Alex Carpani
ALEX
CARPANI – Microcosm
Independent
Artist Records
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2022
Ho
sempre seguito la carriera del polistrumentista franco italiano
Alex Carpani e ogni volta è sempre una sorpresa. Se consideriamo l’esordio
discografico avvinghiato al mondo delle nostrane Orme, tanto da far cantare nel
disco “Waterline” (2007) lo stesso Aldo Tagliapietra, e quanto prodotto in
seguito, si denota nel tempo una maturazione invidiabile. Sempre amante del sound
Genesis, Carpani dopo altri quattro album dall’esordio, giunge a noi oggi con
“Microcosm” ma questa volta sono presi di riferimento più stili e la
personalità oramai è ben forgiata, così com’è radicato il nome dell’artista nel
mondo del Progressive Rock. Alex non ha più nulla da dimostrare a nessuno,
nelle opere incise si è sempre coadiuvato di grandi musicisti, ad esempio
questa è la volta di: Jon Davison (Yes), David Jackson (Van Der Graaf Generator,
Peter Gabriel), David Cross (King Crimson), Theo Travis (Soft Machine,
Porcupine Tree, Steven Wilson), Bruno Farinelli (Elisa, Il Volo, Cesare
Cremonini, Lucio Dalla), Andrea Torresani (Vasco Rossi, Franco Battiato,
Tiziano Ferro), Emiliano Fantuzzi (Nek, Laura Pausini, Biagio Antonacci) e
Davide Rinaldi (Dark Lunacy).
Questo
già scopre le carte in tavola su quanto ci si aspetta dall’ascolto delle dodici
canzoni contenute nell’album. Carpani del disco dice: “Ogni essere umano è un
inconfondibile e autonomo microcosmo. È proprio ciò di cui volevo parlare; del
fatto che siamo dei piccoli universi e che ognuno di noi trascorre l'intera
esistenza su una linea di confine, quella tra il proprio universo (il
microcosmo) e tutto il resto che lo circonda e lo sovrasta (il macrocosmo). In
questa interazione, sul bordo di questa linea di demarcazione, si svolge la
nostra vita e tutto ciò che percepiamo di noi stessi, degli altri, del resto
del mondo, del cosmo, di Dio, del passato-presente-futuro. “Microcosm”,
insomma, è un caleidoscopio della vita, una rappresentazione colorata e
multiforme della sua imprevedibile e imperscrutabile magia.”.
A
sorpresa il disco si apre proprio con un brano stellare in tutti i sensi e
questa volta non sono prese di mira le Orme o i Genesis, bensì i maestri King
Crimson con l’intramontabile “Starless”. Carpani risuonandolo di certo punta
molto in alto, ma devo dire alla fine dell’ascolto che la cover è più che
riuscita, rispettando sia l’anima del brano originale che la personalità stessa
del chitarrista.
Su
“Kiss And Fly” la voce è quella del cantante degli Yes Jon Davison e la canzone
pur non facendo molto il verso agli Yes si getta a capofitto nel mondo del
Progressive Rock ma attenzione, con sonorità più moderne piuttosto che vintage,
un mix ben amalgamato. “God Bless Amerika” è orecchiabile pur mantenendo al
proprio interno i classici e immancabili cambi di tempo. Il Rock più energico è
protagonista in “The Mountain Of Salt”, quello che funziona nelle canzoni di
Alex Carpani non sono solo gli arrangiamenti ma le melodie stesse che
facilmente si lasciano approcciare dall’ascoltatore. Le atmosfere si placano
grazie ai fiati e al piano nell’apertura di “We Can’t Go Home Tonight”, canzone
sentita e in qualche modo vicina anche al mondo Psichedelico oltre che a quello
dei King Crimson. A questo punto giunge inatteso un brano che richiama il Neo
Prog degli anni ’80 e s’intitola “Footprints In The Heart”. Più ricercato, a
tratti jazzy e arabeggiante risulta “Prime Numbers”, dove gli strumentisti
impiegati si divertono davvero a dare il meglio. Il basso diventa protagonista
nella cadenzata “What Once Was” e tutto quello che segue è di una raffinatezza
sia ricercata che spontanea.
Dimenticavo
solo un altro grande nome del panorama Rock italiano che ha partecipato alla
riuscita di questo album che non trapela difetto alcuno, il nome è quello di Gigi
Cavalli Cocchi, autore dell’artwork. MS
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