PINK FLOYD DAY - La Fabbrica del Vapore 02/10/2010 Milano
Di Giancarlo Bolther e Salari Massimo
INTRODUZIONE
Molti artisti, pur avendo prodotto musica, spesso anche ottima, sono semplicemente passati, non hanno avuto la forza di lasciare un segno tangibile nel tempo. Molti sono invece riusciti a lasciare la loro traccia, dando un contributo significativo. C’è però una cerchia ancora più ristretta che ha segnato in modo indelebile il corso degli eventi, tanto che dopo di loro nulla è più stato uguale a prima. Questi artisti non hanno solo influito sugli stili e sui gusti musicali, ma sono entrati nella vita delle persone, nella vita di ciascuno di noi. Fra questi c’è un gruppo di amici cresciuto nella scuola di Cambridge in Inghilterra, che inizialmente si è dedicato ad una ricerca musicale lisergica, la cosiddetta Psichedelìa, dopo vari ripensamenti questi hanno preso il nome di Pink Floyd.
Oggi non vogliamo raccontarvi la storia di questa gloriosa band nei dettagli, non tanto perché su di essa siano già stati versati fiumi di inchiostro, ma perché vogliamo farvi rivivere la celebrazione del primo giorno interamente dedicato a questo insolito gruppo di amici, ma soprattutto dedicato a tutte le persone a cui questi musicisti hanno cambiato la vita.
PERCHÉ UN PINK FLOYD DAY?Una risposta molto semplice è perché molto probabilmente sono la band più amata di tutti i tempi, ma per articolare meglio possiamo aggiungere che i Pink Floyd sono anche una delle band più imitate al mondo e hanno battuto ogni record di vendita di dischi, obiettivi raggiunti non da un gruppo coeso e determinato, ma da uno pieno di contraddizioni e di conflitti. Mille controversie hanno afflitto negli anni la band, prima di tutte il doloroso allontanamento del fondatore e leader Syd Barrett, un genio creativo devastato dall’abuso di quelle maledette sostanze lisergiche, una vera e propria tragedia di cui il gruppo si è sempre sentito responsabile. Poi ci sono stati gli innumerevoli litigi per la leadership, che hanno portato ad un secondo allontanamento sofferto, quello di Roger Waters. Questa scissione è stata segnata da aspri litigi per l’utilizzo del nome. Queste lotte fratricide non hanno comunque scalfito l’affetto dei fans, che hanno sempre messo la musica davanti a tutto. Piuttosto è interessante notare come le forti divisioni non abbiano impedito la produzione di alcune delle pagine più importanti della musica contemporanea. Poi c’è stato il difficile rapporto con la stampa, perché in verità i Pink Floyd non hanno mai fatto troppo parlare di se stessi, essendo stati sempre molto riservati.
Creatori di sperimentazione, i Pink Floyd hanno precorso i tempi, possiamo idealmente dividere la loro discografia in tre tronconi principali: il primo è quello “Barrettiano”degli anni ’60, psichedelico e lisergico, il secondo è quello “Progressivo” che va da “Atom Heart Mother” a “Wish You Where Here” ed il terzo e più commerciale (in senso di musica più accessibile), che va da “Animal” in poi. Molto probabilmente è stata proprio la loro capacità di precorrere i tempi, a consegnare il gruppo alla storia, una storia che dura da circa 45 anni ed ha raggiunto i giorni nostri.
Si è detto davvero di tutto su questi “ragazzi”, perfino sul “quinto” Pink Floyd, il mitico Storm Thorgerson, l’artista che ha creato le più importanti copertine del gruppo e che sono diventate delle vere icone della modernità, segnando epoche e generazioni. Chi non ricorda il prisma spettro di “The Dark Side Of The Moon” o la mucca più famosa del mondo ritratta su “Atom Heart Mother”?
