Pryzme
PRYZME
– Four Inches
Autoproduzione
/ Bad Dog Promotion
Genere: Post Prog Moderno
Supporto: cd – 2021
I
più appassionati di Rock Progressivo francese di sicuro conosceranno il nome
Lingus, primo logo della band Pryzme formatasi nel 2014 per il volere dei chitarristi
e cantanti Dominique Blanchard e David Chollet. Nel 2015 trovano il definitivo
nome Pryzme e stabilità con l’ingresso di Maxence al basso fino alla fine del 2018,
e di Gabrielle Duplenne alla batteria fino al 2019 i quali consentono loro di partire
per date live anche in Inghilterra.
Invece
ai più arguti di voi il nome Pryzme avrà sicuramente suggerito qualcosa, quella
storica copertina di Storm Thorgerson a favore di un album epocale intitolato
“The Dark Side Of The Moon” dei Pink Floyd: il prisma. Giunti al 2019 subiscono
un cambio nella line up, Lucas Planque alla batteria e Benoit Toquet al basso
sostituiscono Gabrielle e Maxcence ed è la volta dell’esordio discografico
intitolato “Four Inches”.
La
musica contenuta in quest’album spazia notevolmente, va dai Porcupine Tree ai
Pink Floyd passando anche per Toto e Pat Metheny, a testimonianza di un ampio
spettro di cultura musicale da parte dei componenti. Otto canzoni che lasciano
l’ascoltatore sempre attento grazie al proprio stile raffinato.
Nel
genere, con annessa e immancabile voice phone in stile Steven Wilson, ecco
immergerci nell’ascolto attraverso l’iniziale “Fusion”, canzone ricca di buoni
spunti, cori e un ritornello piacevole. La ritmica è ottima, oserei dire
trascinante, così interessante è anche il lavoro della chitarra che fa sia da
accompagnatrice ritmica sia da solista. Sale ulteriormente il ritmo in “Vision”,
dai e vai fra le chitarre come in una staffetta e un ritornello indovinato per
orecchiabilità. In dischi così le canzoni vanno spillate come le carte al
poker, ognuna ha un valore e “After Wichita” probabilmente è un Jack, fra le
più alte. Qui sento maggiore personalità, ossia più sincerità rispetto gli
altri brani comunque nel contesto in qualche maniera derivativi.
Il
giro di basso all’inizio di “Nothing To Say” è gradevole, così l’evolversi del
brano molto attento alle giuste melodie, qui si denota l’amore della band per
un certo tipo di Rock anni ‘80/90. In fondo, cosa si desidera da una canzone?
Vanno bene ricerca e tecnica come esige il Prog Rock, ma anch’esso ha bisogno
del suo “I Know What I Like (In Your Wardrobe)” oppure sempre restando nel
mondo Genesis al “Follow You Follow Me” etc. Come amo dire spesso, qualcosa
alla fine dell’ascolto deve rimanere, se non da cantare almeno da fischiettare.
“Pretty
Princess” suggerisce una passeggiata nel mondo della psichedelia, quella
composta di chitarre sostenute, fra eco e suoni. Ben ci sta a questo punto
dell’ascolto, perché l’attenzione sale nuovamente, assieme all’elettronica del
pezzo che sfocia in un riff quasi funky. “The Ride Of Your Life” è un brano
maturo, fra deja vu e raffinatezza, qui a tratti la batteria segue la strada
intrapresa da Gavin Harrison (Porcupine Tree, King Crimson, Claudio Baglioni,
The Pineapple Thief, etc).
“Morning
Song” è fragrante, fresca, ricca di buone proteine a questo punto oserei dire
in stile Pryzme. La suite omonima “Four Inches” chiude il disco come fanno i
fuochi d’artificio al termine dell’esibizione, tirando fuori di tutto e di più.
A
dispetto del nome Pryzme in “Four Inches “ci si sarebbe atteso molto Pink Floyd
style, invece a parte qualche parentesi, si è ascoltata molta musica multicolore
e anche farina del proprio sacco. Ma la cosa che più mi ha sorpreso è il tempo,
che durante l’ascolto mi è volato via e questo sappiamo bene tutti cosa sta a
significare. MS
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