Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO

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La storia dei generi enciclopedica

martedì 26 dicembre 2017

Mindfeels

MINDFEELS – XXenty
Burning Minds/Art Of Melody Music
Genere: AOR/Melodic Rock
Supporto: cd – 2017


Esiste musica che sembra bloccare il tempo come con  una bacchetta magica, ricordi affiorano con piacere all’ascolto dell’AOR (acronimo di album oriented Rock) , il ramo più radiofonico e ruffiano dell’Hard Rock, aggiungerei anche il più pomposo. Il genere è stato portato al successo mondiale da artisti come Survivor, Journey, Boston, ma soprattutto Toto. Ecco, quest’ultima band sono il punto di riferimento  dei nostrani Mindfeels provenienti da Biella e composti da Davide Gilardino (voce), Luca Carlomagno (chitarra, violino), Roberto Barazzotto (basso) e Italo Graziana (batteria, cori).
“XXenty” è il loro debutto ed è formato da undici canzoni ben registrate e supportate da un artwork elegante ed esaustivo. Come ospite nel disco c’è anche Christian Rossetti alle tastiere.
L’amore per il genere esce subito allo scoperto sin dall’iniziale “Don’t Leave Me Behind”, curata negli arrangiamenti e dall’ampio respiro. Chitarre e tastiere giocano su tappeti mai invasivi, gradevoli, suoni quasi sgocciolati, senza aggredire, per il resto ci pensa la buona voce di Gilardino. La ritmica è pulita, senza sbavature e neppure azzarda cose che non competono alla struttura del brano, aggiungerei anche in maniera intelligente. Mi sento di spendere una parola in più per il basso di Barazzotto che gioca un ruolo importante nell’economia sound dei Mindfeels.
I Toto si estrapolano facilmente anche nella successiva “Soul Has Gone Away”, tuttavia è il genere che lo richiede, per cui tutto nei binari del percorso sonoro, e va bene così. Serve poco tempo per assimilare e cantare assieme a loro i ritornelli gradevoli.
“Hidden Treasures” mette in evidenza proprio il basso di cui ho espresso il parere, mentre “Joker” alza il ritmo e gli anni ’80 come per magia mi appaiono davanti.
“Skyline” non so se è il singolo potenziale dell’album, tuttavia in questo brano ne assaporo le caratteristiche e lo ritengo fra i più papabili per l’obbiettivo. Più greve il suono in “Speed”, riflessiva ed elaborata, qui i Mindfeels mi piacciono ancora di più perché ricercano soluzioni differenti, su una struttura dal basso martellante le melodie si susseguono in un cantato sentito quasi recitato in alcuni frangenti. Non ci crederete mai, ma in esso ci ho sentito qualcosa dell’ultimo album di Steven Wilson “To The Bone”, ma ovviamente trattasi di brevi scorci. In “These Words” il piano apre il movimento lasciando spazio ad un riff di chitarra elettrica noto, direi alla Lukather, qui la band rientra nei canoni dello stile trattato, specie nel ritornello.
“Fear” è muscolosa, Rock, ma pur sempre spolverata di classe, molti i deja vu all’ascolto della stessa, tuttavia è così piacevole che tutto sembra passare in secondo piano.
“It’s Not Like Dying” ugualmente non fa la voce grossa, ma accompagna l’ascolto verso un Rock melodico gradevole e di compagnia. Ancora il basso ricopre un ruolo importante e lo si ascolta in “Touch  The Stone”. Il disco si conclude con la canzona più lunga dell’album con i suoi sette minuti, “The Number One”, un bel sunto sullo stile Mindfeels.

“XXenty” è un  album che si lascia ascoltare con estremo piacere, scorre via velocemente e rimangono memorizzate alcune buone melodie. La musica deve fare questo e lo stile a cui si rivolgono è quantomeno adatto. MS

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