THUNDER
GODZILLA – Thunder Godzilla
Andromeda
Relix
Distribuzione:
GT music
Genere:
Stoner Rock
Supporto: cd – 2017
Troppo
spesso si è letto in molte parti, giudizi riguardo al Rock del tipo: “Il Rock è
morto”. No, non è così e mai lo sarà, il Rock muta con gli eventi che ci
circondano in quanto viatico di protesta dei momenti in cui viviamo. Siamo solo
noi relegati ai ricordi, agli avvenimenti piacevoli, che ci incatenano ad un
periodo passato, pensando che il mondo musicale fosse finito li e non accettiamo
il suo mutare. No, non morirà mai, volenti o nolenti noi. La musica ci comunica
emozione, ci unisce, ci parla di noi ed ecco quindi nascere in continuazione
attorno ad essa nuove band che credono in questo supporto, io aggiungerei “per
fortuna”.
Non
esulano da questo ambito i padovani Thunder Godzilla, che si compongono nel
recente 2014. Il sound proposto è adrenalinico, fra Stoner, Acid Rock e
Psichedelia. La band si esibisce in numerose date live, le quali portano la
rodatura a livelli più che ottimali. Oltre sessanta i concerti dal vivo, tanto
per far capire come sono oliati i meccanismi interni. Le influenze maggiori dei
Thunder Godzilla arrivano da gruppi come Kyuss, Black Sabbath, Sleep, Karma To
Burn e molti altri dell’ambito.
Sono
un trio composto da Jonny alla batteria, Espo alla chitarra e Marco al basso e
voce ed esordiscono con questo album dal titolo omonimo formato da 11 brani per
una durata collettiva di 46 minuti di musica.
Si
comincia in un ambiente sonoro apocalittico, fra pioggia, oscurità distruzione
e spari, il mitologico mostro Godzilla è a suo agio, così il sound della band,
crudo e ruvido. “Tokyo Avenger” è degno inizio del disco.
Lo
Stoner Rock è questo elettricità a volume alto, entra dentro e sbudella, sporco
e rabbioso, con il suo caracollante incedere a volte Doom. Ascoltate “Lie To
Me” e ne avrete sunto. D'altronde
Godzilla non corre, avanza lentamente e distrugge dove passa, proprio
come il sound della band. Sale il ritmo con “Goliath”, muro di suono alto e
avvolgente. Un approccio più consono alla formula canzone giunge con la breve
“Fears” per poi tornare al caos e alla vibrazione con “Get Away”. Uno dei pezzi
che più ho apprezzato è “Mammoth King”, anche per un approccio compositivo
variegato, così “Yoga Fire” e la degna conclusiva “Day Tripper”, contributo ai
maestri del Rock provenienti da Liverpool, i Beatles.
La
tecnica mostrata dai tre componenti è quella che serve a tenere alto il nome
del genere, lineare e senza strafare, così buona all’uopo anche la voce di
Marco.
Un
buon esordio, un Rock che arriva dentro e che mostra i muscoli, tanto da farmi
segnare sul taccuino di marcia privato il nome della band. Vi aspetto
inesorabilmente alla prossima. MS
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