Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO

Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
La storia dei generi enciclopedica

lunedì 28 ottobre 2024

White Circle Project

WHITE CIRCLE PROJECT - Close Your Eyes And See Your Ghosts
Autoproduzione
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd / Bandcamp – 2024





La musica intensa ed evocativa è sempre un piacere ascoltarla, qualunque sia il contesto o il genere in cui è catalogata.  Di recente ne ho un ottimo esempio con il debutto della band White Circle Project, ideata dal compositore e tastierista Paolo Pagnani, già attivo nell’ambito musicale attraverso album solisti e colonne sonore.
“Close Your Eyes And See Your Ghosts” è un disco in cui immergere l’animo e lasciarlo trasportare dagli eventi, otto canzoni curate dove viene esaminata la psiche umana attraverso le paure e tutto quello che capita nell’esistenza. Anche i sogni contribuiscono a questa esamina.
La band è formata da Paolo Pagnani (pianoforte), Claudia Liucci (voce), Alfonso Mocerino (batteria), e Raffaele Sorrentino (violoncello). A dare un ulteriore contributo alla riuscita dell’album vengono arruolati special guest che rispondono ai nomi di Roberto Giangrande (basso), Nicoletta Rosellini (voce), Zorama (voce), Alessandro Jacobi (basso), e i Circle Coir: Marisa Portolano, Claudia Liucci, Eric Mormile, Angelo Florio, Paolo Rescigno.
La foto della copertina è di Paolo Liggeri mentre la grafica di Studio 52.
Ho inserito la band White Circle Project nel contesto Progressive Rock e forse questo non è del tutto esatto, perché nell’ascolto si evincono passaggi nel Pop, nella musica classica e nel Dark Rock, il tutto rafforzato dalla splendida voce di Claudia Liucci, bassa quando serve e alta per enfatizzare il contesto.
Un bell’esempio si ha immediatamente all’ascolto del primo brano intitolato “Shadows”, qui il violoncello dona profondità all’ascolto mentre il piano di Pagnani rilascia note che difficilmente non si attaccano all’animo dell’ascoltatore. La sensibilità muta da individuo a individuo, di conseguenza le vibrazioni con cui viviamo, ma quando una melodia è ben costruita diventa un fatto che accomuna tutti.
L’ascolto è vivacizzato da “Cathedral On Fire”, pezzo sostenuto inclusivo di velo malinconico a supporto regalato da Raffaele Sorrentino, qui fanno capolino anche gli anni ’70 e il connubio posso dire con certezza, non guasta per nulla. Un piacere perdersi nelle vocalità di Liucci.
“Tra Il Letto E L’Orologio” è cantata da Zorama, cantautore affermato, non a caso il brano è delegato alla sua voce in quanto qui si è maggiormente prossimi alla classica formula canzone.
“Strange Signal” si avvale di Nicoletta Rosellini, altro brano in cui il pianoforte descrive scale meditative, il tutto a favore di un ritornello che sopraggiunge con buone coralità di fondo. Denoto alcuni richiami ai Porcupine Tree.
“Tulpa’s Dream” con i suoi sei minuti abbondanti è un altro passaggio sofisticato nell’animo umano, canzone malinconica di base con un refrain toccante in crescendo in cui ancora una volta è la voce a dettare le regole. Un altro brano cantato in italiano è “La Maschera”, dove fa nuovamente scena di se il cantautorato degli anni ’70.
“Connect With Me” merita un ascolto a occhi chiusi per poterne assaporare la vera essenza, mentre la chiusura spetta a “Romantic Ending Scene”, nomen omen.
Questo debutto dei White Circle Project è in definitiva una vera e propria coccola sonora, un prodotto altamente professionale e curato in cui godere delle arie sempre ammalianti e delicate. MS 






Versione Inglese:


WHITE CIRCLE PROJECT - Close Your Eyes And See Your Ghosts
Self-production
Genre: Progressive Rock
Support: cd / Bandcamp - 2024


Intense and evocative music is always a pleasure to listen to, no matter what context or genre it is categorized in.  I recently have an excellent example of this with the debut of the band White Circle Project, conceived by composer and keyboardist Paolo Pagnani, who is already active in the musical sphere through solo albums and soundtracks.
“Close Your Eyes And See Your Ghosts” is a record in which to immerse the soul and let it be carried away by events, eight curated songs where the human psyche is examined through fears and everything that happens in existence. Dreams also contribute to this examination.
The band consists of Paolo Pagnani (piano), Claudia Liucci (vocals), Alfonso Mocerino (drums), and Raffaele Sorrentino (cello). Further contributing to the success of the album are enlisted special guests who answer to the names of Roberto Giangrande (bass), Nicoletta Rosellini (vocals), Zorama (vocals), Alessandro Jacobi (bass), and the Circle Coir: Marisa Portolano, Claudia Liucci, Eric Mormile, Angelo Florio, and Paolo Rescigno.
Cover photo is by Paolo Liggeri while graphics by Studio 52.
I have placed the band White Circle Project in the Progressive Rock context and perhaps this is not entirely accurate, because in the listening there are passages in Pop, classical music and Dark Rock, all reinforced by Claudia Liucci's wonderful voice, low when needed and high to emphasize the context.
A fine example is immediately apparent when listening to the first track titled “Shadows”, here the cello lends depth to the listening experience while Pagnani's piano releases notes that hardly fail to stick to the listener's soul. Sensitivities change from individual to individual, consequently the vibrations we live with, but when a melody is well constructed it becomes a commonality.
The listening is enlivened by “Cathedral On Fire”, a sustained piece inclusive of melancholic veil in support given by Raffaele Sorrentino, the 70s also peep here and the combination I can say with certainty, does not spoil at all. A pleasure to get lost in Liucci's vocals.
“Tra Il Letto E L'Orologio” is sung by Zorama, an established singer-songwriter; it is no coincidence that the track is delegated to his voice as here we are closer to the classic song formula.
“Strange Signal” features Nicoletta Rosellini, another track in which the piano describes meditative scales, all in favor of a refrain that comes over with good background choruses. I denote some references to Porcupine Tree.
“Tulpa's Dream” with its full six minutes is another sophisticated passage into the human soul, a basic melancholy song with a touching crescendo refrain in which once again the voice dictates. Another song sung in Italian is “La Maschera”, where the songwriting of the 1970s once again makes a scene.
“Connect With Me” deserves a listen with your eyes closed in order to get a taste of its true essence, while the close falls to ‘Romantic Ending Scene,’ nomen omen.
This White Circle Project debut is ultimately a true sonic pampering, a highly professional and polished product in which to enjoy the always bewitching and delicate tunes. MS

 


 


 

 



sabato 26 ottobre 2024

Raven Sad

RAVEN SAD - Polar Human Circle
AMS Records | BTF Vinyl Magic
Genere: Post Prog Moderno
Supporto: cd / Bandcamp – 2024





