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martedì 9 febbraio 2021

Raven Sad

RAVEN SAD - The Leaf And The Wing
Lizard Records
Genere: Rock Progressive / Psichedelico
Supporto: cd – 2021




Ho seguito nel tempo le gesta del chitarrista e cantante pratese Samuele Santanna nella sua evoluzione musicale, sin dagli esordi che sono tracciabili al 2005. L’artista non ha mai celato l’amore per certi Pink Floyd e Porcupine Tree nelle celestiali partenze sonore e psichedeliche, queste sono per lui base su cui costruire il bagaglio musicale oltre che nel Prog anni ‘70. L’esordio ufficiale del progetto inizialmente one man band è datato 2008 con quel “Quoth” già notato dalla casa discografica Lizard. Suoni semplici, minimali con un cantato etereo che fa venire alla mente anche certi lavori dei nostrani No Sound di Giancarlo Erra. Ma è solo l’inizio, con il tempo ed altri due album l’artista si circonda di una vera e propria band sino a giungere ad oggi con il quarto lavoro in studio intitolato “The Leaf And The Wing”.
La formazione è composta da Samuele Santanna (chitarra elettrica, chitarra acustica), Marco Geri (basso), Fabrizio Trinci (tastiere, voci), Francesco Carnesecchi (batteria) e Gabriele Marconcini (voce).
Samuele dimostra  ancora una volta attraverso la musica un animo gentile, sognatore ma non lasciamoci trarre in inganno, perché attraverso l’ascolto del disco si evince all’interno una cultura musicale non indifferente. L’artista ha assimilato la storia del genere e l’ha filtrata attraverso la propria personalità. Il passato per andare nel futuro.
Il disco è composto da otto tracce, l’artwork contiene la foto di Jos/attheparkinglot mentre la grafica è a cura del tastierista Fabrizio Trinci. Il cielo è sempre protagonista delle copertine Raven Sad, questo è sinonimo di musica spaziale, aperta e dall’ampio respiro. I brani rispetto al passato sono più lunghi e aggiungerei maggiormente Progressive Rock in senso generale, ad iniziare dalla breve “Legend#1” che fa da apri pista alla successiva “The Sadness Of The Raven”. Da ricordare anche per le origini del nome della band che The Raven è una poesia di Edgar Allan Poe del 1845.
Il pianoforte che accompagna il brano riporta con la mente indietro nel tempo sui dischi dei Pink Floyd come “Meddle”, questo nei frangenti più intimi. Buona l’interpretazione vocale senza sforzi inutili verso chissà quali vette, anche perché la musica non lo richiede. Quando la chitarra di Santanna parte c’è di che godere, l’artista toccato nell’animo da certi ascolti, riversa nella sua musica il meglio dei fattori emozionali memorizzati. Sto ovviamente parlando di note sostenute e trascinate a dovere. Si denota da subito la crescita compositiva dei Raven Sad che album dopo album suonano in maniera sempre più professionale.
“City Lights And Desert Dark” mostra un approccio ulteriormente Rock, all’inizio molto vicino al mondo dei svedesi Soen. Il brano nei suoi quasi dieci minuti è ovviamente composto da stop & go come il Prog Rock esige, una gemma sonora ancora una volta brillante, gioia degli amanti del genere. Buoni gli arrangiamenti dei cori. Il brano più lungo dell’album si intitola “Colorbox” con tredici minuti di musica immaginifica. Cori e piano aprono su una ritmica tastieristica ipnotica ed onirica per lasciare spazio alla partenza verso territori Genesis o per i più giovani di voi dico IQ/Pendragon. Ritengo personalmente a mio gusto “Colorbox” uno dei momenti più alti dell’intero lavoro. Trovo la voce di Marconcini molto simile a quella di Martin Eden della band Neo Prog tedesca Chandelier.
Buona la sezione ritmica che dimostra pulizia sia di suono che d’intenti, senza sbavature. Il ritornello si stampa immediatamente nella mente dell’ascoltatore, pregio non da poco perché ritengo che la musica al termine dell’ascolto deve sempre e comunque lasciare un segno del suo passaggio. Inutile sottolineare i brevi assolo di chitarra di Santanna, orami vero e proprio Nick Barrett della situazione o se volete Gilmour, ma qui non è questione di paragoni forzati, il mio intento non è comparare le capacità balistiche degli artisti, bensì dare un percorso netto a chi legge su che cosa stiamo ascoltando.
“Approaching The Chaos” mostra i muscoli in un ambientazione maggiormente incisiva, il merito va soprattutto alle tastiere. Si decolla, lo strumentale porta in spazi Porcupine Tree. “Ride The Tempest”, nomen omen, è un crescendo dalle caratteristiche eleganti, una formula che funziona sempre per impatto emotivo.
“Absolution Trial” necessita di ascolto ad occhi chiusi mentre lo strumentale “Legend#2” in cinque minuti chiude l’album come meglio non si potrebbe, grazie ancora ad un assolo di chitarra da pelle d’oca.

Ricordo Samuele quando nei primi anni del 2000 iniziava a comporre e condividere con i suoi amici gli arpeggi ancora acerbi anche su facebook, essi già palesavano un animo gentile. Ecco, questo si è poi materializzato nella musica dei Raven Sad, album dopo album, un crescendo che porta in alto la fantasia, proprio in quei cieli rappresentati nelle copertine. Un consiglio quindi, la prossima dovrà essere incentrata nello spazio, perché la colpa è solo vostra cari Raven Sad, ci avete abituati troppo bene e quindi esigiamo sempre di più, oltre la stratosfera. Peccato per chi non apprezza questo genere e non ce l’ha nel sangue, mi dispiace davvero tanto…. MS 




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