Infine non secondario è stato l’apporto di Internet che ha aiutato a creare una rete di amicizie e di contatti, migliorando l’informazione e unendo gli appassionati, anche per un semplice scambio di pareri e, perché no, di dischi. In definitiva i Pink Floyd sono una band amata oltremisura e proprio per questo si è sentita la necessità di creare questo grande evento il primo Pink Floyd Day, che nelle ambizioni degli organizzatori vuole essere un punto di partenza che va ripetuto nel tempo e nello spazio. Per chiudere con una battuta che ci siamo scambiati durante la giornata “è incredibile come un gruppo abbia potuto scatenare tanta passione!”
LA GIORNATA.
Il 2 Ottobre a Milano presso la Fabbrica del Vapore, che al suo interno contiene il Teatro Ciak, ha preso vita un evento a dir poco unico nel suo genere nel nostro paese, un giorno interamente dedicato ai: PINK FLOYD.
Tutto è nato da un’idea di un imprenditore ligure appassionato della band inglese, ROBERTO SPAMPINATO, che con l’ausilio dell’amico grafico FABIO GIMIGNANI e della tribute band vicentina WIT MATRIX, ha organizzato questa ricca giornata.
A presentare e condurre il PINK FLOYD DAY è stato chiamato il noto critico musicale DARIO SALVATORI, un giornalista che si è sempre distinto per competenza e preparazione, lo ricordiamo con Renzo Arbore in “Quelli Della Notte”, alla conduzione di alcuni format televisivi ed ospite in numerosi programmi come “Domenica In”, che si è dimostrato entusiasta di essere presente a questo raduno.
La giornata è stata realizzata come un insieme di eventi, a cominciare dalla strepitosa mostra fotografica di Storm Thorgerson, il cosidetto “quinto membro dei Pink Floyd”, che ha presenziato all’inaugurazione, ma che per gravi motivi di salute non ha potuto esserci anche in seguito. Alcuni anni fa Thorgerson è stato vittima di un ictus, che purtroppo lo ha costretto su una carrozzina e gli ha reso molto difficile poter viaggiare. La galleria ARTEUTOPIA gestita da LUIGI PEDRAZZI, ha ospitato all’interno degli spazi della Fabbrica Del Vapore i capolavori del fotografo legati all’esperienza coi Pink Floyd.
In apertura della giornata Salvatori ha intervistato un altro ospite illustre, MICHELE MARI, autore del libro recentemente edito da EINAUDI “Rosso Floyd”, un romanzo a cavallo fra realtà e fantasia riguardante in particolare le vicende che hanno colpito Barrett. L’autore ha così illustrato i contenuti del suo romanzo ed ha spiegato le scelte che lo hanno portato a raccontare con un occhio nuovo quelle vicende, poi è stata data la possibilità ai presenti di effettuare delle domande all’autore, qualcuno ha sottolineato delle “imprecisioni”, come la vicenda dello “sputo” di Waters, che nel libro è diventato un “calcio”, l’autore ha avuto così modo di spiegare che è stata una scelta voluta, in quanto non aveva mai accettato l’idea che un suo idolo si fosse macchiato di un gesto tanto offensivo e volgare, così si è preso la licenza di “riabilitare” Waters. Il libro di Mari era disponibile per l’acquisto e l’autore si è poi concesso per le dediche.
La Einaudi oltre al libro di Mari ha lanciato una seconda iniziativa molto bella, ha chiesto al pubblico presente di comporre una dedica alla band e di affiggerla su uno dei tanti “muri” di mattoni bianchi, allestiti come scenografia in vari punti dell’area, la dedica migliore è stata premiata in chiusura di giornata con un weekend a Londra per due persone, che poi è stato vinto da una bambina del coro AMADEUS, ma di questo vi raccontiamo dopo. Tutte le dediche sono state raccolte per essere pubblicate in un libro sempre dalla già citata casa editrice.
