DIVAGAZIONI SUL TEMA
Ciao a tutti cari lettori di NONSOLO PROGROCK.
Ogni tanto mi piace venire allo scoperto per poter condividere con voi alcune considerazioni, anche se frivole e riguardanti argomenti socio-culturali.
Avrete ben capito che sono un cultore ed estimatore della musica in senso generale, anche se il Progressive Rock è il mio pallino principale (non avrei oltre 6.000 dischi di Prog Rock a caso...). Voglio condividere con voi alcune considerazioni, con la speranza di un colloquio aperto, perchè parlare assieme arricchisce, critica o no. Premesso che non esiste un cultore che ha la verità assoluta in pugno e che de gustibus non disputandum est, vi conduco in un sentiero alquanto intrigato: La società di ieri, di oggi, i giovani e la musica. Buona lettura!
E’ dura la vita di un Rockman nel 2012. Attenzione, Rockman non è solo colui che suona il Rock, ma è in primis quello che lo vive. Si, perché il Rock non è solamente un genere musicale, ma è soprattutto uno stile di vita. Il Rock non lo si acquisisce, solo in parte, uno ce l’ha dentro o non ce l’ha.
Io sono nato Rock, malgrado non ho mai avuto la voglia di suonarlo, in quanto sempre assetato di ascoltare e di sapere. Anomalo? Forse, ma non me ne curo, come non me ne curo di portare ancora oggi a quasi 50 anni i capelli lunghi. Figuriamoci, vivo in una piccola città dove la gente mi guarda di traverso solo per questo, ma sin da giovane non me ne è mai potuto importare nulla, sono così e basta.
Quando ho addosso lo sguardo schifato oppure il finto ignorare la mia presenza della gente , mi viene pensata una cosa, ma perché la donna ha i pantaloni mentre l’uomo non può avere i capelli lunghi? Ma si, chi se ne importa. Questo lo pensavo a 15 anni, oggi non mi passa più per la mente, ci sono abituato. Perché vi dico questo? Perché voglio dirvi che il Rock non è neppure avere i capelli lunghi, questo è solo un gusto personale, come si dice, l’abito non fa il monaco. Chiodo uguale Metallaro, Metallaro uguale disagiato, disagiato uguale delinquente. Giacca e cravatta uguale bene agiato, rispettabile ed educato. Ora vorrei farvi una domanda: “Quanti metallari hanno ucciso persone o fatto stragi e quanti invece con giacca e cravatta ?”. Riflettete e se avete dubbi documentatevi, datevi voi (alla Marzullo) una risposta. Quindi diffidate delle apparenze, vale a dire a volte non è ciò che si crede. Ma essere individuo pensante a se è Rock, per cui anche chi è in giacca e cravatta può essere Rock, persino più di un Metallaro. Confusi? Perdonatemi, non voglio incominciare questo viaggio nella musica tirando sassi e nascondendo la mano, prendetelo per un mio piccolo sfogo personale, in quanto stanco di luoghi comuni.
Nella mia vita di usufruitore, sennonché di collezionista di dischi (oggi sono sui 7.000 poco più) e di critico musicale (ma soprattutto di elettricista), ne ho passate di tutti i colori. Ho vissuto gli anni ’70 con “consapevolezza” (come dicevano gli Area), ho subito gli anni ’80 con la variante del Metal, genere che mi ha letteralmente salvato dal vuoto mediatico dei tempi. Ho ascoltato e criticato i ’90 ed i ’00, insomma come una spugna ho assorbito tutto quello che il Rock mi ha propinato.
Il Progressive Rock è per me il sunto emozionale dell’espressione umana trasmessa tramite la vibrazione degli strumenti. Attenzione, fatto non da poco, gli strumenti nel Rock ci sono! Non come in tanta musica trasmessa oggi da i maggiori media e network.
Chiarisco subito una cosa, quella che poi molti lettori mi chiedono, “Perché negli anni ‘60/70 la musica era migliore?”. Semplice, per rispondere non serve andare a documentarsi su enciclopedie specializzate o in internet…. Negli anni ‘60/70 l’individuo era al centro dell’interesse, ossia l’essere era più importante dell’apparire. Oggi è il contrario. La personalità allora era fondamentale, io ero UNICO sia dentro che fuori, cioè INDIVIDUO. Per questo negli anni ’70 mi arrabbiavo nel vedere magari una persona che la pensava uguale identica a me, ma diventavo ancora di più una bestia se poi eravamo vestiti simili. Non lo si poteva accettare.
