TAPROBAN - Posidonian Fields
Mellow Records
Distribuzione italiana: Mellow Records
Genere: Prog
Support: CD - 2006
Ero davvero curioso di ascoltare il nuovo lavoro del trio romano Taproban, per diversi motivi, il più rilevante è il fatto che generalmente il terzo disco è quello della verità. Positivamente colpito dal debutto di “Ogni Pensiero Vola” e dal più maturo “Outside Nowhere”, mi aspetto buone nuove, le premesse ci sono tutte, così come le novità. La prima cosa che salta immediatamente all’orecchio è l’ottima produzione ed una più attenta ricerca agli arrangiamenti e questo grazie soprattutto alle registrazioni effettuate nello studio professionale XL Studio, nel quale Gianluca De Rossi ha potuto suonare un vero Hammond C3. Le liriche sono ancora una volta basate su storie fantastiche, questa volta con “Posidonian Fields” si perlustrano i fondali marini e non solo, anche quelli della psiche umana, arricchiti da una spruzzata di avvenimenti quotidiani. La bellissima copertina curata dal bravo Davide Guidoni è affascinante tanto quanto il contenuto sonoro. Le novità proseguono, il cantato del chitarrista Guglielmo Mariotti è più presente che in passato e pure il suo contributo in fase di composizione è maggiore.
Siamo al cospetto di tre suite, La prima intitolata “Chapter One: Immersion”, la seconda “Chapter Two: Suspension” e la terza “Chapter Three:Oblivion”. La musica comincia con il mormorìo del mare, il suono è pulito e la chitarra acustica di Guglielmo ci trascina nell’immersione. Sono presenti richiami sia al New Prog che al Prog italiano anni ’70, ma anche Yes ed EL&P. Come caratteristica del gruppo, le tastiere hanno un ruolo di grande importanza e ben si amalgamano con la perfetta ritmica di Davide. Spettacolare il finale di “Charter One: Immersion” dal sottotitolo “Caronte’s Ship Imponderability”, una corsa nei fondali marini con fughe strumentali come genere impone.
Il capitolo due si apre con una buona melodia voce-chitarra e qui i Taproban dimostrano di essere davvero cresciuti in esperienza. La personalità fuoriesce, così come il pathos. Un muro sonoro si staglia su di noi per poi aprirsi dolcemente nel subconscio, è “Suspension”, leggera come l’aria delle tastiere che la creano. Sono i Pendragon più sognanti a presentarsi a noi. E via, senza soste verso il terzo capitolo “Oblivion”. Lo stile Orme anni ’70 che a volte ha caratterizzato il sound del gruppo, fa capolino nelle parti strumentali ma sono solo piccoli sprazzi, così come i momenti più Marillioniani.
Qui c’è tutto quello che un Prog fan vorrebbe sempre ascoltare, un put pourrie di armonie che riempiono la mente. Ed il mare ci trascina alla riva. Abbiamo scommesso sul loro talento ed abbiamo vinto. “Posidonian Fields” è un bel disco, dobbiamo essere più che orgogliosi del Progressive nostrano, sempre più a testa alta e maturo. Bene, la mia curiosità è appagata! MS
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