I RAMINGHI - Il Lungo Cammino dei Raminghi
Bentler
Distribuzione italiana: si
Genere: Beat Psichedelico
Support: Lp 1971 - CD 1990
Con l’avvento di internet, la musica ha accresciuto notevolmente l’interesse attorno a se. Non solo c’è la possibilità di ascoltare canzoni di altre nazioni altrimenti ignorate per sempre a causa di una assente distribuzione, ma anche di trovare delle perle rare perse nei meandri dei tempi. E quando si parla di rarità è inevitabile associare il tutto al Progressive Rock. Centinaia e centinaia di band hanno tempestato l’universo sonoro italiano negli anni ’70, spesso gruppi da una botta e via. Ma il rapporto qualità e rarità è scarso, in larga maggioranza si trattano di dischi davvero brutti e mal prodotti, tuttavia può capitare di imbattersi anche in lavori dignitosi.
Con i bergamaschi I Raminghi ci andiamo a collocare nel mezzo. La storia del quartetto è alquanto curiosa, perché nel 1960 si chiamavano Herr Mussita E I Nomadi, per poi tagliare in Nomadi nel 1964. Ovviamente ci fu il conflitto con la band di Carletti e Daolio, per cui optarono per I Raminghi che comunque significa in ogni caso vagabondi, nomadi appunto.
La musica rispetto alla band più blasonata è totalmente differente, infatti ne “Il Lungo Cammino Dei Raminghi” ci troviamo a fronte di un Pop Psichedelico più sperimentale, meno diretto, un grezzo tentativo di staccarsi dal prototipo Beat tanto di moda negli anni ’60-’70 qui in Italia. L’LP è suddiviso in otto brani ed il primo si intitola “Donna Hai Ragione Tu”. L’intro strumentale richiama in maniera palese le scorribande Pinkfloydiane, quasi da far gridare al plagio, ma tutto cambia presto verso uno stile vicino ai Moody Blues e Procol Harum.
La voce del bassista Franco Mussita è ottima interprete, ma fregiata di quella cadenza riconducibile al Beat. Nove minuti francamente sono tanti per un giro armonico pressoché similare, però non sono da scartare alcuni passaggi strumentali quantomeno più coraggiosi.
Buona la chitarra di Angelo Serighelli, pur senza strafare. Angelo Sartori alle tastiere accompagna e si lancia in buoni solo, mentre la batteria di Romeo Cattaneo è suonata degnamente, come genere richiede. I quasi tre minuti de “La Nostra Verità” dipingono I Raminghi come una band più Hard Prog e narratrice di testi sociali alquanto impegnati, a dimostrazione che negli anni ’70 il sociale era comunque al centro dell’attenzione.
“Cose Superate” gira più nel Beat, in effetti questo raro disco non dovrebbe essere preso come un esempio di proto Prog, anche perché in Italia nel 1971 le band che suonavano Prog puro erano davvero poche, a parte i soliti nomi PFM, Banco Del Mutuo Soccorso, Le Orme etc.etc. “Partire” ha un giro di tastiere iniziali che richiamano per un istante gli Area più popolari, ma è appunto un istante, subito si ritorna alla formula canzone e francamente anche molto anonima. “Every Day Jesus” è più grintosa, quasi in stile Santana, gradevole ma nulla più, mentre “Non Moriremo Mai” ritorna alla scuola Procol Harum. Rifanno capolino gli Area in “Buio Mondo Nero E Giallo”, comunque solo nel refrain iniziale, per il resto del buon Hard Prog. Chiude la più acustica “Guarda Tuo Padre”, un mix fra Giganti ed Equipe 84, una canzone semplice.
Questo è dunque un disco raro e si capisce il perché, anche il fatto che non ne hanno fatto nessun altro. Comunque buoni musicisti che nel bene e nel male hanno proseguito la loro carriera musicale anche successivamente in altri lidi. Un disco solo consigliato ai più curiosi di voi. MS
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