FABIO LA MANNA – Ebe
Via Nocturna
Genere: virtuoso chitarra
Supporto: cd – 2017
Questo
del chitarrista torinese Fabio La Manna è un ritorno dopo il buon album “Res
Parallela” del 2013. Esso ha mostrato lo stile di La Manna, spesso molto vicino
a quello di John Petrucci (Dream Theater), così ho fatto conoscenza di un
chitarrista tecnico dalle grandi potenzialità anche compositive.
Non
nascondo la curiosità a distanza di cinque anni nel poterlo riascoltare ed ecco
allora “Ebe” che viene a colmare questo mio desiderio. Nove canzoni completamente
strumentali con l’ospite Andy Monge alla batteria, un viaggio ispirato dai
cieli con lo sguardo all’insù nell’attesa di una nuova comunicazione con altri
esseri extraterrestri. Forse una utopia, ma soprattutto una speranza, quella di
conoscere nuove forme di vita più intelligenti di noi umani che poco sappiamo
dare al nostro pianeta, piuttosto siamo più bravi a togliere.
Il
disco si apre dunque in un atmosfera rarefatta, impalpabile,”Beings Of Light” è
un pezzo che strizza l’occhio alla psichedelia, dove la chitarra di La Manna
disegna virtuosismi su scale a tratti difficili ed in altri casi più sostenute.
La
title track “Ebe”, brano più lungo dell’album in quasi dieci minuti di durata, racconta con il suono un momento di quiete,
quasi di speranza, quello passato con lo sguardo verso il cielo, come avrebbero
annoverato le nostrane Orme. Ancora la chitarra si presta a melodie gradevoli e
sentite, il virtuosismo è pacato, non invasivo, l’artista pone priorità alla
melodia e lontani sembrano i tempi dei Dream Theater. Un La Manna maturo,
concentrato, voglioso di sognare e di comunicare questa oniricità. Sempre
presenti i momenti Metal Prog seppur minimi, genere che il chitarrista comunque
tende a sviluppare.
Ascoltando
“Closer” ci si potrebbe estrare qualche stralcio di Anathema per chi li
conoscesse, nel mentre La Manna ispirato dalla voglia di comunicare non
soltanto con gli UFO ma soprattutto con il genere umano che oggi sembra rapito
da una sorta di ipnosi telematica, sciolina note per un ascolto fatto ad occhi chiusi, così da poterne meglio
assimilare i passaggi. Catartico a seguire “In Love And Silence” ed il titolo
la dice tutta. Per chi vi scrive è uno dei pezzi più belli dell’intero album.
Più
greve e cadenzato in un mid tempo granitico “Elohim Song”, dove durante
l’ascolto fanno capolino anche gli anni ’70.
Percussioni
accompagnano “The Little People”, la chitarra suona in maniera ragionata e
sentita, per poi giungere agli arpeggi di “The Vanishing Of Enoch”. Questa
canzone ha al suo interno l’insieme degli stili, un calderone in cui si può
ascoltare il bagaglio culturale dell’artista. Dolce l’apertura di “Starchild”,
altro mio momento favorito dell’album, sia per l’incedere che per lo sviluppo
del brano. Pizzicate nel mondo del Progressive Rock.
Il
disco si chiude con “Luna-2”, spaziale incrocio di stili fra passato e
presente, il tutto fatto semplicemente sui manici delle chitarre.
La
musica è magia, riesce a farci vedere cose che non ci sono esclusivamente con il
suono, La Manna la sta sviluppando con personalità e creatività, un mutamento di
pelle che mi ha colpito molto. Tanta la differenza con l’album passato e questo
è il sunto di chi è veramente artista, ossia di chi ha voglia di fare ciò che
piace al momento a se stesso, poi viene tutto il resto. Quando è così si
comunicano grandi cose. Un disco che si fa mangiare in un sol boccone tanto va
giù bene. MS
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