La creatura del polistrumentista Samuele Santanna ha nel tempo raggiunto connotati che rasentano la perfezione per quello che concerne il mondo Rock Progressivo influenzato dai suoni moderni psichedelici di matrice Riverside e Porcupine Tree. Ne hanno percorsa di strada dal debutto “Quoth” del 2008 attraverso quattro album che vede il progetto raggiungere nel tempo una vera e propria formazione di base a cinque elementi. La band oggi composta da Samuele Santanna (chitarra elettrica, chitarra acustica), Marco Geri (basso), Fabrizio Trinci (piano, organo, Hammond, synth, voci), Francesco Carnesecchi (batteria), e Gabriele Marconcini (voce), realizza il quinto album in studio intitolato “Polar Human Circle”. Le sette tracce che creano il disco, sono frutto di una maturazione tecnica e artistica notevole, dove il combo sembra aver trovato il proprio habitat stilistico. L’album vede la partecipazione di Morgana Bartolomei (cori), Andrea Benassai (pianoforte), Alessandro Drovandi (tromba), e Karoline Gierymski (speaker).
Il tema trattato nei testi riguarda il lato sociologico dell’essere umano, dove gli autori si auspicano la salvezza del genere umano che ultimamente sta percorrendo un percorso quantomeno preoccupante.
Durante gli ascolti si possono anche notare caratteristiche Hard, in cui il suono della band si approccia a quello dei Queensryche e al Metal Prog in generale, ma soprattutto al Neo Prog, a testimonianza di una cultura musicale di base quantomeno considerevole.
Il pianoforte di “Andenes” immerge immediatamente l’ascoltatore in questo viaggio mentale fatto di armonie delicate e malinconiche. Immaginate i Marillion approcciarsi nell’Hard sound, mentre la voce di Marconcini è perfetta narratrice delle arie. Tuttavia la peculiarità del sound Raven Sad deriva dagli assolo di Santanna, sempre toccanti e prossimi al mondo di David Gilmour (Pink Floyd).
Sale il ritmo attraverso “When The Summer Collapses Into Fall”, più vicina alla formula canzone gradevole nell’incedere, mentre la breve e pianistica “Coda: A Tiny Passage To Outer State” conduce verso atmosfere sognanti infarcite di sinfonia.
Uno dei momenti più alti del disco s’intitola “Point Nemo (Nautilus Last Voyage)” il quale attraverso una ritmica pacata sonda i meandri introspettivi che risiedono dentro ognuno di noi. Toccante il ritornello cantato con molta enfasi, così il solo finale di tromba in sordina. Torna l’elettricità attraverso “The Obsidian Mirror”, brano altalenante in un concetto di mordi e fuggi dove ancora una volta la chitarra di Santanna fa la differenza.
“The Bringer Of Light” mostra i muscoli approcciandosi al mondo dei Queensryche periodo “Promised Land”, anche per quello che concerne il criterio vocale. E si giunge al piatto grosso con la suite finale di quasi ventisette minuti intitolata “Polar Human Circle”, suddivisa in sei movimenti, qui c’è il sunto del DNA Raven Sad di oggi. Una scorpacciata di suoni curati e di cambi umorali che faranno sicuramente la gioia di ogni ascoltatore di Progressive Rock.
Il merito di quest’album risiede nell’aver dato corposità e identità al genere facendone una sorta di riassunto, amalgamando il tutto con personalità e ricerca per la melodia. Un disco da gustare centellinatamene, come un buon bicchiere di vino per assaporarne ogni minima sfumatura. Non preoccupatevi, verrà tutto naturale, tanto è gradevole. MS







Versione Inglese:


RAVEN SAD - Polar Human Circle
AMS Records | BTF Vinyl Magic
Genre: Modern Post Prog
Support: cd / Bandcamp - 2024


The creature of multi-instrumentalist Samuele Santanna has over time achieved connotations bordering on perfection when it comes to Progressive Rock influenced by modern psychedelic sounds of Riverside and Porcupine Tree matrix. They have come a long way since their 2008 debut “Quoth” through four albums that sees the project reach a true five-piece core lineup over time. The band now consisting of Samuele Santanna (electric guitar, acoustic guitar), Marco Geri (bass), Fabrizio Trinci (piano, organ, Hammond, synth, vocals), Francesco Carnesecchi (drums), and Gabriele Marconcini (vocals), makes their fifth studio album entitled “Polar Human Circle.” The seven tracks that create the album, are the result of a remarkable technical and artistic maturation, where the combo seems to have found its stylistic habitat. The album features Morgana Bartolomei (backing vocals), Andrea Benassai (piano), Alessandro Drovandi (trumpet), and Karoline Gierymski (speaker).
The theme dealt with in the lyrics concerns the sociological side of the human being, where the authors hope for the salvation of mankind, which lately has been going down a troubling path to say the least.
During listening one can also notice Hard characteristics, in which the band's sound approaches that of Queensryche and Metal Prog in general, but especially Neo Prog, testifying to a basic musical culture that is at least considerable.
The piano of “Andenes” immediately immerses the listener in this mental journey of delicate and melancholic harmonies. Imagine Marillion approaching in the Hard sound, while Marconcini's voice is perfect narrator of the tunes. However, the peculiarity of the Raven Sad sound comes from Santanna's solos, always touching and close to the world of David Gilmour (Pink Floyd).
The pace picks up through “When The Summer Collapses Into Fall”, closer to the formula song pleasant in its pacing, while the short, piano-driven “Coda: A Tiny Passage To Outer State” leads toward dreamy atmospheres infused with symphony.
One of the album's high points is titled “Point Nemo (Nautilus Last Voyage)” which through a calm rhythmic beat probes the introspective meanderings that reside within each of us. Touching is the chorus sung with much emphasis, so is the muted final trumpet solo. Electricity returns through “The Obsidian Mirror”, a swinging track in a biting concept where once again Santanna's guitar makes the difference.
“The Bringer Of Light” shows its muscles by approaching the world of Queensryche's ‘Promised Land’ period, also in terms of vocal criteria. And we come to the big plate with the final suite of almost twenty-seven minutes entitled “Polar Human Circle”, divided into six movements, here is the summary of today's Raven Sad DNA. A scorcher of curated sounds and mood shifts that will surely delight any Progressive Rock listener.
The merit of this album lies in giving body and identity to the genre by making it a kind of summary, blending it all with personality and a search for melody. An album to be enjoyed sparingly, like a good glass of wine to savor every little nuance. Don't worry, it will come naturally, so pleasant is it. MS








mercoledì 23 ottobre 2024

Blacksmith Tales

BLACKSMITH TALES – Pathway To The Hamlet’s Mill
Immaginifica
Genere: Metal Progressive
Supporto: cd – 2024





