FABIO
LA MANNA – Res Parallela
Autoproduzione
Genere:
Metal Prog - Virtuoso
Supporto:
mp3 – 2013
Con “Res Parallela”, il chitarrista e bassista
torinese Fabio La Manna giunge alla terza realizzazione. Nel 2005 lo troviamo
nei My Craving con il disco “No Mercy For Broken Hearts” e nel 2001 con gli
Alchemy Room in “Origin Of Fears/A Matter Of Time”.
La manna è laureato in Dams Musica con tesi sulla
musica nel cinema muto ed è insegnante di chitarra. La sua esperienza lo porta
a ricercare un suono ermetico, alquanto semplice e profondo.
In “Res Parallela” ci sono brani strumentali che
godono di un velo di mistero, dettato dalla spiritualità e dall’esoterismo che
l’autore tenta di raccontare.
Con l’iniziale “Call Of The Snake” si mette in luce
questo interesse per un suono greve, Metal e dalle ottime qualità tecniche che
non sfociano mai in inutili scorribande di pentagramma, ma bensì badano al
sodo, fra stop & go.
Dunque è la chitarra in prima linea, mentre la
batteria viene suonata da Andy Monge, membro degli Alchemy Room. Le tastiere
giungono in supporto a “High Road”, un pezzo decisamente più Progressive,
aperto dall’epicità dei suoni. Le melodie per se stesse sono di facile
memorizzazione, scorrevoli e mai noiose.
Per un La Manna più intimista bisogna giungere
all’inizio di “Skywatch”, un frangente di Blues senza risultare logorroico, si
mescola con un suono elettrico in crescendo supportato da tastiere. In questa
musica si scorgono spesso e volentieri sprazzi di Riverside ed Anathema tanto
per fare due nomi sul genere, ma si denota anche l’amore del chitarrista nei
confronti di Petrucci (Dream Theater), pur non imitandolo in fragorosi assolo.
Ed è con il brano omonimo “Res Parallela” che molto
di questo si può ascoltare, un sunto dello stile La Manna e di quanto spiegato
sino ad ora. Ottima la sezione ritmica.
Metal Prog massiccio con “Against The Rabbits”, con
qualche sentore (inconscio?) di Nu Metal anni ’90, il tambureggiare con la
chitarra distorta riscuote successo proprio in quell’ambito. “Morning Flavour”
è uno dei momenti più solari e pacati, seppur breve, tutto supportato da un
arpeggio di base, ma presto si rientra nei binari dell’esoteria con “Festum
Diaboli” e “Convivium”. Qualcosa di Antonius Rex e Paul Chain aleggia
nell’aria.
La chiusura è lasciata alla dolce “Invocation Of
Mir”, breve sigillo di questo album che fra alti e bassi si lascia godere a
pieno. I bassi risiedono a mio avviso in certe soluzioni alla Dream Theater
forse un po’ troppo inflazionate, ma questo è inevitabilmente radicato nel
genere Metal Prog, per cui non se ne può fare una vera e propria colpa. Un
album completamente strumentale che porta ad un viaggio mentale, questo ha
anche il pregio di farci pensare, malgrado non ci siano parole. Non mi sembra
un particolare da niente. Godibile. (MS)
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