METRONHOMME – 4
Autoproduzione
Genere: Psichedelia / Progressive
Rock
Supporto: lp – 2019
Sono
sempre stato un ammiratore di chi produce oggi musica non convenzionale e
completamente strumentale. La scelta è coraggiosa e non sempre va incontro
all’ascoltatore medio moderno. Mi dispiace per lui, ma io cerco dalla musica
qualcosa che sappia farmi pensare ed ascoltare, dove non arrivano le parole li
inizia la musica.
Lancio
vinilico per la band marchigiana Metronhomme (Macerata) che si forma nel 2003,
“4” è il quarto lavoro dopo “L’ultimo Canto Di Orfeo” (2005), “Neve” (2008) e “Bar
Panopticon” (2010). Il bel disegno della copertina è ad opera di Tommaso Gomez.
La musica proposta viaggia senza etichette particolari, ma se dobbiamo
necessariamente farlo, possiamo racchiuderli tranquillamente nel Progressive
Rock quello di stampo Psichedelico.
“4”
è formato da undici tracce. La prima comunicazione che mi giunge all’ascolto
del disco è l’amore per i Porcupine Tree primo periodo, buoni interventi di
chitarra su basi spesso eteree e ben arrangiate dalle tastiere di Tommaso
Lambertucci. La band viene completata da Mirco Galli (basso), Andrea Lazzaro
Ghezzi (batteria), Marco Poloni (chitarre) e Paolo Scapellato.
“I
Treni Di Gabo” sono l’immediato biglietto da visita della band. Forza e
sensibilità in un unico guscio, così la successiva “L’uomo Ombra” lascia
spaziare la mente in percorsi aurei e allo stesso tempo solidi. Un mix che solo
la musica riesce a spiegare. Più dolce “Chiuso Per Gatti” con il contrabbasso
dell’ospite Manuele Marani.
Ritmica
perfetta e tante buone idee comunque legate sempre alla formula canzone.
Cambi
di tempo in “Blow Up Automatic Chiodi” una delle canzoni più Progressive
dell’album. A seguire la breve “R.I.P. Brian Diy (Get Rid Of The Bishop)”
esposta su scale armoniche ripetute ed ipnotiche. Tuttavia aleggia anche una
certa componente Jazzy. I mondi fantastici dei Metronhomme sono tutti
incastonati in questi tasselli sonori che compongono il puzzle di “4” e
“Quattro Pesci Rossi” mostra un altro volto, sempre pacato e Psichedelico,
questa volta anche più rassicurante nella melodia centrale.
Si
passa al lato B del vinile che si apre con “Ortega”, stilisticamente ineccepibile
e aperta al mondo Prog e anche a quello dei nostrani Goblin. Il gruppo gode di
buona personalità, le influenze citate sono perlopiù indicative per chi sta
leggendo, perché la musica proposta ha il suo bel carattere definito.
“Salt”
dimostra quanto detto, seppure nella sua semplicità. “Hapax” lascia
l’ascoltatore ciondolarsi ad occhi chiusi mentre il profumo degli anni ’70 viene
esalato nell’aria. “Uccideresti L’Uomo Grasso?” inizia con un rincorrersi fra
il piano e la chitarra per poi sfociare nel suo incedere oramai classico.
L’album si chiude con “Acrobazie” per chi vi scrive forse il momento più alto
di “4”.
Chi
ama la Psichedelia non invasiva, il Prog e certi Porcupine Tree, non può
lasciarsi sfuggire questo lavoro, onesto, profondo e fresco. MS
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