Pagine
▼
sabato 28 agosto 2021
Deafening Opera
DEAFENING OPERA – Driftwood
Nel
loro sound miscelano differenti stili, quindi in definitiva rientrano a pieni
voti nel calderone del Progressive Rock. Innestano Jazz, Folk, Rock, per un
risultato di ricerca ma al contempo molto orecchiabile. Uno dei pregi della
musica dei Deafening Opera è proprio quello di dare rilevanza alla melodia,
quindi una ricerca a favore della canzone da ricordare, da cantare e non fine a
se stessa travolta da un inutile tecnicismo di base. Con “Driftwood”
raggiungono il traguardo del quarto album in studio e si evince all’ascolto la
maturazione artistica così come una crescita di personalità acquisita di anno
in anno con consapevolezza. Vi posso assicurare che è molto più difficile
scrivere canzoni che abbiano all’interno suoni che possono far cantare
piuttosto che lunghe suite piene di improvvisazioni e di assolo, tuttavia
questa è una scelta che può essere più o meno condivisa dagli amanti del Prog.
lunedì 23 agosto 2021
Old Rock City Orchestra
OLD
ROCK CITY ORCHESTRA – The Magic Park Of Dark Roses
Avanguardia Convention
Genere: Dark Prog Rock
Supporto: cd - 2018
Ho
già avuto modo nel tempo e nei vari canali in cui opero, di tessere le lodi della band orvietana Old
Rock City Orchestra. Nel 2012 colpiscono l’attenzione sia della critica che del
pubblico con l’ottimo album d’esordio dal titolo “Once Upon A Time” (M.P. &
Records/G.T. Music), un disco dove la Psichedelia, il Blues ed il Prog si
convogliano in canzoni ben interpretate dalla voce di Cinzia Catalucci. A
seguire “Back To Earth” (M.P. & Records/G.T.Music) del 2015,
ulteriore passo verso la maturazione artistica che generalmente per ogni
artista si concretizza ufficialmente nel terzo album in studio, in questo caso trattasi di “The Magic
Park Of Dark Roses”, dunque qui o si
vola o si cade.
E
allora andiamo a vedere cosa ci propongono gli Old Rock City Orchestra in
questo nuovo lavoro:
La
prima cosa che salta subito all’occhio è il cambiamento di stile grafico, i
colori e gli spazi lasciano il posto alla ristretta oscurità gotica dei
paesaggi e dei disegni, questi ad opera di Lucy Ziniac con le fotografie di
Francesca Mancinetti. Anche il look del trio Cinzia Catalucci (voce), Raffaele
Spanetta (chitarra, basso, tastiere) e Michele “Mike” Capriolo (batteria), non
lascia adito a dubbi. Dieci canzoni per intraprendere un lungo viaggio nella
fantasia musicale, dove passato e presente si incontrano saldandosi in maniera
perfetta. Lo stile è ben marcato e come sempre la voce è punto di riconoscimento.
“The
Magic Park Of Dark Roses” apre il disco e rilascia come in un affresco le
pennellate di musica a rappresentare la sua veste immaginaria. Non è poi così
oscuro il parco, ma gode di tanto in tanto di uno sprazzo di luce. Non nascondo
da parte mia di scovare certi richiami sonori ai Black Widow. “Abraxas” ne è
appendice.
Resto
colpito da “ The Fall”, qui l’artwork si sposa alla perfezione, un andamento
alla “Child In Time” sorprende all’inizio, anche se ovviamente siamo distanti
dallo stile Deep Purple. Un intercedere
nel Gothic Rock monolitico, alleggerito solo dalla soavità della voce. Giunge
poi un flauto, quello della ospite Chiara Dragoni ad aprire ed a stemperare l’atmosfera
con “Vision”, il sound diventa improvvisamente nordico e certe lande si spalancano
avanti gli occhi della nostra immaginazione.
“A
Night In The Forest” racconta sensazioni
forti rilasciate da una notte nella foresta, e quello che musicalmente si
estrapola è la semplicità con cui basta emozionare l’ascoltatore. Pochi
tecnicismi, un riff efficace, diretto e ben arrangiato. Il canto qui è
maschile. Il ritmo sale in “The Coachman”, tuttavia non muta l’essenzialità
delle movenze artistiche dei strumentisti.
