Odessa
ODESSA – L’Alba Della Civiltà
Locanda Del Vento / Lizard Records
Genere: Rock Progressivo
Supporto: cd – 2022
Mi
sono imbattuto numerose volte in case discografiche italiane dedite a un genere
specifico come il Rock Progressivo Italiano con connotati seventies, la nota
Lizard Records ne ha fatto addirittura un filone specifico chiamandolo “Locanda
Del Vento”. All’interno ho potuto ascoltare band come Ancient Veil, Monjoie, I
Salici e moltissime altre fra le quali spiccano i marchigiani Odessa.
Sembra
ieri il debutto della band di Lorenzo Giovagnoli "Stazione Getsemani”,
invece sono passati inesorabilmente ventitré anni! Il disco fu portato al
successo dai fans del settore che hanno da subito apprezzato certe sonorità
vintage. Il secondo album "The Final Day - Il Giorno Del Giudizio"
arriva dieci anni dopo, ossia nel 2009. Nei due dischi molte le sonorità
prossime all’Hard Prog con riferimenti anche al Jazz Rock, come nel caso dei
tributi agli Area oppure al Prog dei Trip e del Rovescio Della Medaglia. Nomi
importanti questi citati, e chi conosce già gli Odessa è al corrente della
personalità che li contraddistingue, grazie non soltanto alle tastiere, ma
proprio alla bella voce di Lorenzo Giovagnoli che mai si è risparmiata durante
l’esecuzione dei brani.
Sin
dall’impatto visivo dell’artwork si denota immediatamente una continuità con il
passato, la copertina di questo nuovo album intitolato “L’Alba Della Civiltà” è
dello stesso Giovagnoli.
Nel
corso degli anni la line up subisce alcune modifiche sino a giungere ai giorni
nostri formata da Lorenzo Giovagnoli (voce e tastiere), Giulio Vampa (chitarra,
voce), Valerio De Angelis (basso, voce), Marco Fabbri (batteria, voce) e
Gianluca Milanese (flauto traverso).
Otto
le canzoni che compongono l’album, tra le quali due strumentali e una cover
come da tradizione Odessa, questa volta dedicata ai Pooh di “Parsifal” con la
canzone “L’Anno, il Posto, l’Ora” del 1972.
Suono
pulito e cristallino sin dagli arpeggi iniziali del breve intro strumentale
intitolato “La Stanza Vuota”, un colloquio fra chitarra acustica e flauto dal
fascino totalmente vintage. Con “Invocazione” ci s’immerge nel mondo degli
Osanna, flauto compreso, soluzioni datate ma sempre efficienti, una fotografia
ancora fatta con una macchina fotografica e non con un cellulare, quando il
mondo stava progredendo con personalità. Soffermarsi sull'uso vocale di
Giovagnoli è quantomeno dovuto, splendidi vocalizzi che inevitabilmente
richiamano alla memoria quelli femminili
di “The Great Gig In The Sky”, la chitarra elettrica finale conferma di
trovarci nel mondo dei Pink Floyd.
Atmosfere
più rilassate all'inizio di “Di Buio E Luce Parte 2” su una melodia prettamente
italica e per la precisione mediterranea, solare e ariosa con un ritornello ben
congegnato e un immancabile assolo di chitarra da brivido.
“L’Alba
Della Civiltà” ruggisce grazie all’Hammond, un Hard Prog addolcito solamente in
alcuni momenti dagli interventi del flauto di Gianluca Milanese. Non tanto per
la musica ovviamente che piuttosto mi conduce verso la Raccomandata Ricevuta
Ritorno, ma per l’attitudine il brano mi fa venire in mente quel capolavoro
intitolato “Orfeo9 “ di Tito Schipa Jr. forse questo è dovuto non solo ai testi
ma soprattutto alle coralità, in definitiva pieni anni ’70. “L'Organista
Del Bosco” viene ispirata dal disegno interno del pittore Silvano Braido ed è a lui dedicata. Ha una cadenza Folk gradevole e spensierata, il lavoro delle
tastiere è all'epicentro del percorso sonoro. E veniamo ora alla cover di
“L'Anno, Il Posto E L'Ora”, qui si sente il carattere degli Odessa, la spinta
energica che riescono a dare a tutto l’insieme dona al brano una nuova linfa.
