GIANT
THE VINE – A Chair At The Backdoor
Luminol
Records
Genere:
Post Prog Moderno
Supporto: Digital – cd
Da
Levante Ligure, i Giant The Vine si fondano nel 2014 per volontà dei
chitarristi Fulvio Solari e Fabio Vrenna. Già il logo lascia presagire la
musica proposta, un mix fra Gentle Giant e Genesis. L’approccio è dunque
pretenzioso, se poi si va a vedere che “A Chair At The Backdoor” trattasi di un
album completamente strumentale, allora si ha la certezza che il gruppo ha
personalità da vendere. Il quartetto formato da Fulvio Solari (chitarre), Fabio
Vrenna (chitarre), Daniele Riotti (batteria) e Antonio Lo Piparo (basso), confessa
nella loro biografia allegata di non essere stati proprio all’altezza nel disco
d’esordio intitolato “Music For Empty Places”, avendo riscontrato molte
difficoltà nel realizzarlo (oltre a peripezie varie), anche se personalmente
l’ho ritenuto un buon disco. Tengono dunque a ribadire che “A Chair At The
Backdoor” è l’effettivo debutto e lo fanno con orgoglio. In sette brani i
musicisti dimostrano di essere oggi amalgamati e quantomeno ispirati,
proponendo un Prog dalle sonorità attuali.
Si
sa che quando si va a suonare un disco completamente privo di voce, l’arma
vincente deve essere la melodia almeno dalla facile assimilazione, e così è.
La
band passa dalla casa discografica Lizard Records alla Luminol Records, successivamente
subisce all’interno della line up un cambiamento, subentra il bassista Antonio
Lo Piparo al posto di Marco Fabricci.
Non
mancano neppure ospiti per la realizzazione del disco, Ilaria Vrenna suona il
pianoforte in “Protect Us From The Truth, Glass” e “The Inner Circle”, Gregory
Ezechieli il sax in “Protect Us From The Truth” e “A Chair At The Backdoor”,
così Simone Salvatori il pianoforte in “Jellyfish Bowl”.
Ed
è proprio “Protect Us From The Truth, Glass” ad aprire le danze con un arpeggio
di chitarra che si lascia raggiungere da tutte le strumentazioni le quali
prospettano sin da subito un ascolto intrigante e degno di appropriate attenzione
per i particolari. Le atmosfere sono cupe per creare uno stato d’animo
riflessivo, i Giant The Vine si accostano alla psichedelia primi Porcupine Tree
lasciando aperte le porte al sentimento, quando certi assolo ti lasciano
appagato da suoni dall’ampio respiro. In “Glass” il sound diviene ulteriormente
morbido oltre che rilassato. Musica per il cuore oltre che per la mente. Spetta
a “The Potter's Field” infondere un maggior peso allo stato d’animo, grazie
alle strumentazioni che si accarezzano fra di loro, impegnate in una danza
crescente studiata a far volare la fantasia di chi ascolta. Essendo Prog non
mancano di certo cambi di tempo. “Jellyfish Bowl” è un altro tassello di color
pastello, qui gli anni ’70 fanno capolino, così i Genesis di metà decennio. “The
Heresiarch” mostra il lato maggiormente Rock della band, il basso ruggisce e la
batteria batte le pelli con vigore portando al disco un ulteriore ingrediente
Porcupine Tree. “The Inner Circle” sembra quasi chiedere scusa per l’avvenuto
tratto energico e attraverso il pianoforte quieta nuovamente le acque. Il disco
si conclude con la title track “A Chair At The Backdoor”, una mini suite di
dodici minuti che mostra la piena maturazione del quartetto.
I
Giant The Vine non fanno mai la voce grossa, sono amici dell’animo che al
termine dell’ascolto ne ha trovato di certo giovamento. Musica che fa stare
bene con se stessi e il mondo intero, e di questi tempi non mi sembra di certo
un particolare di poco conto. MS
Versione Inglese:
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