SAMBENE – Sentieri Partigiani (Tra
Marche e Memoria)
FonoBisanzio
Genere: Folk
Supporto: cd – 2018
Un
esordio discografico che definirei importante sotto molti punti di vista, fra
memoria storica, folk e passione. I marchigiani Sambene si formano nel 2015
all’interno dell’ArsLive Accademia dei cantautori di Recanati, fondata da Lucia
Brandoni (allieva di Roberto Leydi) nel 2012. Si formano per dare voce ad una
musica che oggi come oggi stenta a sopravvivere, ma che tuttavia riesce a far
ballare, pensare, ascoltare, ricordare e riflettere. Un genere che cavalca il sapere
del passato.
Questa
volta però prima di approfondire la recensione, mi sento di partire
dall’artwork, un lavoro immane e dettagliatissimo, con 15 pagine che descrivono
minuziosamente gli avvenimenti dei personaggi in memoria cantati dal gruppo
Sambene. Si, perché “Sentieri Partigiani (Tra Marche e Memoria)” racconta le gesta e appunto la memoria di chi ha donato
la vita per la lotta partigiana del
territorio lungo i sentieri della resistenza. Fabriano, Tolentino, Urbisaglia,
Arcevia, Macerata, Ancona, le strade e le forze si uniscono per un lontano
periodo di lotte antifasciste ed i Sambene raccolgono dati per lasciare in vita
coloro che l’hanno donata per un ideale, perché si sa che si muore veramente soltanto
quando si è dimenticati.
Sambene
in sardo significa “sangue” e il sangue è vita, la musica è vita e quando
diventa viatico per narrare la società (di qualsiasi tempo essa sia), raggiunge
vette emotive davvero elevate. Per questo resto colpito da questo debutto
musicale, proprio per il forte impatto emotivo.
Tratto
dalla biografia della band: “Il gruppo ha cercato di affinare, ai suoi esordi, la
propria preparazione seguendo alcune lezioni con Riccardo Tesi e suonando in
vari live con Francesco Moneti dei Modena City Ramblers, con i Gang, dai quali
hanno, fra le altre cose, mutuato la passione per il combat folk e l’impegno
politico/civile e con Michele Gazich, divenuto produttore e violinista del
disco d’esordio dei Sambene, “Sentieri partigiani. Tra Marche e memoria”.
I
Sambene sono formati da Veronica Vivani (voce e tamburello), Roberta Sforza
(voce e cori), Marco
Sonaglia (voce, chitarra acustica e banjo) e Emanuele Storti (fisarmonica). I più afferrati di voi già avranno avuto modo di conoscere il
cantautore Marco Sonaglia, autore di due
cd molto gradevoli per contenuti e musica dal titolo “Il Pittore è l'Unico che
Sceglie i Suoi Colori” (2013) e “Il Vizio Di Vivere” (2015), se non li
conoscete ve li consiglio caldamente.
“Sentieri
Partigiani” è composto da undici tracce, ogni pezzo è una finestra su un
personaggio, ad iniziare da “Nunzia La Staffetta” di Tolentino. Il disco si
apre con il canto di un partigiano sopravvissuto e qualche brivido già scorre
sulla pelle. La musica composta da Sonaglia, Brandoni e Gazich ha il profumo
del cantautorato forte, quello degli anni ’70 radicato a Guccini, De Andrè, De
Gregori e molti altri del filone più acculturato del nostro Pop. Chitarre, voci
e violino danno risalto alle parole.
“Nenè
Acciaio”, partigiano della libertà, sottotenente nato a Marina Di Siracusa che
si ferma nelle Marche per combattere, altro tassello di vita, forza e coraggio.
“Sulla neve con gli sci sembrava un angelo”, questo il ricordo di Nunzia
Cavarischia di Acquacanina. La musica è sempre un Folk penetrante e nuovamente
esaltato dagli interventi del violino.
Fisarmonica
e violino aprono la storia di “Eraclio Cappannini”, prigioniero dei tedeschi.
Giochi di voce maschile e femminile si incastrano su tonalità differenti in
contemporanea ed hanno grande fascino e potere penetrante nell’ascolto. Nel
frattempo la lettera letta è quantomeno straziante. “Ruth E Augusto” è una
storia che si svolge nel maceratese, ed anche sotto la guerra nasce l’amore. A
Fabriano ci sono Elvio Pigliapoco e Ivan Silvestrini, caduti in una imboscata e
successivamente fucilati davanti alla cinta murale del cimitero di Santa Maria
e Marco canta le loro gesta con sentita enfasi. Ancora una volta il violino
lancia latrati di dolore.
“Achille
Barillati” al grido “Meglio la morte che il tradimento, Viva l’Italia Libera!”
lascia questo mondo con fierezza e ad occhi aperti. Tutto questo accade a
Muccia e lui è tenete di artiglieria.
Un
saltarello con fisarmonica apre il brano che narra le vicissitudini di Derna
Scandali” di Ancona. Un'altra storia, questa volta si va nel sociale, lei nel
suo impegno femminista è operaia e lotta per i diritti dei lavoratori ed è
anche nominata segretaria della cellula comunista di Agugliano. Un momento di
felicità in questo percorso sonoro.
“Erich,
Lo Straniero” è un'altra delle tante storie della guerra, un ferito è uguale ad
un altro, un uomo straniero in terra straniera non è straniero se lo guardi
negli occhi. Cantata dalla calda voce di Michele Gazich, la canzone mette alla
luce il lato più umano della sofferenza, da qualsiasi parte essa derivi. Erich
Klemera nasce a Bressanone e nel 1940 entra nella Wermacht del III Reich.
Inno
alla consapevolezza dei fatti è “Il Vento Della Memoria”, Piazza Fontana, Piazza
Loggia, e bombe di stato, così i Sambene gridano “La memoria è la mia libertà”.
Come
può chiudersi un disco del genere? Ma ovviamente con “Bella Ciao” cantata dalla
sezione femminile del gruppo. Nel disco in qualità di ospiti ci sono Sandro e
Marino Severini dei Gang. Trovare un difetto a questo lavoro non è semplice,
tuttavia a qualcuno potrebbe non piacere il fatto che non c’è la batteria.
Ricordo che siamo nel Folk.
In
definitiva i Sambene hanno fatto uno sforzo che va oltre la musica, quello
della ricerca e il dare voce a chi ha gridato per noi e che oggi non sentiamo
più perché siamo assordati dal futile e dal superfluo. Un popolo senza memoria
è un popolo che va verso la propria estinzione. Siamo storditi, lo avessero saputo questi
eroi… MS
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