In Italia il Metal Progressive prosegue il dignitoso cammino, sempre fra le notorie difficoltà in quanto considerato dai più un genere incongruente, dove resta loro difficile unire le sonorità “colte” con l’Heavy Metal. Personalmente invece la ritengo una musica ricca di colori e colpi di scena, dove le composizioni lasciano adito a vari stili, frangenti vigorosi ed epici intervallati da innesti Folk, classici, acustici e chi più ne ha più ne metta. Qui si entra nel campo dei gusti personali, intendiamoci, questa disamina non ha certo le intenzioni di convincere nessuno di voi, ma resta soltanto una semplice considerazione dei fatti. In poche parole, un ascolto misto in cui trarre molti spunti interessanti.
I friulani Blacksmith Tales conoscono bene il genere, avendo nel proprio background ascolti di band come Rush, Genesis, Pink Floyd, Kansas, Gentle Giant e Dream Theater. Si formano negli anni ’90 da un’idea del tastierista David Del Fabro e rilasciano nel 2021 l’ottimo “The Dark Presence”, un disco che subito mette d’accordo la critica e il pubblico lasciandosi alle spalle numerose attese riguardo alla carriera di questa band a oggi formata da Stefano Sbrignadello (voce), Simone Morettin (batteria), Beatrice Demori (voce), Marco Falanga (chitarre, basso), Luca Zanon (tastiere, synth), e David Del Fabro (pianoforte).
Così narrano le note comunicative di “Pathway To The Hamlet’s Mill”: “Tema e filo conduttore dell'album è il libro Il Mulino di Amleto, che tratta in modo rivoluzionario il mito in quanto forma di perpetuazione delle conoscenze degli antichi e della struttura del tempo.
Un tempo non più lineare e consequenziale ma scandito da cicli e fatalità scritti nel cielo (Dance of the Stars), in un vortice che ritorna su se stesso e macina il tempo (Key to the Temple)”.
L’album inizia attraverso nove minuti abbondanti di enfasi, un mix di Prog e Metal equilibrato, senza che uno prevalici su l’altro. Le tastiere sono in evidenza, anche il piano, da qui si può intuire l’intenzione del titolo “Hamlet’s Mill Ouverture” quantomeno solenne. La voce di Sbrignadello è ottima interprete senza mai cercare il passo più lungo della gamba. Un velo di medioevo aleggia fra le note del pentagramma. In “Key To The Temple”, la voce maschile si alterna a quella di Beatrice Demori e per tornare sul discorso del passato che fu, ci pensa il violino ad arrangiare il brano al meglio. Epico ma in maniera Prog!
Esiste anche una canzone cantata in italiano e si chiama “C’è Casa a 30 Miglia”, qui il Folk è maggiormente presente.
Suono di clavicembalo apre “The Flame Within”, in cui alcuni fraseggi mi richiamano la storica band Shadow Gallery, questo per chi li dovesse già conoscere. Resto piacevolmente colpito dall’assolo centrale di tastiere. L’altalenarsi di movimenti vigorosi con altri riflessivi, mettono in evidenza la buona capacità ritmica della band, rodata e oliata al punto giusto. Se invece volete testare le qualità pianistiche di Del Fabro, allora ascoltatevi i quasi due minuti di “Interlude: A Guide Through The Path”. Uno dei pezzi più completi e interessanti dell’album è “Descent Of God” il cui punto di forza risiede nel mutare il cantato dal maschile al femminile compreso di narrato, e soprattutto nelle trame strumentali, sempre energiche e comunque piene di storia. Splendida “The Pendulum” per poi concludere con il Folk Metal di “Dance Of The Stars” e vi sfido a rimanere fermi durante l’ascolto.
I Blacksmith Tales ci hanno raccontato un'altra fiaba, e noi ci abbiamo creduto, tanto quanto è sembrata reale! MS 





Versione Inglese:


BLACKSMITH TALES - Pathway To The Hamlet's Mill
Immaginifica
Genre: Progressive Metal
Support: cd - 2024


In Italy Progressive Metal continues the decent path, always among the notorious difficulties as it is considered by most an incongruent genre, where it remains their difficult to combine “cultured” sounds with Heavy Metal. Personally, on the other hand, I consider it a music full of colors and twists, where the compositions give way to various styles, vigorous and epic bangs interspersed with Folk, classical, acoustic grafts and you name it. Here we enter the realm of personal taste, mind you, this examination certainly has no intentions of convincing any of you, but it remains only a simple consideration of the facts. In short, a mixed listen in which to draw many interesting insights.
The Friulian Blacksmith Tales know the genre well, having in their background listening to bands such as Rush, Genesis, Pink Floyd, Kansas, Gentle Giant and Dream Theater. They were formed in the 1990s from an idea of keyboardist David Del Fabro and released in 2021 the excellent “The Dark Presence”, a record that immediately agreed with critics and audiences, leaving behind many expectations regarding the career of this band to date consisting of Stefano Sbrignadello (vocals), Simone Morettin (drums), Beatrice Demori (vocals), Marco Falanga (guitars, bass), Luca Zanon (keyboards, synth), and David Del Fabro (piano).
Thus narrate the communicative notes of “Pathway To The Hamlet's Mill”: “The theme and thread of the album is the book Hamlet's Mill, which deals in a revolutionary way with myth as a form of perpetuating the knowledge of the ancients and the structure of time.
A time that is no longer linear and consequential but marked by cycles and fatalities written in the sky (Dance of the Stars), in a vortex that returns upon itself and grinds time (Key to the Temple).”
The album begins through nine full minutes of emphasis, a balanced mix of Prog and Metal, without one overpowering the other. The keyboards are prominent, even the piano, from here one can guess the intention of the title “Hamlet's Mill Overture” at least solemn. Sbrignadello's voice is excellently interpreted without ever trying to go the extra mile. A veil of middle age hovers between the notes on the staff. In “Key To The Temple”, the male voice alternates with that of Beatrice Demori, and to return to the discourse of the past that was, the violin takes care of arranging the song as best it can. Epic but in a Prog way!
There is also a song sung in Italian and it is called “C'è Casa a 30 Miglia”, here the Folk is more present.
Sound of harpsichord opens “The Flame Within”, in which some phrasing reminds me of the historic band Shadow Gallery, this for those who might already know them. I am pleasantly impressed by the central keyboard solo. The alternation of vigorous movements with reflective ones highlights the band's good rhythmic ability, broken-in and oiled to the right degree. If, on the other hand, you want to test Del Fabro's piano qualities, then listen to the nearly two-minute “Interlude: A Guide Through The Path”. One of the most complete and interesting pieces on the album is “Descent Of God”, whose strength lies in the shifting of the singing from male to female including narration, and especially in the instrumental textures, which are always energetic and yet full of story. Splendid “The Pendulum” then concludes with the Folk Metal of “Dance Of The Stars” and I challenge you to stay still while listening.
Blacksmith Tales told us another fairy tale, and we believed it, as much as it felt real! MS






domenica 20 ottobre 2024

The Winstons

THE WINSTONS – Third
Baobab Music
Genere: Post Prog Moderno / Canterbury
Supporto: cd / vinile – 2024