In realtà il Rockman in quegli anni badava di più al pensiero che al vestito. Contestava, che cosa di preciso non lo sapeva neppure lui, ma contestava.
Intanto io giovane, giocavo nella strada della mia piccola Fabriano con gli amici ed un pallone, fra Facchetti e Mazzola vari, anche se solo con la fantasia. Ascoltavo gia molta musica, fra cui i Beatles, niente male come basi vero? Però non avevo le idee chiare, ascoltavo quelli più grandi di me che parlavano e non mi dimentico neppure quando mi deridevano e dicevo che non conoscevo ad esempio i Formula Tre oppure i Jethro Tull piuttosto che Genesis e King Crimson. Correvo a casa e mi sintonizzavo sulla radio per poter ascoltare questi “fenomeni”, ma a parte Renzo Arbore con “Per Voi Giovani” e poco più…. niente da fare. Da noi le radio libere arrivarono più tardi. C’era un negozio di dischi dalle mie parti, ma io non avevo molti soldi per comperare tutto quello che mi si diceva, per cui cercavo di registrare le cassette dai miei amici. Questo era il modo di “scaricare” negli anni ’70. Ero pirata e non lo sapevo.
Entravo nel negozio di dischi quasi tutti i giorni per vedere le nuove uscite, affascinato come sempre dalle copertine colorate e soprattutto psichedeliche di quegli anni. Con l’LP c’era un rapporto fisico, visivo, tattile, insomma completo, altro che mp3!! Ascoltavo la gente grande parlare di musica, di Rock e tanti si lamentavano dicendo:”E….., il Rock oggi è morto, lo sai? Non ci sono più gli artisti di una volta come i Beatles, Hendrix, i Doors….”. Io restavo affascinato da questo fatto, i Beatles, i miei amati Beatles non c’erano più!! Era vero! Per cui pensavo davvero che il Rock stesse per morire, però ero felice di averli potuti ascoltare ed amare.
Ma ebbi molti dubbi su questa affermazione quando un altro giorno entrai nel solito famigerato negozietto. Scartabellando negli lp alla voce stranieri mi imbattei in un disco assolutamente anomalo. Pensate voi agli inizi degli anni ’70, quando il 90% del materiale vinilico 33 e 45 giri era tutto colorato con le scritte del titolo del brano e del gruppo rotondeggiante in piena facciata, incrociarsi con una mucca che pascola in un prato! Poi nessuna scritta in fronte e ne di dietro…. Affascinante e soprattutto geniale! Ma chi sono e soprattutto, che musica fanno? Chiesi al gestore informazioni e gentilmente lui mi aprì il disco e me lo fece ascoltare. La musica la riconobbi quasi subito, era quella della pubblicità di una famosa acqua minerale che andava in onda a Carosello la sera. Mi chiesi, ma questo è Rock? C’è l’orchestra! No, no, forse non è Rock, meglio tacere e comperare questo album di certi….Pink Floyd. E poi che cavolo di titolo “Atom Heart Mother”
Guardavo la tv e notavo che la musica faceva parte integrante di certe situazioni.
Il Rock è sempre andato in parallelo con gli avvenimenti sociali.
La strage di Piazza Fontana in Italia nel 12 dicembre del 1969 ha scosso la coscienza dei giovani che sotto la bandiera rossa ha cominciato a protestare ed a far sentire la propria voce. E’ stato come dare un calcio ad un formicaio.
Brulicare di passaparola, manifestazioni, volantinaggi, riunioni di piazza, concerti e di conseguenza una miriade spaventosa di artisti cosiddetti impegnati socialmente e di sinistra. Molti venivano racchiusi in questo calderone, magari anche se non lo erano, preferivano apparirlo piuttosto di partecipare e di suonare. Si, suonare dal vivo era prerogativa per le band di allora e se eri di sinistra avevi anche più opportunità. Esistevano una coltre di persone di origini sinistroidi, aizzate da alcune riviste-fanzine del tempo, che non volevano pagare il biglietto dei concerti in quanto sostenevano che “La musica non è una cosa fisica da asportare” per cui doveva essere di conseguenza gratis! Da qui sfondamento di cancelli ed invasioni di palco. Famosa quella subita da Francesco De Gregori , tanto che lo sdegno lo spinse a non suonare più dal vivo per numerosi anni. Lo ritroveremo nel 1979 a fianco a Lucio Dalla nel tour di “Banana Republic”. Ebbene, chi era di sinistra aveva un vantaggino in più, era lasciato leggermente in pace in quanto socialmente impegnato e fautore spesso di un prezzo di biglietto alquanto irrisorio, sennonché simbolico (magari sulle 500 lire, pari a circa 20 cent di oggi). Band come Area, Banco Del Mutuo Soccorso etc. etc. hanno rappresentato molto in questo scorcio della musica Rock italiana.
