Deadburger Factory
DEADBURGER FACTORY – La Chiamata
Snowdonia
Distribuzione: Audioglobe
Genere: Sperimentale
Supporto: Cd/libro – 2020
Quante
volte ci siamo guardati dentro non soltanto per capire noi stessi, ma anche gli
altri, uno sguardo dall’altra parte dello specchio. Da una parte c’è la realtà,
dall’altra la nostra psiche, la fantasia, i desideri ed i ragionamenti che ci
poniamo quotidianamente. Sono passati sette anni dal monumentale triplo
cofanetto dei Deadburger Factory “La Fisica Delle Nuvole”, incredibile sforzo artistico
che ha analizzato il proprio essere, la parte dentro di noi, oggi con “La
Chiamata” la band di Vittorio Nistri vuole scrutare l’altro lato, quello della
realtà esterna. Nel booklet de “La Fisica” c’era un disegno di Paolo Bacilieri
che rappresentava Alice che entrava nello specchio, qui Alice spunta dall’altra
parte. Ed ecco che anche i suoni sono completamente differenti, quelli passati
si affidavano ad archi, flauto e chitarre acustiche, qui invece assenti (tranne
una chitarra in un brano) a vantaggio di strumenti più adatti alla cruda realtà
caotica ossia tamburi (veramente tanti), sax indemoniati e contrabbassi
percossi sul legno solo per farvi alcuni esempi.
Siamo
proprio dall’altra parte.
La
musica dei Deadburger Factory è sperimentale come sempre, sono venti anni che
il progetto esiste realizzando sei lavori, colonne sonore per spettacoli
teatrali, collaborazioni con scrittori, fumettisti e molti musicisti. Il nucleo
base di Deadburger è formato da Vittorio Nistri (elettronica, tastiere, arrangiamenti,
testi), Simone Tilli (voce), Alessandro Casini (chitarra) e Carlo Sciannameo
(basso), ma nel disco compaiono numerosissimi special guest, almeno una
ventina. Il parco percussioni è colmo di grandi musicisti, ci sono Zeno De
Rossi (Vinicio Capossela e molti altri), Cristiano Calcagnile (Cristina Donà e
molti altri), Bruno Dorella (Bachi Di Pietra e molti altri), Simone Vassallo
(Caveiras e molti altri) e Marco Zaniniello (Appaloosa, Honko) oltre che ai tre
batteristi Deadburger Silvio Brambilla, Lorenzo Moretto e Pino Gulli. Avrete
già intuito la potenza sonora che sprigiona questo nuovo concept. E poi
jazzisti, cantanti e una sezione fiati con Enrico Gabrieli e il sax di Edoardo
Marraffa.
Il
personaggio che è al centro della storia è uno sciamano, Alfio Antico offre la
sua voce all’occorrenza nel brano “Tamburo Sei Pazzo”. Esso si trova in un
centro commerciale, il suo aspetto è da cinquantenne malconcio, come lo si può
ammirare nella copertina ad opera di Paolo Bacilieri (grafica di Gabriele
Menconi e testi di Vittorio Nistri) con uno sguardo da folle. Il suo
atteggiamento è incomprensibile, batte il tamburo come in un rituale, con la
speranza che il suolo si possa spaccare per eruttare sulla gente che lo deride
e che lo fotografa con i telefonini. In realtà lo sciamano vuole far uscire dal
pavimento un qualcosa che bruci la cattiveria dalla testa della gente che
malgrado il lockdown e il desiderio di tornare ad una vita normale, dimostra ancora
maggiore aggressività, dura con il prossimo ed intollerante. Il tema è più che
mai attuale e veritiero.
Ma
il tamburo sembra non funzionare e lo sciamano se la prende con lo strumento,
tuttavia c’è uno spiraglio di positività, l’uomo si promette che “domani andrà
meglio”… O forse no.
La
cosa che sbalordisce di più è tutto il packaging che accompagna il disco, esso
contiene anche un mini poster ma soprattutto un libro con 62 facciate! C’è
molto da leggere, molteplici storie soprattutto sui tamburi il tutto per
entrare con entrambi i piedi dentro l’operato sonoro, tuttavia lascio questo
compito a voi per non rovinare tutta la sorpresa, visto poi che ho già molto
svelato.
Veniamo
alla musica, il disco è composto da sette brani roboanti, duri, anche nei testi
di Vittorio Nistri e cantati da Simone Tilli ad iniziare da “Onoda Hiroo”,
canzone dalla cadenza Punk. Sopra una ritmica ipnotica e cadenzata giunge “Un
Incendio Visto Da Lontano”, intervallato di tanto in tanto da un bel solo di
piano. Noto per approccio anche vocale alcune similitudini con la musica degli
Altare Thotemico, lo dico per chi li conoscesse.
Una
chitarra elettrica introduce la title track “La Chiamata”, arrabbiata al punto
giusto, con cambi di tempo, sforzi vocali e coralità incisive. Il riff è molto
orecchiabile, così come l’esposizione del testo. Nel finale anche sax tenore e
un frammento di Jazz. Inizio psichedelico per “Tryptich”, rivisitazione di un
brano di Max Roach. Esso in origine è un canto di rivoluzione per sola voce e
batteria. Qui Cristiano Calcagnile e Zeno De Rossi alla batteria dialogano con
voci, grida ed altre percussioni, tutto
ciò potrebbe benissimo risiedere nella discografia degli Area. La partitura è
polifonica.
“Tamburo
Sei Pazzo” vede lo sciamano in azione in un parlato dalla cadenza sicula. Il
brano è diviso in quattro parti, narrate e strumentali, un approccio molto
“progressivo” e ricercato, soprattutto nella sezione dei fiati. Per la prima
volta compare la chitarra acustica in “Manifesto Cannibale”, canzone
psichedelica di nove minuti e forse anche la più “popolare” dell’album come la
conclusiva “Blu Quasi Trasparente”, ancora una volta slalom fra formula canzone
e ricerca sperimentale. Buoni gli arrangiamenti e le coralità.
“La
Chiamata” è un lavoro davvero consistente, coraggioso e di personalità, i
Deadburger Factory hanno scritto una pagina importante , così hanno prodotto un
lavoro che a dire esaustivo è davvero riduttivo per i motivi citati sopra. Curiosità,
tutti i brani sono a doppia batteria.
Sciamano,
aiutaci a togliere le scorie dai cervelli per essere veramente migliori, come
ci auspicavamo nel lockdown, pensaci tu con il tuo tamburo perché noi da soli
non ne siamo capaci.
Deadburger
Factory, alla prossima opera! MS
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