Per nostra fortuna, ancora nel 2024 esistono gruppi non facili da collocare stilisticamente, tanto è variegata la proposta. Solitamente s’inserisce il tutto nel termine Progressive Rock, ed è proprio per questo che negli anni si è generata confusione, perché la moda cambia, la tecnologia cambia (comprese le strumentazioni) dando vita a nuove sonorità, per cui una band odierna che suona qualcosa di tendenzialmente sperimentale non sarà mai uguale per esempio al suono anni ‘70 dei Genesis, o dei Gentle Giant, King Crimson etc. pur magari mantenendone alcune peculiarità. Manca anche il contesto sociale in cui inserirla, quindi ho ritenuto opportuno creare il termine Post Prog Moderno, per tracciare una linea con il passato. Per maggiori approfondimenti potete leggere proprio il mio libro “Post Prog Moderno” (Arcana).
Il trio milanese The Winstons esordisce discograficamente nel 2016 con l’ottimo album “The Winstons”, tendenzialmente avvicinabile al sound della Scuola di Canterbury, per poi realizzare altri due album “The Winstons & EdMsC: ‎Pictures At An Exhibition” (2017) e “Smith” (2019). Un trittico davvero forte in cui si apprezza l’evoluzione artistica affrontata in un arco di pochi anni. Ne servono invece quasi sei per dare alla luce un nuovo disco in studio, ma non che la band in questo lasso di tempo si sia adagiata sugli allori, le date live sono state numerose e proficue, collaborando anche con personaggi importanti del calibro di Afterhours, Calibro 35, Pj Harvey e Iggy Pop, per far capire il livello cui sono giunti. “Third” è proprio il risultato di un grande viaggio realizzato in tappe tra Milano e Londra. Se ascoltate il brano iniziale “Break The Seal”, capirete cosa intendevo con la frase non facili da collocare stilisticamente, un mix incredibile di sonorità, stili, cambi umorali da far sembrare dodici minuti un breve lasso di tempo. Per fare un confronto parossistico potrei nominare questo pezzo il “Bohemian Rhapsody” dei The Winstons. Molte le influenze Beatles, specialmente nel cantato e nell’incedere di alcuni frangenti, e non vi nascondo che per me la recensione potrebbe terminare anche qui, in quanto questo brano da solo vale il prezzo di tutto il disco.
Il Canterbury Sound fa capolino di tanto in tanto, anche nell’allegra “Check It Out”, gli arrangiamenti di fiati oltre alle coralità si sposano alla perfezione con l’incedere cadenzato del movimento base. “Song For Mark” ha reminiscenze Pinkfloydiane anni ’70 durante gli arpeggi della chitarra acustica, una ballata gentile dai riflessi psichedelici, un salto negli anni ’70. La faccenda prende ancora una piega maggiore al riguardo con “Abie”, tanto da sembrare un pezzo uscito dalla discografia di Syd Barrett influenzato dai Beatles.
Roberto Dell'Era (voce, basso, chitarra, piano), Lino Gitto (voce, batteria), ed Enrico Gabrielli (voce, tastiere) alzano ulteriormente il tiro nei dodici minuti di “Vinegar Way”, una composizione che farà la gioia di chi ha amato gli anni ’70 e ’60. Ancora una volta gli arrangiamenti fanno la differenza, flauto compreso. “Never Never Never” tiene la ritmica attraverso il piano in stile Supertramp ed è una canzone davvero molto orecchiabile. Giocosi anche i tre minuti di “Winstonland”, in pieno territorio Beatles, per poi giungere alla breve e conclusiva “Hugging Himself In The Dark Of The Park”, dove la rumoristica descrive in pieno le sensazioni che si provano la notte all’interno di un parco.
Saranno serviti sei anni, ma questo “Third” appaga in pieno la lunga attesa, un disco in cui durante l’ascolto sarà difficile stancarsi. Quando la musica è fatta con professionalità e passione, servono poche parole. MS 





Versione Inglese:


THE WINSTONS - Third
Baobab Music
Genre: Modern Post Prog / Canterbury
Support: cd / vinyl - 2024


Fortunately for us, still in 2024 there are bands that are not easy to place stylistically, so varied is the proposal. Usually it all fits into the term Progressive Rock, and that is precisely why confusion has been generated over the years, because fashion changes, technology changes (including instrumentation) giving rise to new sounds, so a band today that plays something with a tendency to be experimental will never be the same as for example the 70s sound of Genesis, or Gentle Giant, King Crimson etc. while perhaps retaining some peculiarities. It also lacks the social context in which to place it, so I thought it appropriate to create the term Modern Post Prog, to draw a line with the past. For more details you can read just my book “Post Prog Modern” (Arcana).
Milan-based trio The Winstons made their discographic debut in 2016 with the excellent album “The Winstons”, which tended to be close to the Canterbury School sound, and then released two more albums “The Winstons & EdMsC: Pictures At An Exhibition” (2017) and “Smith” (2019). A really strong triptych in which one appreciates the artistic evolution tackled in a span of a few years. On the other hand, it takes almost six to give birth to a new studio album, but not that the band during this time has rested on its laurels, the live dates have been numerous and fruitful, even collaborating with the likes of Afterhours, Calibro 35, Pj Harvey and Iggy Pop, to make you understand the level they have reached. “Third” is precisely the result of a great journey made in stages between Milan and London. If you listen to the opening track “Break The Seal”, you'll understand what I meant by the phrase not easy to place stylistically, an incredible mix of sounds, styles, mood shifts to make twelve minutes seem like a short span of time. To make a paroxysmal comparison I could name this piece the “Bohemian Rhapsody” of The Winstons. There are many Beatles influences, especially in the singing and the pacing of some of the junctures, and I won't hide from you that for me the review could end here as well, as this track alone is worth the price of the whole record.
The Canterbury Sound peeps in from time to time, even in the upbeat “Check It Out”, the wind arrangements in addition to the chorales blend perfectly with the cadenced pacing of the basic movement. “Song For Mark” has 70s Pinkfloydian reminiscences during the acoustic guitar arpeggios, a gentle ballad with psychedelic overtones, a jump back to the 70s. Matters take yet a greater turn in this regard with “Abie,” so much so that it sounds like a piece out of Syd Barrett's Beatles-influenced discography.
Roberto Dell'Era (vocals, bass, guitar, piano), Lino Gitto (vocals, drums), and Enrico Gabrielli (vocals, keyboards) raise the bar even further in the twelve-minute “Vinegar Way”, a composition that will delight those who loved the '70s and '60s. Once again the arrangements make the difference, including flute. “Never Never Never” keeps the rhythm through the piano in Supertramp style and is a very catchy song indeed. Playful, too, is the three-minute “Winstonland,” in full Beatles territory, and then comes the short, closing “Hugging Himself In The Dark Of The Park”, where the noisemaking fully describes the feelings one gets at night inside a park.
It may have taken six years, but this “Third” fully satisfies the long wait, a record in which while listening it will be difficult to get tired. When music is made with professionalism and passion, few words are needed. MS 








venerdì 18 ottobre 2024

DGM

DGM – Endless
Frontiers Music
Genere: Metal Prog / Progressive Rock
Supporto: cd / lp – 2024







