K.A.B. - Pause Reflect
Autoproduzione
Genere: Post Prog Moderno
Supporto: cd /digital – 2023
Probabilmente
certa musica non prende campo come dovrebbe perché va a toccare corde
dell’animo in cui ci sentiamo fragili. Non c’è nulla che spaventa di più che guardarsi
dentro e scoprire veramente chi siamo. L’egoismo fa parte del genere umano e
questo riesce a tamponare molte delle pecche del nostro carattere che non
vogliamo vedere, mascherando il nostro vero io. Anche l’essere aggressivo è un’arma
di distrazione dell’animo, attaccare per primo per paura di essere attaccati.
Certe argomentazioni non hanno mai fine, diverse volte approfondite da saggi,
oppure dalla musica stessa, quella per la mente. L’introspezione porta spesso a
sonorità eteree ma anche rudi, secondo il concetto che si vuole esprimere,
resta il fatto che alcuni passaggi si fissano nella storia della musica, così
come hanno fatto certe band come ad esempio i Pink Floyd o i più recenti
Porcupine Tree.
Il
viaggio dentro di noi è dunque un argomento molto trattato dai musicisti ma
allo stesso tempo arma a doppio taglio in quanto oggi il pubblico quando
ascolta musica non vuole pensare troppo, piuttosto distrarsi.
Ma
quando si ha l’intenzione di affrontare questo percorso sonoro, possono
scaturire piacevolissime sorprese, com’è capitato a me con il debutto di Kevin
Button proveniente da Coventry. Ho scoperto un artista malinconico, visionario,
ma soprattutto anticonformista grazie al progetto K.A.B. in cui suona tutti gli
strumenti. Assieme a lui partecipano anche Tibz Adeniyi (cori), Rowan Aldridge
(basso), Cherise Cheney (cori), James Cheney (chitarre, cori), Ellie Gibson
(cori), John Griffiths (batteria), Joel Julian (cori, chitarra), Joshua
*Falconer* Manley (cori, voce narrante), Nicola Nicholson (tastiere, archi), Rich
Taylor (cori, voce narrante) e Sheridan White (cori).
In
questo debutto formato da otto canzoni, Button incanala i suoi pensieri e le
contemplazioni attraverso una fusione d’influenze che variano da artisti del
calibro di Biffy Clyro, Steven Wilson, ai Metallica, creando un bellissimo mix che
offre una riflessione esteticamente gradevole sulle complessità della vita.
“Pause
/ Reflect / Transform” parte in un imbuto di suoni penetranti quanto sospesi,
per addentrare l’ascoltatore in uno stato d’animo adeguato al contesto. Voce,
echi, note sostenute, arpeggi alla Porcupine Tree lasciano anche il campo a una
chitarra elettrica dal sound tipicamente Gilmouriano (Pink Floyd) anni ’70.
Coralità e suoni Hard seguono per un crescendo emotivo a condurre in quel limbo
mentale costruito sulla suddetta fragilità.
“Break
These Chains” è più canzone, quasi un sospiro di sollievo per aver intravisto
uno spiraglio di sole, ma le nuvole sono sempre nei dintorni. Rock alternativo
di grande impatto in "Hypocrites", movimento che sfida i giudizi
sociali, una ribellione al sistema oppressivo che ci rende mentalmente
castrati.
In
“The Prisoners Voyage” ci si addentra nel mondo psichedelico, dieci minuti che
fanno del brano uno dei passaggi più interessanti dell’intero album. L’ascolto
prosegue fluido e senza punti di stanca.
“Pause
Reflect” è un disco coraggioso ma soprattutto solido che farà sicuramente la
gioia degli appassionati di questo nuovo genere denominato Post Prog Moderno.
MS
Versione Inglese:
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