Rimango
affascinato dalle sonorità di “A Spell Of Heart And Soul Entwined”, dove le
tastiere ricoprono un ruolo fondamentale, sia per il supporto che per l’andamento
dell’insieme.
“Thinkin’
Bout Fantasy” prosegue l’essenza oscura della proposta, mentre la successiva “
Soul Blues” spiazza l’ascoltatore, riportandolo a certi fasti Blues di un tempo
sporcato da innesti Progressive Rock, un pezzo che nell’insieme del disco non
ti aspetti. Gradevole e di classe. L’album si conclude con un brano
strumentale, “Golden Dawn”, epitaffio di un bosco oscuro alla scoperta dei suoi
ospiti, a partire da chiese e sentieri che donano brividi alla vista, ma anche
piacevole curiosità.
Gli
Old Rock City Orchestra stanno intraprendendo un percorso artistico che sentono
a pelle, oggi sono così, in questo caso
la prova del terzo album è passata, anche se ho come la sensazione che il bello
debba ancora venire…O divenire? MS
GUARDA ANCHE:
https://nonsoloprogrock.blogspot.com/2015/05/old-rock-city-orchestra.html
https://nonsoloprogrock.blogspot.com/2012/07/old-rock-city-orchestra.html
GUARDA ANCHE:
https://nonsoloprogrock.blogspot.com/2015/05/old-rock-city-orchestra.html
https://nonsoloprogrock.blogspot.com/2012/07/old-rock-city-orchestra.html
mercoledì 11 agosto 2021
Traumhaus
TRAUMHAUS
– In Oculis Meis
Progressive
Promotion Records
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2020
Di
certo non si può dire che il progetto tedesco Traumhaus sia prolifico, ne è
passata d’acqua sotto i ponti dopo il debutto del 2001 intitolato “Traumhaus”.
Ad oggi “In Oculis Meis” è il quarto album in studio, il quinto se teniamo
conto dell’ep “Ausgeliefert” del 2014. Pochi album nel tempo, ma tutti di
ottima qualità.
Lo
stile proposto riesce ad abbracciare un ampio bacino di pubblico, spaziando dal
Progressive classico supportato da grandi tastiere, a momenti psichedelici ed
altri più vicini al Metal Prog.
L’album
focalizza i testi attorno all’argomento società moderna e la necessità per ogni
individuo di affrontare i problemi. Trattate paure inconsce e strategie
individuali per preservare il proprio equilibrio interiore, il tutto osservando
ciò che accade nel mondo. Ecco che per una tematica così pesante, al limite
dell’oscurità, servono suoni più duri, così che “In Oculis Meis” risulta essere
un album più duro rispetto al passato.
La
bellissima custodia dell’album è cartonata e all’interno contiene un libretto
ricco di informazioni e testi. L’artwork dello stesso leader fondatore
Alexander Weyland già del suo indirizza l’ascoltatore verso la musica, molto fosco
con un occhio in primo piano che osserva. I cd contenuti all’interno sono due,
il primo è cantato in lingua tedesca, il secondo in inglese. Otto i brani
mentre il gruppo è composto da Alexander Weyland (tastiere, voce), Tobias Hampl
(chitarra), Till Ottinger (basso) e Ray Gattner (batteria).
Un
piano malinconico apre le danze nei due minuti di “The Awakening” e sin da
subito risalta all’ascolto l’ottima produzione sonora, con un suono profondo e
distinto. Roboante la ritmica, mentre la voce ricorda quella di Peter Gabriel.
Una volta rotto il ghiaccio si parte per il viaggio con “Preserve &
Understand”, il sound è al confine con il Metal Prog e con i suoi otto minuti
abbondanti risulta essere fra i pezzi più lunghi dell’album. Molto orecchiabile
il ritornello, un raggio di luce nel corridoio buio in cui ci siamo
avventurati. Alcuni momenti strumentali possono richiamare i Porcupine Tree o i
Neo Prog Pallas per chi li conoscesse.
Elettronica
apre “Walk On Yourself”, canzone articolata con un mix passato e presente, il
presente l’ho già citato, il passato si cela fra alcune reminiscenze Genesis.
L’incedere ipnotico raggiunge l’apice con l’assolo delle tastiere e a seguire
della chitarra. E proprio a proposito d’ipnotismo, “Escape” si presenta in
maniera psichedelica fra Pink Floyd e Porcupine Tree, a seguire “So Many Ways”,
la canzone più breve dell’album in quattro minuti abbondanti.
