Kalle Wallner
KALLE
WALLNER – Voices
Gentle
Art of Music
Genere: Rock – Virtuoso-
Progressive Rock
Supporto: Digital – 2022
Il
chitarrista Tedesco Kalle Wallner è la “W” del logo RPWL, band famosa nel
genere Progressive Rock per essere dedita a un sound Pink Floyd e Genesis nel
circuito mondiale. Se Andiamo a vedere, i componenti stessi della band RPWL
sembrano essersi presi un attimo di pausa dalla band madre, addentrandosi o in
collaborazioni o in album solisti. Una pausa è sempre rigenerativa, non
soltanto per l’energia che la musica espelle, ma è soprattutto una sorta di reset,
dove una volta espresse le proprie idee, si hanno voglia e desiderio di
ritrovarsi ancora insieme per crearne delle nuove. Si è visto negli anni con
tutti i gruppi di grandi artisti a iniziare dai Genesis ai Pink Floyd e a chi
volete voi con la vostra curiosità e l’amico Google.
Kalle
è al suo esordio da solista e per realizzare “Voice” si avvale di special
guest. Nomi come Marco Minnemann (batteria), Arno Menses (voce), Tancy (voce) e
l’amico RPWL Yogi Lang (tastiere), fanno intendere la caratura della tecnica
proposta. I nomi sono importanti, così come le canzoni contenute nell’album che
sono sette, ognuna con il titolo della cifra che la colloca nel contesto, ossia
“One”, “Two”, “Three” etc.
Come
spesso si dice in gergo, molta la carne al fuoco a iniziare dal Rock vigoroso
di “One” dove la chitarra è assolutamente la protagonista. Un riff Rock è
cadenzato nell’incedere, ma gli effetti elettronici programmati da Lang donano
un fascino particolare e non a caso durante l’ascolto potrebbero salire alla
mente i Muse. La melodia è indovinata, facile da ricordare e quindi si può
addirittura fischiettare, cosa che nei brani di artisti solisti di chitarra
elettrica è quantomeno rara. Ancora Rock in “Two”, anzi lo definirei più Hard
Rock. Semplice e diretto con arpeggi che spezzano le vibrazioni elettriche
“Two” spiega anche bene la provenienza di Kalle, qui, infatti, il sound RPWL è
maggiormente marcato.
Senza
mai gettarsi in inutili tecnicismi, il chitarrista procede il percorso sonoro
in “Three” questa volta con l’ausilio della voce di Arno Menses. Ora siamo al
100% in un album della band madre. Ancora elettronica programmata nell’inizio
di “Four”, qui il ritorno verso l’Hard Rock e al ritmo cadenzato esprime
chiaramente l’amore per i riff forti e semplici, con aperture ampie che danno
adito a un ascolto dall’ampio respiro. “Five” è ancora una volta genuina oltre
che la più breve dell’album. “Six” è la mia preferita, maggiormente riflessiva
e ricercata, con un assolo centrale spaziale e psichedelico. Un brano vero e
proprio di Progressive Rock. La conclusione è affidata a “Seven Out”, altra
semi-ballata da fischiettare per la riuscita delle melodie.
Quello
che un attento lettore potrebbe aver notato in questa mia recensione è il fatto
che non ho mai paragonato la chitarra di Wallner a quella di David Gilmour
(Pink Floyd), questo sta significando che il musicista non ha ripreso il
percorso RPWL, bensì ha scritto materiale che veste a pelle esclusivamente la
sua personalità, questo fa di lui un vero musicista dal forte carattere. La
valvola di sfogo ha prodotto il suo scopo? Chissà se RPWL tornerà più sulle
scene, intanto godiamoci questo disco che non ha grandi picchi emotivi, ma
sicuramente è infarcito di buone canzoni. MS
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