Aura
AURA
– Underwater
My
Kingdom Music
Genere:
Post Prog Moderno
Supporto: cd – 2022
Ho
parlato spesso del Post Prog Moderno e ne ho scritto un libro per Arcana
Edizioni intitolato proprio “Post Prog Moderno – L’Alba Di Una Nuova Era”,
decantando le gesta di band che tracciano nella ricerca musicale una linea
retta con il passato. Si necessita dunque di un nuovo termine, perché ad
esempio i Genesis non suonano come i Porcupine Tree. Non posso trovare al
riguardo esempio migliore che la carriera dei salernitani Aura, al quarto album
passano dalle sonorità Genesis e Dream Theater a queste di “Underwater” fra
Porcupine Tree e Leprous. Un’evoluzione se vogliamo anche naturale in linea con
i tempi e altresì una maturazione sonora tangibile della band rispetto agli
album precedenti. La band è composta oggi da Giovanni Trotta (batteria, voce), Giuseppe
Bruno (chitarre), Angelo Cerquaglia (basso), e Francesco Di Verniere (tastiere,
synth).
La
copertina realizzata da Annalisa Di Verniere rappresenta al meglio quello che è
oggi il suono Aura, fatto di melodie intense e atmosfere sognanti.
Nella
musica di quest’album si bada dunque al sodo senza troppi fronzoli, cercando
emozioni piuttosto che elucubrazioni anche se non mancano i classici tempi
dispari e annessi cambi umorali. Il mutamento della pelle si denota
immediatamente dall’ascolto di “Lost Over Time”.
Il
suono rude delle chitarre non scarseggia neppure in “Keep It Safe”, così il
cantato sognante e il moderarsi delle arie che puntualmente giunge e si da
staffetta con il Metal. Il ritornello funziona e si ascolta anche un (seppur
breve) assolo di chitarra che spettina l’ascoltatore. “On Time” è attualissima
nel sound e lascia strabordare malinconia ponderata, mai eccessiva, quel tanto
che basta a rendere il pezzo onirico. Dalle spalle robuste il riff di “Time To
Live”, immaginate di ascoltare gli inglesi IQ suonare Metal, strano vero?
Eppure in qualche modo sembra funzionare.
A
metà album c’è il pezzo intimistico, “My Last Words To You”, qui il carattere
probabilmente esce poco perché c’è molto deja vu quindi si tarda a decollare.
Il discorso cambia con “Promises”, il range torna nella media Aura.
“Eternal
Bliss” ricorda sia per titolo sia per stacco iniziale materiale dei Muse, ma
siamo in un altro contesto seppure adiacente. Più ricercato “Lights Behind The
Clouds”, strumentale vigoroso e convincente. La title track chiude ottimamente
il disco per lasciare successivamente spazio alla cover di “Astronomy Domine”,
storico brano dei Pink Floyd a testimonianza che il passato è comunque nel DNA.
Come l’hanno rifatta? A mio gusto personale direi ottimamente, molto fedele
all’originale seppure con qualche piccola variazione.
“Underwater
“ è consigliato a chi ascolta Porcupine Tree, Opeth, God Is An Astronaut e
Leprous la band, sta crescendo disco dopo disco e qui siamo nel professionismo.
MS
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