Non che i Pooh abbiano bisogno di essere aiutati sotto certi aspetti, ma questo
tributo è davvero onesto e pulito, come l’aria che si respirava all'uscita di
“Parsifal” nel 1972, anni di una bellezza artistica sconcertante. Non posso che
fare i complimenti agli Odessa che non hanno scimmiottato il brano bensì lo
hanno rispettato e pulito. Una menzione anche per la tecnica individuale dei
musicisti, di certo non trascurabile.
“Rasoi”
ha un incedere che potrebbe scaturire anche da una canzone della Premiata
Forneria Marconi, altro orgoglio tipicamente italico sempre poco considerato
dai grande media ed è un autolesionistico peccato. In chiusura giunge
“Nell'Etere”, pezzo più scuro dell’album dove ancora una volta le tastiere e
il flauto dialogano fra loro lasciando la scena soltanto alla voce ricercata di
Giovagnoli. A tal riguardo, ho sempre ritenuto la voce un problema del Rock
Progressivo Italiano, il suo tallone d’Achille, e sono pochi gli esponenti che
mi hanno deliziato con ottime timbriche e idee, i nomi sono i soliti, Demetrio
Stratos, Francesco Di Giacomo, Aldo
Tagliapietra, Luciano Regoli, John De Leo, ma oggi come oggi ci aggiungo
tranquillamente Lorenzo Giovagnoli.
Una
fresca vena compositiva accompagna tutto l’ascolto di “L’Alba Della Civiltà”, è
un disco che sicuramente come minimo sarà candidato al podio per il miglior album
Rock Progressivo Italiano 2022, già me lo sento e il mio sesto senso mi ha
tradito poche volte, almeno in ambito musicale ci ha preso spesso e volentieri.
Complimenti cari Odessa, ma non fateci
attendere altri dieci anni per ascoltare una nuova opera, di questi tempi c’è
sempre più bisogno di bella musica, almeno quella! MS
Gentile sig. Salari,
RispondiEliminaLe posto questo commento per invitarle (se ne ha voglia o tempo) di scrivere un articolo sul prog canadese degli anni 70. Mi riferisco principalmente alle band di lingua francese che provenivano dal Québec. Anche se il movimento arrivò un po più tardi (non tutte le band) a quello italiano, io personalmente lo ritengo di lunga migliore anche a quello della Francia, che tolti i Magma e pochissimi altri lo ritengo non di grande spessore. Il Québec in quegli anni produsse band come i Contraction (originalissimi e raffinatissimi) Sloche (Jazz rock) Morse Code, Harmonium, Ottobre ecc. In passato mi sono recato spesso a Montreal a cercare e trovare i dischi di prima stampa di queste straordinarie band, per fortuna sono stato fortunato, anche spendendo poco. Meriterebbe un libro questo movimento, che in molti non conoscono, per il grande spessore musicale che ha prodotto capolavori in tutte le correnti del prog. Volendo si potrebbe anche dare uno sguardo alla nuova scena, che di certo non tocca i livelli apicali dei loro antenati, ma per fortuna lo stimolo nel fare un prog si derivativo (come tutti oggi) ma con quel fascino antico che solo le band canadesi di lingua francese sanno creare. Quando una colonia francese supera in cultura musicale la madre patria.
La ringrazio e mi scusi per la lungaggine.
IVANO.
Ciao Ivano, nessun problema per la lungaggine, ci mancherebbe. Dunque, l'idea è ottima e non nascondo che sto completando il mio quarto libro con band Prog moderne e il Canada è considerato. Concordo sul fatto che il Canada sia una nazione che ha un livello elevato di band. Però, come ho detto, non parlo degli anni '70, anche perchè se avete visto il mio modus operandi è quello di dare voce alle nuove band in quanto degli anni '70 si è detto veramente di tutto, centinaia di libri. Io mi sono gettato sull'evoluzione più recente. Sto concludendo dicevo il mio quarto che spero esca per settembre, per cui tempo da dedicare ad altro (a parte le recensioni che vedete qui) al momento non ne ho. Ma l'idea è buona, sarebbe da fare almeno uno speciale. Lo terrò in considerazione! Grazie per la dritta e complimenti per i gusti musicali!
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