“The
New Morning” rovista sia nel panorama Metal Prog che Progressive Rock, un
sottile filo sonoro li unisce facendo spaziare l’ascoltatore con la fantasia
grazie all’incedere, dove la somma dei
due generi sfocia nell’AOR, specialmente nel tratto del ritornello. Quando gli
assolo partono c’è di che godere. Misteriosa la strumentale “Understand &
Preserve”, essa sa picchiare quando serve, l’anima più scura dei Traumhaus che
nel pachidermico andamento richiama il suono nervoso di certi King Crimson,
quelli più recenti. Il disco si chiude con il brano più lungo, quasi nove
minuti di ottimo Prog dal titolo “X-Ray The Darkness”, anche il più sereno.
I
Traumhaus fanno nuovamente centro, un disco ricco di emozioni e qualità che
oramai si associa alla grandissima quantità delle produzioni edite dalla
Progressive Promotion Records. Speriamo solo di non attendere altri sette anni prima
di poter godere di questa maestosa musica.
Dell’album
esiste anche una versione vinilica per collezionisti stampata in 250 copie. MS
venerdì 6 agosto 2021
Transatlantic
TRANSATLANTIC
– The Absolute Universe/Forevermore (Extended Version)
Inside
Out
Genere: Progressive Rock
Supporto 3lp+2cd – 2021
Se
nel 2021 vogliamo ancora parlare di supergruppi la scelta è rimasta limitata,
di certo i Transatlantic sono al momento fra i più longevi se andiamo a
considerare che Neal Morse (Spock’s Beard), Roine Stolt (The Flower King), Pete
Trewavas (Marillion) e Mike Portnoy (Dream Theater) si incontrano già nel 1999.
Un
supergruppo a tutti gli effetti, sia per caratteristiche tecniche, tutti artisti
di elevato calibro, che per la passione nei confronti del Prog logorroico
composto da interminabili suite. Basta guardare la discografia passata della
band, tutte canzoni di lunghissima durata escluso qualche ballata. Neal Morse
alle tastiere e voce si sbizzarrisce mettendo in campo tutto il suo bagaglio
culturale, ed è l’anima più melodica della formazione, non a caso il suo spirito
musicale è alimentato dal mondo dei Beatles, così come quello del batterista
Portnoy, non a caso assieme registrano anche un disco di cover del quartetto di
Liverpool. La chitarra di Roine getta l’ascoltatore direttamente negli anni ’70,
diciamo che è lo spirito vintage del gruppo, mentre il basso di Trewavas è
preciso, metodico, deciso e pulito. Escluso quest’ultimo, gli altri tre sono
amanti di lunghe suite e lo abbiamo anche potuto vedere nelle loro relative
locazioni naturali. Ecco che dopo l’ottimo “Kaleidoscope” (2014 – Inside Out) i
Transatlantic si gettano anima e corpo in questo nuovo progetto per battere un
bel record, un'unica canzone lunga la bellezza di 90 minuti suddivisi in due
cd. In mio possesso ho la versione triplo lp e doppio cd, questo perché sono un
pazzo collezionista e mi diverto a sperperare soldi, la passione è più forte di
me. Il cofanetto in vinile è ben confezionato, ricco di particolari da godere
senza sforzare la vista come nei cd, mentre i suoni degli lp sono davvero
curati in ogni particolare, ben distinti e puliti.
Inutile
dire che l’opera in se si apre con una “Overture”, così come dire l’ascolto si
sbobina fra cambi di ritmo, assolo strumentali di grande fattura e ritornelli
ruffiani, oramai chi conosce i personaggi già sa. Il tutto viene registrato
questa volta in Svezia.
Infatti
questo nuovo disco nulla toglie e nulla aggiunge alla discografia dei
Transatlantic, un opera perfettamente assemblata che fa sembrare un ora e mezza
un passaggio di dieci minuti! All’ascolto ci si diverte, pochi gli sbadigli,
anche se ciò potrebbe accadere inevitabilmente vista la durata del tutto.
Eppure i Transatlantic hanno questa innata capacità, certo che chi non ha mai
digerito i Beatles e quant’altro detto nella recensione non è che con “The Absolute Universe/Forevermore” cambi
idea, però devo ammettere che il nome “supergruppo” è davvero messo a pennello.
