The Black Noodle Project
THE
BLACK NOODLE PROJECT – Code 2.0
Progressive
Promotion Records
Distribuzione:
G.T. Music
Genere:
Psychedelic/Space Rock
Supporto:
cd – 2020
Sono
venti gli anni di carriera del gruppo francese The Black Noodle Project del
polistrumentista Sébastien Bourdeix, un traguardo invidiabile che non tutti i
musicisti hanno la fortuna di raggiungere. Solo chi sa dire qualcosa di
interessante nel tempo riesce a raccogliere quanto seminato.
Sono
serviti tre anni a Sébastien per portare al termine la sua ottava fatica intitolata
“Code 2.0”. Ancora le argomentazioni vanno a rovistare all’interno dell’essere
umano, cogliendo gli aspetti più intimi e psicologici. L’albero secco contenente
nel tronco una sagoma di donna con tanto di radici in evidenza su sfondo
completamente bianco, non è altro che un messaggio che si contrappone alla
precedente ed oscura copertina di “Divided We Fall” del 2017. Essa è ad opera
di Emilie Ouazi.
I
musicisti che partecipano a questo nuovo progetto sono Fabrice Berger
(batteria) e Anthony Létévé (basso), oltre che Sébastien Boudeix alla chitarra,
voce, tastiere e basso.
Il
disco è suddiviso in sette atti, tutti di media durata che oscilla dai cinque
minuti ai sette e mezzo. Il sound si avvicina sempre più a quello di band come
Anathema ed Opeth ultimo periodo, alternando momenti vigorosi ad altri più
malinconici e ponderati. Una carta vincente per chi ama coccolarsi nelle
melodie nostalgiche e riflessive. E si parte dunque con “Acte I” (nascita e
crescita), in una atmosfera quasi spaziale, come fluttuare nel vuoto cosmico.
La chitarra arpeggia e conduce le danze in questo strumentale che già mette in
chiaro l’importanza delle melodie. Non manca l’inquietudine e il crescendo
sonoro si alterna a momenti di quiete, musica che fa pensare, o perlomeno
immaginare. La qualità dell’incisone esalta maggiormente il risultato, il disco
è mixato e masterizzato da Lionel Forest nei DS Sound studio.
In
“Acte II” (inganno/acquisizione) gli Anathema di “Fragile Dreams” sono molto
vicini, il brano si districa bene nei sbalzi umorali, anche in questo caso
trattasi di strumentale.
L’anima
viene toccata in “Acte III” (la visione del mondo), un piccolo squarcio di sole
punta a diradare le nebbie per lasciar intravedere il mondo. La chitarra è in
stile Pink Floyd, e fa da sottofondo ad un estratto parlato in lingua francese
tratto da “La Misére” di Victor Hugo (1849). Un arpeggio apre “Acte IV”
(amore), il brano più dolce dell’intero disco, suonato egregiamente con l’uso
della chitarra ancora una volta differente, qui non accompagna ma esegue
sostituendosi alla voce. C’è tenerezza, appunto amore.
Il
ritmo sale con “Acte V” (andare oltre/costruire/stabilità) pur rimanendo sempre
nello stile The Black Noodle Project. Il brano in questione ben si sposa con la
copertina dell’album, qui perfetta traduttrice in immagine del concetto
espresso dalla musica.
In
“Acte VI” (la felicità di essere padre ed avere una famiglia) ci sono voci,
quelle di Sandrine e Clément Bourdeix, il tutto è in famiglia e scusate ancora
se mi sovvengono in mente i fratelli Cavanagh (Anathema), ma è inesorabile, sia
per l’approccio sonoro che strutturale.
Il
disco si conclude con “Acte Final” (attraverso la luce/morte), il viaggio umano
giunge al termine su questa terra, Léon Burghgraeve accompagna alla voce
Sébastien, mentre la musica fa da epitaffio.
Un
disco profondo, triste, aperto, narrativo, un percorso per chi vuole lasciarsi
trasportare da certe arie e per chi ama le band che ho citato. MS
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