I SAMBENE CANTANO DE ANDRE’ –
Signori Distratti, Blasfemi e Spose Bambine
IRD
International Record Distribution
Genere:
Folk – Cantautore
Supporto: cd 2019
Ritornano
i Sambene di Marco Sonaglia ad un anno dall’ottimo “Sentieri Partigiani – Tra
Marche E Memoria” e lo fanno omaggiando una delle firme cantautorali più
importanti del panorama italiano di sempre: Fabrizio De Andrè.
Un
ricordo voluto e creato grazie all’Accademia dei Cantautori di Recanati con Lucia
Brandoni alla direzione per i vent’anni dalla scomparsa del cantautore ligure.
Bene si sposano le opere di Faber con l’operato Folk dei Sambene, incentrato su
sonorità acustiche e semplici assieme alle voci di Marco Sonaglia (chitarra),
Roberta Sforza e Veronica Vivani.
Bella
l’edizione cartonata con cui si presenta il lavoro, con un artwork curato da
Luca Massaccesi ricco di descrizioni, testi e un intro ad opera di Alessio
Lega, cantautore e studioso di canzone d’autore. Lega fa una disamina che
sottolinea la tendenza delle persone a salire sul carro del vincitore perché fa
consenso, anche se poi nella realtà i comportamenti delle stesse sono distanti
dai concetti esposti da De Andrè. Parlare bene di Faber fa semplicemente
cultura e attitudine, come dargli torto?
I
Sambene portano avanti con grande rispetto il tributo all’uomo anarchico e
attento osservatore dei fatti oltre che narratore perspicace e lo fanno
suddividendo il cd in tre parti, la prima incentrata sull’amore, la seconda sulla
spiritualità e la terza su tematiche sociali e politiche. Quello che ne
scaturisce è uno spaccato della vita del cantautore, ma anche un prezioso
bagaglio culturale che fa parte della nostra vita quotidiana, perché molti dei
brani proposti sono oramai beni comuni della cultura cantautorale italiana.
Durante
questo lungo viaggio i Sambene si coadiuvano di special guest, Emanuele Storti
(fisarmonica), Claudio Merico (violino), Alessandro D’Alessandro (organetto),
Lucia Brandoni (pianoforte Hammond), Federico Governatori (percussioni) e due
membri dei Modena City Ramblers, Franco D’Aniello (flauto) e Luciano “Lucio”
Gaetani (bouzouki).
La
prima parte dedicata all’amore è composta da classici come “Canzone Dell’Amore
Perduto”, “La Ballata Dell’Amore Cieco”, “Hotel Supramonte” e “Dolcenera”, la
seconda sulla spiritualità da
“Spiritual”, L’Infanzia Di Maria”, “Un Blasfemo” e “Il Testamento Di Tito”,
chiudono le tematiche politiche e sociali con “Canto Del Servo Pastore”, “Un
Giudice”, “Nella Mia Ora Di Libertà” e “Khorakhanè”.
Sin
da “Canzone Dell’Amore Perduto” si evince tutto il rispetto e l’amore dei
Sambene verso l’autore, le voci di Veronica e Roberta donano dolcezza ad uno
dei brani più melodici di De Andrè, aumentando l’estasi ed il calore. Un pezzo
malinconico e delicatamente bello come un fiore.
Ne
“La Ballata Dell’Amore Cieco” la fisarmonica è suonata da Emanuele Storti e
resta difficile rimanere all’ascolto senza cantare assieme ai Sambene, perchè
il ritornello è un classico della canzone italiana. Il suono essenziale è
perfetto viatico per una riuscita Folk più concentrata sui testi importanti che
nella musica, come se non si volesse distrare l’ascoltatore dal senso delle
parole.
Marco
Sonaglia è perfetto menestrello alla chitarra, sempre delicato e intenso, come
in “Hotel Supramonte”, uno dei miei pezzi preferiti di De Andrè, scritto dopo il rapimento subìto in Sardegna
assieme alla moglie Dori Ghezzi. La voce calda di Marco dona ancor più
intensità all’insieme, inevitabili i brividi. “Dolcenera” è un brano difficile,
pieno di insidie ma tutto viene eseguito
con estrema pulizia.
“Spiritual”
gode del piano Hammond di Lucia Brandoni ed è ricolmo di coralità e battiti di
mani ad accompagnare, il risultato è una sorta di canto Gospel.
In
“L’Infanzia Di Maria”, è da apprezzare l’arrangiamento e il fatto di non voler
fare il verso alla voce dell’originale, Sonaglia canta con stile personale e
anche questo è un elemento di non poco conto.
“Un
Blasfemo” risulta soave nella voce di Roberta Sforza e questo evidenzia ancora
una volta in più le taglienti le parole del testo. Un capolavoro come “Il
Testamento Di Tito” viene trattato con i guanti assieme a Federico Governatori,
Franco D’Aniello e Luciano “Lucio” Gaetani.
Il
terzo step dei brani si apre con “Canto Del Servo Pastore” tratto dall’album
“Fabrizio De Andrè” del 1981. Narra della storia di una persona sola che non
conosce le proprie origini e che si lascia adottare dalla natura. Ancora una
volta funziona il cantato in voce maschile e femminile, i Sambene donano luce e
grazia alle melodie delicate ed il tin whistle di Franco D’Aniello ne è
ciliegina. Un grande classico “Un Giudice” accompagnato dalla fisarmonica e
l’atmosfera si fa subito “Chansonnier”. “Nella Mia Ora Di Libertà” del 1973
tratta da quel capolavoro intitolato “Storia Di Un Impiegato” si parla di
guerra e ritorna Marco Sonaglia alla voce accompagnato dalla sua chitarra, la
fisarmonica ed il violino. Si parla di prigionia e del fatto che almeno li si è
tutti uguali, “L’impiegato scopre un nuovo modo di concepire la vita e la
realtà della parola «collettivo» e della parola «potere»” (De Andrè). A seguire
“Khorakhanè”, dove si parla di Rom mussulmani del nord Kosovo mentre l’album si
chiude con un brano “neutrale”, “Girotondo” del 1968 tratto da “Tutti Morimmo A
Stento” con il coro dei bambini Ars Live.
Non
è semplice cantare il mondo di Fabrizio, serve coraggio, si rischia di cozzare
su molteplici parametri che nella semplicità della stesura delle canzoni
sembrano ingannevolmente assenti. Trappola della difficoltà celate nella
semplicità, solo come Faber sapeva congiungere con manifesta maestria. I
Sambene lo sanno. MS
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