AEROSTATION
– Rethink
Independent
Artist Records
Genere:
Crossover Prog
Supporto: Digital – 2025
Quando
si incontrano artisti del calibro di Alex Carpani, compositore, tastierista,
cantante, produttore, musicologo e direttore artistico italo-francese, Gigi
Cavalli Cocchi (ex batterista di Ligabue, Clan Destino e Consorzio Suonatori
Indipendenti), e il bassista Jacopo Rossi (Dark Lunacy, Nerve, Antropophagus),
le aspettative non possono che essere elevate.
La
tecnica strumentale e compositiva esibita dal trio in formazione, simile a
quella di Emerson Lake & Palmer (non per la musica), è eccellente, per
questo la band va annoverata alla voce “supergruppo”. Si formarono nell’autunno
del 2015 e rilasciarono nel 2018 l’esordio dal titolo omonimo.
Buoni
furono i riscontri di critica e pubblico che gli conseguirono la possibilità di
aprire concerti a band blasonate tra cui la PFM.
Carpani,
come Keith Emerson, riesce a far dimenticare l'assenza delle chitarre, e il
trio viaggia compatto, palesando una preparazione e un amalgama davvero
invidiabile.
Sappiamo
bene che se la tecnica diventa asfissiante, spesso va a discapito della
fruizione, ma dipende anche dal tipo di ascoltatore; nel mondo del Progressive
Rock generalmente si presuppone che chi ama questo sound denominato “colto” sia
un fan attento, difficile da accontentare e molto distante dalle banalità
generiche. Ecco che necessariamente sono auspicabili cambi umorali,
controtempi, scale impervie e così via.
Nella
musica degli Aerostation queste caratteristiche non vengono a mancare, ma in
verità sono le melodie di facile memorizzazione a tenere la scena. Il disco si
apre con un breve intro dalle caratteristiche spaziali, che conduce a "A
Distant Cry", canzone sia sognante che energica, supportata dalla buona
voce di Alex.
Echi
di King Crimson si presentano durante le fasi strumentali grevi e monolitiche.
Vetrina per il basso di Rossi è "Life is Calling", dove il suono
caldo del suo strumento fa da binario a tutto il pezzo, che ben si inserirebbe
nella discografia dei Porcupine Tree.
Ritmo
ancora sostenuto per "Meet Me At The End Of The World", brano moderno
con frangenti addirittura rap. La carta vincente risulta essere il ritornello,
mentre gli effetti che accompagnano il tutto donano profondità all’ascolto. Nel
finale, un buon solo di tastiere.
Cambia
lo scenario con "The Wait Is Over", uno sguardo al motivo sonoro
semplice e diretto, come ci hanno bene insegnato gli immensi Beatles. Aleggia
nel suono della psichedelia delicata, la quale perfettamente si fonde con
accenni di sonorità moderne.
Gli
Aerostation strizzano l’occhio anche alla canzone radiofonica attraverso
"Drive My Soul", ma lo fanno con classe ed eleganza, senza scadere
nell’ovvio.
Buone
coralità nella più breve "Life Is Too Short", dove sensazioni in
bilico fra gli anni ’70 e ’80 la fanno da padrone. Intimistica e riflessiva
"Fly Over Me", canzone che ho apprezzato particolarmente per l'enfasi
emotiva, pur non essendo una ballata vera e propria. Anche in questo caso, gli
assolo strumentali giungono alla fine.
Ma
il brano di spicco per il mio gusto personale è "Soulshine", qui
riscontro tutte le caratteristiche da me precedentemente citate, ritornello
arioso compreso. Gradevole anche "Run As The Sun Goes Down", il suo
ritmo e il basso che pompa a dovere regalano un altro frangente di alta musica.
Continuo a sentire schegge di Porcupine Tree in molti di questi brani, ma non
credo per mia fissazione.
L’album
si conclude con la malinconica "Messiah", altra chicca sonora dove la
psichedelia fa nuovamente capolino. Una menzione a parte anche per la bella
copertina di Gigi Cavalli Cocchi.
“Rethink”
è un buon disco, orecchiabile, moderno, ma allo stesso tempo rispettoso della
lezione del passato. Questi amici miei sono strumentisti sopraffini e sanno
bene quando spingere o rallentare, così resta molto difficile annoiarsi durante
l’ascolto. Ma quei Porcupine Tree… MS
Versione Inglese:

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