Davvero gustosa è risultata la mostra di chitarre a cura della liuteria maceratese ROZA GUITARS, gestita da ROBERTO ZAZZARETTA e MARIA AGNESE ORSINI. Tutti i presenti hanno avuto la possibilità di provare personalmente le chitarre. Questa liuteria si è specializzata nella realizzazione di chitarre “su misura”, cioè personalizzate in base alle richieste dei clienti. Le Roza Guitars si caratterizzano, oltre che per la scelta molto accurata dei materiali, per le realizzazioni grafiche di Maria, che per l’occasione erano focalizzate sull’universo Floydiano.
Girando sempre per gli stand, ci si è potuti lustrare gli occhi con le rarità collezionistiche portate da alcuni membri dell’associazione THE LUNATICS, che riunisce i collezionisti dei Pink Floyd, un insieme di vinili 45 giri, LP, cofanetti in edizioni straniere, in tirature limitate, in picture e mix dalle foggie più strane per l’invidia di tutti gli appassionati! (ndg Massimo davanti a questa esposizione friggeva come una patatina... ho fin rischiato di vederlo collassare).
E a proposito di cimeli e rarità, non si è potuto restare indifferenti davanti alla quantità e alla qualità di materiale esposto da STEFANO MAGNANI, scrittore oltre che storico collezionista della band. Qui si sono potuti trovare posters e fotografie autografate, locandine di concerti, dischi e molto altro ancora.
Fuori dal Teatro Ciak, si è potuto fare un giro nella Pink Floyd Street, per l’occasione nominata CAMBRIDGE STREET, in memoria del posto in cui i cinque ragazzi inglesi hanno studiato e si sono conosciuti. Questa è stata composta da colonne di cartone, sulle quali si poteva leggere tutta la storia della band anno per anno. A terra si sono esibiti tre madonnari in disegni rappresentanti alcune delle copertine più famose, con risultati davvero suggestivi. In fondo a questa via invece ci si poteva imbattere in un muro, dove i graffitari della SCOMODIAMOCI con colori vivaci e le loro immancabili bombolette spray hanno rappresentato tutte le loro sensazioni sulla band.
IL CONCERTO DEI WIT MATRIX
La giornata non poteva che chiudersi con un grande concerto e fra i tanti gruppi che propongono un repertorio a base di Pink Floyd, l’organizzazione ha scelto i WIT MATRIX. La scelta è caduta sulla band vicentina in quanto sono riconosciuti come una delle più grandi tribute band del combo inglese (attenzione, volutamente non abbiamo detto cover band). I Wit Matrix non si sono preparati solo da un punto di vista tecnico musicale, ma con cura meticolosa hanno sempre cercato di portare sul palco tutte le tecnologie e le inventive sceniche dei Pink Floyd, dando vita ad uno spettacolo altamente verosimile all’originale.
Il concerto si è aperto con l’album più venduto della band, il fatidico “The Wall”. Il cantante Mirko Zanotto appare fuori del palco vestito da Pink, proprio come il protagonista del film omonimo, per poi salire ed esibirsi in maniera davvero interpretativa. Ecco dunque a seguire il coro dei bambini in “Another Brick In The Wall” da parte del PICCOLO CORO AMADEUS, diretto dal maestro FEDERICO BRANELLA, presidente e direttore, per l’occasione presente dopo innumerevoli successi internazionali. E poi non poteva mancare l’occhio di telo alle spalle con tanto di video, il mitico maiale che vola in “One Of These Days…”, splendidamente suonata nell’assolo da un bravissimo Francesco Fiorese, oppure il fiore luminoso sopra la nostra testa nell’assolo struggente e perfettamente eseguito da Paolo Magaraggia in “Comfortably Numb”. Tutto lo spettacolo è stato impreziosito dalla grazia e dall’eleganza della ballerina interprete Erika Pianazzola. La batteria di Ivan Franchetto sembrava la stessa di Mason, a fatica si è potuto pensare che non fosse lui dietro alle pelli. Straordinario anche l’apporto tastieristico di Sandro Benetti, vero trascinatore del sound Floydiano. Preziosi anche gli interventi del flauto e del sax di Beppe Corazza, il quale ha dato una impronta differente alla band, rendendola per un istante più personale, staccandosi per qualche istante dal ruolo relegatosi, specie nei frangenti flautistici. Di forza e personalità è stato il fondamentale apporto del basso di Claudio “Waters” Palliati.
