PALMER
GENERATOR – Ventre
Autoproduzione
/ Bloody Sound
Genere:
Post Rock / Krautrock
Supporto: cd – 2023
L’era
della Psichedelia Rock si è sviluppata fra gli anni ’60 e ’70. Come gruppi
storici portabandiera possiamo citare i Pink Floyd o i Doors solo per fare due
nomi famosi. In realtà le basi provengono dai Beatles e quell’album “Revolver”
del 1966 che ha lasciato un segno indelebile nel Rock. Da qui le varianti
prendono diverse strade e forme, ad esempio in Europa il Krautrock tedesco
sforna gruppi interessanti come i Can, i primi Kraftwerk o i Neu!. E oggi? Il
discorso è similare a quello del Rock Progressive, ossia sopravvive fra difficoltà,
ma è sempre cibo per un affamata cerchia di fans pronta ad accaparrarsi
gelosamente i suoni di un nuovo gruppo. Bene, quindi detto questo, già
consiglio agli amanti del genere di segnare il nome dei marchigiani Palmer
Generator. Per dovere di cronaca devo segnalare che nella musica proposta risiedono
anche sonorità moderne Post Rock.
Sono
una famiglia nel puro senso del termine, padre, figlio e zio composti da
Michele
Palmieri (basso), Mattia Palmieri (batteria) e Tommaso Palmieri (chitarra). Si
fondano a Jesi nel 2010 e a oggi registrano quattro lavori in studio, compreso
questo “Ventre”. Gli album passati s’intitolano “Shapes” (2014 – Red Sound
Records), “Discipline” (2016 – Astio Collettivo, Torango) e “Natura” (2018 –
Bloody Sound Fucktory, Brigadisco) oltre che partecipare a uno Split assieme ai
The Great Saunites nel 2020 intitolato “PGTGS” (Bloody Sound Fucktory, Brigadisco,
Il Verso Del Cinghiale).
La
musica psichedelica, si sa, è cibo per la mente, però anche il ventre può dire
la propria, inteso come primo luogo in cui si fa comparsa su questa terra. Dice
la band: “Il dualismo mente-corpo viene superato nell’immagine del ventre, lo
stomaco considerato come un secondo cervello, come il luogo in cui avviene la
sintesi fra spirito e materia”.
L’album
è formato da quattro tracce per un percorso, dove spesso l’ascolto richiede silenzio con annessa chiusura degli occhi.
Il
brano “I” è il più breve con quattro minuti di Post Rock incentrato su una
ritmica ricercata, un buon colloquio fra basso e batteria, ma il trip vero e
proprio incomincia attraverso “II”, qui la chitarra grazie ad effetti
costruisce un cono sonoro ipnotico in un crescendo che vede l’inesorabile ingresso
degli altri strumenti. Questa musica non punta ad assolo strumentali bensì si
avvinghia attorno a soluzioni ripetitive come hanno saputo fare ad esempio
certi King Crimson in un periodo della loro splendida carriera. Lo scopo di questi
suoni è quello di creare atmosfere eteree ma anche nervose, nulla da
fischiettare, solo un mezzo di locomozione per lanciarsi verso la fantasia.
Inizio
pacato sul suono del basso in “III”, strumentale più lungo dell’album grazie ai
quindici minuti complessivi di durata. I Palmer Generator tendono a farti
stampare nella mente un certo giro sonoro per poi svilupparlo nel corso del
viaggio attraverso cambi di ritmo e d’umore. Effetti eco rendono tutto
maggiormente ampio. In questo brano
fuoriesce allo scoperto la vera anima
del trio.
Infine
è la batteria ad aprire “IV”, questo estratto è articolato rispetto i
precedenti con l’innesto di differenti soluzioni e cambi di ritmo, pur restando
avvinghiato alle pennate insistenti della chitarra.
L’artwork
molto semplice e diretto è realizzato da Mattia Palmieri, proprio come questa
musica priva d’inutili orpelli, nuda e cruda quanto basta per esprimere il concetto
emotivo del tema.
Di
certo non vibriamo tutti nella stessa maniera, questa musica non è adatta per
tutte le menti, ma solo per quelle aperte che hanno voglia di farsi di tanto in
tanto un bel trip. MS
Versione Inglese:
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