acqua sotto i ponti dopo il debutto del 2001 intitolato “Traumhaus”. Ad oggi “In Oculis Meis” è il quarto album in studio, il quinto se teniamo conto dell’ep “Ausgeliefert” del 2014. Pochi album nel tempo, ma tutti di ottima qualità.
Lo stile proposto riesce ad abbracciare un ampio bacino di pubblico, spaziando dal Progressive classico supportato da grandi tastiere, a momenti psichedelici ed altri più vicini al Metal Prog.
L’album focalizza i testi attorno all’argomento società moderna e la necessità per ogni individuo di affrontare i problemi. Trattate paure inconsce e strategie individuali per preservare il proprio equilibrio interiore, il tutto osservando ciò che accade nel mondo. Ecco che per una tematica così pesante, al limite dell’oscurità, servono suoni più duri, così che “In Oculis Meis” risulta essere un album più duro rispetto al passato.
La bellissima custodia dell’album è cartonata e all’interno contiene un libretto ricco di informazioni e testi. L’artwork dello stesso leader fondatore Alexander Weyland già del suo indirizza l’ascoltatore verso la musica, molto fosco con un occhio in primo piano che osserva. I cd contenuti all’interno sono due, il primo è cantato in lingua tedesca, il secondo in inglese. Otto i brani mentre il gruppo è composto da Alexander Weyland (tastiere, voce), Tobias Hampl (chitarra), Till Ottinger (basso) e Ray Gattner (batteria).
Un piano malinconico apre le danze nei due minuti di “The Awakening” e sin da subito risalta all’ascolto l’ottima produzione sonora, con un suono profondo e distinto. Roboante la ritmica, mentre la voce ricorda quella di Peter Gabriel. Una volta rotto il ghiaccio si parte per il viaggio con “Preserve & Understand”, il sound è al confine con il Metal Prog e con i suoi otto minuti abbondanti risulta essere fra i pezzi più lunghi dell’album. Molto orecchiabile il ritornello, un raggio di luce nel corridoio buio in cui ci siamo avventurati. Alcuni momenti strumentali possono richiamare i Porcupine Tree o i Neo Prog Pallas per chi li conoscesse.
Elettronica apre “Walk On Yourself”, canzone articolata con un mix passato e presente, il presente l’ho già citato, il passato si cela fra alcune reminiscenze Genesis. L’incedere ipnotico raggiunge l’apice con l’assolo delle tastiere e a seguire della chitarra. E proprio a proposito d’ipnotismo, “Escape” si presenta in maniera psichedelica fra Pink Floyd e Porcupine Tree, a seguire “So Many Ways”, la canzone più breve dell’album in quattro minuti abbondanti.
“The New Morning” rovista sia nel panorama Metal Prog che Progressive Rock, un sottile filo sonoro li unisce facendo spaziare l’ascoltatore con la fantasia grazie all’incedere, dove la  somma dei due generi sfocia nell’AOR, specialmente nel tratto del ritornello. Quando gli assolo partono c’è di che godere. Misteriosa la strumentale “Understand & Preserve”, essa sa picchiare quando serve, l’anima più scura dei Traumhaus che nel pachidermico andamento richiama il suono nervoso di certi King Crimson, quelli più recenti. Il disco si chiude con il brano più lungo, quasi nove minuti di ottimo Prog dal titolo “X-Ray The Darkness”, anche il più sereno.
I Traumhaus fanno nuovamente centro, un disco ricco di emozioni e qualità che oramai si associa alla grandissima quantità delle produzioni edite dalla Progressive Promotion Records. Speriamo solo di non attendere altri sette anni prima di poter godere di questa maestosa musica.
Dell’album esiste anche una versione vinilica per collezionisti stampata in 250 copie. MS

venerdì 6 agosto 2021

Transatlantic

TRANSATLANTIC – The Absolute Universe/Forevermore (Extended Version)
Inside Out
Genere: Progressive Rock
Supporto 3lp+2cd – 2021