Se una band realizza nel corso della sua esistenza la bellezza di dodici album in studio, un motivo valido c’è sicuramente. L’ex band di Titta Tani inizia il cammino discografico nel 1997 attraverso un Power Prog Metal con influenze Symphony X, Dream Theater e Vanden Plas, per poi mutare nel tempo, sino a giungere oggi a un sound sempre energico, ma tecnicamente più raffinato e incline ai tempi dispari. Mutata anche la formazione che oggi vede Mark Basile alla voce, Simone Mularoni alle chitarre, Emanuele Casali alle tastiere e flauto, Andrea Arcangeli al basso e Fabio Constantino alla batteria.
“Endless” è per i DGM il primo concept album, dove la storia ruota attorno ad un dubbio che ci assale molto spesso nel corso della nostra esistenza, ossia cosa sarebbe potuto accadere se avessimo preso decisioni differenti nella vita, e quali ne sarebbero state le conseguenze?
Che il sound dei DGM è maturato e si è smussato, lo s’intuisce immediatamente dalle prime note di “Promises”, un inizio inconsueto per la band incentrato sul connubio chitarra classica e voce, quella splendida di Basile. Addirittura si può apprezzare un flauto, quello di Emanuele Casali. Trapela nelle note un retrogusto vintage, dettato probabilmente da ascolti di band come Genesis e Yes su tutte. Ed è già sorpresa, in quanto la vigorosità delle chitarre bene si alterna a passaggi più complessi di matrice Prog Rock.
Non cala la qualità, anzi, il singolo “The Great Unknown”, di cui esiste anche il video, alza il tiro facendo il verso agli americani Spock’s Beard e ciò la dice lunga sulla qualità melodica e tecnica del pezzo supportato dal violino di Gabriele Boschi dei Winterage. Molto ricercate le coralità.
Le sorprese non finiscono mai, “The Wake” sostiene nuovamente la pienezza dei suoni, ma racconta un’evoluzione differente, se si ascolta bene il riff della chitarra elettrica non possono che venire alla memoria gli Opeth.
“Solitude” conferma il cambio di rotta dei DGM proponendo un brano composto da Emanuele Casali, soffice e armonioso, dove ancora una volta fa presenza di se il flauto. Il pezzo potrebbe benissimo risiedere nella discografia degli olandesi Ayreon.
Dove la band si esprime meglio, in senso d’intesa, tuttavia è il terreno Power Prog e ci pensa quindi “From Ashes” a pigiare sull’acceleratore.
“Final Call” è quantomeno divertente, potente e melodica al punto giusto con un ritornello alla DGM. Alla metà della durata si spezza l’ascolto con flauto, cambio di tempo e piccole dosi di Porcupine Tree.
In un disco pieno di sorprese non poteva mancare la ballata generalmente non nel DNA della band, ma in questo caso la validità del brano non poteva essere ignorata. Personalmente ci trovo i Dream Theater più melodici. Tutto bellissimo, ma come si dice solitamente, dulcis in fundo, ecco la mazzata conclusiva, “...Of Endless Echoes” è una suite di quasi quindici minuti in cui si respira tutta la musica della band che questa volta ha saputo sorprendermi in maniera eclatante. Le parti orchestrali sono per opera di Ludovico Cioffi dei Delain.
“Endless” è a mio gusto personale uno dei dieci migliori album che ho ascoltato in questo 2024, perché dalla musica cerco proprio questo, la sorpresa (o stupore, chiamatelo come volete), ma soprattutto al termine dell’ascolto qualcosa mi deve rimanere in testa e i DGM ci sono riusciti alla grande! Da avere. MS







Versione Inglese:


DGM - Endless
Frontiers Music
Genre: Metal Prog / Progressive Rock
Support: cd / lp - 2024


If a band makes in the course of its existence the beauty of twelve studio albums, there is surely a good reason. Titta Tani's former band began its recording journey in 1997 through a Power Prog Metal with influences from Symphony X, Dream Theater and Vanden Plas, and then mutated over time, until reaching today a sound that is always energetic, but technically more refined and prone to odd times. Also changed is the lineup that now features Mark Basile on vocals, Simone Mularoni on guitars, Emanuele Casali on keyboards and flute, Andrea Arcangeli on bass and Fabio Constantino on drums.
“Endless” is DGM's first concept album, where the story revolves around a doubt that assails us very often in the course of our existence, namely what might have happened if we had made different decisions in life, and what would have been the consequences?
That DGM's sound has matured and smoothed out is immediately apparent from the first notes of “Promises”, an unusual beginning for the band centered on the combination of classical guitar and voice, Basile's splendid one. Even a flute can be appreciated, that of Emanuele Casali. A vintage aftertaste seeps into the notes, probably dictated by listening to bands like Genesis and Yes above all. And it is already surprise, as the vigor of the guitars well alternates with more complex passages of a Prog Rock matrix.
There is no drop in quality; on the contrary, the single “The Great Unknown”, for which there is also a video, raises the bar by lampooning the Americans Spock's Beard, and this speaks volumes about the melodic and technical quality of the piece supported by the violin of Gabriele Boschi of Winterage. Highly researched choruses.
The surprises never end, “The Wake” again sustains the fullness of the sounds, but it tells a different evolution, if you listen well to the electric guitar riff you can't help but be reminded of Opeth.
“Solitude” confirms DGM's change of course by offering a song composed by Emanuele Casali, soft and harmonious, where once again the flute makes a presence of itself. The piece could well reside in the discography of Dutch Ayreon.
Where the band expresses itself best, in the sense of understanding, however, is the Power Prog terrain, and so “From Ashes” is there to step on the accelerator.
“Final Call” is at least fun, powerful and melodic to the point with a DGM-esque refrain. Halfway through it breaks up the listening with flute, tempo change and small doses of Porcupine Tree.
In an album full of surprises, the ballad generally not in the band's DNA could not be missed, but in this case the validity of the song could not be ignored. Personally, I find Dream Theater more melodic in it. All beautiful, but as they usually say, dulcis in fundo, here is the concluding bang, “...Of Endless Echoes” is a suite of almost fifteen minutes in which all the music of the band breathes, and this time it has managed to surprise me in a resounding way. The orchestral parts are by Ludovico Cioffi of Delain.
“Endless” is in my personal taste one of the ten best albums I have listened to in this 2024, because from music I look for just that, surprise (or astonishment, call it what you want), but above all at the end of the listening something has to stay in my head and DGM have succeeded great! Must-have. MS









 

mercoledì 16 ottobre 2024

Nidoja

NIDOJA – UBQ
Angapp Music
Genere: Experimental World
Supporto: cd / Bandcamp – 2024




C’è musica e musica, quella per divagarsi, quella da sottofondo, e quella che fa pensare, da centellinare come un bicchiere di whisky. Vanno tutte bene, la vita ha sempre bisogno di una colonna sonora, anche come semplice valvola di sfogo. Diceva Max Gazzè “Quello che la musica può fare, salvarti sull'orlo del precipizio, non ci si può lamentare”, perché no.
Se avete intenzione di ascoltare un qualcosa che faccia pensare e colpire i sensi, allora il nuovo album del progetto Nidoja fa al vostro caso.
Trattasi di un progetto italo svedese formato da cinque musicisti sorto nel 2005 per il volere di Nicoletta D’Auria (violoncello), e Domenico Monaco (elettronica/percussioni). Spiega la biografia ufficiale della band: “La ricerca musicale portata avanti nel corso della loro carriera, ha spinto naturalmente il duo verso sonorità mediterranee, con una particolare attenzione alla world music. Le musiche, composte prevalentemente dalla violoncellista e arrangiate in chiave elettronica, creano elementi di pura energia mistica: una sorta di vibrazione viscerale che abbraccia i continenti, le ambientazioni del nostro tempo, la fame di cultura, il desiderio di comprendere qualcosa che va oltre il conosciuto. Nel corso degli anni i Nidoja hanno collaborato con musicisti di tutto il mondo ed è stata proprio la più recente delle collaborazioni a generare UBQ (Underwater Bell Quintet), formazione in cui al duo si aggiungono altri tre musicisti: Eric Forsmark, percussionista/compositore e cofondatore del progetto internazionale “101 Flame Of Inspiration” in cui sono stati coinvolti 101 musicisti da tutto il mondo, Nicola Nesta (oud/baglama/rubab afgano) e Giuliano Di Cesare (tromba/flauto traverso/sax soprano). Con la formazione UBQ le composizioni dei Nidoja trovano una forte cassa di risonanza ed espansione sonora: un viaggio musicale che racchiude al proprio interno il magnifico suono di terre lontane! Una sorta di World Music sperimentale che apre gli orizzonti su altre culture, forzando così la mente alla visione di un'umanità più unita e solidale.”.
Espletate le dovute presentazioni veniamo ora all’album “UBQ”, composto di sei brani, a iniziare da “Underwater Bell”, con l’artwork che rappresenta una campana immersa nell’acqua, simboleggiante una voce inascoltata, un inno alla forza delle idee e al coraggio di esprimerle (malgrado tutte le dovute difficoltà del caso). Elettronica e violoncello bene sposano il concetto in uno strumentale impegnato ma non prolisso. Con “Whakapapa – The Beginning Of All Things” il lato World della musica Nidoja esce allo scoperto in tutta la freschezza, mettendo a nudo la volontà di legare il suono a immagini emotive.
“Masha” s’immerge in arie orientaleggianti attraverso un oceano di suoni supportati da una decisa ritmica di percussioni, ma il brano che più mi ha coinvolto emotivamente s’intitola “Deep Drops Of Silence” il quale manifesta anche una buona incisione sonora capace di esaltare in modo esplicito il contesto proposto.
Elettronica in cattedra per “Follow The Trees To The Ocean”, il discorso in questo caso è complementare a quello di “Masha”. A chiudere l’album c’è “Taken By The Sun And The Wind”, un malinconico andamento capace di far pensare a occhi chiusi.
I Nidoja si presentano al pubblico con un disco strumentale dal forte impatto emotivo, un frangente in cui soffermarsi a pensare e per lunghi tratti, lasciarsi trasportare dalle sonorità della terra. MS