Vi starete chiedendo: “Ma di che stai parlando? Che nomi sono?”, avete ragione, facciamo allora un poco di ordine tanto per avere un binario unico e comune su cui viaggiare.
BREVE CENNO STORICO
Gli Albori del Rock
Il Rock nasce lontano, nel 1950 grazie al brano “The Fat Man” di Fats Domino, ma ha radici ancora più profonde, conficcate nel Blues, la cosiddetta “Musica Del Diavolo”. Il primo nome è stato Rhithm and Blues, musica con fiati e ritmi sostenuti, comunque sia Blues. Ma perché si chiamava Musica Del Diavolo? Chi ha creato per la prima volta (inconsapevolmente) il genere Blues si chiamava Robert Leroy Johnson, abile chitarrista sparito misteriosamente all’età di 27 anni nel 1938. Era un uomo di colore ed aveva una vita disagiata tanto da sfociare nella delinquenza. La leggenda racconta che fece un patto con il diavolo per poter saper suonare la chitarra al meglio. Leggendarie le sue sole 29 registrazioni, punti di riferimento per artisti a venire quali Bob Dylan, Rolling Stones, Hendrix e moltissimi altri ancora. Chi non ha mai ascoltato almeno una volta “Sweet Home Chicago”.
Nel 1931 arriva la prima chitarra elettrica, fatta da Adolph Rickenbacker ed il primo pick-up elettromagnetico e qui il cambiamento fu radicale. Negli anni a venire il Blues diventa viatico di lamento per i neri, i quali raccontano le proprie vicissitudini con questo stile sonoro. Ma chi aveva i soldi per produrre questa musica erano i bianchi.
Arrivò la fine della seconda guerra mondiale e l’America aveva voglia di divertimento, il ritmo aumentava assieme alla spensieratezza. Il programma radiofonico “The Moon Dog House Rock 'n Roll Party” di Alan Freed ebbe un seguito mostruoso e dal suo titolo venne poi estrapolato il termine Rock’n Roll. Esso è inteso non come rumore a seguire senza controllo di pietre rotolanti, bensì sta a significare nel linguaggio dei neri di quegli anni “Estasi”.
Non era importante saper suonare la chitarra, bastava agitarla avanti a se, quasi un simbolo sessuale ed Elvis Presley ne fu perfetta icona, grazie alla sua leggendaria “pelvica”. Fumo, droga, sesso, voglia di sballarsi vennero associati al genere musicale, il quale fu subito mal visto dai genitori di questi giovani usufruitori. Con le anfetamine il Rock acquistò violenza non solo sonora, ma proprio fisica.
Negli anni ’60 ci fu una generazione che ne fece uno stile di vita, i cosiddetti The Mod, cioè persone ben vestite, eleganti ma dal comportamento assolutamente incontrollato ed estremo ed i loro eroi sonori furono i The Who. “My Generation” è un brano che ha segnato un epoca.
Ancora poco indietro nel tempo i neri proseguivano il lavoro di creatività ed un certo Chuck Berry cambiò la storia del Rock non solo in ambito musicale, ma anche comportamentale. Famoso il suo passo dell’Anatra (“Duck Walk”) durante i solo di chitarra successivamente copiato da molti altri chitarrsisti, uno su tutti Jimmy Page dei Led Zeppelin.. Chi non ricorda “Johnny B.Good”? Questo tanto per dire.
Ma andiamo avanti più velocemente negli anni ’60 dove eravamo rimasti con i The Who. Qui ci fu la storica diatriba che coinvolse allora una generazione intera. Il pubblico del 45 giri si spaccava letteralmente in due fazioni, i sostenitori dei Beatles e quelli dei Rolling Stones. I gusti non si discutono, per carità e non me ne vogliate, anche perché io non mi schiero con nessuno in quanto amante della musica Rock voglio godere a pieno di tutte le potenzialità. Tuttavia la storia non si inventa, ma la si può solo che narrare. E cosa ci dice? Che i Beatles con la loro musica hanno contribuito ad aprire tre nuove strade nel Rock, mentre i Rolling Stones…sono restati coerenti solo al proprio modo di essere.