Curate
anche le coralità ben congeniate, ogni tanto fuoriescono scorci di Pink Floyd,
Genesis, Gentle Giant, King Crimson a dimostrazione che i quattro ragazzi
conoscono a menadito la storia musicale Prog del passato. Comunque al riguardo
non vi erano dubbi.
Questa
volta i Transatlantic hanno pensato di offrire dell’opera anche una versione
più breve intitolata “The Absolute Universe - The Breath of Life (Abridged
Version)” concentrata (si fa per dire) in 64 minuti di musica, questo proprio
per venire incontro anche a coloro che arricciano il naso nei confronti delle
lunghe suite.
In
poche parole questo è un altro momento musicale spensierato, fatto da
professionisti che non lasciano nulla al caso e che assieme si divertono come
bambini, e si sente! MS
mercoledì 4 agosto 2021
Speciale Frederick Livi & CrownHeads
CROWNHEADS
– CrownHeads
LM-RECORDS/Autoproduzione
Genere:
Hard Prog
Supporto: cd – 2002
Dietro
al moniker Crownheads c’è il cantautore Frederick Livi, amante dell’Hard Rock e
della musica in senso totale. L’incontro con Nick Ermini (basso, chitarra) ed i
Pelican Milk di Alex Savelli (basso, chitarra), vecchia conoscenza del
Progressive Rock Italiano, porta verso gli inizi degli anni 2.000 a concepire
il primo album da studio intitolato “CrownHeads”. A seguire il lavoro nel
missaggio troviamo anche Paul Chain, e l’ascolto lascia presagire atmosfere
cupe e pesanti.
Così
lo è in parte, Livi si lascia ispirare dalla musica in maniera travolgente,
storie dure e in alcuni casi anche ballate riflessive. L’Hard Rock e le
chitarre elettriche alzano strati di
polvere, gli assolo sono toccanti e diretti, come al genere piace. Il cantato è
in lingua inglese.
Il
disco è suddiviso in nove tracce, mentre la formazione che suona (dopo diversi
assestamenti) è completata da Fabrizio (Lask) Cattalani (batteria) e Tesh
Todaro (tastiere), mentre Livi canta e suona anche l’armonica a bocca.
Il
disco si apre con una “liberazione”, come la copertina lascia intendere, una persona che va al bagno ad espellere i
liquidi e subito attacca la ruvida “Blue
Hell”, dove fra le note elettriche fuoriesce in maniera evidente l’amore
dell’artista per un certo Hard Rock dalle tinte oscure. Il riff è ruffiano e di
facile presa, mentre il solo di chitarra è una bella rasoiata. In questo
momento dell’ascolto appaiono avanti ad i miei occhi gli anni ’80 e la mano di
Chain.
Più
solare “Choose Your Evolution”, un Hard Rock intelligente che non resta avvinghiato ad un ginepraio di titoli o nomi, il genere si lascia contaminare e fuoriesce
come deve essere nelle sembianze di spirito libero.
“Wake
Up (Going Is A Golden Word)”, è maligna, così come la voce di Livi ed ancora
una volta si torna ad un Hard Rock Dark movimentato da un riff ficcante. Il
brano a metà si spezza in un approccio acustico ed introspettivo, lanciando
l’ascoltatore su alti lidi soprattutto durante il solo di chitarra elettrica.
Chi ama il genere mi ha capito sicuramente e già starà cercando il disco.
Più
formula canzone “This Is Not Time”, un brano che coccola, caldo ed avvolgente,
grazie anche all’uso degli archi che ben arrangiano il brano. L’uso del piano è
perfetto, sgocciolando note delicate e di personalità. Quando i particolari
sanno fare la differenza.
“Between
Dark And Light” nei suoi sette minuti ci racconta molto dei CrownHead e su come
intendono concepire il significato di fare Rock. Ancora una volta il piano apre
il brano e le atmosfere si fanno rarefatte per poi aprirsi in maniera spaziosa
nel proseguo e sappiamo bene come funzionano i crescendo sonori, il culmine lo
raggiungono sempre con un assolo di chitarra e qui non si esula dal modus
operandi. “Think Of My Future” è molto acustica e facile da memorizzare nel suo
incedere rilassato e ponderante. Ancora formula canzone per Sail Away” più
semplice nel complesso, ma nel finale mi sembra di riconoscere il suono della
chitarra di Paul Chain.. Il ritmo sale con “Still Feel”, Rock sicuramente
adatto per essere cantato in sede live.
