AGROPELTER - The Book Of Hours
Laser's Edge
Genere: Rock Progressive
Supporto: cd / Bandcamp – 2025
La
scena nordica nel mondo musicale del Progressive Rock è molto attiva anche in
tempi recenti; gli Agropelter, ad esempio, rappresentano bene quella norvegese.
Kay
Olsen, ideatore di questo recente progetto, è un polistrumentista che ama
soprattutto le tastiere Mellotron, Hammond, cembalo, sintetizzatori ARP e Moog.
La sua passione per band storiche come Genesis, Camel, King Crimson, Eloy, e
per compositori come Rachmaninoff, Beethoven e Bach, colloca pienamente la sua
musica nel Progressive Rock.
“The
Book Of Hours” non è un album innovativo nel genere, ma piuttosto risulta
essere rispettoso del passato e immerso in un calderone di generi che conducono
l’ascoltatore in un ambiente prettamente onirico. A molti fan del Prog più
esperti potrebbe sembrare troppo perfetto e freddo sotto certi aspetti,
tuttavia questa sensazione non è del tutto estranea alla realtà, poiché risiede
anche nel DNA degli artisti nordici in generale.
Al
progetto partecipano, insieme a Olsen, Andreas Skorpe Sjoen (batteria), Mattias
Olsson (percussioni e mellotron), Jonas Reingold (basso), Jordi Castella
(pianoforte a coda), Eli Mine (clavicembalo), Norlene M (violoncello), Eileen Antu
(contrabbasso), Luis Vilca (flauto contralto), Hannah Danets (flauto), Zhivago
(fagotto) e Edgar Asmar (duduk). I più informati avranno riconosciuto Jonas
Reingold, ex membro dei rinomati The Flower Kings, e Mattias Olsson, che ha
lavorato anche con Änglagård, Therion e White Willow.
“The
Book Of Hours”, disco strumentale, è formato da sette movimenti e rappresentato
dall’artwork di Dag E. Clausen, una perfetta fotografia della musica contenuta
nel supporto ottico.
“Flute
Of Peril” è l’intro barocco e ispirato, che apre la strada a “Levitator”, brano
in crescita emotiva supportato da un uso massiccio di tastiere che vanno dal
mellotron all’organo a canne. La chitarra elettrica rimanda a momenti Neo Prog
di rara bellezza e, mentre tutto sale vertiginosamente, ecco che a metà del
brano subentra un passaggio riflessivo in cui l’artista mostra al meglio la sua
capacità compositiva attraverso l’organo a canne.
“Burial
Mound” apporta drammaticità all’opera, soprattutto grazie all’uso del basso di
Reingold; è con la serie di “The Book Of Hours Pt 1, 2, 3, 4” che la musica di
Olsen esprime tutta la sua validità.
Inutile
descrivere ogni movimento, poiché avete capito bene di cosa si tratta: Prog a
tratti sinfonico, con cambi di umore, elettrico ma soprattutto drammatico,
magniloquente, onirico, e il tutto grazie all’uso abbondante delle tastiere.
Tanta materia all’interno che farà la gioia dei fan del Prog più puri.
Un
album che si lascia ascoltare con piacere, con atmosfere che solo i nordici
sanno descrivere così dettagliatamente; questo è il punto di forza di questo
debutto, che mi lascia stupito anche per il fatto che non conoscevo il nome di
Kay Olsen e che, da questo momento in poi, terrò accuratamente sott’occhio.
Consigliato. MS
Versione Inglese:

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