Un terremoto, praticamente uno stravolgimento TOTALE! Per capirci meglio più di quello che fece Ludwig Van Beethoven nella musica classica. Andiamo a vedere quali sono queste tre strade percorse dai baronetti inglesi.
Con “Eleanor Rigby” tratto dall’album “Revolver” del 1966 successe un fatto molto particolare, nella musica dei “capelloni” non c’è più una chitarra elettrica da esibire avanti a se fra urla e dibattimenti, ma semplicemente archi e voce. ( già solo accennata in "Yesterday").
Archi…. Ecco, nulla di elettrico o di violento, ma una strumentazione classica, pur se il brano di classico non ha nulla. Qui c’è il seme della musica che negli anni ’70 chiameremo Pop, ma che oggi ricordiamo meglio con il nome di Progressive Rock, ossia il Rock che si evolve.
La seconda porta che il quartetto di Liverpool apre è quella del Rock Psichedelico, in seguito approfondito da grandi band quali Pink Floyd o Doors tanto per intenderci. Il brano si intitola “Norwegian Wood” tratto da “Rubber Soul” del 1965, qui per la prima volta si ascolta nel Rock un Sitar, strumento a corde indiano dal suono caratteristico.
L’LSD droga chimica che da visioni, ricoprirà un ruolo fondamentale in questo settore, sia nel bene, cioè dando spunti creativi notevoli alla stesura dei brani, ma soprattutto nel male, vista la prematura scomparsa di artisti usufruitori fra i più grandi della storia.
La terza porta, ci crediate o meno, è il Punk! (dopo il garage Rock dei The Who) I Beatles nel 1968 con “Helter Skelter” tratto dall’album “The Beatles” (più famoso come “White Album”) faranno da specchio per le allodole ai futuri Sex Pistols che giungeranno soltanto 10 anni dopo, ossia alla fine degli anni ’70, quando il Progressive Rock (detto anche Prog) da i suoi spasmi di morte, ma non il rigor mortis.Vedremo infatti che nel 1980 sotto la cenere la brace è ancora calda.
Il Progressive Rock
Il genere merita un capitolo a parte, anche se sono stati scritti su di esso centinaia e centinaia di libri. Proprio per questo non approfondirò più di tanto gli anni ’70, ma in seguito parlerò del periodo meno trattato, ossia dagli anni ’80 ad oggi.
L’idea di una strumentazione classica nel Rock è piaciuta a tanti artisti e c’è perfino chi osa di più, come i Nice dell’istrionico Keith Emerson, i quali portano proprio la musica classica nel Rock poco dopo la metà degli anni ’60.
Il genere si accultura, ed il connubio è davvero interessante. Moody Blues, Procol Harum riescono ancora di più ad arricchire il genere miscelando i Beatles con la musica classica. Indelebili “A Whiter Sade Of Pale” (“Senza Luce “ dei nostrani Dik Dik) dei Procol Harum oppure “Nights In White Satin” (“Ho Difeso Il Mio Amore” dei Nomadi) dei Moody Blues.
Oramai il Prog è una corsa a chi la fa più grande. Con l’avvento di questo stile c’è anche bisogno di un supporto sonoro più adeguato rispetto quanto ascoltato sino a questo periodo, in quanto lunghi brani articolati necessitano di tempo. Il 45 giri lascia nelle vendite lo spazio al più capiente 33 giri.
Molte band sperimentano con vere orchestre, lo faranno perfino gli Hard Rock Deep Purple oltre che i già nominati Moody Blues o perfino i psichedelici Pink Floyd con “Hatom Heart Mother”. I risultati non sono sempre eccellenti, ma è l’idea di piacere non solo ai capelloni che stimola gli artisti ad addentrarsi in queste situazioni articolate.
Però non tutti potevano permettersi economicamente di incidere musica con una vera orchestra al seguito, è qui che allora subentrano le tastiere che sopperiscono a questa esigenza. Si chiamano Mellotron. Queste hanno dei nastri registrati corrispondenti ad ogni tasto. Qui si potevano registrare qualsiasi cosa, cori, strumenti, suoni etc.
