ROBERTO FEDRIGA –
Roberto Fedriga
Autoproduzione /Undersound
Genere: Cantautore –
Jazz
Supporto: cd – 2014
Non nascondo il mio divertimento nel girovagare e scoprire
nuovi talenti musicali, siano loro stranieri che italiani. Ho notato nel tempo
una stabilizzazione a livello qualitativo, ossia difficile imbattersi in brutti
dischi e difficile altrettanto in capolavori. Questo perché la tecnologia aiuta,
le culture grazie ad internet si intersecano e si contaminano. Globalizzazione.
Se poi andiamo a vedere i debutti, allora la curiosità
accresce, in quanto si può evincere come la società moderna approccia alla
musica oggi.
La musica cantautoriale italiana comunque è già da molto tempo aperta alle
contaminazioni Folk Rock angloamericane e molto spesso nel connubio di queste
culture, ne scaturiscono buoni lavori.
Roberto Fedriga è un allievo del bravissimo vocalist Boris
Savoldelli sennonché seguace del
cantautore (mai troppo rimpianto) e
grande voce Tim Buckely e si presenta al pubblico con questo album di debutto
dal titolo “Roberto Fedriga”.
Trenta minuti suddivisi in dieci tracce, contenuti in una
confezione cartonata davvero bella grazie al lavoro di Armando Bolivar,
esaustiva nei contenuti ed elegante. Tengo a sottolineare quando i dischi sono
supportati da un buon artwork, in quanto ritengo questo un valore aggiunto e
rispettoso nei confronti dell’acquirente. La musica deve andare a braccetto con
le immagini, con ciò che l’artista vuole esprimere o per meglio sintetizzare,
accompagnare l’ascolto. Letteratura,
disegni e film si uniscono nei contenuti della musica proposta dal giovane
autore nato a Lovere (BG) nel 1984.
La sua voce è coadiuvata dai strumentisti Guido Bombardieri
(sax e clarinetto), Nicola Mazzucconi (basso), Lorenzo Melchiorre (chitarra),
Andrea Lo Furno (chitarra), Matteo Marchese (percussioni), Luca Finazzi
(batteria) e Francesco Benedetti (piano).
Soffici sonorità a partire da “Trabucco”, una ricerca
strutturale non scontata che fa pensare a sperimentazione ma che in realtà non
lo vuole essere, adiacente alla canzone ed al Jazz. La voce non esagera, è
pulita, non forzata e semplice interprete di testi brevi, coincisi e
descrittivi di situazioni di vita.
“Arababy” è uno dei
pezzi che prediligo, una visione sonora che fa pensare, immaginare, mentre la cadenza della voce mostra una attenzione
particolare per l’esposizione lirica non proprio scontata.
Molto spesso quando il cantautorato si sposa al Jazz ne
fuoriesce una pesante esposizione dedita a qualche tipo di sperimentazione inesorabilmente
adatta ad un pubblico esigente ed attento, In questo caso tutto è orecchiabile,
semplice e in alcuni tratti raffinato. Le canzoni sono brevi, altro punto a
favore del fluire dell’ascolto, alternandosi fra ballate e frangenti più
animati.
Questo è il debutto di Fedriga, senza stare troppo a
trapanare al dentro, perché non serve, perché è il disco stesso che non vuole
essere sezionato. In esso c’è buona musica, probabilmente qualcuno più esigente
avrebbe preteso un azzardo ulteriore da parte dell’autore, tuttavia dipende
cosa si vuole trasmettere e quindi alterare
probabilmente sarebbe nefasto in quanto qui l’equilibrio c’è.
Buon debutto, per passare 30 minuti in santa pace. (MS)
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