DEAFENING OPERA – Blueprint
Autoproduzione/ Progressive Promotion Records
Genere: Hard Prog
Supporto: cd – 2013
C’è un limbo sonoro che si trova a cavallo fra il
Prog, l’Indie Rock e la Psichedelia, questo luogo non è di facile denominazione.
E’ un lato evolutivo musicale dettato dalla globalizzazione del suono moderno,
quindi ancora poco esplorato. La band tedesca Deafening Opera aggiunge a tutto
questo una impronta Hard, così da essere inquadrata fra band quali Porcupine
Tree e Riverside.
Il primo album del 2009 dal titolo “Synesteria” ha
una marcata impronta Progressive Metal che però viene mutando l’anno successivo
con l’EP “25.000 Miles”. Testi in inglese ed in francese trattano della storia
di un uomo, il tutto cantato dalla bella voce malleabile di Adrian Daleore. Si
da molta importanza alla melodia ed al ritornello facile, questo lo si evince
subito dall’iniziale “Her Decay”.
Due le chitarre che lavorano fra le partiture, la
ritmica di Thomas Moser e quella di Mortiz Kunkel. L’ascolto diventa più articolato
con “Dripping Hot Chocolate”, dove le tastiere di Gèrald Marie cominciano a
coprire un ruolo un poco più importante, quindi non solo da tappeto. Buona e
senza strafare la coppia ritmica composta da Christian Eckstein al basso e da
Konrad Gonschorek alla batteria.
Nella title track fuoriesce l’anima e l’amalgama di
questa band, fra riff giusti e virate emotive, fanno capolino anche i Radiohead
di “Ok Computer”, tanto per gradire. Ampi spazi mentali si aprono all’ascolto
di “Jericho I Am” e qui si comprende a pieno il piacere di un risultato finale
riuscito, quando piccoli e semplici arpeggi sorreggono tutta la struttura.
Peccato soltanto per un ritornello non proprio all’altezza del brano.
“25.000 Miles” è una delle composizioni più valide
di “Blueprint”, fra Porcupine Tree e Riverside, proprio come rimarcato in
precedenza. “Paralelno” è cantato in francese ed è uno dei momenti più
introspettivi dell’album con tastiere alla Blackfield. Qui a differenza di
“Jericho I Am”, il ritornello funziona ed è il punto focale.
Il disco si chiude quasi con una confessione, il
titolo “Porcupine Syndrome” non è proprio messo li a caso.
Il pregio numero uno di questo album? E’ di avermi
fatto passare un ora senza che me ne accorgessi! Confesso che al primo ascolto
l’ho catalogato fra quegli album che mordono e fuggono, ho fatto male….molto
male, perché in verità ci sono idee giuste al momento giusto e questa non è
prerogativa di tutti gli artisti.
A questo punto sono davvero incuriosito e mi segno
il nome Deafening Opera nel mio taccuino alla voce “da seguire”, attendo nuovi
sviluppi per capire meglio se sono carne o pesce. Comunque siano, sono bravi.
(MS)
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