Il
disco si chiude con “Jesus”. Armonica a bocca e un velo di oscurità che copre
il tutto.
I
CrownHeads fanno Rock sincero, conservando lo spirito artistico che la musica
dovrebbe avere sempre intrinseco, spazio all’arte oltre che
all’adrenalina. Il disco comprende anche
una bonus track, “Child In The DarkProject” dove i proventi andranno proprio a
“Child In The Dark Project” per adozioni a distanza. MS
FREDERICK
LIVI & CROWNHEADS – Traveling
Contact
Zone s.r.o.
Genere:
Hard Rock
Supporto:
cd -2016
Nel
titolo “Traveling” è intrinseco il significato di viaggio ed è proprio così che
il polistrumentista e cantante Frederick Livi vuole intendere, la vita è un
viaggio.
Lo
ritroviamo dopo l’ottimo “CrownHeads” del 2002 con tanta carne al fuoco in
questo lavoro dove risiedono dieci tracce sonore registrate nel corso di
differenti anni. Con lui partecipano al progetto numerosi musicisti anche di
fama mondiale, Alex Savelli (chitarra, basso), Fabrizio (Lask) Cattalani (batteria),
Roberto Galletto (piano), Sabrina Bursi (piano, tastiere), M. Lucas (chitarra,
basso, tastiere), Marck Eno (Marco Talevi) (batteria), Simone Oliva (chitarra)
e Marco Massa (cori).
“Traveling”
è un messaggio di libertà, un operazione contro i sistemi dello showbiz, lontano
dai talent, tanto da portare l’autore a registrare il tutto in luoghi
improvvisati per un grande guadagno in sincerità.
Ed
il viaggio si apre con “I Am Your Boy (Angel Face)”, un Country di due minuti e
mezzo, semplice e diretto per poi passare a “Belong To The Wind”, il Rock che ti
prende. Livi muta pelle costantemente durante il proseguo dell’ascolto, ma qui
si sente che è il suo territorio, quello che ci ha mostrato nel precedente
album “CrownHeads”. Chitarre elettriche e buone melodie da cantare con l’artista.
“Sweet
Babe” nomen omen, una semi ballata Rock a tratti avvolgente che si lascia ascoltare
con piacere, il viaggio è fatto di differenti emozioni, l’importante non è la
nascita o la morte, è il durante… La vita, e qui nel brano ci sono saluti per i
nostri compagni di viaggio. Chitarra acustica, armonica e voce in “Down The
Bridge”, un mix strano fra David Bowie, Bob Dylan ed Edoardo Bennato tanto per
rendere l’idea.
Torna
il Rock con “Betania” (premiata nel 2011 come miglior colonna sonora al “Tabloid Witch Award” Hollywood (CA) USA) in un incedere caparbio supportato da tastiere
importanti ed effetti sonori. Il pezzo potrebbe benissimo risiedere nel
calderone del Progressive Rock a dimostrazione della preparazione musicale di Frederick
Livi. Altro lento con “Mad Cowboy Disease”, da segnalare l’ottima intensità del
cantato, sentito e ben interpretato.
Ho
apprezzato molto la personalità di “Bloody Feet On The Floor”, classico brano che
si può ascoltare ad occhi chiusi e che ti fa muovere in maniera incondizionata
tutto il corpo. Potreste trovarvi in mezzo alla stanza a suonare la vostra
chitarra invisibile, non ci sarebbe nulla di strano.
Segue
“Babe Blue (Fuckin’ Lies)”, più canzone rispetto quanto ascoltato sino ad ora,
molto sentita dall’artista che interpreta il brano su atmosfere molto ariose.
Il
piano di Roberto Galletto è un valore aggiunto in “Child In The Dark” la voce
di Livi sembra quella di Cat Stevens e tutto assume un aurea spirituale.
In
chiusura l’acustica “Shining Shoes” che potrebbe benissimo risiedere nel disco “The
Final Cut” dei Pink Floyd.
“Traveling”
è un disco variegato, mai fermo su uno stile unico, tanto quasi da farmelo
relegare nel genere Progressive Rock, ma non conta il genere conta l’essere, poi
ognuno di noi la può pensare come vuole. Tuttavia il messaggio è chiaro,
godersi il viaggio attraverso le esperienze, questa è la vita, e questa è la
musica di Frederick Livi & CrownHeads, ascoltiamola. MS