Raven Sad
RAVEN
SAD - The Leaf And The Wing
Lizard Records
Genere: Rock Progressive /
Psichedelico
Supporto: cd – 2021
Ho
seguito nel tempo le gesta del chitarrista e cantante pratese Samuele Santanna nella sua evoluzione musicale, sin dagli esordi che sono tracciabili
al 2005. L’artista non ha mai celato l’amore per certi Pink Floyd e Porcupine
Tree nelle celestiali partenze sonore e psichedeliche, queste sono per lui base
su cui costruire il bagaglio musicale oltre che nel Prog anni ‘70. L’esordio
ufficiale del progetto inizialmente one man band è datato 2008 con quel “Quoth”
già notato dalla casa discografica Lizard. Suoni semplici, minimali con un
cantato etereo che fa venire alla mente anche certi lavori dei nostrani No
Sound di Giancarlo Erra. Ma è solo l’inizio, con il tempo ed altri due album
l’artista si circonda di una vera e propria band sino a giungere ad oggi con il
quarto lavoro in studio intitolato “The Leaf And The Wing”.
La
formazione è composta da Samuele Santanna (chitarra elettrica, chitarra
acustica), Marco Geri (basso), Fabrizio Trinci (tastiere, voci), Francesco
Carnesecchi (batteria) e Gabriele Marconcini (voce).
Samuele
dimostra ancora una volta attraverso la
musica un animo gentile, sognatore ma non lasciamoci trarre in inganno, perché
attraverso l’ascolto del disco si evince all’interno una cultura musicale non
indifferente. L’artista ha assimilato la storia del genere e l’ha filtrata
attraverso la propria personalità. Il passato per andare nel futuro.
Il
disco è composto da otto tracce, l’artwork contiene la foto di Jos/attheparkinglot
mentre la grafica è a cura del tastierista Fabrizio Trinci. Il cielo è sempre
protagonista delle copertine Raven Sad, questo è sinonimo di musica spaziale,
aperta e dall’ampio respiro. I brani rispetto al passato sono più lunghi e
aggiungerei maggiormente Progressive Rock in senso generale, ad iniziare dalla
breve “Legend#1” che fa da apri pista alla successiva “The Sadness Of The Raven”.
Da ricordare anche per le origini del nome della band che The Raven è una poesia
di Edgar Allan Poe del 1845.
Il
pianoforte che accompagna il brano riporta con la mente indietro nel tempo sui
dischi dei Pink Floyd come “Meddle”, questo nei frangenti più intimi. Buona
l’interpretazione vocale senza sforzi inutili verso chissà quali vette, anche
perché la musica non lo richiede. Quando la chitarra di Santanna parte c’è di
che godere, l’artista toccato nell’animo da certi ascolti, riversa nella sua
musica il meglio dei fattori emozionali memorizzati. Sto ovviamente parlando di
note sostenute e trascinate a dovere. Si denota da subito la crescita
compositiva dei Raven Sad che album dopo album suonano in maniera sempre più
professionale.
“City
Lights And Desert Dark” mostra un approccio ulteriormente Rock, all’inizio
molto vicino al mondo dei svedesi Soen. Il brano nei suoi quasi dieci minuti è
ovviamente composto da stop & go come il Prog Rock esige, una gemma sonora
ancora una volta brillante, gioia degli amanti del genere. Buoni gli
arrangiamenti dei cori. Il brano più lungo dell’album si intitola “Colorbox”
con tredici minuti di musica immaginifica. Cori e piano aprono su una ritmica
tastieristica ipnotica ed onirica per lasciare spazio alla partenza verso
territori Genesis o per i più giovani di voi dico IQ/Pendragon. Ritengo
personalmente a mio gusto “Colorbox” uno dei momenti più alti dell’intero
lavoro. Trovo la voce di Marconcini molto simile a quella di Martin Eden della
band Neo Prog tedesca Chandelier.
Buona
la sezione ritmica che dimostra pulizia sia di suono che d’intenti, senza
sbavature. Il ritornello si stampa immediatamente nella mente dell’ascoltatore,
pregio non da poco perché ritengo che la musica al termine dell’ascolto deve
sempre e comunque lasciare un segno del suo passaggio. Inutile sottolineare i
brevi assolo di chitarra di Santanna, orami vero e proprio Nick Barrett della
situazione o se volete Gilmour, ma qui non è questione di paragoni forzati, il
mio intento non è comparare le capacità balistiche degli artisti, bensì dare un
percorso netto a chi legge su che cosa stiamo ascoltando.
“Approaching
The Chaos” mostra i muscoli in un ambientazione maggiormente incisiva, il
merito va soprattutto alle tastiere. Si decolla, lo strumentale porta in spazi
Porcupine Tree. “Ride The Tempest”, nomen omen, è un crescendo dalle
caratteristiche eleganti, una formula che funziona sempre per impatto emotivo.
“Absolution
Trial” necessita di ascolto ad occhi chiusi mentre lo strumentale “Legend#2” in
cinque minuti chiude l’album come meglio non si potrebbe, grazie ancora ad un
assolo di chitarra da pelle d’oca.
Ricordo Samuele quando
nei primi anni del 2000 iniziava a comporre e condividere con i suoi amici gli
arpeggi ancora acerbi anche su facebook, essi già palesavano un animo gentile.
Ecco, questo si è poi materializzato nella musica dei Raven Sad, album dopo
album, un crescendo che porta in alto la fantasia, proprio in quei cieli rappresentati
nelle copertine. Un consiglio quindi, la prossima dovrà essere incentrata nello
spazio, perché la colpa è solo vostra cari Raven Sad, ci avete abituati troppo bene
e quindi esigiamo sempre di più, oltre la stratosfera. Peccato per chi non
apprezza questo genere e non ce l’ha nel sangue, mi dispiace davvero tanto…. MS
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