MATTEO
MANCUSO – The Journey
The
Players Club
Genere: Virtuoso strumentale
Supporto: cd – 2023
Ci
sono numerose scuole di pensiero riguardo alla musica completamente strumentale,
esistono ascoltatori che la prediligono e altri che la evitano in quanto spesso
messaggera di lunghe e noiose elucubrazioni. Se poi a suonare un disco del
genere è un solista, si può incappare in una sorta di palestra in cui far
vedere i propri muscoli a discapito magari delle buone melodie. In fondo un
disco, o per meglio dire una canzone, alla fine dell’ascolto deve lasciare
traccia di se, un motivo da ricordare se non addirittura da fischiettare,
altrimenti tutto si perde nei meandri del dimenticatoio, sì l’artista è
bravissimo ma cosa ha detto?
Mi
ritrovo ad ascoltare oggi un talento palermitano di nome Matteo Mancuso, che nonostante
la sua giovane età di ventisette anni, dimostra già di avere alle spalle una lunga
esperienza nel campo chitarristico, già a dodici anni frequenta palchi di festival
Jazz. Quando di base si ha la conoscenza del Blues e del Jazz, le strade che s’intraprendono
successivamente in altri generi sono inevitabilmente in discesa, e non sono di
certo io il solo a sostenerlo.
E’
un suonatore poliedrico, spazia dal classico all’elettrico, nel 2017 registra
un disco con il trio Jazz Rock di nome Snips e lo stesso anno all'interno del
famoso Umbria Jazz a Perugia, ottiene una borsa di studio per il prestigioso
Berklee College di Boston. Nel 2019 diventa endorser ufficiale al NAMM show di
Los Angeles per Yamaha Guitars, ma la cosa che più mi ha colpito del suo modo
personale di approcciarsi allo strumento è il suonare senza plettro, a
dimostrazione di studio e ricerca nel campo.
“The
Journey” è il debutto ufficiale a suo nome, e come iniziare se non con un
viaggio ispirato anche dal Milione di Marco Polo? (quanto ci piace viaggiare a
noi italiani).
Il
disco è composto di nove brani e con lui suonano al basso Riccardo Oliva e Stefano
India, alla batteria Gianluca Pellerito, e Giuseppe Bruno, all’organo e al
piano Giuseppe Vasapolli. L’artwork è un’opera di Roy Koch. L’album è
completamente dedito alla melodia di facile ascolto, e questo già può
interessare un vastissimo pubblico, anche se ovviamente la tecnica di Mancuso
spesso fuoriesce in maniera imponente in tutta la sua cristallinità. L’iniziale
“Silkroad” ne è testimonianza grazie ad un efficace mid tempo che accalappia
immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore, un pezzo molto vicino al mondo
del Progressive Rock. In “Polifemo” scaturisce il Jazz, amabile e morbido, a
seguire “Falcon Flight” sempre incentrato nel contesto descritto, con scale
sonore più ricercate e un ritmo sostenuto. “Open Fields” è delicata, un
passaggio nel Blues se vogliamo anche in stile Pino Daniele primo periodo. Ed è
la volta del singolo che precede il disco con tanto di video dal titolo “Drop
D.”, qui il grove è diretto oltre che semplice, tutto dedito sempre a favore
della melodia gradevole.
Un'altra
carta vincente di quest’album è la durata dei brani mai lunghi e tutti attorno ai
quattro, massimo sei minuti. Ancora Jazz e fusion per “Blues For John”,
inevitabile l’accostamento con la musica di Jaco Pastorius. Qui c’è un assolo
di chitarra che mi lascia davvero appagato! Mancuso imbraccia ora la chitarra
classica per farci respirare dopo cotanto materiale importante e lo fa a favore
di un brano accogliente e in qualche modo anche sperimentale, intitolato “Time
To Leave”. Su “Samba Party” c’è tutto l’amore del chitarrista per lo strumento,
e a concludere “The Journey”, una ballata acustica che vede la collaborazione
del padre Vincenzo, anche lui apprezzato musicista nel campo.
In
conclusione di questa recensione vorrei rimarcare due elogi ricevuti da Mancuso
che sicuramente valgono più dei miei: “Un talento assoluto; la sua capacità d’improvvisazione
è avanti anni luce. Ci vorrebbero due o tre vite. È stato come quando Jaco
(Pastorius) è entrato in scena... come ha fatto a diventare così bravo e così
in fretta...?”, e “L'evoluzione della chitarra è fermamente assicurata nelle
mani di questo tipo di musicisti... è solo un nuovo livello, il tono, il tocco,
le note... sono musicisti molto puliti, niente sciattoni!”, il primo è di Al Di
Meola e il secondo di Steve Vai, e scusate se è poco. MS
Versione Inglese:
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