Se nel 2021 vogliamo ancora parlare di supergruppi la scelta è rimasta limitata, di certo i Transatlantic sono al momento fra i più longevi se andiamo a considerare che Neal Morse (Spock’s Beard), Roine Stolt (The Flower King), Pete Trewavas (Marillion) e Mike Portnoy (Dream Theater) si incontrano già nel 1999.
Un supergruppo a tutti gli effetti, sia per caratteristiche tecniche, tutti artisti di elevato calibro, che per la passione nei confronti del Prog logorroico composto da interminabili suite. Basta guardare la discografia passata della band, tutte canzoni di lunghissima durata escluso qualche ballata. Neal Morse alle tastiere e voce si sbizzarrisce mettendo in campo tutto il suo bagaglio culturale, ed è l’anima più melodica della formazione, non a caso il suo spirito musicale è alimentato dal mondo dei Beatles, così come quello del batterista Portnoy, non a caso assieme registrano anche un disco di cover del quartetto di Liverpool. La chitarra di Roine getta l’ascoltatore direttamente negli anni ’70, diciamo che è lo spirito vintage del gruppo, mentre il basso di Trewavas è preciso, metodico, deciso e pulito. Escluso quest’ultimo, gli altri tre sono amanti di lunghe suite e lo abbiamo anche potuto vedere nelle loro relative locazioni naturali. Ecco che dopo l’ottimo “Kaleidoscope” (2014 – Inside Out) i Transatlantic si gettano anima e corpo in questo nuovo progetto per battere un bel record, un'unica canzone lunga la bellezza di 90 minuti suddivisi in due cd. In mio possesso ho la versione triplo lp e doppio cd, questo perché sono un pazzo collezionista e mi diverto a sperperare soldi, la passione è più forte di me. Il cofanetto in vinile è ben confezionato, ricco di particolari da godere senza sforzare la vista come nei cd, mentre i suoni degli lp sono davvero curati in ogni particolare, ben distinti e puliti.
Inutile dire che l’opera in se si apre con una “Overture”, così come dire l’ascolto si sbobina fra cambi di ritmo, assolo strumentali di grande fattura e ritornelli ruffiani, oramai chi conosce i personaggi già sa. Il tutto viene registrato questa volta in Svezia.
Infatti questo nuovo disco nulla toglie e nulla aggiunge alla discografia dei Transatlantic, un opera perfettamente assemblata che fa sembrare un ora e mezza un passaggio di dieci minuti! All’ascolto ci si diverte, pochi gli sbadigli, anche se ciò potrebbe accadere inevitabilmente vista la durata del tutto. Eppure i Transatlantic hanno questa innata capacità, certo che chi non ha mai digerito i Beatles e quant’altro detto nella recensione non è che  con “The Absolute Universe/Forevermore” cambi idea, però devo ammettere che il nome “supergruppo” è davvero messo a pennello.
Curate anche le coralità ben congeniate, ogni tanto fuoriescono scorci di Pink Floyd, Genesis, Gentle Giant, King Crimson a dimostrazione che i quattro ragazzi conoscono a menadito la storia musicale Prog del passato. Comunque al riguardo non vi erano dubbi.
Questa volta i Transatlantic hanno pensato di offrire dell’opera anche una versione più breve intitolata “The Absolute Universe - The Breath of Life (Abridged Version)” concentrata (si fa per dire) in 64 minuti di musica, questo proprio per venire incontro anche a coloro che arricciano il naso nei confronti delle lunghe suite.
In poche parole questo è un altro momento musicale spensierato, fatto da professionisti che non lasciano nulla al caso e che assieme si divertono come bambini, e si sente! MS




mercoledì 4 agosto 2021

Speciale Frederick Livi & CrownHeads








CROWNHEADS – CrownHeads
LM-RECORDS/Autoproduzione
Genere: Hard Prog
Supporto: cd – 2002



Dietro al moniker Crownheads c’è il cantautore Frederick Livi, amante dell’Hard Rock e della musica in senso totale. L’incontro con Nick Ermini (basso, chitarra) ed i Pelican Milk di Alex Savelli (basso, chitarra), vecchia conoscenza del Progressive Rock Italiano, porta verso gli inizi degli anni 2.000 a concepire il primo album da studio intitolato “CrownHeads”. A seguire il lavoro nel missaggio troviamo anche Paul Chain, e l’ascolto lascia presagire atmosfere cupe e pesanti.
Così lo è in parte, Livi si lascia ispirare dalla musica in maniera travolgente, storie dure e in alcuni casi anche ballate riflessive. L’Hard Rock e le chitarre elettriche  alzano strati di polvere, gli assolo sono toccanti e diretti, come al genere piace. Il cantato è in lingua inglese.
Il disco è suddiviso in nove tracce, mentre la formazione che suona (dopo diversi assestamenti) è completata da Fabrizio (Lask) Cattalani (batteria) e Tesh Todaro (tastiere), mentre Livi canta e suona anche l’armonica a bocca.
Il disco si apre con una “liberazione”, come la copertina lascia intendere, una persona che va al bagno ad espellere i liquidi  e subito attacca la ruvida “Blue Hell”, dove fra le note elettriche fuoriesce in maniera evidente l’amore dell’artista per un certo Hard Rock dalle tinte oscure. Il riff è ruffiano e di facile presa, mentre il solo di chitarra è una bella rasoiata. In questo momento dell’ascolto appaiono avanti ad i miei occhi gli anni ’80 e la mano di Chain.
Più solare “Choose Your Evolution”, un Hard Rock intelligente che non resta avvinghiato ad un ginepraio di titoli o nomi, il genere si lascia contaminare e fuoriesce come deve essere nelle sembianze di spirito libero.
“Wake Up (Going Is A Golden Word)”, è maligna, così come la voce di Livi ed ancora una volta si torna ad un Hard Rock Dark movimentato da un riff ficcante. Il brano a metà si spezza in un approccio acustico ed introspettivo, lanciando l’ascoltatore su alti lidi soprattutto durante il solo di chitarra elettrica. Chi ama il genere mi ha capito sicuramente e già starà cercando il disco.
Più formula canzone “This Is Not Time”, un brano che coccola, caldo ed avvolgente, grazie anche all’uso degli archi che ben arrangiano il brano. L’uso del piano è perfetto, sgocciolando note delicate e di personalità. Quando i particolari sanno fare la differenza.
“Between Dark And Light” nei suoi sette minuti ci racconta molto dei CrownHead e su come intendono concepire il significato di fare Rock. Ancora una volta il piano apre il brano e le atmosfere si fanno rarefatte per poi aprirsi in maniera spaziosa nel proseguo e sappiamo bene come funzionano i crescendo sonori, il culmine lo raggiungono sempre con un assolo di chitarra e qui non si esula dal modus operandi. “Think Of My Future” è molto acustica e facile da memorizzare nel suo incedere rilassato e ponderante. Ancora formula canzone per Sail Away” più semplice nel complesso, ma nel finale mi sembra di riconoscere il suono della chitarra di Paul Chain.. Il ritmo sale con “Still Feel”, Rock sicuramente adatto per essere cantato in sede live.
Il disco si chiude con “Jesus”. Armonica a bocca e un velo di oscurità che copre il tutto.
I CrownHeads fanno Rock sincero, conservando lo spirito artistico che la musica dovrebbe avere sempre intrinseco, spazio all’arte oltre che all’adrenalina.  Il disco comprende anche una bonus track, “Child In The DarkProject” dove i proventi andranno proprio a “Child In The Dark Project” per adozioni a distanza. MS






