STEVEN WILSON – 4 ½
K Scope
Genere:
Post Modern Prog
Non
posso certo parlare di nuovo album di Steven Wilson, in realtà non è un disco
ma un mini disco della durata poco più di mezz'ora. In esso ci sono sei brani,
che molti critici di settore ho visto denominare “scarti di altri album".
Non
penso sia il termine giusto, non tanto per il valore delle canzoni che possono
piacere o meno a seconda dei gusti, ma perché ad esempio un brano live non è lo
scarto di nulla! Il brano in questione è “Don’t Hate Me” dei suoi Porcupine
Tree (progetto al momento congelato), tratto dall'ottimo “Stupid Dream” del
1999, qui cantato assieme all'israeliana Ninet Tayeb. In verità la cantante non
mi piace molto, brava per intensità e una bella voce, ma il suo forzato gridolino
di “passione” mi disturba un poco, per chi legge e non ascolta posso
denominarlo “cigolìo”.
Ma
veniamo alla carne. Solo il primo brano “My Book Of Regrets” vale l’acquisto di questo disco! Esso
è stato scritto in due tempi, nel 2013 e nel 2015. La musica ricorda molto l’album
“The Raven That Refused To Sing (And Other Stories)”, non a caso proprio del
2013. Influenze crimsoniane e tutto quello che oggi definiamo Post Prog. Sempre
dalle stesse sessioni giunge la riflessiva “Year Of The Plague”, qui l’artista
si funge da polistrumentista, e si fa accompagnare solo da Adam Holzman al
piano. Canzone d’atmosfera, come solitamente ci ha abituato, da far sognare ad
occhi aperti.
Dalle
registrazioni dell’ultimo album “Hand. Cannot. Erase” giungono due canzoni, la
prima dal titolo “Happiness III”, molto orecchiabile, forse troppo, nel senso
che è formata da strofe e ritornelli già usati in altri brani, tuttavia molto
bella, mentre la seconda si intitola “Sunday Rain Sets In”. Questa canzone è
nuovamente d’atmosfera, bello il mellotron e comunque la melodia è oramai
rodata, e potremmo definirla alla Wilson. L’ultimo brano del 2013 si intitola “Vermillioncore”
e qui fuoriesce il lato più aggressivo
dell’artista. Rasoiate di chitarra e buoni giri di basso, fra King Crimson ed
Opeth. La ritmica serrata ricopre un ruolo fondamentale e da meraviglioso
sfoggio di se.
“4
1/2” è un album trascurabile della discografia di Steven Wilson? Io non lo
trascurerei, come dicevo prima almeno per il brano di apertura, tuttavia se dei
cinque album da studio devo scartarne uno, logicamente scarterei questo. Anche lui intelligentemente lo ha intitolato "4 1/2". Devo
anche spendere parole di elogio per la produzione? Vengono da se, oramai
conoscete la qualità a cui ci ha abituato.
Molti
dicono che Wilson si deve prendere un momento di pausa, visto il ritmo
incessante di uscite, per me no, è in un momento di grazia, lasciatelo stare, se
non vi piace non comperatelo, il mondo è pieno di dischi. Io in realtà mi sono
preso anche l’lp…per dire…. MS
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