La magniloquenza del suono è impressionante, così come il risultato finale nel contesto dei brani. Improvvisamente non è più la chitarra il principale strumento del Rock, ma le tastiere ricoprono negli anni ’70 un ruolo più importante, non più da gregario o da tappeto di sottofondo, bensì comprimario.
La svolta epocale ed il disco Progressive Rock per eccellenza arriva nel 1969 grazie a “In The Court Of The Crimson King”degli inglesi King Crimson. In questo disco risiedono tutte le prerogative che riscontreremo perfino nei dischi futuri di tutti gli artisti di questo genere, a partire dalle copertine particolareggiate e colorate, al suono che ho fin ora descritto, in più brani lunghi ed articolati, con cambi di ritmo e d’umore. Tutto questo funziona, tanto che il Prog avrà lunga vita, perfino in Italia, dove per dieci anni fa spesso capolino nelle classifiche di Hit Parade.
Da questo momento in poi sarà un fiorire continuo di band dalla spiccata personalità e dalle idee singolari. Ecco il riallaccio al discorso che l’essere è più importante dell’apparire. L’Inghilterra la farà da padrona, mentre noi italiani (come sempre nella musica Rock) arriveremo dopo e con meno impatto.
I capisaldi del genere sono, oltre la band citata di Robert Fripp, i Genesis, gli Yes, i Van Der Graaf Generator ed i meno fortunati, ma più geniali Gentle Giant.
Alla faccia che il Rock è morto!
I Genesis di peter Gabriel hanno portato una ventata di novità ed un nuovo interesse attorno a questo mondo musicale. La teatralità con cui Gabriel si esprime durante le canzoni, oltre che dal vivo, il cambiarsi di costume a seconda dei testi e pitturarsi il volto (Face Paint), sarà punto di riferimento per moltissimi altri cantanti anche di oggi. In realtà l’impostazione vocale di Gabriel trae ispirazione da quella di Roger Chapman dei Family e l’idea del trucco viene a lui soltanto dopo avere visto i nostrani Osanna in un concerto del 1970.
Gli Yes invece sono stati coloro che hanno fatto il buono ed il cattivo tempo, cioè sono quelli che hanno portato il genere al successo commerciale ed allo stesso tempo coloro che lo hanno affossato con successivi lavori ipertecnici e logorroici. Fu alla fine degli anni ’70 che il pubblico stanco di lunghe suite e musica cervellotica, voltò le spalle al Prog per dedicarsi ad una musica meno impegnata. Nasce il Punk, tre note, sballiamoci e divertiamoci senza pensare troppo. Il colpo di grazia al genere viene portato dalle varie “Febbri del sabato e sera” e musiche da discoteca mista ad elettronica. Negli anni ’80 questo mix porterà il nome di New Wave.
Il Prog Rock ha perfino decine di ramificazioni, vedremo il Folk Prog con i Jethro Tull del folletto con il flauto Ian Anderson, oppure La Scuola Di Canterbury, con la sua musica da “figli dei fiori”, dove i Caravan rappresentano al meglio le sonorità, oppure il Jazz dei Soft Machine, i Camel e tutto quello che un cultore del genere gia conosce approfonditamente a memoria.
In Italia invece bisogna attendere un poco per sposare questa causa. Da noi i vari Claudio Villa, Gianni Morandi, Mino Reitano, Massimo Ranieri etc. dominano le scene discografiche, chi invece era Rock al momento erano Celentano, Little Tony e Bobby Solo per fare alcuni nomi.
I Giganti con “Terra In Bocca” nel 1971 danno uno schiaffo al sistema italiano, non solo per la musica proposta, ma soprattutto per le tematiche di un concept assolutamente pericoloso. Parlare di mafia non è da tutti i giorni in un disco Rock. Infatti non riceve il giusto apprezzamento in merito. Ci pensano i lagunari Le Orme a portare il Prog in Italia con “Collage” sempre nel 1971.
Ma quando si parla di band Prog italiana per eccellenza, esce immediatamente fuori il nome di Premiata Forneria Marconi.
In principio il loro nome era I Quelli ed alla voce c’era un giovanissimo Teo teocoli. Famosa la cover del brano di Michel Polnareff “Una Bambolina Che Fa No No No”. Suonarono nei dischi di Lucio Battisti, come ad esempio nello strepitoso e sofferto “Amore E Non Amore” del 1971. Ebbero contatti con Ivan Graziani quando il chitarrista Mussida andò per il militare, ma non se ne fece più nulla a causa della scelta di Ivan di intraprendere una carriera solista. A breve con il nome Krel passarono alla musica per la mente, ossia il famigerato prog e qui lavorarono come cover band di King Crimson, Genesis, Jethro Tull etc. etc. per poi stabilizzarsi di li a poco in Premiata Forneria Marconi. Per praticità il nome viene abbreviato in PFM.