FREDERICK LIVI & CROWNHEADS – Traveling
Contact Zone s.r.o.
Genere: Hard Rock
Supporto: cd -2016


Nel titolo “Traveling” è intrinseco il significato di viaggio ed è proprio così che il polistrumentista e cantante Frederick Livi vuole intendere, la vita è un viaggio.
Lo ritroviamo dopo l’ottimo “CrownHeads” del 2002 con tanta carne al fuoco in questo lavoro dove risiedono dieci tracce sonore registrate nel corso di differenti anni. Con lui partecipano al progetto numerosi musicisti anche di fama mondiale, Alex Savelli (chitarra, basso), Fabrizio (Lask) Cattalani (batteria), Roberto Galletto (piano), Sabrina Bursi (piano, tastiere), M. Lucas (chitarra, basso, tastiere), Marck Eno (Marco Talevi) (batteria), Simone Oliva (chitarra) e Marco Massa (cori).
“Traveling” è un messaggio di libertà, un operazione contro i sistemi dello showbiz, lontano dai talent, tanto da portare l’autore a registrare il tutto in luoghi improvvisati per un grande guadagno in sincerità.
Ed il viaggio si apre con “I Am Your Boy (Angel Face)”, un Country di due minuti e mezzo, semplice e diretto per poi passare a “Belong To The Wind”, il Rock che ti prende. Livi muta pelle costantemente durante il proseguo dell’ascolto, ma qui si sente che è il suo territorio, quello che ci ha mostrato nel precedente album “CrownHeads”. Chitarre elettriche e buone melodie da cantare con l’artista.
“Sweet Babe” nomen omen, una semi ballata Rock a tratti avvolgente che si lascia ascoltare con piacere, il viaggio è fatto di differenti emozioni, l’importante non è la nascita o la morte, è il durante… La vita, e qui nel brano ci sono saluti per i nostri compagni di viaggio. Chitarra acustica, armonica e voce in “Down The Bridge”, un mix strano fra David Bowie, Bob Dylan ed Edoardo Bennato tanto per rendere l’idea.
Torna il Rock con “Betania” (premiata nel 2011 come miglior colonna sonora  al “Tabloid Witch Award”  Hollywood (CA) USA)  in un incedere caparbio supportato da tastiere importanti ed effetti sonori. Il pezzo potrebbe benissimo risiedere nel calderone del Progressive Rock a dimostrazione della preparazione musicale di Frederick Livi. Altro lento con “Mad Cowboy Disease”, da segnalare l’ottima intensità del cantato, sentito e ben interpretato.
Ho apprezzato molto la personalità di “Bloody Feet On The Floor”, classico brano che si può ascoltare ad occhi chiusi e che ti fa muovere in maniera incondizionata tutto il corpo. Potreste trovarvi in mezzo alla stanza a suonare la vostra chitarra invisibile, non ci sarebbe nulla di strano.
Segue “Babe Blue (Fuckin’ Lies)”, più canzone rispetto quanto ascoltato sino ad ora, molto sentita dall’artista che interpreta il brano su atmosfere molto ariose.
Il piano di Roberto Galletto è un valore aggiunto in “Child In The Dark” la voce di Livi sembra quella di Cat Stevens e tutto assume un aurea spirituale.
In chiusura l’acustica “Shining Shoes” che potrebbe benissimo risiedere nel disco “The Final Cut” dei Pink Floyd.
“Traveling” è un disco variegato, mai fermo su uno stile unico, tanto quasi da farmelo relegare nel genere Progressive Rock, ma non conta il genere conta l’essere, poi ognuno di noi la può pensare come vuole. Tuttavia il messaggio è chiaro, godersi il viaggio attraverso le esperienze, questa è la vita, e questa è la musica di Frederick Livi & CrownHeads, ascoltiamola. MS