Versione Inglese:


NIDOJA - UBQ
Angapp Music
Genre: Experimental World
Support: cd / Bandcamp - 2024


There is music and there is music, the kind for digression, the kind for background, and the kind that makes you think, to be sipped like a glass of whiskey. They are all good, life always needs a soundtrack, even as a simple relief valve. Said Max Gazzè "What music can do, save you on the edge of the precipice, there's no complaining", why not.
If you are going to listen to something that makes you think and strike your senses, then the new album by the Nidoja project is for you.
This is an Italian-Swedish project consisting of five musicians that arose in 2005 at the behest of Nicoletta D'Auria (cello), and Domenico Monaco (electronics/percussion). The band's official biography explains, "The musical research carried out throughout their career naturally pushed the duo toward Mediterranean sounds, with a particular focus on world music. The music, composed mainly by the cellist and arranged in an electronic key, creates elements of pure mystical energy: a kind of visceral vibration that embraces the continents, the settings of our time, the hunger for culture, the desire to understand something beyond the known.
Over the years Nidoja have collaborated with musicians from all over the world, and it was the most recent of these collaborations that generated UBQ (Underwater Bell Quintet), a lineup in which the duo is joined by three other musicians: Eric Forsmark, percussionist/composer and co-founder of the international "101 Flame Of Inspiration" project involving 101 musicians from around the world; Nicola Nesta (oud/baglama/Afghan robab); and Giuliano Di Cesare (trumpet/ transverse flute/s soprano sax). With the UBQ lineup, Nidoja's compositions find a strong sounding board and sonic expansion: a musical journey that holds within it the magnificent sound of distant lands! A kind of experimental World Music that opens horizons to other cultures, thus forcing the mind to the vision of a more united and united humanity".
Having completed the necessary introductions we now come to the album "UBQ", consisting of six tracks, starting with "Underwater Bell", with the artwork depicting a bell submerged in water, symbolizing an unheard voice, a hymn to the strength of ideas and the courage to express them (despite all due difficulties involved). Electronics and cello well marry the concept in a committed but not verbose instrumental. With "Whakapapa - The Beginning Of All Things", the World side of Nidoja music comes out in all its freshness, laying bare the willingness to tie sound to emotional images.
"Masha" plunges into oriental tunes through an ocean of sounds supported by a decisive percussion rhythm, but the track that most involved me emotionally is entitled "Deep Drops Of Silence" which also manifests a good sound recording capable of explicitly enhancing the proposed context.
Electronics in the cathedra for "Follow The Trees To The Ocean", the discourse here being complementary to that of "Masha". Closing the album is "Taken By The Sun And The Wind", a melancholic progression capable of making one think with one's eyes closed.
Nidoja presents themselves to the audience with an instrumental record with a strong emotional impact, a juncture in which to pause and think and for long stretches, be carried away by the sounds of the earth. MS





 



 

 

martedì 15 ottobre 2024

Cantina Sociale

CANTINA SOCIALE – Astraforismi
Ma.Ra.Cash
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd / Digital – 2024




“Squadra che vince non si tocca”, questo detto rispecchia spesso e volentieri l’andamento di molte cose, attitudini che in un modo o nell’altro hanno funzionato in un lasso di tempo. E’ anche il caso della band Cantina Sociale prodotta dallo storico tastierista torinese degli Arti & Mestieri, Beppe Crovella (Electromantic Music).
Bene ha fatto il musicista a dare la possibilità a questa formazione di esprimere la propria musica, un mix fra passato e presente in perfetto equilibrio. Dopo l’ottimo “Caosfera” datato 2017, “Astraforismi” ripresenta oggi la stessa formazione composta da Elio Sesia (chitarre), Rosalba Gentile (tastiere), Marina Gentile (chitarre), Filippo Piccinetti (basso) e Massimiliano Monteleone (batteria). Perfino l’artwork è sempre affidato ad Antonio Catalano con la grafica di Luciano Rosso, questo modo di fare rispecchia l’attitudine delle band che avevano soprattutto negli anni ’70, ossia l’associare un certo tipo d’immagine alla musica affidandosi a uno stile ben riconducibile. L’immagine è sempre stata importante per un disco, pensate voi i Pink Floyd senza lo studio Hipgnosis, oppure gli Yes senza Roger Dean o i Genesis senza Paul Whitehead, di certo il risultato non sarebbe stato lo stesso. L’artwork facilita di molto un eventuale acquirente a capire che tipo di musica potrebbe contenere quest’album.
“Astraforismi” è formato da otto canzoni, tutte strumentali come da caratteristica della band. Il disco affronta, quantomeno con i titoli, la situazione sociale in cui viviamo. La sensazione che provo in questa lettura e nell’ascolto è quella che trovavo più o meno nell’approccio critico degli Area, anche se in questo caso non c’è da parte degli autori una disperata volontà nel voler destabilizzare l’ascoltatore, piuttosto di dare una colonna sonora a una determinata fotografia di un attimo. Ecco allora la graffiante elettricità di “Arrabbiati Cronici” manifestare tutto lo spirito critico, e proprio come diceva Demetrio Stratos “Il mio mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia ciò che penso della vita”.
“Alfabeti Perduti” è introspettiva, le tastiere iniziali fanno da tappeto al dialogo ponderato fra chitarra e basso, un brano in cui lasciarsi trasportare da questi suoni senza tempo che fanno parte del DNA del Rock Progressivo prettamente mediterraneo.
Il “Caffè Sospeso” è una cortesia, un atto di generosità, in questo caso sono le tastiere a darsi staffetta con la chitarra elettrica di Marina Gentile. Trapela soprattutto energia positiva, questo è proprio un caso emblematico della mia constatazione precedente di equilibrio fra passato e presente.
In “Claudicanti” le atmosfere diventano rarefatte, il piano segue sentieri prossimi al Jazz in un contesto al confine con la Psichedelia in cui fanno parte anche certi loop di scuola King Crimson. Un ritmo spezzato fa da sottofondo alla chitarra elettrica di Marina che sembra voler parlare in “ I Lamentosi”, qui si denota maggiormente la volontà dei Cantina Sociale nel voler ricercare nel mondo Progressive, uno sforzo creativo che li colloca in un contesto vintage bi base. Il basso di Piccinetti ricopre un ruolo fondamentale in tutto l’arco dell’ascolto. Ma è con “Sguardi Sospetti” che la band mette a nudo tutta l’intesa fra gli elementi, immergendosi in un connubio fra ballata e fuga strumentale, interessante oltre che privo di sbavature. Il classico crescendo in cui lasciarsi trasportare. “Le Cose Perdute” è un quadro sonoro dove ogni nota sembra essere in possesso di un colore, per un risultato finale di color pastello. L’album si conclude con “Bla Bla”, dove le chiacchiere sono portate via dal vento, ma non la musica che resta legata al fascino ancora una volta mediterraneo.
“Astraforismi” è un ritorno in cui i Cantina Sociale palesano una maturità profonda, musica per la mente, come si amava dire negli anni passati, un contenitore in cui trovare diversi stati d’animo. Ci si emoziona durante l’ascolto, e questo è lo scopo della musica e quando esso viene raggiunto, non resta che socchiudere gli occhi e ripremere il tasto “play”. MS 