Una prestazione sopra le righe che ha lasciato tutti i nostalgici della band a bocca aperta, sia per il gioco delle luci, che per l’insieme sonoro, evidenziato da un ottima acustica del teatro Ciak. Le tre coriste Atonia Pia, Marta Melchiori e Serena Pasinato hanno dimostrato non solo di possedere una bella voce (soprattutto Serena ha strabiliato), ma di aver assimilato in tutto e per tutto l’essenza delle vibrazioni Pink Floyd, tanto da sembrare le originali. La scaletta del concerto è quella che ogni fans vorrebbe ascoltare dai propri idoli, quasi tutto “The Wall” e “ The Dark Side Of The Moon”, intramezzati da classici come “Echoes”, o “Carefull With That Axe Eugene”. Il tempo sembrava essersi fermato e se si chiudevano gli occhi si poteva pensare di stare proprio avanti a loro, come ci ha fatto giustamente notare il fan della band, Lucio Panarelli.
Inevitabile i bis, composti da una carovana di emozioni con “Shine On You Crazy Diamond”, Wish You Were Here”, “Comfotably Numb” e “Run Like Hell”!
Terminato il concerto è stato proiettato un video inedito sui Pink Floyd con un mix di tutta la loro carriera recentemente premiato.
Un lavoro enorme, per una passione che veramente supera ogni ostacolo, dai tecnici del suono a quelli delle luci, tutti hanno dato un apporto importante per la riuscita di questo evento, che sicuramente non terminerà in questa serata, che come abbiamo anticipato vuole essere un punto di partenza. Sui volti di tutti i presenti (noi compresi) leggiamo un misto di soddisfatti e stanchezza per l’intensità delle emozioni provate lungo tutta la giornata, una scorpacciata quasi da indigestione, che speriamo di poter rifare al più presto.
SCALETTA CONCERTO:
In The Flesh
The Thin Ice
Another Brick In The Wall 1
The Happiest Days Of Our…
Another Brick In The Wall 2
Mother
Empty Spaces
Young Lust
Don’t Leave Me Now
Another Brick In The Wall 3
Hey You
Carefull With That Axe Eugene
One Of These Days
Echoes
Breathe
Time + Breathe (Reprise)
The Great Gig In The Sky
Money
Us And Them
Brain Damage
Eclipse
Bis:
Shine On You Crazy Diamond
Wish You Were Here
Comfortably Numb
Run Like Hell
INTERVISTE
THE LUNATICS.
Ciao ragazzi, presentatevi ai nostri lettori, chi sono i The Lunatics?
The Lunatics è una associazione di collezionisti di dischi dei Pink Flyd nata per passione. Noi qui presenti siamo Carminati Maurizio, Verani Riccardo e Stefano Girolami Carlini.
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Vediamo che qui avete moltissimo materiale raro, qual’ è il pezzo più caro che singolarmente vi siete portati?
Maurizio: Il singolo promo “Arnold Layne” che si aggira circa fra i 3.000 ed i 4.000 euro, non saprei di preciso. La mia collezione si aggira a circa un migliaio di pezzi. Ho iniziato nel 1996 e credimi se ti dico che servono tantissimi soldi oltre che la passione. E’ difficile ad esempio comperarsi “Ummagumma” rosso o giallo edizione Giapponese, che si quota sui 5.000 Euro! Ci devi pensare… Personalmente poi sono un collezionista totale, non c’è un determinato preciso momento della discografia della band, io la seguo tutta. Poi tengo a sottolineare che sono affezionato anche a “The Wall” arancione.
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Riccardo: Per me il disco più caro che ho qui è “The Piper At The Gates Of Dawn” in vinile rosso edizione Giapponese e si aggira fra gli 8.000 ed i 10.000 Dollari. Poi ne ho anche altri di valore, ma che (capirai) non ho potuto portare qui, come “Dark Side Of The Moon”, “Meddle”, “Atom Heart Mother”, “Whis You Were Here”, “The Wall” e “Amused To Death” di Waters stampati in oro. Per quello che riguarda il disco a cui sono più affezionato per me è “Ummagumma” rosso sempre in versione Giapponese, perché è il primo che ho comperato.
