Zaal
ZAAL
– Homo Habilis
Lizard
Records / Open Mind
Genere: Jazz Rock / Fusion
Supporto: cd – 2020
In
questi anni non è che il tastierista Agostino Macor sia rimasto con le mani in
mano, La Maschera Di Cera, Finisterre, Blunepal, Rohmer, Ombra Della Sera, The Chanfrughen
sono soltanto alcune delle sue partecipazioni in ambito progressivo e dintorni.
Tuttavia sono passati dieci anni dal secondo lavoro in studio intitolato “Onda
Quadra” ed oggi si ripresenta al pubblico con un lavoro registrato in presa
diretta durante alcune sessioni. Il risultato si intitola “Homo Habilis”, una
ricerca sul rapporto uomo/macchina in questo periodo tecnologico moderno.
In
prevalenza fra le note di questo album completamente strumentale scaturisce un
Jazz Rock/Fusion molto interessante, ma le influenze sonore arrivano da ogni
parte, World, Prog, cameristica, Ambient ed altro ancora, questo grazie anche agli
ospiti che lo accompagnano in questo viaggio di otto motivi.
Una
mini orchestra composta da Emanuele
Ysmail Miletti (sitar), Sergio Caputo (violino) Paolo Furio Marasso
(contrabbasso), Melissa Del Lucchese (Violoncello), Francesco Mascardi (sax),
Roberto Nappi Calcagno (tromba), Andrea Monetti (flauto) e Alessandro Quattrino
(percussioni) sono la base della band. Gli ospiti sono importanti e conosciuti
nell’ambito Rock Prog, Edmondo Romano (legni e fiati), Mau di Tollo e Federico
Branca (batteria).
Le
aspettative sono alte e non nascondo che personalmente ho un debole per le
registrazioni in diretta, perché l’alchimia che si crea nello studio è più
sentita che mai, suonare guardandosi negli occhi porta ad avere un intesa
maggiore, una spinta che sa di sincera realtà emotiva. La classica marcia in
più.
Le
macchine hanno molteplici componenti così come il corpo umano, altra macchina
perfetta che riesce però nel miracolo di creare emozioni con le mani e la
mente. Capta nell’aria la chimica spirituale trasformandola in musica, sono
entrambi cose invisibili ma reali, l’ascolto di “Meccanica Naturale” ne è schietta
conferma. Sembra di stazionare nei primi anni ’70, il sitar dona un fascino
psichedelico avvolgente.
Il
pianoforte di Macor apre “Revéil (Post Big Bang)”, il brano più lungo
dell’album grazie ai quasi otto minuti di durata. Il suono diventa
cinematografico, l’ascoltatore spazia in queste quasi improvvisazioni fra fiati
e percussioni, ripercorrendo la strada evolutiva dell’uomo.
Ritmica
cadenzata, quasi un orologio che avanza sul tempo con il suo inesorabile
ticchettio in “Presences”, la tromba di Nappi Calcagno mi fa ritornare alla
mente certe sonorità dei Nucleus, questo lo dico per i più ferrati di voi in
questo settore musicale. Il crescendo sonoro è trascinante, l’ensemble si
intende a dovere, proprio a conferma del mio pensiero espresso sulla
registrazione in diretta.
Le
atmosfere si quietano, il sitar suona su di un tappeto di suoni fievoli
all’inizio di “Homo Habilis”, brano ricercato con influenze mediorientali e
ancora una volta in crescendo, questa formula funziona sempre. ”Jaime S*mmers”
è un breve e pacato strumentale fatto di tastiere, il suo minuto accompagna a
“Instruments”, vera e propria carovana di suoni. La ripresa di “Réveil” ancora
una volta è una passeggiata nella ricerca sonora, quasi cameristica, mentre
“Androids Void” è la traccia Ghost che
chiude l’album, qui c’è elettronica, il momento è quieto, spaziale e armonioso
mentre il piano sgocciola note come se stessero riflettendo su dove cadere.
Un
lavoro decisamente mirato ad un pubblico esigente, di certo non da ascoltare
con superficialità, si rischierebbe soltanto di paragonarlo ad un fastidio.
Serve silenzio ed il giusto approccio, quello della passione per la musica. MS
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