Il successo li colpisce immediatamente grazie al 45 giri “Impressioni Di Settembre” (1971) tratto in seguito dall’lp “Storia Di Un Minuto” del 1972. Questo brano ha una curiosità unica mai ascoltata prima d’ora in Italia, cioè tutto il brano è cantato escluso il pezzo clou, ossia il ritornello, il quale è totalmente strumentale. Praticamente il contrario di tutto quello che si è ascoltato sino ad allora nella musica Pop italiana.
Cugini della PFM sono i romani Banco Del Mutuo Soccorso del leader carismatico Francesco di Giacomo, una delle più belle voci in ambito Rock italiano. Le tastiere di Vittorio Nocenzi disegnano melodie strepitose e raggiungono l’apice nella meravigliosa ballata “750.000 Anni Fa…L’amore?” tratto da “Darwin” (1972). La band è poetica nei testi ed impegnata socialmente.
Il lato più sperimentale del Prog italiano invece è nelle mani degli Area. La band dell’indimenticato Demetrio Stratos ama provocare, sia da studio che sui palchi delle piazze e delle scuole. Demetrio si getta a piè pari nella sperimentazione vocale, raggiungendo perfino polifonie, grazie allo studio del “Teatro Della Voce”, ma una maledetta leucemia fulminate lo porta via nel 13 giugno del 1979 mentre i suoi compagni stavano raccogliendo soldi con i concerti per poterlo aiutare. Arrivarono tropo tardi, Demetrio morì prima dell’evento “1979 Il Concerto” uscito anche in doppio lp.
Riallacciandoci alla Strage Di Piazza Fontana, qui c’è l’esempio dell’impegno sociale delle band di sinistra, qui esaltato all’estremo, tanto che gli Area vengono addirittura associati (ingiustamente) alle Brigate Rosse da persone superficiali che scrivevano in certe riviste del tempo.
Il loro Jazz Prog si sposta continuamente ed ogni disco per il fans è uno schiaffo vero e proprio. Ma come dicevo in precedenza, non voglio approfondire troppo questo periodo musicale, in quanto gia trattato da innumerevoli libri e riviste settoriali. Comunque sia, non voglio omettere il nome dei New Trolls, autori di quello strepitoso “Concerto Grosso” del 1971 (e non solo!) scritto con Luis Bacalov che appunto si va a riallacciare al discorso del Rock orchestrale.
Molto frizzante invece la scena Underground italiana del Prog, per la gioia dei collezionisti di vinile, i quali godono di gruppi mal distribuiti o stampati in poche copie, insomma band spesso da un disco e via! Alphataurus, Museo Rosenbach, Quella Vecchia Locanda, Biglietto Per L’inferno, Il Rovescio Della Medaglia, Balletto Di Bronzo, Raccomandata Ricevuta Ritorno….insomma, tanta buona musica passata in sordina ma paradossalmente apprezzata oggi grazie alle numerose iniziative (coraggiose) di ristampa di alcune piccole case discografiche.
“Forse Le Lucciole Non Si Amano Più” è il disco dei Locanda Delle Fate (in stile Banco Del Mutuo Soccorso) che chiude nel 1977 l’era italiana del prog, per dare spazio alla discomusic ed al Punk.
E intanto nel mio caro negozietto di dischi dopo un indigestione tale di capolavori immensi, ascolto la gente parlare e dire: “ ….E… Il Rock è morto e sepolto! Lo sai?”, che schifo il Punk etc. etc. Io annuivo e concordavo con questa analisi, anche se mi ritornava alla mente la stessa affermazione ascoltata dieci anni prima…boh…qualcosa non mi torna.
Mi fermo qui, anche perchè sono sicuro che solo il 2% di voi e' giunto a questo punto del racconto... non ci sono link.... per cui... che palle!!!! Posso proseguire con L'Hard Rock, l'Heavy Metal, gli anni '80.... ma se non me lo chiedete mi fermo qui. A voi le considerazioni ed i commenti (se avete voglia di condividere le vostre emozioni, pareri e critiche). Ciao
Max