VIDEO PROMO: https://www.cantinasocialeprog.com/Astraforismi/CS-video_A.html


Versione Inglese:


CANTINA SOCIALE - Astraforismi
Ma.Ra.Cash
Genre: Progressive Rock
Support: cd / Digital - 2024


“A winning team can't be touched”, this saying often reflects the trend of many things, attitudes that have worked in one way or another over a period of time. This is also the case with the band Cantina Sociale produced by the historic Turin keyboardist of Arts & Crafts, Beppe Crovella (Electromantic Music).
Well did the musician do to give this lineup a chance to express its music, a perfectly balanced mix of past and present. After the excellent “Chaosfera” dated 2017, “Astraforismi” now presents again the same lineup consisting of Elio Sesia (guitars), Rosalba Gentile (keyboards), Marina Gentile (guitars), Filippo Piccinetti (bass) and Massimiliano Monteleone (drums). Even the artwork is always entrusted to Antonio Catalano with graphics by Luciano Rosso, this way of doing things reflects the attitude bands had especially in the 1970s, that is, associating a certain type of image with music by relying on a well-referenced style.
Image has always been important to an album, think Pink Floyd without the Hipgnosis studio, or Yes without Roger Dean or Genesis without Paul Whitehead, surely the result would not have been the same. The artwork makes it much easier for a prospective buyer to understand what kind of music this album might contain.
“Astraforismi” consists of eight songs, all instrumental as is characteristic of the band. The album addresses, at least with the titles, the social situation in which we live. The feeling I get in this reading and listening is the one I used to find more or less in Area's critical approach, although in this case there is no desperate desire on the part of the authors to destabilize the listener, rather to give a soundtrack to a certain photograph of a moment. Here, then, is the biting electricity of “Arrabbiati Cronici” manifesting all the critical spirit, and just as Demetrio Stratos said, “My machine gun is a double bass that shoots in your face what I think about life”.
“Alfabeti Perduti” is introspective, the opening keyboards carpet the thoughtful dialogue between guitar and bass, a song in which to be carried away by these timeless sounds that are part of the DNA of purely Mediterranean Progressive Rock.
“Caffè Sospeso” is a courtesy, an act of generosity, in this case it is the keyboards that relay to Marina Gentile's electric guitar. Above all, it exudes positive energy; this is precisely an emblematic case of my earlier observation of balance between past and present.
In “Claudicanti” the atmospheres become rarefied, the piano follows paths close to Jazz in a context bordering on Psychedelia in which certain loops of the King Crimson school are also part. A broken rhythm serves as a background for Marina's electric guitar that seems to want to speak in “ I Lamentosi”, here more denoting the Social Cellar's desire to search in the Progressive world, a creative effort that places them in a vintage bi basic context. Piccinetti's bass plays a key role throughout. But it is with “Sguardi Sospetti” that the band lays bare all the chemistry between the elements, immersing themselves in a marriage of ballad and instrumental fugue that is interesting as well as smudge-free. The classic crescendo in which to be carried away.
“Le Cose Perdute” is a sound picture where every note seems to be in possession of a color, for a pastel-colored end result. The album ends with “Bla Bla Bla”, where the chatter is carried away by the wind, but not the music, which remains bound by Mediterranean charm once again.
“Astraforismi” is a comeback in which the Social Cellars manifest a deep maturity, music for the mind, as they liked to say in years past, a container in which to find different moods. One is moved while listening, and this is the purpose of music, and when it is achieved, one only has to squint and press the “play” button again. MS





Cantina Sociale

 

 

domenica 13 ottobre 2024

Quanah Parker

QUANAH PARKER – Nel Castello Delle Fate
Scivales Music
Distribuzione: Ma.Ra.Cash Records
Genere: Rock Progressivo
Supporto: cd – 2024




