TWENTY
FOUR HOURS – Rubbish
Autoproduzione
Genere:
Rock Progressive
Supporto: Digital / vinile – 2024
Oggi
come oggi, il mondo della realizzazione musicale è quasi alla deriva, se non esistono
persone che investono su nuovi artisti, questi in qualche maniera devono
autoprodursi con escamotage, in quanto le spese sono davvero proibitive, a meno
che si limitino a uscite soltanto in formato digitale.
Se
poi aggiungiamo una dura gavetta alle spalle, allora si può sostenere che il
suddetto artista è davvero intenzionato a dire qualcosa d’importante, oltre che
palesare un amore viscerale per la musica. Una scappatoia intrapresa da alcuni
di loro è quella del crowdfunding, ed è anche il caso dei Twenty Four Hours,
band dei fratelli Lippe, Marco (batteria) e Paolo (voce, sintetizzatori). Con
loro suonano Antonio Paparelli (chitarra solista), Paolo Sorcinelli (basso),
Ruggero Condò (sassofoni), Gìo Lombardi (chitarra solista), e in alcuni brani
Elena Lippe, voce e autrice dei testi.
La
band si forma a Bari nel 1985, età degli studi universitari, ma le
vicissitudini della vita portano i componenti a prendere differenti strade.
Oggi Fano nelle Marche, dove Paolo lavora come medico ospedaliero, sembra essere
la sede di registrazione. La loro carriera nel tempo non è stata semplice, tuttavia
i Twenty Four Hours hanno saputo farsi apprezzare soprattutto dalla critica di
settore, mettendo in tavola le carte del Prog anni ’70 con una chiave di
lettura moderna.
Sette
gli album in studio rilasciati a testimonianza di una robusta vena artistica
ispirata.
Il
crowdfunding è dunque servito per realizzare “Rubbish”, un album ibrido, fra
cover, pezzi riediti e improvvisazioni in studio. Le cover riguardano i Pink
Floyd con il brano “Careful With That Axe Eugene”, e i Tuxedomoon con “59 To 1”.
La cosa curiosa è che su richiesta degli artisti, i donatori volontari hanno
avuto la possibilità di consigliare sia l’artwork che accompagna il supporto
sonoro, sia suggerire scelte di arrangiamento e mixaggio.
Il
disco inizia con “Harold And Maps”, brano in cui le chitarre rimandano a
passaggi elettrici in stile Steve Hackett (Genesis) su una ritmica dal sentore
Jazz, rafforzata dagli interventi del sax di Pinkfloydiana memoria. Del brano
la band realizza un video.
Segue
la title track “Rubbish” dove undici minuti sembrano volare per quanto si è
colpiti da materiale proveniente da diverse epoche e stili. Il brano è storico,
uno
di quelli che era suonato live dalla band negli anni ’80. Si possono ascoltare
le registrazioni su Bancamp, nell’album “Onyx Marker”. Il lato A del vinile si
chiude con “I Creatori Del Danno”, intriso di psichedelia e una prestazione
vocale recitata più che cantata. Qui passaggi di tastiere richiamano alla mia
memoria le nostrane Orme, ma anche del Neo Prog, mentre le arie lievi lasciano
spazio ad ampi scenari bucolici. La ciliegina sulla torta è l’assolo di
chitarra finale.
Dopo
il rito del voltaggio vinilico sul piatto (per chi ancora possiede un
giradischi, gli altri non sanno cosa si perdono), il lato B inizia con una
versione di “Careful With That Axe Eugene” strepitosa, in quanto i Twenty Four
Hours non si limitano a fare il verso ai Pink Floyd, bensì fanno proprio il
pezzo e lo arricchiscono con un gran solo di sassofono. Di per se il brano vale
il prezzo del disco. Consigliato l’ascolto ad alto volume. La seconda cover è
la nominata “59 To 1”, così il discorso diventa equivalente.
In
chiusura c’è “Sand Veil Groove”, ricca di effetti elettronici e rimandi al
mondo arabo, tutto questo mostra una cultura musicale dei componenti a tutto
tondo.
“Rubbish”
è un disco che fa comprendere il significato di amare la musica, non bisogna
soltanto saperla suonare, ma anche rispettare. Missione compiuta. MS
Versione Inglese:
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