TAPROBAN – Strigma
Musea
Genere: Prog
sinfonico
Supporto: cd – 2013
Mi sono chiesto spesso perché esistono fenomeni di massa
imbarazzanti e non soltanto in ambito musicale. Da attento osservatore, ho
dedotto che i tempi odierni, quelli di internet e della connessione sociale,
sono un papparozzo di mordi e fuggi. Le persone sono invase e stordite da una
mirande di dati (più o meno veritieri), informazioni, video etc. da restarne
paradossalmente indifferenti. Come un virus che si sente attaccato dalla
medicina curante, si crea una autodifesa nuova, chiudendosi in se stesso dietro
ad una invisibile barriera. Questo succede oggi, l’individuo sa tutto e non sa
niente, piuttosto approssimativo. Non ha più intenzione e ne il tempo di
approfondire. Ora ad esso propinargli musica per la mente, quella che fa
pensare, è quantomeno controproducente, in quanto farà soltanto finta di amare
questo “qualcosa” di apparentemente culturale, ma in realtà soltanto a parole.
Il Prog è questo, a parole un genere rispettato e condiviso, in realtà ignorato
nei fatti delle vendite.
Per fortuna che esistono artisti come i Taproban che
perseverano e se ne infischiano di tutto, critica e pubblico compreso,
semplicemente suonando ciò che amano. Questi per chi scrive, sono i veri
artisti. E non stiamo di certo parlando neppure degli ultimi arrivati, perché il
gruppo del tastierista Gianluca De Rossi si forma nel 1996 e realizza ben tre
album di buona fattura, come “Ogni Pensiero Vola” (2002 – Musea), “Outside
Nowhere (2004 – Mellow Records) e “Posidonian Fields” (2006 – Mellow Records).
Dunque “Strigma” è un ritorno da una lunga assenza che francamente mi ha
lasciato l’amaro in bocca, in quanto il progetto Taproban l’ho sempre
considerato positivo e di buona qualità. Dopo sette anni sono quantomeno
curioso di poterli riascoltare con del nuovo materiale ed una nuova formazione composta nell’incisione
dell’album da De Rossi (tastiere, flauto, voce), Roberto Vitelli (basso,
chitarra) e Francesco Pandico (batteria), quest’ultimo recentemente sostituito
da Fabio Agresta.
E la musica? Non cambia poi di molto, rimangono le sonorità
alla EL&P, Orme, Banco e Balletto Di Bronzo. Rinnovo anche il significato
del nome Taproban a cui la band prende spunto, Taprobana è l’antica
denominazione dell’isola di Ceylon oggi Sri-Lanka, dove Tommaso Campanella
immaginò il sito della sua Città Del Sole. Ma veniamo a “Strigma”, crasi delle
due parole latine “Strix” (strega) e “Stigma” (marchio). In esso c’è tutto
quello che un vero amante del Prog vuole ascoltare, basta dire che il disco è
composto da tre suite per avvallare la tesi.
Si comincia con “Nesia Al Notturno Congresso Delle Streghe”,
una triste storia di una ragazza dodicenne condannata al rogo dalla Santa
Inquisizione in quanto serva del demonio, dopo aver partecipato ad un sabba,
seppure in maniera casuale.
Apre un arpeggio che lascia spazio alle numerose tastiere a
cui andremo incontro nel lungo cammino di “Strigma”. Sonorità grevi si
alternano ad ampie schiarite, pur restando sempre velate di malinconia. Agli
amanti delle tastiere elenco cosa andrete ad ascoltare in questo cammino,
dall’Hammond C3 al Leslie 122, al Mellotron SM400 (cori e flauto), Manikin
Electronics Memotron, Hohner Claviet D6, Minimoog D, ARP, Nord Electro 3 HP ed
EMU Vintage pro! Un vero e proprio
armamentario del Prog. Intanto il brano gioca fra virtuosismi e melodie
vintage, con tempi spezzati come spesso ci hanno suggerito i Genesis di Peter
Gabriel. Alcune nenie ricordano i Goblin
più oscuri, perfetta fotografia di questo contesto ne è anche l’artwork rappresentante “La Danza Delle Fiamme” di
Daniela Ventrone. E quindici minuti passano in un baleno.
Il disco si conclude con “La Porta Nel Buio”, uno spaccato
della solitudine intesa come luogo dove poter trovare se stessi ed accrescere
autostima nei propri mezzi. Apre un intro pianistico intenso e profondamente
intimistico, come trama vuole, per poi districarsi in ambienti cari al
Progressive italiano di natura vintage. Unico brano con un breve testo cantato.
Una suite che probabilmente nella mente di un fans del genere proietta deja vu,
croce e delizia di questo spaccato italico Progressivo.
Siamo al solito discorso trito e ritrito fatto negli ultimi
anni al riguardo del genere, “Progredire” o “Regredire”? Una cosa è certa, la
risposta qualunque essa sia lascia il tempo che trova, in quanto la musica di
base deve solamente emozionare e quando ciò avviene lo scopo è raggiunto. Poco
importa il mezzo, il resto sono soltanto elucubrazioni cervellotiche che
lasciamo fare ai filosofi del Prog. Io ascolto ed apprezzo. Bentornati
Taproban. (MS)
io sono figlio del bassista prima di questo!
RispondiEliminaCiao! Piacere mio.
RispondiElimina