STEVE
HUGHES – Once We Were – Part One
Progressive Promotion Records
Distribuzione Italiana: GT Music
Genere: New Prog
Supporto: cd – 2016
Se
siete fans del Prog e vi faccio alcuni nomi, sono sicuro che vi diranno
qualcosa: Big Big Train, Kino, Enid. Cosa hanno in comune queste grandi band
New Prog? L’ex batterista Steve Hughes. Nomi altisonanti, gruppi che hanno dato
molto alla causa e ancora stanno facendo, con uno stile che equilibra la
melodia con la tecnica. La formula canzone è presente, mai dimenticata nelle
composizioni, così Steve Hughes al riguardo ha una notevole esperienza.
Ad
un anno di distanza dal debutto solista dal titolo “Tales From The Silent Ocean”,
torna con un nuovo concept, “Once We Were-Part One”. Trattasi di un viaggio nel
tempo, fra passato, presente e futuro, fra amore, morte, dolore, famiglie
spezzate e guerra. Argomentazioni forti per testi forti, dove l’autore si getta a capofitto in una lunga apnea
sonora. Hughes canta e suona tutti gli strumenti, ma sa circondarsi anche di
importanti special guest, come Dec Burke dei Frost alla chitarra, Alex Tsentides
degli Enid al basso,e poi Keith Winter alla chitarra, Angie Hughes e Katja Piel
alla voce.
Un
racconto importante non può che iniziare in maniera altrettanto significativa,
ossia con una suite di trentatré minuti, altrimenti non saremmo nel Prog, ecco
dunque “The Summer Soldier” a fugare immediatamente ogni dubbio sull’operato
inciso. L’ascolto è consigliato con in mano il libretto di accompagnamento al
cd con tanto di testi e disegni di Jim Trainer. Le tastiere ricoprono un ruolo
importante, ci si riscontrano influenze oltre che delle band citate, anche di gruppi
come IQ. Ritmi sostenuti si alternano a brevi e fugaci assolo, come quello di
tastiere o chitarra, mentre il cantato è al centro della composizione. Nella
suite la musica si articola con naturalezza, quasi una conseguenza stessa del
suo incedere, come quando gli artisti si lasciano prendere la mano e si
lasciano andare. Personalmente apprezzo maggiormente i solo di chitarra ariosi
misti fra Pink Floyd e Genesis, come il New Prog ha saputo elargire nel tempo. Non
esulano interventi di ritmica elettronica a spezzare l’ascolto. Nel proseguo
Hughes approccia al concept con un intento più popolare se mi concedete il
termine. Dopo una scorpacciata sonora si passa alla formula canzone e alle
melodie orecchiabili, come nella fragile e malinconica “A New Light”. Molto
bella “For Jay”, così “Kettering Road”, un mix fra IQ e Marillion, il tutto
elaborato con l’accresciuta cultura musicale di oggi, dettata dalla personalità
di Hughes che dimostra si di aver fatto tesoro della storia, ma anche di
saperla elaborare. Brevi interventi di piano e tastiere in “Propaganda Part1”,
mentre per chi vi scrive uno dei momenti
migliori del disco sono “That Could’ve Been Us” e la conclusiva “Saigo Ni
Moichido”, giusto equilibrio fra armonie e Prog.
Il
merito di “Once We Were-Part One” è quello di non esasperare l’ascoltatore con
inutili orpelli, si bada al sodo, Hughes gioca molto sul lato emotivo
dell’ascolto, lasciando spazio all’immaginazione di chi ascolta la descrizione
musicale. Un film da ascoltare.
In
due anni il batterista propone due album di buona fattura, ora non resta che
attendere la parte due di “Once We Were” e visto i ritmi sostenuti di
produzione, non credo poi accadrà chissà fra quando. MS.
STEVE
HUGHES – Once We Were-Part Two
Progressive
Promotion Records
Distribuzione Italiana: GT Music
Genere: New Prog
Supporto: cd – 2016
Torna
il polistrumentista inglese Hughes con la seconda parte del viaggio fantastico nel
tempo, fra passato, presente e futuro “Once We Were”. Con lui si alternano
artisti ospiti del calibro di Angie Hughes, Katja Piel (voce), Richie Phillips
(sax), Maciej Zoinowski (violino), Keith Winter, e Dec Burke (chitarra).
La
musica prosegue il cammino intrapreso con l’opera precedente, alternando
influenze Jazz, Reggae, Progressive e Symphonic Rock. Il disco è suddiviso in
nove tracce ed è accompagnato da un bellissimo artwork cartonato ed esaustivo
ad opera di Jim Trainer, supportato dal Thunted Hex Designs Laboratory. Musica
da ascoltare ma anche da vedere.
Si
comincia con i sei minuti di “The Game”, canzone delicata ed aperta a coralità. Il crescendo
sonoro trova l’apice nel sax di Phillips. Gradevole nel contesto anche il solo
di chitarra. Sale il ritmo con “Life’s A Glitch”, brano vivace con sprazzi di
elettronica e vaghi richiami agli anni ’80. Le tastiere giocano un ruolo
maestro.
La
breve strumentale “Propaganda: Part Two” accompagna a “They Promise Everything”, canzone ricercata
per molteplici motivi che vanno dai cambi di tempo e di umore, alla batteria
elettronica per poi tornare al classico Prog con fughe di tastiere e di chitarra
annesse. Uno dei momenti più belli dell’intero album. Segue “There’s Still
Hope” e le atmosfere diventano inizialmente solfuree. Loop ritmici donano
frangenti di luce, così i cori femminili. Si torna alla formula canzone ed al
Prog Rock con “She’s”. “Spider On The Ceiling” è un esempio di come si può fare
una canzone melodica breve ma non scontata, fra Reggae e Rock. Anche in questo
disco Prog Rock non manca la suite, qui della durata di dodici minuti dal
titolo “Clouds” e strumentale. Apre il pianoforte per incedere in atmosfere
Genesiane. La suite si sviluppa come in un caleidoscopio musicale, mutando le
geometrie ed i colori. Il viaggio si conclude con “One Sweet Word”, canzone che
si basa molto sull’enfasi canora e corale.
Avrete
capito che “Once We Were-Part Two” è un buon
disco, variegato e di classe, non a caso Steve Hughes ha suonato la batteria
con band come Big Big Train, Kino ed Enid. Sa sicuramente il fatto suo. MS
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