Giorgio Pinardi
GIORGIO PINARDI – MeVsMyself “Aion”
Alterjinga /Panidea Studios
Genere: Sperimentale – solo voce
Supporto: file – 2022
Oramai
chi segue le mie recensioni sa bene che solitamente non vado alla ricerca di
musica banale o convenzionale, al riguardo esistono già migliaia di siti e
giornali che ne decantano le qualità più o meno elevate. Io amo la musica che
fa pensare, quella da ascoltare, e magari anche non da capire all’istante o per
niente. Amo stupirmi, le emozioni sono il propellente della vita, ecco quindi
che vado a scovare artisti che fanno della musica anche un sentiero al buio,
dove ci s’incammina, ma non si sa dove e quando si potrà uscire. Se andiamo a
parlare poi di chi sperimenta con la voce, qui la lista diventa molto lunga,
per gli italiani posso nominare alcuni come Demetrio Stratos, John De Leo,
Gianni Venturi, Claudio Milano (Nikelodeon), Romina Daniele e proprio Giorgio
Pinardi. Il cantante milanese ha alle spalle un Cv artistico davvero
sterminato, tanto che per darvi tutte le dovute delucidazioni preferisco
rimandarvi all’indirizzo http://alterjinga.it/giorgio-pinardi/
.
Vengo
subito all’album “MeVsMyself - Aion”, composto di nove tracce che si
spartiscono stili come il Jazz, la World Music e la musica moderna in senso
generale. Nei quaranta minuti si hanno numerose virate stilistiche e idee molte
delle quali scaturite anche dall’improvvisazione. La registrazione nei Panidea
Studios di Paolo Novelli (engineer e co-arrangiatore dell'intero disco) ad
Alessandria è ottima, un evidenziatore per lo stile di Pinardi.
Nell’iniziale
“Yielbongura” l’Africa è tangibile (tribù Dagara), presente attraverso la
grande spiritualità trattata, le voci si fondono bene nel contesto presentandoci
immediatamente un Pinardi a proprio agio. Un bell’effetto stereo che in cuffia
aumenta di molto il piacere all’ascolto.
La
voce che diventa strumento in “Sgriob”, non solo per il canto, Bobby McFerrin
ha insegnato e l’artista ha assimilato il concetto.
Sorprendenti
le numerose scelte di approccio alla musicalità, fra il serio e il faceto ad esempio
“Hyggelig”, divertente ma allo stesso tempo molto curata negli arrangiamenti.
Bella la fase centrale del brano che spezza l’ascolto.
Non
ci si perde in polifonie, piuttosto l’album in sola voce cura la parte melodica
e chiamiamola così quella strumentale, qui mi riferisco anche alla jazzata
“Leys”.
Molto
ritmata la scivolosa “Waldeinsamkeit”, sinuosa colma di sonorità ancora una
volta ben distribuite nell’effetto stereo ed eco.
Sperimentale
“RWTY” dura in maniera quasi metallica e per giunta anche psichedelica, a
testimonianza della poliedricità di Pinardi, non a caso poi il pezzo ritorna
nelle sonorità africane. Mi piace il fatto che non faccia mai il passo più
lungo della gamba, ossia tutto quello che è creato con le corde vocali, non
sono mai soluzioni forzate bensì rientrano dentro i range delle sue
possibilità.
Molto
armoniosa “Kamtar”, gli arrangiamenti sono il piatto forte, un grande lavoro
dietro questo disco che non so se definire concept.
I
crescendo musicali funzionano sempre, anche in un brano come “aPHaSÌ” il
concetto non cambia, giocoso e ipnotico. La conclusiva “Nèkya” è come una tela
piena di colori, dove Pinardi si è divertito a schizzare con il pennello.
Credere
nell’arte è per pochi, creare poi sperimentando è una cerchia più ristretta,
eppure l’evoluzione passa proprio attraverso la trasgressione della regola, e
qui ci siamo. MS
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