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Stefano: Per me, come affetto il discorso è complesso, non riguarda tanto il valore di mercato di un pezzo, ma cosa quel pezzo significa per me e la soddisfazione più grande l’ho provata quando ho trovato la prima stampa inglese di “Dark Side Of The Moon” in un mercato in Francia a solo 10 Euro! Io a differenza dei miei amici, mi sono più concentrato in un periodo particolare dei Pink Floyd, o per meglio dire, su un disco in particolare, il “Live At Pompei”. Sto cercando tutti i bootlegs possibili al riguardo, perché questo è il lato meno commerciale dei Pink Floyd. Ma il disco più caro che ho, anche se non conosco il valore preciso, è un box inglese edito in 1.000 copie dal titolo “The First XI” con i loro primi undici lavori in vinile fra cui “Dark Side Of The Moon” e “Wish You Were Here” in versione Picture.
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Secondo la vostra esperienza, qual è il disco più ricercato dai collezionisti?
(dopo un breve conciliabolo) “The Dark Side Of The Moon”.
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Ma come trovate le vostre prede?
Maurizio: Personalmente frequento fiere del disco, giro e quindi scambio fra collezionisti.
Stefano: Pazienza e comunicazione, internet per me ha portato ad un allargamento delle opportunità.
Riccardo: Anche io come loro, internet può dare una mano ma è un arma a doppio taglio, si possono anche aprire frontiere a grandi fregature!
Girano moltissimi falsi, per cui bisogna stare molto attenti, specialmente è un consiglio che diamo a chi dovesse mettersi in cammino nel mondo collezionistico. Internet è una fonte preziosa per saper difendersi dai falsi, sappiatela adoperare. Un caso celebre è quello delle ristampe blu colombiane dei primi anni ’80, recentemente sono usciti i falsi identici e qualcuno c’è cascato. Informatevi bene prima di un acquisto importante.
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Qual è il brano o il disco che ascoltate meno dei Pink Floyd?
Maurizio: La canzone “Dogs Of War” tratto da “A Momentary Lapse Of Reason”
Riccardo: “A Momentary Lapse Of Reason”
Stefano: Cambia con il tempo. Le emozioni sono differenti e mutano con gli ascolti, ad esempio prima ascoltavo di più “The Dark Side Of The Moon” oggi più “Animals” e sto rivalutando “The Final Cut”!
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Per concludere, qual è il componente dei Pink Floyd che amate di più ?
Riccardo: Per me non è uno solo, è il gruppo.
Maurizio: Roger Waters
Stefano Roger Waters
ARTEUTOPIA
Risponde il responsabile Luigi Pedrotti
Questa mostra di Storm Thorgerson è un paradiso non solo per gli amanti dei Pink Floyd, ma per i cultori dell’arte in generale, quando è cominciata?
Questa edizione con i Pink Floyd come soggetto è la terza per quest’anno. Prima eravamo a Londra e speriamo anche di andare a Roma, le premesse sembrano esserci. La mostra raccoglie tutta la carriera di Storm , dal primo periodo anni ’70 al più recente, ossia fino ai giorni nostri.
Quale è il periodo più creativo dell’artista?
Sicuramente gli anni ’70, quello più surreale che ha dato a lui in fondo la notorietà. In quei tempi tutto si improvvisava molto, non c’era quasi nulla di pianificato. In primo piano la creatività che si adoperava come forte sentimento all’opposizione del sistema. La base è quindi la controcultura. Non c’è da nascondersi dietro ad un dito nel dire che anche l’uso delle droghe, in quel periodo sempre molto presenti, hanno dato il loro contributo.
Come agiva di base Storm avanti ad una intuizione?