La storia dei Quanah Parker inizia a Venezia negli anni ’80, quando il genere Rock Progressivo ha vissuto il momento a cavallo fra la crisi e la nascita del Neo Prog. La passione per i Genesis, i Led Zeppelin, Weather Report, Rick Wakeman, Yes, e il Banco Del Mutuo Soccorso, ha cominciato a plasmare il sound della band che nel tempo si va a modificare con innesti di nuovi componenti, ma l’avvento del militare stoppa per alcuni mesi il proseguimento degli intenti. Registrano un demo che nel circuito riceve buoni apprezzamenti, e alcuni brani si troveranno inseriti nell’album d’esordio intitolato “Quanah!” nel 2012. Uno stop importante lo subiscono verso il 1985 e Riccardo Scivales, musicologo e insegnante leader della band, si dedica per un lungo periodo al Jazz dalle origini al Bebop. Frequenta scuole e scrive diversi libri con esercizi tecnici da eseguire alle tastiere. E’ nel 2005 che Scivales riprende in mano le redini della band ricomponendola. Nel 2015 è la volta del secondo album intitolato “Suite Degli Animali Fantastici” e vede nella formazione Elisabetta Montino (voce), Giovanni Pirrotta (chitarre elettriche e acustiche, basso), Paolo Ongaro (batteria, percussioni) e Alessandro "Unfolk" Monti (basso, voce, flauto Moeck, tabla, percussioni), quest’ultimo già noto nel circuito progressivo italiano con Unfolk.
Ma veniamo a oggi e all’album “Il Castello Delle Fate”, di per se già il titolo lascia trapelare gli intenti strutturali di questo concept che racconta attraverso la musica e la voce della nuova cantante Meghi Moschino, ambientazioni medioevali dove streghe fatate e fate stregate intercedono in un castello in cui l’esoterismo è di casa. Il tema riguarda il potere guaritore della musica. Questo disco prende forma da performance live e diventa realtà dopo il lungo lockdown pandemico.
Salta subito all’occhio lo splendido artwork cartonato realizzato da Barbara Bergomi con le belle fotografie di Francesca Barriviera, un valore aggiunto all’opera per fare entrare a pieno titolo l’ascoltatore nel concept composto di quattordici movimenti. La formazione odierna della band vede Riccardo Scivales (tastiere e composizione dei brani), Meghi Moschino (voce e autrice dei testi), Giovanni Pirrotta (chitarra), Alessandro Simeoni (basso), e Paolo Ongaro (batteria). Nel brano conclusivo dell’album intitolato “Giochi Di Fate Al Piano” c’è la partecipazione straordinaria di Martina Scivales al piano e voce.
“Verso La Porta” introduce a tutti gli effetti l’ascoltatore nel castello, dove in “Intrada E Voci Di Fate” si resta ammaliati dal luogo sottolineato con suoni Hard Prog dall’infinita storia. Per gli appassionati posso dire che non esulano richiami a K. Emerson, R. Wakeman e al Prog nostrano degli anni ’70, il tutto rafforzato dalla chitarra ruggente di Pirrotta. La voce di Moschino (di natura Jazz) dona fascino, sembra quasi di trovarsi all’interno della struttura e di sentirne l’odore tanto si è inseriti adeguatamente nel contesto. L’inizio scoppiettante dopo la breve “Primo Interludio Esoterico” prosegue con “Stanze Di Luci Antiche”, qui il Prog prende una forma maggiormente legata al significato stesso del termine, attraverso cambi strutturali e di tempo, il tutto infarcito da un velo di antichità che aleggia sopra i nostri capi. Ed eccoci giunti a “La Fata Tentatrice” canticchiante una nenia che si trasforma in una melodia suadente e ammaliante, si resta stregati in tutti i sensi. L’incanto prosegue attraverso “Danza Esoterica”, nella quale le lunghe vesti sembrano gonfiarsi al roteare durante il ballo delle fate. I cantici dal sentore medioevale fanno da base alla struttura compositiva. Affascinanti i due minuti onirici de “La Fata Dormiente” per poi gettarsi nuovamente in un nuovo balletto, la “Danza Della Fata Selvatica”, dove le tastiere restano protagoniste come stile Quanah Parker ci ha abituati nel tempo. All’interno molta storia musicale, un ampio spettro di stili e decenni in cui questo mondo sonoro si è saputo far distinguere.
“Nella Stanza Di Un Carillion” gioca con le voci delle fate e conduce nel mondo dei sogni. Grazie al suono delle chitarre, si possono apprezzare richiami al Neo Prog di matrice Marillion.
“Fata Nel Vento” è fra i movimenti che ho apprezzato maggiormente nell’album, con il suo fascino misterioso altamente evocativo per merito di una voce ancora una volta “stregante”. “Secondo Interludio Esoterico” è uno strumentale misterioso che porta a “Le Pozioni Delle Fate” dall’andamento maggiormente Rock. Altra gemma dell’album è “Strega Fatata, Fata Stregata”, la canzone più lunga attraverso otto minuti e mezzo di spettacolari arie incantate. La conclusione spetta a “Giochi Di Fate Al Piano”, dove la magia del piano e voce sugella in maniera più che degna l’opera.
La musica dei Quanah Parker oggi è più ricca d’immagini che mai, una vera telecamera che coglie in alta definizione ogni particolare trasmettendolo alla nostra fantasia. Se pensate che la musica serva per far viaggiare la mente, allora benvenuti nel “Castello Delle Fate”! (consigliato l’ascolto a luci soffuse). MS  




Versione Inglese: 


QUANAH PARKER – Nel Castello Delle Fate
Scivales Music
Distribution: Ma.Ra.Cash Records
Genre: Progressive Rock
Support: cd - 2024


The story of Quanah Parker begins in Venice in the 1980s, when the Progressive Rock genre experienced the moment between the crisis and the birth of Neo Prog. A passion for Genesis, Led Zeppelin, Weather Report, Rick Wakeman, Yes, and Banco Del Mutuo Soccorso began to shape the band's sound, which over time changes with grafts of new members, but the advent of the military stoppages the continuation of intent for a few months. They record a demo that in the circuit receives good appreciation, and some tracks will be found included in the debut album entitled “Quanah!” in 2012. A major stop they undergo around 1985 and Riccardo Scivales, musicologist and teacher band leader, devotes himself for a long time to Jazz from its origins to Bebop. He attended schools and wrote several books with technical exercises to perform on keyboards. It was in 2005 that Scivales took over the reins of the band again, reassembling it. In 2015, it was the turn of the second album titled “Suite Degli Animali Fantastici” and sees in the lineup Elisabetta Montino (vocals), Giovanni Pirrotta (electric and acoustic guitars, bass), Paolo Ongaro (drums, percussion) and Alessandro “Unfolk” Monti (bass, vocals, Moeck flute, tabla, percussion), the latter already known in the Italian progressive circuit with Unfolk.
But let us come to today and the album “Il Castello Delle Fate”, in itself the title already hints at the structural intent of this concept that tells through the music and voice of new singer Meghi Moschino, medieval settings where fairy witches and bewitched fairies intercede in a castle where esotericism is at home. The theme concerns the healing power of music. This record takes shape from live performances and becomes reality after the long pandemic lockdown.
Immediately jumps out at you the beautiful hardback artwork created by Barbara Bergomi with beautiful photographs by Francesca Barriviera, an added value to the work to make the listener fully enter the concept composed of fourteen movements. Today's lineup of the band features Riccardo Scivales (keyboards), Meghi Moschino (vocals and coauthor of the songs), Giovanni Pirrotta (guitar), Alessandro Simeoni (bass), and Paolo Ongaro (drums). The album's closing track titled “Giochi Di Fate Al Piano” features the extraordinary participation of Martina Scivales on piano and vocals.
“Verso La Porta” introduces the listener for all intents and purposes to the castle, where in ‘Intrada E Voci Di Fate’ one is captivated by the place emphasized with Hard Prog sounds from the endless story.
For aficionados, I can say that references to K. Emerson, R. Wakeman and homegrown Prog of the 1970s do not exude, all reinforced by Pirrotta's roaring guitar. Moschino's vocals (Jazz in nature) lend charm, almost seeming to be inside the structure and smelling it so much you are properly placed in the context. The crackling start after the brief “First Esoteric Interlude” continues with “Stanze Di Luci Antiche”, here Prog takes a form more related to the very meaning of the term, through structural and tempo changes, all infused with a veil of antiquity hovering over our heads. And here we come to “La Fata Tentatrice” humming a dirge that turns into a persuasive and bewitching melody, one is bewitched in every sense. The enchantment continues through “Danza Esoterica”, in which the long robes seem to swell as they twirl during the fairies' dance. Canticles with medieval overtones underpin the compositional structure. Fascinating are the dreamlike two minutes of “La Fata Dormiente” and then throw themselves again into a new ballet, the “Danza Della Fata Selvatica”, where the keyboards remain protagonists as Quanah Parker's style has accustomed us over time. Within much musical history, a broad spectrum of styles and decades in which this sound world has stood out.
“Nella Stanza Di Un Carillion” plays with fairy voices and leads into the world of dreams. Thanks to the sound of the guitars, hints of Marillion-derived Neo Prog can be appreciated.
“Fata Nel Vento” is among the movements I enjoyed most on the album, with its highly evocative mysterious charm due to once again ‘bewitching’ vocals. “Secondo Interludio Esoterico” is a mysterious instrumental that leads into ‘Le Pozioni Delle Fate’ with a more Rock progression. Another gem of the album is “Strega Fatata, Fata Stregata’, the longest song through eight and a half minutes of spectacular enchanted tunes. The conclusion belongs to “Giochi Di Fate Al Piano’,” where the magic of piano and vocals more than worthily seals the work.
Quanah Parker's music today is richer in imagery than ever before, a true camera capturing in high definition every detail transmitting it to our imagination. If you think music is for traveling the mind, then welcome to “Fairy Castle”! (Recommended listening under dim lights). MS