Rick Miller
RICK
MILLER – Old Souls
Progressive
Promotion Records
Genere:
Atmospheric Progressive Rock
Supporto:
cd – 2022
Ho
avuto modo anche recentemente di decantare le qualità delle band provenienti
dal lontano Canada, la maggior parte di esse ha forte personalità, non a caso
le basi per un futuro Metal Progressive giungono proprio da questa terra grazie
allo storico trio Rush. Evoluzione anche in ambito Thrash Metal grazie alla
band Voivod, ma i nomi sarebbero davvero tanti. C’è chi evolve uno stile e chi
invece si limita a ripercorrere strade battute da altre nobili band, il tutto
sempre con personalità. Il prolifico polistrumentista Rick Miller ha avuto una
gioventù musicale fortunata, si è innamorato del suono dei Moody Blues, Pink
Floyd, Alan Parson, Genesis su tutti. Miller di Alan Parson ha anche la voce
molto simile che lo aiuta a ripercorrere perfettamente certe sonorità. Il suo
primo album risale al lontano 1984 dal titolo “Starsong”, da qui inizia un
lungo cammino che lo porta a realizzare ben sedici album in studio, in un
crescendo qualitativo che gli fa onore. L’ho seguito in questa sua escalation e
posso confermare con certezza che si è davvero comportato come un buon vino
rosso, il tempo l’ha esaltato e valorizzato. Si è avvicinato disco dopo disco
sempre più ai Pink Floyd e questo di certo non è un difetto, anche nel 2022 c’è
bisogno sia di memoria sia di buona musica per la mente.
Per
la realizzazione di “Old Soul” si coadiuva di strumentisti come Sarah Young e
Jaye Marsh (flauto), Mateusz Swoboda (violoncello), Barry Haggarty (chitarra), Kane
Miller (chitarra, violino) e Will (batteria, percussioni).
Dieci
le tracce che compongono l’album per un totale di cinquantadue minuti di
musica. Gli otto minuti abbondanti di “Time's Way” conducono immediatamente nel
mondo etereo di Miller, ponderato e rassicurante come le atmosfere che hanno
saputo coccolare i fans dei Pink Floyd nei momenti in cui la chitarra di
Gilmour ha disegnato la storia. Tre minuti, bastano tre minuti per sognare su
un violoncello e un arpeggio di chitarra, “Guinevere” nella dolcezza riscalda
il cuore, semplicemente senza tanti fronzoli. Il livello emotivo sale
ulteriormente con “Haunt Me”, sempre attorno alle chitarre protagoniste di
assolo sognanti. “Virgin Rebirth” annovera fra le file archi e psichedelia, un
connubio decisamente potente, ma le sorprese sono dietro l’angolo, tastiere synth
s’interpongono fra loro assieme all’immancabile chitarra, qui siamo nel
territorio del Crossover Prog. Adiacente giunge “The Red Sky” aperta da piano,
violoncello e flauto, il che anche se non state ascoltando, rende bene l’idea sulle
atmosfere create. Sembra una vera e propria colonna sonora dedicata a paesaggi
montani d’incontaminata bellezza. Potenza della musica.
“Ixtlan
Awaits” ha molto degli anni ’70, perfettamente incastonata nel contesto
ascoltato sino ad ora. Più ricercata e orientale “A Stitch In Time”, un
crescendo interessante dove le strumentazioni s’interfacciano fra loro con
ordine. Segue “Lost Karma”, quasi tre minuti meditativi e malinconici che
preparano l’ascolto a quello che è il movimento più bello dell’intero album, ossia
la mini suite “Don Quixote”. Ascoltare è un piacere che è prerogativa per
pochi, e quei pochi sanno sicuramente come star bene. Il disco finisce con la
breve e psichedelica “Time's Way Reprise”.
Rick
Miller è un anima sensibile, non serve molto per innamorarsi della sua musica
che ripeto ancora una volta, sale di qualità disco dopo disco, approfittiamone.
MS
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