Premetto che lui ha messo sempre la mente sopra la materia, per cui vi lascio immaginare il suo modo di intendere l’arte. Tuttavia le foto le realizzava veramente portando nel posto gli oggetti che vedete raffigurati! Ad esempio i letti di “ A Momentary Lapse Of Reason” lungo la spiaggia sono veri, la mucca di “Atom Heart Mother” e via dicendo. A proposito di quella copertina, nei primi anni ’70 e fine anni ’60 le copertine dei dischi sia 45 giri che lp, erano tutte psichedeliche, rotondeggianti e colorate, non so se le avete presenti…. Ebbene, i Pink Floyd chiesero per quell’album una foto che nulla avesse a che fare con i prodotti standard negli scaffali dei negozi di dischi. Nulla di più strano ed incongruo che una semplice mucca al pascolo in primo piano. E nella copertina neppure il titolo dell’album tantomeno della band. Fu un idea assolutamente geniale che attirò molto l’attenzione sul prodotto.
Ma per Thorgerson, quale fu la copertina più importante?
Indubbiamente il prisma di “The Dark Side Of The Moon”, fatto e rifatto in seguito in mille salse.
Quale fu, se ci fu, un rammarico?
Si un rammarico ci fu e lui non era il solo ad averlo, bensì tutta la band intera, quello del trattamento subito da Syd Barrett. Fu allontanato per cause maggiori, nel senso che non riusciva più a tenere un concerto perché le droghe erano sopra di lui. Loro e l’indotto della band viaggiarono nel tempo velocemente fra successi ed impegni, tralasciando Syd nell’anonimato. Una vicenda triste che pesa un poco sulla coscienza di tutti.
E quindi come si schierò nella vicenda che portò la band alla scissione?
La band non era più disposta a seguire la linea di Waters, il quale si sentiva leader della band, la storia del padre morto in guerra che aveva fatto da filo conduttore per molti album aveva stancato tutti. Praticamente lui era dalla parte dei Pink Floyd e non è andato d’accordo con Waters per anni.
C’è un opera che ha fatto in particolare per questo evento?
Si, è questo prisma con attorno nuvole di colore psichedeliche. Lo ha realizzato mettendo l’oggetto in metallo nella vasca piena d’acqua e gocciandoci sopra dei colori, l’acqua ha fatto il resto mescolando il tutto. Davvero suggestivo. Vedete, la cosa che ha sempre differenziato Storm dagli altri artisti è che lui ha avuto sempre la voglia di fare le cose diverse. Non si è mai adeguato ai tempi. Di base ha la controcultura, praticamente l’opposto di oggi.
ROZA GUITARS
Risponde Roberto Zazzaretta
Dove nasce la vostra liuteria?
All’inizio del 2004, tutto è partito più per curiosità che per altro, poi è sopraggiunta la passione. Maria Agnese ha la passione per la musica e per la pittura, da qui l’idea di fare chitarre pitturate a mano da lei. Io seguo la parte tecnica, assemblo, diciamo che faccio la liutisica in generale.
Agnese: Io invece metto i disegni e le idee.
Quali sono le maggiori richieste che avete?
Ci chiedono soprattutto la replica della chitarra del 1967 di Syd Barrett, una Esquire…anche perché nessuno la fa.
Si vendono?
Si, anche all’estero, ad esempio in Canada, anche in Nuova Zelanda! Ne facciamo all’incirca due al mese, quindi venti o ventiquattro l’anno di media.
Avete avuto una richiesta particolare da un cliente?
Si, quella per una chitarra completamente colorata sviluppata assieme a lui. Voleva in pratica la stessa estetica e la sonorità della Summer Of Love del 1967. Comunque in generale noi creiamo quasi sempre le chitarre con il cliente. Il contatto avviene solitamente con internet, assieme condividiamo attraverso foto le richieste e poi parliamo anche dell’Hardware etc.
Avete degli Endorsers ?
No, non abbiamo endorsers, fosse vivo sicuramente Syd Barrett!
Avete avuto richieste anche da parte di qualche chitarrista conosciuto?
