SEASONS OF TIME –
Closed To Open Plains
Progressive Promotion
Records
Genere: New Prog
Supporto: cd – 2014
La buona musica ha sempre uno sciame di proseliti, cambiano
i tempi, evolvono le tecnologie, ma chissà come mai il Rock degli anni ’70 è
sempre preso come punto di riferimento. Nel caso dei tedeschi Seasons Of Time
l’analisi si sposta anche agli inizi degli anni ’80, con uno sguardo alla scena
New Prog inglese. Per essere più chiaro, i parametri in cui si adoperano vanno
dai Genesis ai Pink Floyd, fino ai Marillion.
La storia dei Seasons Of Time parte da lontano, inizia nel
1993 e dopo alcuni cambi di line up, la band si stabilizza e riesce a produrre
il primo album dal titolo “Behind The Mirror” nel 1997. Nel 2010 il gruppo
subisce una grave scissione, il batterista ed il tastierista abbandonano il
gruppo, così Dirk Berger (basso, tastiere e voce), ne prende le redini e ne
prosegue il cammino, perlomeno in studio. Assieme a Malte Twarloh (voce,
chitarra, tastiere), Florian Wenzel (chitarra) e Marco Gruhn (batteria),
realizzano questo nuovo album dal titolo “Closed Doors To Open Plains”. In
effetti è proprio vero, quando si chiude una porta a volte si aprono immense distese.
Il disco si presenta molto bene, in una lussuosa confezione
cartonata, con all’interno il libretto avente i testi e le foto sempre ad opera
di Dirk Berger, qui coadiuvato da Kai Perkuhn. La registrazione effettuata
negli studi The Circle è discreta. Capeggia all’interno una frase storica di
Charlie Chaplin che dice: “L’avidità ha avvelenato l’anima degli uomini”.
Venendo alla musica, i sedici brani si aprono con il
consueto preludio, qui dal titolo “An Overture In My Head”, frammento
Psichedelico cantato da uccelli. Si comincia con la potenza delle chitarre
elettriche in “Expectations 1”, per poi lasciare campo a voce e piano.
Immediatamente collegata (come tutto il resto del disco) “Someone”, perché c’è
sempre qualcuno che ha fatto qualcosa. Le chitarre Hard si intersecano con le
tastiere che ricordano molto i passaggi dei Marillion, quando ancora Fish
stupiva per teatralità. La cosa ha ancora più rilevanza nella strumentale “Bite
The Bullet”, uno dei punti più interessanti dell’intero lavoro, sicuramente sarà
apprezzato da molti nostalgici. Da Nostalgici a romantici in “Closing Doors”,
sopra tastiere che potrebbero ricordare anche i Supertramp. Quello che comunque
si evince nell’ascolto è la cura per le melodie, una necessità più marcata
della tecnica. La Psichedelia di tanto in tanto fa capolino, così il suono Hard
vicino al Metal. Una ritmica semplice e cadenzata, comunque di potenza, si
presenta in “Fuzz & Buzz”, mentre le chitarre introducono la vigorosa “A
Step A Head Behind”, questo uno dei momenti più arrabbiati dei Seasons Of Time.
Davvero molti i cambi umorali nel percorso di “Closed Doors To Open Plains”, di
certo l’ascolto ne giova in fluidità. Altro buono assolo di chitarra protagonista
lo si trova nella strumentale “The Station At The Border Of The Mind”. La band
in effetti riesce a comunicare meglio le emozioni quando si esprime soltanto
con gli strumenti, non perché la voce non sia buona, solamente per un discorso
di pathos, anche perché quando suona il sound si avvicina soprattutto a quello
dei Pink Floyd. Nel disco ci sono anche due ospiti, Kelly Bell alla voce e Pete
Harrison al corno nella beatlesiana “There Are Times”.
Certamente in questo lavoro c’è molta carne al fuoco, cibo
per molte menti “Progressive” e questo fa onore sicuramente all’attenta
Progressive Promotion, ma soprattutto a questi artisti che comunque mettono
tutta la loro passione nella loro buona musica. Non un must, ma sicuramente da
ascoltare più volte senza problemi di noia. (MS)
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