Per ora due, abbiamo avuto l’interessamento di Dodi Battaglia (Pooh) e di Cico Falzone dei Nomadi.
STEFANO MAGNIANI
Ciao Stefano, tu sei uno dei più grandi collezionisti di cimeli dei Pink Floyd, come nasce la tua passione?
Io sono del 1965 e tutto è iniziato quando avevo 15 anni con “The Dark Side Of The Moon”, quel disco mi ha cambiato la vita! A 18 anni ho scritto il mio primo libro sui Pink Floyd, dopo di allora ne ho scritti altri.
Quanti libri hai realizzati sui Pink Floyd?
Ne ho scritti nove, il primo è una biografia dal titolo “1965-1987”. Visto il successo l’ho dovuto ristampare tre anni dopo con il titolo “1965 – 1990”. Gli altri sono saggi critici su “The Wall”, “The Dark Side Of The Moon”, “Wish You Were Here” più un libro “Pink Floyd Songs” che spiega i testi dei brani. Di questo ricordo che all’uscita fu molto apprezzato, perché l’idea era praticamente nuova.
A quale dei tuoi numerosi cimeli sei più legato?
Ai dischi d’oro e di Platino che qui ovviamente non ho portato per motivi che puoi ben capire. Praticamente di questi ne ho sette, fra cui “The Dark Side Of The Moon”, “Animal”, “Wish You Were Here” ed altri ancora. Questi solo a volte ne faccio mostra in qualche comune.
Avrai ancora qualche desiderio, malgrado tu possieda molto delle rarità sui Pink, cosa stai cercando adesso?
Dei Pink Floyd ho praticamente già tutto. Quello che mi manca sono i quadri di Syd Barrett! È dura, ma li cerco. Sapevi che Syd dipingeva?
Tu hai conosciuto personalmente i Pink Floyd, si sentono dire mille cose sul loro carattere, tu come li ricordi?
Checché se ne dica di tutti e quattro Waters è il più umano e disponibile, sto parlando del 1984, per cui prima non lo so. Gilmour è stato ottimo fino al 1994, poi si è sposato la seconda volta con Polly Samson e lì è diventato differente. Ti dico solo che nel 1994 viaggiava da solo lontano dalla band… praticamente irriconoscibile. Wright era un gentleman inglese fondamentalmente timido, mentre Mason è il classico borghese arricchito. Si disinteressa dei fans, parlando senza peli sulla lingua è umanamente insignificante. Nel 2005 è stato con me in Italia ed è stato cordialissimo, l’ho rivisto in seguito altre volte… mi ha trattato come se non esistessi!
Quanti concerti hai visto?
Ventisei!
Accidenti! E secondo te oggi qual è la band che può portare lo scettro dei Pink Floyd?
Io amo molto i Radiohead , ma non disdegno anche la genialità di Wilson dei Porcupine Tree.
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LA DOMANDA PER TUTTI:
Lavoriamo di fantasia, facciamo finta che Syd Barrett fosse rimasto nei Pink Floyd, avrebbero avuto lo stesso successo? Saremmo oggi qui a fare un Pink Floyd Day?
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Giacomo dei The Lunatics: No non avrebbero avuto lo stesso successo, perché vincolati dal carisma di Barrett, avrebbero proseguito nella strada delle canzoni Psichedeliche e forse non si sarebbero adeguati ai tempi.
Stefano Magnani: Se Syd fosse restato quello del primo album credo che sarebbero diventati la band più geniale di tutti i tempi! Sicuramente avrebbe creato un genere tutto suo.
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Riccardo dei The Lunatics:
Sarebbero stati troppo Barrett e meno Pink Floyd.
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Stefano Girolami Carlini:
Se fosse restato avrebbe legato la band al genere psichedelico e quindi non si sarebbero evoluti con i tempi. Non avrebbero avuto ad esempio quella velatura Pop che hanno messo in “The Dark Side Of The Moon” e di conseguenza neppure il mastodontico successo radiofonico e del pubblico.
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